A che serve la vitamina B12? L’importanza in gravidanza e allattamento

MEDICINA ONLINE BERE LATTE DIABETE BEVANDA CALORIE SODIO MINERALI GASSATA OLIGOMINARALE DISTILLATA INGRASSARE DIMAGRIRE FONTANA MARE PISCINA POTABILE COCA COLA ARANCIATA THE BERE ALCOL DLa vitamina B12 (o cobalamina; in inglese “vitamin B12” o “cobalamin”) è una vitamina essenziale, dal momento che il nostro organismo non è in grado di produrla da solo. E’solubile in acqua e si trova comunemente in una varietà di alimenti come pesce, crostacei, carne e prodotti caseari. La vitamina B12  – unitamente alle altra vitamine del cosiddetto complesso vitaminico B – fisiologicamente aiuta a mantenere sane le cellule nervose ed i globuli rossi – ed è necessaria anche per sintetizzare il DNA, il materiale genetico presente in tutte le cellule. La vitamina B12 è normalmente legata alle proteine del cibo e l’ambiente acido presente nello stomaco ne permette la separazione dalle stesse durante il processo di digestione.

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Cosa avviene alla vitamina B12 dopo averla ingerita?
Nello stomaco, l’ambiente acido e la pepsina staccano la cobalamina dalle proteine cui si trova associata ed essa, poi, si lega alla cobalofillina (o aptocorrina), proteina che viene secreta nella saliva. Nel duodeno, l’azione delle proteasi provenienti dal pancreas determina la degradazione della cobalofillina e la cobalamina, aiutata dall’ambiente alcalino, si lega a una glicoproteina che viene rilasciata dalle cellule parietali dello stomaco: il fattore intrinseco. Il complesso vitamina-fattore intrinseco viene riconosciuto da uno specifico recettore (complesso megalina-cubilina), situato sugli enterociti dell’ileo, che lega il tutto e, tramite un processo di endocitosi, ne permette il trasporto all’interno della cellula.

Fabbisogno nell’adulto, nei bambini, in gravidanza e allattamento
Le linee guida suggeriscono quantità comprese tra 1 e 2 mcg/die come valore medio di fabbisogno per l’adulto normale. Questo fabbisogno, aumenta di almeno il 50%, nel periodo della gravidanza in quanto, oltre al fabbisogno per la madre, c’è quello per il sostenimento della formazione dei globuli rossi del feto in accrescimento, e durante l’allattamento, poiché è attraverso il latte che il neonato assume il suo fabbisogno giornaliero di vitamina B12, Non esistono studi specifici che abbiano analizzato i valori raccomandati per i bambini, e perciò le indicazioni sono basate su quelli degli adulti e proporzionate al dispendio energetico (da 0.4 mcg al giorno per i neonati fono a 6 mesi, fino a 1.8 mcg nei soggetti di 9-13 anni).

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Vitamina B12: in quali cibi trovarla in abbondanza?
La cobalamina si trova in abbondanza nei prodotti di origine animale (carne, pesce, latticini, uova). Gli alimenti che ne contengono di più sono fegato, molluschi e alcuni tipi di pesce. Per questo motivo per chi sceglie una dieta completamente vegetariana o vegana è vivamente consigliabile il ricorso a integratori di vitamina B12. Nell’intestino umano esistono batteri sintetizzanti cobalamina ma sono situati in zone dove il fattore intrinseco (vedi paragrafi precedenti) non arriva per cui l’assorbimento di quest’ultima è irrisorio.

Deficit di vitamina B12
Livelli di vitamina B12 inferiori a 200 pg/ml sono considerati indicativi di un deficit della vitamina. Anche i livelli di omocisteina e di acido metilmalonico possono indirettamente essere indicativi di ipovitaminosi da vitamina B12. L’omocisteina aumenta in caso di bassi livelli di vitamina B12 (> 13 micromoli/L), ma poiché risente anche di altri fattori (vitamina B6 e acido folico) è un marker poco specifico. L’acido metilmalonico è un marker più specifico perché la sua conversione ad acetilCoA dipende direttamente dalla vitamina B12: in caso di carenza della vitamina i livelli sierici di acido metilmalonico aumentano (> 0,4 micromoli/L).

