Madre anaffettiva: caratteristiche, effetti sui figli, cosa fare?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MADRE ANAFFETTIVA EFFETTI FIGLI COSA FARE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Pene.jpgI primissimi anni di vita dei bambini sono fondamentali per un loro corretto sviluppo emotivo ed in questa fase più che mai i genitori devono saper trasmettere amore, in particolare la madre: quando quest’ultima non è in grado di manifestare amore e tenerezza, è possibile che la crescita del bimbo sia catalizzata da fattori di carenza emotiva con conseguenze sul piano interpersonale che potrebbero risultare anche molto serie sul luingo periodo.
Crescere con una madre anaffettiva può significare crescere sentendosi abbandonati, incapaci di riconoscersi come individuo e di essere accolti dagli altri manifestando il proprio diritto di esistere.
Le madri anaffettive sono persone incapaci di esprimere liberamente le proprie emozioni, soprattutto quando si tratta di manifestare amore. A livello relazionale comunicativo sono madri che non sanno rimproverare, gratificare, sostenere, incoraggiare, proteggere, tranquillizzare, insegnare, ma sanno solo squalificare, criticare, demotivare, scoraggiare, opprimere, intimidire, ricattare, imbrogliare… Questo, da parte della figura di riferimento più importante in assoluto, nella povera mente di un bambino può avere effetti totalmente distruttivi.

Anche il padre può essere anaffettivo. A tal proposito leggi anche: Padre anaffettivo e assente: effetti sui figli, cosa fare?

Cause dell’anaffettività di una madre

Non esistono specifiche cause che rendano una donna una madre anaffettiva. Le motivazioni in genere sono molteplici e risiedono nel vissuto emotivo della donna, agendo in sinergia per produrre questo tipo di comportamento. L’anaffettività dipende solitamente da un vissuto personale problematico che ha impedito alla donna di sviluppare un rapporto sano con le emozioni e con sé stessa. In alcuni casi una madre anaffettiva ha avuto a sua volta una madre anaffettiva: cresciuta con questo modello di riferimento, la donna replica i comportamenti della propria madre credendoli come gli unici possibili per allevare la prole. In altri casi la donna anaffettiva ha avuto uno o più partner narcisisti ed anaffettivi, corroborando in lei l’idea che “la vita va così, è crudele e cinica ed io devo adeguarmi”. In altri casi ancora, eventi traumatici – come un licenziamento, un lutto improvviso, una delusione amorosa – hanno determinato una perdita di fiducia nella vita che ha causato o peggiorato una anaffettività. Spesso la mancata affettività è il risultato finale del fatto che donna non ama abbastanza sé stessa per poter trasmettere amore ai suoi figli.

Caratteristiche delle madri anaffettive

Le madri anaffettive sono l’esatto opposto delle mamme iperprotettive: se queste ultime riempiono di attenzioni eccessive i figli fino a soffocarli, le anafettive non riescono a manifestare affetto, risultando gelide e distaccate. Le caratteristiche principali delle madri anaffettive, sono di seguito elencate.