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Quando si verifica una carenza di vitamina B12?
Stati di carenza di vitamina B12 si verificano in caso di:

  •  processi patologici interessanti le cellule parietali dello stomaco o per resezione delle parti di quest’organo che secernono fattore intrinseco (cardias e fondo)
  • uso di contraccettivi orali
  • scarso apporto con la dieta (tipicamente in chi segue una dieta vegana o vegetariana)
  • eccessiva assunzione di alte quantità di vitamina C (> 1 g): ciò può generare stati carenziali di cobalamina dal momento che – ad alte dosi – la vitamina C, in presenza di ferro, si può comportare da ossidante e formare radicali liberi che danneggiano la cobalamina e il fattore intrinseco.

Cosa succede in caso di deficit?
Il deficit di cobalamina provoca la comparsa di anemia perniciosa, malattia caratterizzata da: anemia megaloblastica e disturbi del sistema nervoso. È sempre importante, in questi casi, valutare la concentrazione di cobalamina e acido folico in quanto anche la carenza di quest’ultimo provoca un quadro di anemia megaloblastica però senza interessamento nervoso. L’aggiunta di acido folico in una situazione di anemia perniciosa migliora il quadro anemico ma non ha nessun effetto sui disturbi del sistema nervoso che, anzi, continuano a peggiorare.

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Madre anaffettiva: caratteristiche, effetti sui figli, cosa fare?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MADRE ANAFFETTIVA EFFETTI FIGLI COSA FARE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Pene.jpgI primissimi anni di vita dei bambini sono fondamentali per un loro corretto sviluppo emotivo ed in questa fase più che mai i genitori devono saper trasmettere amore, in particolare la madre: quando quest’ultima non è in grado di manifestare amore e tenerezza, è possibile che la crescita del bimbo sia catalizzata da fattori di carenza emotiva con conseguenze sul piano interpersonale che potrebbero risultare anche molto serie sul luingo periodo.
Crescere con una madre anaffettiva può significare crescere sentendosi abbandonati, incapaci di riconoscersi come individuo e di essere accolti dagli altri manifestando il proprio diritto di esistere.
Le madri anaffettive sono persone incapaci di esprimere liberamente le proprie emozioni, soprattutto quando si tratta di manifestare amore. A livello relazionale comunicativo sono madri che non sanno rimproverare, gratificare, sostenere, incoraggiare, proteggere, tranquillizzare, insegnare, ma sanno solo squalificare, criticare, demotivare, scoraggiare, opprimere, intimidire, ricattare, imbrogliare… Questo, da parte della figura di riferimento più importante in assoluto, nella povera mente di un bambino può avere effetti totalmente distruttivi.

Anche il padre può essere anaffettivo. A tal proposito leggi anche: Padre anaffettivo e assente: effetti sui figli, cosa fare?

Cause dell’anaffettività di una madre

Non esistono specifiche cause che rendano una donna una madre anaffettiva. Le motivazioni in genere sono molteplici e risiedono nel vissuto emotivo della donna, agendo in sinergia per produrre questo tipo di comportamento. L’anaffettività dipende solitamente da un vissuto personale problematico che ha impedito alla donna di sviluppare un rapporto sano con le emozioni e con sé stessa. In alcuni casi una madre anaffettiva ha avuto a sua volta una madre anaffettiva: cresciuta con questo modello di riferimento, la donna replica i comportamenti della propria madre credendoli come gli unici possibili per allevare la prole. In altri casi la donna anaffettiva ha avuto uno o più partner narcisisti ed anaffettivi, corroborando in lei l’idea che “la vita va così, è crudele e cinica ed io devo adeguarmi”. In altri casi ancora, eventi traumatici – come un licenziamento, un lutto improvviso, una delusione amorosa – hanno determinato una perdita di fiducia nella vita che ha causato o peggiorato una anaffettività. Spesso la mancata affettività è il risultato finale del fatto che donna non ama abbastanza sé stessa per poter trasmettere amore ai suoi figli.

Caratteristiche delle madri anaffettive

Le madri anaffettive sono l’esatto opposto delle mamme iperprotettive: se queste ultime riempiono di attenzioni eccessive i figli fino a soffocarli, le anafettive non riescono a manifestare affetto, risultando gelide e distaccate. Le caratteristiche principali delle madri anaffettive, sono di seguito elencate.

  • Sono assenti. Le madri anaffettive delegano tutto a figure sostitutive, non partecipano alla vita dei figli e non stanno mai con loro. Non conoscono i propri figli e scappano dall’incombenza di essere madre. Potrebbero, ad esempio, delegare il ruolo di madre ad una o più tate oppure ai nonni.
  • Hanno un rifiuto verso le manifestazioni d’affetto. Un tipico segnale di anaffettività è l’incapacità di abbracciare, baciare, coccolare il bambino, che viene percepito come un ostacolo, un fastidio, qualcosa di addirittura irritante.
  • Sono abili manipolatrici. Le madri anaffettive non sono in grado di leggere e comprendere i propri figlii. Si occupano prevalentemente di se stesse, e percepiscono la prole solo in funzione dei propri personali bisogni.  Pretendono che tutto sia perfetto nella loro vita, inclusi i loro figli. L’unico modo che hanno per assicurarsene è di controllare tutto in prima persona. Il ricatto morale nei confronti dei loro figli è il più vile dato che per loro natura indifeso, non possono rendersi conto di essere imbrigliati in questo tipo di dinamica. Si tratta di un vero e proprio “tradimento” della mamma che invece di proteggere il piccolo e prendersi cura di lui, ne abusa a livello psicologico. Comunque venga espresso il ricatto, il messaggio sottostante è chiaro: “se non farai quello che dico io, mi farai stare molto male”. Per un bambino, per il quale il genitore è la persona più importante, il messaggio è devastante: genera paura, ansia, senso di colpa e lo spinge a muoversi in direzione opposta ai suoi profondi desideri. Conoscendo perfettamente i punti deboli del bambino, la madre anaffettiva fa leva sulla sua paura di perdere la relazione o di entrare in conflitto.
  • Sanno fare leva sui sensi di colpa. Quando i figli saranno adulti, la madre anaffettiva ricorderà e rinfaccerà tutti i sacrifici fatti per loro e sottolinierà quanto loro debbano esserne debitori: si tratta del debito della vita che ha un valore enorme e, pertanto, non potrà “mai” essere colmato! Col suo comportamento da vittima la madre anaffettiva comunica in modo inequivocabile che se il figlio non lo accontenterà, soffrirà e la colpa sarà solo sua. E gli indurrà il senso di colpa, facendolo sentire responsabile del suo malessere e persino della sua vecchiaia.
  • Determinano una inversione di ruolo. Con una madre anaffettiva inevitabilmente, il piccolo (anche se bambino/a) cercherà con tutti i suoi mezzi di farsi carico della madre: diverrà in un certo senso il genitore di sua madre. Ad esempio cucinerà per lei, la metterà a letto o riordinerà la sua casa.
  • Fanno le vittime. Le madri anaffettive hanno richieste martellanti che si risolvono in pianti, insistenze e voglia di commiserazione. La violenza di queste madri si manifesta nel sottoporre i propri figli a continui lamenti, invadono lo spazio dei figli pretendendo di essere comprese, protette e compatite. La madre anaffettiva chiede ai propri figli da bambini di non crearle problemi e da adulti di proteggerla e di aiutarla. Sono gelose. Mostrano gelosia nei confronti del figlio: magari perché ha successo con le persone, o magari ha un buon lavoro.

Leggi anche: “Se tu non mi ami è colpa mia”: i pensieri di una donna che ama un uomo anaffettivo

Cosa comporta crescere con una madre anaffettiva?

Chi è cresciuto con una mamma anaffettiva, in età adulta potrebbe sviluppare una serie di tratti comportamentali o di patologie di interesse psichiatrico, tra cui:

  • anaffettività nei confronti del partner e/o dei propri figli;
  • sindrome di Münchhausen per procura;
  • poca autostima;
  • disistima nei confronti del partner;
  • disistima nei confronti delle donne in generale o vera e propria misoginia;
  • sindrome di inferiorità;
  • sindrome da abbandono;
  • alessitimia (incapacità di manifestare le emozioni);
  • depressione;
  • atti di autolesionismo;
  • fobie;
  • disturbo da stress post traumatico;
  • dipendenze da sostanze (alcolismo, droghe, farmaci…) o comportamentali (cleptomania, shopping compulsivo…);
  • disturbi di personalità;
  • non riuscire a mantenere rapporti amorosi a lungo termine.

Ovviamente aver avuto un genitore anaffettivo non significa necessariamente soffrire di una o più delle condizioni e patologie elencate.

Leggi anche: La sindrome da abbandono: cos’è e come si supera

Cosa fare se hai avuto una madre anaffettiva?