  • Sono assenti. Le madri anaffettive delegano tutto a figure sostitutive, non partecipano alla vita dei figli e non stanno mai con loro. Non conoscono i propri figli e scappano dall’incombenza di essere madre. Potrebbero, ad esempio, delegare il ruolo di madre ad una o più tate oppure ai nonni.
  • Hanno un rifiuto verso le manifestazioni d’affetto. Un tipico segnale di anaffettività è l’incapacità di abbracciare, baciare, coccolare il bambino, che viene percepito come un ostacolo, un fastidio, qualcosa di addirittura irritante.
  • Sono abili manipolatrici. Le madri anaffettive non sono in grado di leggere e comprendere i propri figlii. Si occupano prevalentemente di se stesse, e percepiscono la prole solo in funzione dei propri personali bisogni.  Pretendono che tutto sia perfetto nella loro vita, inclusi i loro figli. L’unico modo che hanno per assicurarsene è di controllare tutto in prima persona. Il ricatto morale nei confronti dei loro figli è il più vile dato che per loro natura indifeso, non possono rendersi conto di essere imbrigliati in questo tipo di dinamica. Si tratta di un vero e proprio “tradimento” della mamma che invece di proteggere il piccolo e prendersi cura di lui, ne abusa a livello psicologico. Comunque venga espresso il ricatto, il messaggio sottostante è chiaro: “se non farai quello che dico io, mi farai stare molto male”. Per un bambino, per il quale il genitore è la persona più importante, il messaggio è devastante: genera paura, ansia, senso di colpa e lo spinge a muoversi in direzione opposta ai suoi profondi desideri. Conoscendo perfettamente i punti deboli del bambino, la madre anaffettiva fa leva sulla sua paura di perdere la relazione o di entrare in conflitto.
  • Sanno fare leva sui sensi di colpa. Quando i figli saranno adulti, la madre anaffettiva ricorderà e rinfaccerà tutti i sacrifici fatti per loro e sottolinierà quanto loro debbano esserne debitori: si tratta del debito della vita che ha un valore enorme e, pertanto, non potrà “mai” essere colmato! Col suo comportamento da vittima la madre anaffettiva comunica in modo inequivocabile che se il figlio non lo accontenterà, soffrirà e la colpa sarà solo sua. E gli indurrà il senso di colpa, facendolo sentire responsabile del suo malessere e persino della sua vecchiaia.
  • Determinano una inversione di ruolo. Con una madre anaffettiva inevitabilmente, il piccolo (anche se bambino/a) cercherà con tutti i suoi mezzi di farsi carico della madre: diverrà in un certo senso il genitore di sua madre. Ad esempio cucinerà per lei, la metterà a letto o riordinerà la sua casa.
  • Fanno le vittime. Le madri anaffettive hanno richieste martellanti che si risolvono in pianti, insistenze e voglia di commiserazione. La violenza di queste madri si manifesta nel sottoporre i propri figli a continui lamenti, invadono lo spazio dei figli pretendendo di essere comprese, protette e compatite. La madre anaffettiva chiede ai propri figli da bambini di non crearle problemi e da adulti di proteggerla e di aiutarla. Sono gelose. Mostrano gelosia nei confronti del figlio: magari perché ha successo con le persone, o magari ha un buon lavoro.

Leggi anche: “Se tu non mi ami è colpa mia”: i pensieri di una donna che ama un uomo anaffettivo

Cosa comporta crescere con una madre anaffettiva?

Chi è cresciuto con una mamma anaffettiva, in età adulta potrebbe sviluppare una serie di tratti comportamentali o di patologie di interesse psichiatrico, tra cui:

  • anaffettività nei confronti del partner e/o dei propri figli;
  • sindrome di Münchhausen per procura;
  • poca autostima;
  • disistima nei confronti del partner;
  • disistima nei confronti delle donne in generale o vera e propria misoginia;
  • sindrome di inferiorità;
  • sindrome da abbandono;
  • alessitimia (incapacità di manifestare le emozioni);
  • depressione;
  • atti di autolesionismo;
  • fobie;
  • disturbo da stress post traumatico;
  • dipendenze da sostanze (alcolismo, droghe, farmaci…) o comportamentali (cleptomania, shopping compulsivo…);
  • disturbi di personalità;
  • non riuscire a mantenere rapporti amorosi a lungo termine.

Ovviamente aver avuto un genitore anaffettivo non significa necessariamente soffrire di una o più delle condizioni e patologie elencate.

Leggi anche: La sindrome da abbandono: cos’è e come si supera

Cosa fare se hai avuto una madre anaffettiva?

A chi ha avuto un genitore anaffettivo, io consiglio questi “10 comandamenti”:

  1. impara a capire che non hai colpe nell’aver avuto una madre o un padre anaffettivo: in questo caso sei una vittima e non certo carnefice. Mai pensare ad esempio “è colpa mia se mia madre è anaffettiva, se fossi più carino o ubbidiente o di successo, lei sarebbe più buona con me”;
  2. impara a prenderti cura di te stesso/a, a nutrirti di rapporti affettivi basati sul reciproco sostegno;
  3. dai spazio ai tuoi interessi, alle tue passioni, ai tuoi amori, fino a costruirti un’identità stabile e indipendente;
  4. non bloccare le tue emozioni ma lasciale scorrere ricercando il contatto con la natura e – perché no? – con gli animali, spesso gli unici veri depositari dell’affetto illimitato e incondizionato verso i loro padroni;
  5. lasciati ispirare da modelli di riferimento materno alternativi (nonne, zie, tate…), qualora fossero capaci di donare liberamente amore e riconoscimento;
  6. impara ad accettare i limiti di tua madre e non ostinarti a cercare di cambiarla;
  7. non cedere al risentimento e alla recriminazione: probabilmente saresti solo tu a soffrirne per tutta la tuia vita;
  8. se hai figli, amali. Tu sei diverso/a da tua madre. Non permettere all’anaffettività di diventare un circolo vizioso che governa la tua famiglia;
  9. circondati di persone gioiose e attive, capaci di apprezzarti e di valorizzarti;
  10. se la situazione ti genera una angoscia insopportabile, che interferisce con i tuoi rapporti sociali, il tuo lavoro, le tue relazioni, allora contatta un medico o uno psicoterapeuta con cui potrai affrontare un percorso terapeuto.

Leggi anche: “Mi sono pentita di aver avuto un figlio”

Testi consigliati

Un libro economico ma che tratta in modo esauriente questo argomento, è “Madri che feriscono. Liberarsi dal loro potere per rinascere”, scritto da Anne-Laure Buffet, una popolare autrice francese – madre di due bambini – che si interessa da anni dei problemi che interessano la famiglia. Lo potete trovare in offerta seguendo questo link: https://amzn.to/3XpqrzO

Un altro testo che vi consigliamo, in modo da crescere bimbi sereni ed evitare gli errori che ha compiuto la vostra madre con voi, è “Come crescere bambini felici e capirli attraverso il loro linguaggio del corpo e come farsi ascoltare senza urlare”, dell’italiana Fiorenza Moretti, psicologa clinica e psicoterapeuta specializzata in infanzia, adolescenza e genitorialità. Lo potete trovare qui a circa 11 euro: https://amzn.to/3AlmtyS

Il libro della dott.ssa Fiorenza Moretti è disponibile anche in versione gratuita con l’abbonamento Kindle Unlimited, che potete ottenere gratis per 30 giorni seguendo questo link: https://amzn.to/3PQFPBo

Se pensi di aver avuto una madre anaffettiva e ciò ti genera conflitti ed angosce irrisolvibili, prenota una visita e – tramite una serie di colloqui – riusciremo insieme a risolvere i tuoi problemi.
MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PRENOTA UNA VISITA CONTATTI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano Pene

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su Mastodon, su Tumblr e su Pinterest, grazie!

Vittimismo patologico e aggressivo: identikit e strategie di chi passa la vita a lamentarsi

MEDICINA ONLINE VITTIMISMO PATOLOGICO AGGRESSIVO STRATEGIE RABBIA COPPIA AMORE LITIGIO IRA RABBIA URLARE DIVORZIO.Non neghiamolo: prima o poi è capitato a tutti di fare “la vittima”, un po’ per essere compatiti, un po’ per essere consolati, un po’ per sentirci amati. Non c’è niente di male! Ma ci sono persone che si trasformano in vittime permanenti arrivando a soffrire di ciò che si potrebbe definire “vittimismo patologico cronico”. Queste persone consciamente o inconsciamente si travestono da false vittime simulando un’aggressione inesistente e scaricando la colpa degli avvenimenti sugli altri, liberandosi così da ogni responsabilità. Infatti, il vittimismo cronico non è una malattia, ma potrebbe portare con il tempo a sviluppare un disturbo paranoico quando la persona insiste continuamente a incolpare gli altri di tutti i mali di cui soffre. Inoltre, questo modo di affrontare il mondo genera una visione pessimistica della realtà, terminando per causare malessere tanto in chi si lamenta come in chi riceve la colpa. Nei casi più gravi la persona che cade nel vittimismo cronico finisce per alimentare sentimenti molto negativi, come rancore e rabbia, che sfociano in un vittimismo aggressivo. È il tipico caso di chi non si limita a lamentarsi ma attacca e accusa gli altri in maniera ossessiva, mostrandosi intollerante e violando in continuazione i loro diritti.