A chi ha avuto un genitore anaffettivo, io consiglio questi “10 comandamenti”:

  1. impara a capire che non hai colpe nell’aver avuto una madre o un padre anaffettivo: in questo caso sei una vittima e non certo carnefice. Mai pensare ad esempio “è colpa mia se mia madre è anaffettiva, se fossi più carino o ubbidiente o di successo, lei sarebbe più buona con me”;
  2. impara a prenderti cura di te stesso/a, a nutrirti di rapporti affettivi basati sul reciproco sostegno;
  3. dai spazio ai tuoi interessi, alle tue passioni, ai tuoi amori, fino a costruirti un’identità stabile e indipendente;
  4. non bloccare le tue emozioni ma lasciale scorrere ricercando il contatto con la natura e – perché no? – con gli animali, spesso gli unici veri depositari dell’affetto illimitato e incondizionato verso i loro padroni;
  5. lasciati ispirare da modelli di riferimento materno alternativi (nonne, zie, tate…), qualora fossero capaci di donare liberamente amore e riconoscimento;
  6. impara ad accettare i limiti di tua madre e non ostinarti a cercare di cambiarla;
  7. non cedere al risentimento e alla recriminazione: probabilmente saresti solo tu a soffrirne per tutta la tuia vita;
  8. se hai figli, amali. Tu sei diverso/a da tua madre. Non permettere all’anaffettività di diventare un circolo vizioso che governa la tua famiglia;
  9. circondati di persone gioiose e attive, capaci di apprezzarti e di valorizzarti;
  10. se la situazione ti genera una angoscia insopportabile, che interferisce con i tuoi rapporti sociali, il tuo lavoro, le tue relazioni, allora contatta un medico o uno psicoterapeuta con cui potrai affrontare un percorso terapeuto.

Leggi anche: “Mi sono pentita di aver avuto un figlio”

Testi consigliati

Un libro economico ma che tratta in modo esauriente questo argomento, è “Madri che feriscono. Liberarsi dal loro potere per rinascere”, scritto da Anne-Laure Buffet, una popolare autrice francese – madre di due bambini – che si interessa da anni dei problemi che interessano la famiglia. Lo potete trovare in offerta seguendo questo link: https://amzn.to/3XpqrzO

Un altro testo che vi consigliamo, in modo da crescere bimbi sereni ed evitare gli errori che ha compiuto la vostra madre con voi, è “Come crescere bambini felici e capirli attraverso il loro linguaggio del corpo e come farsi ascoltare senza urlare”, dell’italiana Fiorenza Moretti, psicologa clinica e psicoterapeuta specializzata in infanzia, adolescenza e genitorialità. Lo potete trovare qui a circa 11 euro: https://amzn.to/3AlmtyS

Il libro della dott.ssa Fiorenza Moretti è disponibile anche in versione gratuita con l’abbonamento Kindle Unlimited, che potete ottenere gratis per 30 giorni seguendo questo link: https://amzn.to/3PQFPBo

Se pensi di aver avuto una madre anaffettiva e ciò ti genera conflitti ed angosce irrisolvibili, prenota una visita e – tramite una serie di colloqui – riusciremo insieme a risolvere i tuoi problemi.
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Disturbi e mancanza di equilibrio in giovani e anziani: cause e cure

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DISTURBI MANCANZA EQUILIBRIO CAUSE CURE  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgCon “disturbo dell’equilibrio” in medicina si intende una condizione che fa percepire all’individuo che ne soffre un senso di vertigine o instabilità nella postura, come se fosse in movimento pur essendo fermo in stazione eretta o sdraiato. I disturbi dell’equilibrio possono essere causati da determinate condizioni di salute, farmaci o da un problema all’orecchio interno o al cervello. Il termine medico impiegato per identificare tutte le parti dell’orecchio interno coinvolte nel meccanismo dell’equilibrio è sistema vestibolare. Esso controlla il senso dell’equilibrio, la postura, l’orientamento del corpo nello spazio, la locomozione e altri movimenti. Inoltre, contribuisce a preservare la messa a fuoco degli oggetti quando il corpo è in movimento. Il sistema vestibolare funziona in concomitanza con altri sistemi sensoriali del corpo (per esempio, occhi, ossa e articolazioni) al fine di controllare e mantenere la posizione del corpo a riposo e in movimento. Il senso dell’equilibrio è controllato principalmente da una struttura labirintica situata nell’orecchio interno denominata labirinto. I canali semicircolari e gli organi otolitici presenti all’interno del labirinto contribuiscono a mantenere l’equilibrio.

Quali sono i sintomi di un disturbo dell’equilibrio?

Alcuni dei sintomi più comuni di un disturbo dell’equilibrio includono:

  • capogiri o vertigini
  • cadere o avere la sensazione di stare per cadere
  • stordimento, svenimento o sensazione di galleggiamento
  • visione offuscata
  • confusione o disorientamento
  • nausea e vomito
  • diarrea
  • variazioni della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca
  • paura
  • ansia
  • panico

I sintomi possono comparire e scomparire per brevi periodi di tempo oppure possono durare per lunghi periodi di tempo.

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Quali possono essere le cause di un disturbo dell’equilibrio?

Un disturbo dell’equilibrio può essere causato da infezioni batteriche o virali all’orecchio, lesioni alla testa oppure da disturbi della circolazione sanguigna che colpiscono l’orecchio interno o il cervello. Molte persone sperimentano problemi con il senso dell’equilibrio con l’avanzare dell’età. I problemi di equilibrio e vertigine possono anche essere causati dall’assunzione di alcuni farmaci. La presenza di problemi a carico dei sistemi nervoso e circolatorio può costituire la fonte di alcuni problemi di postura ed equilibrio. Anche problemi a carico dei sistemi scheletrico o visivo, come l’artrite o lo squilibrio della muscolatura oculare, possono causare problemi di equilibrio. Tuttavia, molti disturbi dell’equilibrio possono avere inizio improvvisamente senza alcuna causa evidente.

Quali sono le tipologie di disturbi dell’equilibrio?

Esistono più di una dozzina di diverse tipologie di disturbi dell’equilibrio. Alcuni dei più comuni sono:

  • Vertigine – La vertigine è una percezione sensoriale distorta che viene frequentemente descritta da chi la sperimenta come una sensazione di movimento rotatorio circostante e può essere accompagnata da nausea e vomito intensi. Tale percezione può essere associata a perdita di equilibrio, al punto che la persona che ne soffre tende a camminare in modo instabile o a cadere. La vertigine è di per sé un sintomo o un indicatore di un problema di equilibrio sottostante, che coinvolge sia il labirinto dell’orecchio interno che il cervelletto.
  • Vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB) – La Vertigine Parossistica Posizionale Benigna (VPPB) o vertigine posizionale è caratterizzata da un breve ma intenso episodio di vertigine che si verifica a causa di uno specifico cambiamento della posizione della testa. Una persona può anche sperimentare tale condizione rigirandosi nel letto. La VPPB talvolta può derivare da un trauma cranico o dall’invecchiamento.
  • Labirintite – La labirintite è un’infezione o un’infiammazione dell’orecchio interno che causa vertigini o perdita di equilibrio. E’ spesso associata ad un’infezione delle vie respiratorie superiori.
  • Sindrome di Ménière – La sindrome di Ménière è associata a una variazione del volume del fluido presente nelle parti che costituiscono il labirinto, una delle strutture dell’orecchio interno. Tale sindrome causa episodi di vertigine, perdita di udito irregolare, tinnito (ronzii o fischi in una o ambedue le orecchie) e una sensazione di pressione aumentata all’interno dell’orecchio. Le cause della sindrome di Ménière sono sconosciute.
  • Neuronite vestibolare – La neuronite vestibolare è un’infiammazione del nervo vestibolare e può essere causata da un virus. Tale condizione è caratterizzata da un attacco di vertigine parossistica grave. Colpisce i giovani adulti e gli adulti di mezza età e spesso si presenta a seguito di una infezione aspecifica delle vie respiratorie superiori.
  • Fistola perilinfatica – La fistola perilinfatica è una anomala fuoriuscita di liquido dall’orecchio interno che si riversa nell’orecchio medio. Può verificarsi a seguito di una lesione alla testa, variazioni drastiche della pressione atmosferica (come nel caso delle immersioni subacquee), sforzo fisico, intervento chirurgico all’orecchio o infezioni croniche dell’orecchio. Il sintomo più evidente, oltre a vertigini e nausea, è l’instabilità nel camminare o nell’incapacità di mantenersi in stazione eretta, che aumenta con il movimento e diminuisce stando a riposo. Alcuni bambini possono nascere con fistola perilinfatica, di solito associata a perdita dell’udito presente alla nascita.
  • Chinetosi – La chinetosi o cinetosi, a volte identificata come mal di mare o mal d’auto, è un disturbo molto comune dell’orecchio interno causato da movimenti ritmici e ripetuti, come quelli derivanti dal moto ondoso delle acque del mare, dal movimento di una macchina o dal movimento turbolento di aria in aereo. I sintomi della chinetosi sono nausea, vomito, vertigini, sudorazione e senso di malessere. Tali sintomi hanno origine nell’orecchio interno (labirinto) a causa dei cambiamenti occorsi al senso di equilibrio dell’individuo.
  • Sindrome del Mal de Débarquement (altrimenti detta “mal di terra” o “malattia dello sbarco”) – Questa sindrome è un disturbo dell’equilibrio in cui l’individuo che ne soffre percepisce una continua sensazione di dondolio od ondeggiamento. Si verifica generalmente dopo un crociera o un viaggio in mare. Di solito, i sintomi scompaiono nel giro di poche ore o pochi giorni dopo che la persona è sbarcata a terra. Tuttavia, nei casi più gravi può durare mesi o addirittura anni.