Locus of control

Prima di andare avanti è necessario familiarizzare con i termini inglesi locus of control (luogo di controllo). Il locus of control indica la modalità con cui un individuo ritiene che gli eventi della sua vita siano prodotti realmente da suoi comportamenti o azioni, oppure da cause esterne indipendenti dalla sua volontà. Grazie allo psicologo statunitense Julian B. Rotter, sono state classificate due tipologie di locus of control:

  • Interno: che è posseduto da quegli individui che credono nella propria capacità di controllare gli eventi. Questi soggetti attribuiscono i loro successi o insuccessi a fattori direttamente collegati all’esercizio delle proprie abilità, volontà e capacità.
  • Esterno: posseduto da parte di coloro che credono che gli eventi della vita, come premi o punizioni, non siano il risultato dell’esercizio diretto di capacità personali, quanto piuttosto il frutto di fattori esterni imprevedibili quali il caso, la fortuna o il destino. Le vittime patologiche croniche possiedono appunto questo secondo tipo di locus of control.

Leggi anche:

Identikit della vittima cronica

Ecco ora una lista di quattro caratteristiche tipiche di chi soffre di vittimismo cronico:

  1. Distorce la realtà. Le vittime croniche sono persone che credono fortemente che la colpa di ciò che accade loro sia sempre degli altri. In realtà, il problema è che hanno una visione distorta della realtà, come prima accennato hanno un locus of control esterno, e credono che tanto le cose positive come quelle negative che accadono loro non dipendano direttamente dalla loro volontà, ma da circostanze esterne. Le vittime esagerano gli aspetti negativi, sviluppando un pessimismo esacerbato che le porta a concentrarsi solo sulle cose negative che accadono, ignorando quelle positive.
  2. Si consola lamentandosi. Queste persone credono di essere vittime degli altri e delle circostanze, così non si sentono colpevoli o responsabili per nulla di ciò che accade loro. Di conseguenza, anziché “faticare” per risolvere o migliorare una certa situazione, preferiscono il ben meno faticoso “lamentarsi”. Questi individui non trovano solo una facile scappatoia nel lamento, ma provano spesso un vero e proprio piacere nell’atto di lamentarsi perché permette loro di assumere meglio il ruolo di “povere vittime” riuscendo così ad attirare l’attenzione degli altri. Queste persone non cercano aiuto per risolvere i loro problemi, si limitano esclusivamente a lamentarsi alla ricerca di compassione e protagonismo.
  3. Cerca continuamente dei colpevoli. Le persone che assumono il ruolo di eterne vittime sviluppano un atteggiamento sospettoso verso chi gli sta vicino: credono che gli altri agiscano sempre in mala fede. A questo proposito, spesso si affannano a scoprire piccole mancanze solo per sentirsi discriminati o maltrattati, e questo solo per riaffermare il loro ruolo di vittime. Così, finiscono per sviluppare ipersensibilità e diventano specialisti a scatenare una tempesta in un bicchiere d’acqua. A volte, quando non trovano niente da rimproverare agli altri, provocano ripetutamente la persona che gli sta vicino, in modo che quest’ultima sia portata a reagire, offrendo alla vittima la scusa per lamentarsi e tornare a fare la vittima.
  4.  Non è in grado di fare una autocritica onesta. Queste persone sono convinte di non avere nessuna colpa, che non ci sia niente da criticare nei loro comportamenti. Dal momento che la responsabilità è degli altri, non accettano le critiche costruttive e tanto meno fanno un esame di coscienza approfondito che potrebbe portarle a cambiare il loro atteggiamento. Per queste persone, gli errori e le colpe degli altri sono intollerabili, mentre le loro sono sottigliezze. Dopo tutto, sono loro le vittime.

Leggi anche: Le 8 tattiche usate dai narcisisti per controllare le conversazioni

Strategie tipiche della vittima cronica

Perché una persona assuma il ruolo della vittima ci deve essere un colpevole. Di conseguenza, per la vittima cronica è necessario sviluppare una serie di strategie allo scopo di far sì che l’altro assuma la colpa. Se non siamo consapevoli di queste strategie è probabile che cadiamo nella loro rete e che tutta la colpa ricada su di noi. Ecco le tre strategie più comuni:

1) Retorica vittimista e fallacie

La retorica di questa persona ha come obiettivo delegittimare gli argomenti del suo avversario. Ma non smentendo le sue affermazioni con argomenti più validi, piuttosto facendo in modo che l’altra persona assuma, inconsapevolmente, il ruolo di aggressore.
Come lo fanno? Semplicemente assumendo il ruolo di vittima nella discussione, in modo tale che l’altra persona sembri autoritaria, poco empatica o addirittura aggressiva. Questa strategia si conosce come “retorica centrista”, dato che la persona cerca di mostrare il suo avversario come un estremista, invece di preoccuparsi di confutarne le affermazioni. Pertanto, qualsiasi argomentazione che avanzi il suo avversario sarà solo una dimostrazione di malafede. Ad esempio, se una persona osa contrastare una lamentela con prove indiscutibili o statistiche provenienti da fonti attendibili, la vittima non risponderà con dei fatti ma userà fallacie logiche o dirà qualcosa del tipo: “Mi aggredisci continuamente, ora dici che sto mentendo” o “Stai cercando di imporre le tue opinioni, fammi il favore di chiedermi scusa”. 

2) Ritirata vittimista

In alcuni casi, l’argomento della vittima ha lo scopo di permettergli di sottrarsi alle sue responsabilità ed evitare di dover chiedere scusa o riconoscere il suo errore. Pertanto, cercherà di divincolarsi dalla situazione. Per raggiungere questo obiettivo la strategia è quella di screditare l’argomento del vincitore, ma senza ammettere che si era sbagliato. Come lo fa? Anche in questo caso, assume il ruolo della vittima, gioca con i dati a suo piacimento e li manipola come gli conviene per seminare confusione. Fondamentalmente, questa persona proietterà i suoi errori sull’altro. Ad esempio, se una persona risponde con un dato verificato che nega quanto già affermato, la vittima non riconoscerà il suo errore. In ogni caso, cercherà di ritirarsi in modo dignitoso dicendo qualcosa del tipo: “Questo fatto non nega ciò che ho detto. Per favore, non creare più confusione e caos” o “Mi stai incolpando di confondere gli altri, sei un maleducato, è chiaro che è inutile discutere con te perché non vuoi sentire ragioni”, quando in realtà a creare confusione è lei stessa.

3) Manipolazione emotiva

Una delle strategie preferite dalle vittime croniche è la manipolazione emotiva, tecnica spesso usata dagli uomini nei confronti di donne deboli caratterialmente. Quando questa persona conosce abbastanza bene l’altra parte, non esiterà a giocare con le sue emozioni per portare il gioco a suo favore e assumere il ruolo della vittima. Infatti, queste persone sono molto abili nel riconoscere le emozioni, così approfittano di qualsiasi piccolo dubbio o errore per usarli a loro favore. Come lo fanno? Scoprendo il punto debole del loro avversario e sfruttando l’empatia che può provare. Così, finiscono per farlo cadere nella loro rete, facendogli assumere la piena responsabilità ed il ruolo di carnefice della situazione, mentre loro restano tranquilli e comodi nel loro ruolo di vittime continuando a lamentarsi. Ad esempio, una madre che non vuole ammettere i propri errori, può dare la colpa al figlio dicendo qualcosa del tipo: “Con tutto quello che ho fatto per te, è così che mi ripaghi?”. Ma questo tipo di manipolazione è piuttosto comune anche nelle relazioni amorose, tra amici e sul posto di lavoro.

Leggi anche:

Come comportarsi con queste persone?

Il primo passo è rendersi conto che si tratta di una persona che assume il ruolo di vittima. Quindi resistere all’attacco evitando di rimanere intrappolati nel suo gioco. La cosa più opportuna da fare è dire che non abbiamo tempo per ascoltare le sue lamentele, che se ha bisogno di aiuto saremo lieti di darglielo, ma non siamo disposti a sprecare tempo ed energie ad ascoltare le sue lamentele. Ricordate che la cosa più importante è che queste persone non vi rovinino la vita scaricandovi addosso la loro negatività e, soprattutto, che non vi facciano sentire in colpa. Non dimenticate che vi può fare del male emotivamente solo colui al quale voi date il potere di farlo. Se la vittima è una persona a noi cara, cerchiamo per lui un aiuto medico e psicoterapico.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su YouTube, su LinkedIn e su Pinterest, grazie!