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Come viene diagnosticato un disturbo dell’equilibrio?

La diagnosi di un disturbo dell’equilibrio è difficile. Esistono infatti molte cause potenziali, tra cui condizioni mediche e farmaci. Per facilitare la valutazione del problema, il medico può suggerire al paziente di rivolgersi ad un otorinolaringoiatra (medico e chirurgo specializzato in orecchie, naso e gola). L’otorinolaringoiatra può consigliare al paziente un esame dell’udito, esami del sangue e una elettronistagmografia (un esame che misura i movimenti oculari e dei muscoli che li controllano) oppure esami di imaging atti a studiare testa e cervello. Un altro possibile esame viene chiamato posturografia. Il paziente deve stare in piedi su una speciale piattaforma mobile di fronte ad uno schermo. Il medico, grazie a questo test, valuta in che modo il corpo del paziente si muove in risposta al movimento della piattaforma, allo schermo o ad entrambi.

In che modo viene trattato un disturbo dell’equilibrio?

La prima cosa che un medico farà per trattare un disturbo dell’equilibrio è determinare se le vertigini del paziente siano causate da una condizione medica o dall’assunzione di farmaci. Se appurerà la presenza di tali fattori, il medico tratterà la condizione di conseguenza oppure suggerirà al paziente un farmaco differente.

Il trattamento per i diversi tipi di disturbi dell’equilibrio descritti precedentemente dipenderà dal disturbo dell’equilibrio specifico. Alcune opzioni di trattamento prevedono l’assunzione di farmaci, la terapia di riabilitazione vestibolare, esercizi per testa, corpo e occhi, nonché modifiche ad apparecchi domestici per rendere la casa più sicura (ad esempio, il montaggio di corrimano in casa).

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Debolezza al braccio: cause gravi, complicanze e quando chiamare il medico

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO DEBOLEZZA AL BRACCIO O ALLE BRACCIA QUALI CAUSE SINTOMI ASSOCIATI BICIPITE TRICIPITE ATROFIA MUSCOLO FRATTURA LEGAMENTO TENDINE OSSA COSA FARE ICTUS INFARTO DOLORECon “debolezza ad un braccio” o “debolezza alle braccia” ci si riferisce alla astenia (cioè alla perdita di forza muscolare) che può interessare uno o ambedue gli arti superiori (le braccia). La mancanza di forza può verificarsi da sola o può accompagnare una debolezza che interessa altre parti del corpo e può insorgere in concomitanza con altri sintomi e segni (dolore al braccio incluso). In presenza di debolezza al braccio, il soggetto può avere difficoltà a muovere il braccio interessato o a svolgere le attività quotidiane. In alcuni casi, la terapia fisica può contribuire a migliorare la forza del braccio. Nel caso la debolezza sia accompagnata da dolore, gli antidolorifici possono essere di aiuto nella risoluzione di ambedue i sintomi. Il trattamento comunque dipende dalla causa sottostante della debolezza e non esiste una unica terapia che risolva tutti i casi.
Le cause che a monte possono determinare debolezza al braccio, sono molte e di varia natura: ortopediche, neurologiche, endocrinologiche. La possibile eziologia include lesioni o infezioni a carico del braccio, atrofia muscolare (conseguente per esempio ad alcuni disturbi muscolari o alla mancanza d’uso dell’arto, ad esempio qualora fosse stato ingessato), malattie neurodegenerative, anemie, microfratture, danni a carico dei nervi e/o dei muscoli o compressione della colonna vertebrale oppure alcune condizioni ereditarie e malattie immunitarie o immunologicheo perfino alcune patologie di interesse psichiatrico. L’ictus cerebrale è una causa grave e potenzialmente fatale di una improvvisa debolezza al braccio che interessa un solo lato del corpo. Altra causa grave di debolezza è l’infarto del miocardio, in cui la debolezza al braccio sinistro si associa ad un forte dolore. Una debolezza temporanea alle braccia può essere causata anche da semplici raffreddori o influenze. La malnutrizione per difetto, ad esempio una dieta povera di vitamine, sali minerali e proteine ad alto valore biologico, può favorire l’astenia alle braccia.

Sebbene la debolezza al braccio non sia in genere grave, se compare improvvisamente e si associa a debolezza ad un solo lato del corpo e mal di testa, essa può essere un segno di ictus cerebrale: in questo caso si consiglia di non andare oltre nella lettura di questo articolo e contattare immediatamente il Numero Unico per le Emergenze 112. Si consiglia di chiamare i soccorsi anche qualora la mancanza di forza si associa a perdita di coscienza, confusione, vertigini, improvviso intorpidimento, perdita di sensibilità della zona, amnesia, paralisi, alterazioni della vista o difficoltà a parlare. Anche in assenza di tali sintomi, nel caso la debolezza al braccio sia persistente o rappresenti motivo di preoccupazione o di impediamento sul lavoro, vi consiglio comunque di parlarne col vostro medico di Medicina Generale (il medico “di famiglia”) evitando di sottovalutere il problema.

Leggi anche: Pubalgia del podista: cause, diagnosi e rimedi

Sintomi e segni

La debolezza al braccio o alle braccia è di per sé un sintomo. Ad essa possono sovrapporsi altri sintomi e/o segni, che variano a seconda della condizione, della patologia o del disturbo sottostanti. Altri eventuali sintomi e segni sono molto importanti per il medico, perché – poiché le possibili cause di debolezza sono molto varie – permettono al medico di restringere il campo delle ipotesi diagnostiche ed inviare il paziente al giusto professionista (ad esempio un ortopedico, un neurologo o un fisiatra, oppure ad un fisioterapista). Dividiamo ora i possibili sintomi e segni associati alla debolezza al braccio, in base a tipo e “settore” medico.

Sintomi e segni generali

Sintomi e segni generali potenzialmente associati all’astenia al braccio, sono:

  • malessere generale;
  • stanchezza;
  • febbre;
  • prurito;
  • difficoltà respiratoria;
  • letargia.

Leggi anche: Prurito alla pelle: cos’è e come fare per alleviarlo?

Sintomi e segni infiammatori

Sintomi e segni che suggeriscono una causa infiammatoria dell’astenia al braccio, sono:

  • arrossamento del braccio;
  • calore avvertito al braccio;
  • dolore al braccio;
  • gonfiore del braccio.

Per approfondire: I cinque segni cardinali dell’infiammazione

Sintomi e segni ortopedici

Sintomi e segni che suggeriscono una causa ortopedica dell’astenia al braccio, sono:

  • gonfiore al braccio;
  • dolore muscolare;
  • mobilità ridotta (range di movimento delle articolazioni del braccio ridotto);
  • impossibilità ad eseguire un dato movimento;
  • crampi al braccio e/o ad altre parti del corpo;
  • dolore alla spalla, al braccio, all’avambraccio, alla mano o alle dita della mano;
  • gonfiore a carico delle articolazioni.

Leggi anche: Perché vengono i crampi? Cosa sono, come prevenirli e come farli passare?

Sintomi e segni neurologici

Sintomi e segni che suggeriscono una causa neurologica dell’astenia al braccio, sono:

  • paralisi del braccio e/o di altra parte del corpo (gamba, volto…);
  • perdita della sensibilità del braccio e/o di altra parte del corpo;
  • confusione mentale;
  • amnesia;
  • svenimento;
  • difficoltà a masticare o deglutire;
  • difficoltà a parlare o a capire quello che gli altri dicono;
  • improvvisa cecità e/o sordità;
  • spasmi muscolari;
  • formicolio;
  • coma.

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Sintomi e segni endocrinologici

Sintomi e segni che suggeriscono una causa endocrinologica dell’astenia al braccio (con probabile interessamento della tiroide, che potrebbe essere ipofunzionante, come avviene nel paziente ipotiroideo):

  • debolezza generale del corpo;
  • facile affaticabilità;
  • aumento di peso;
  • sonno eccessivo;
  • eccessiva sensibilità al freddo;
  • costipazione;
  • secchezza e pallore della pelle;
  • gonfiore al volto e alle palpebre;
  • voce rauca;
  • depressione;
  • dificoltà nella memoria;
  • problemi di memoria;
  • eloquio lento;
  • mixedema (accumulo di liquidi sottocutaneo);
  • frequenti e crampi muscolari;
  • mestruazioni irregolari o abbondanti;
  • capelli sottili e fragili.

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Sintomi e segni psichiatrici

Sintomi e segni che suggeriscono una causa psichiatrica dell’astenia al braccio, sono:

  • anoressia (perdita dell’appetito);
  • perdita di peso;
  • sintomi depressivi;
  • ideazioni suicidarie;
  • allucinazioni uditive o visive.

Sintomi e segni che potrebbero indicare la presenza di una condizione grave o fatale

In alcuni casi, la debolezza al braccio può essere un sintomo di una condizione grave (come un ictus cerebrale o una grave infezione) che necessita di una valutazione medica immediata. Si consiglia di chiamare il 112 in presenza di uno qualsiasi dei seguenti sintomi, soprattutto se più di uno sono presenti contemporaneamente:

  • alterazione del livello di coscienza;
  • parlare in modo confuso, sbagliando le parole o dicendo frasi senza senso;
  • non capire quello che gli altri dicono;
  • febbre alta;
  • paralisi di una o più parti del corpo (gamba, viso…);
  • paralisi di un solo lato del corpo;
  • formicolio a carico di un solo lato del corpo;
  • alterazioni o perdita della vista e/o dell’udito;
  • perdita della sensibilità;
  • gravi vertigini;
  • forte mal di testa;
  • dolore intenso alla testa (come un “colpo di pugnale”).

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Cause e fattori di rischio

La debolezza al braccio può insorgere a seguito di una serie di eventi o disturbi che colpiscono muscoli, ossa, articolazioni, sistema nervoso o metabolismo. Può essere accompagnata da una debolezza più generalizzata, come in caso di alcuni disturbi ereditari, oppure essere conseguente ad una lesione specifica a carico del braccio.

Cause muscolo-scheletriche

Possibili cause muscolo-scheletriche della debolezza al braccio, sono:

  • lesione al braccio;
  • cisti (sacca benigna contenente liquido, aria o altri materiali);
  • frattura ossea;
  • infezione dei tessuti molli del braccio;
  • distrofia muscolare;
  • sarcopenia;
  • miopatie;
  • tendinite (infiammazione di un tendine);
  • lesione del legamento di una articolazione;
  • postura sbagliata;
  • atrofia del muscolo a causa del mancato uso (ad esempio se il braccio è stato a lungo ingessato, è normale sentirlo debole quando il gesso viene tolto).

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Cause neurologiche

Possibili cause neurologiche della debolezza al braccio, sono:

  • ictus cerebrale ischemio od emorragico;
  • tia (attacco ischemico transitorio);
  • sclerosi multipla;
  • sclerosi laterale amiotrofica (SLA);
  • atrofia muscolare progressiva;
  • sindrome del tunnel carpale;
  • paralisi cerebrale;
  • nervo reciso (ad esempio a causa di un trauma);
  • miastenia gravis;
  • intrappolamento o compressione di un nervo, come per esempio del nervo ulnare;
  • patologie del cervelletto;
  • radicolopatia (compressione di un nervo nella colonna vertebrale).

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Cause endocrinologiche

Possibili cause muscolo-scheletriche della debolezza al braccio, sono:

  • patologie tiroidee (ad esempio ipotiroidismo).

Per approfondire: Ipotiroidismo: sintomi, diagnosi, cura farmacologica e consigli dietetici

Cause psichiatriche

Possibili cause psichiatriche della debolezza al braccio, sono:

  • depressione;
  • anoressia nervosa;
  • sindrome di Münchhausen.

Per approfondire:

Cause reumatologiche

Possibili cause reumatologiche della debolezza al braccio, sono:

  • artrite;
  • artrosi;
  • artrite reumatoide;
  • osteoporosi;
  • lupus eritematoso sistemico.

Per approfondire:

Altre possibili cause

Altre possibili cause della debolezza al braccio, sono:

  • malnutrizione per difetto;
  • anemia;
  • squilibrio elettrolitico;
  • presenza di parassiti (ad esempio una tenia);
  • fibromialgia (condizione cronica che causa dolore, rigidità e dolorabilità);
  • avvelenamento da metalli pesanti (come l’avvelenamento da piombo);
  • ingestione di sostanze tossiche (come piante, funghi o sostanze velenose).

Per approfondire:

Cause gravi o fatali

Cause gravi o potenzialmente fatali o che comunque sono in grado di determinare o favorire dei danni permanenti ed invalidanti, che richiedono una immediata valutazione medica, possono essere:

  • attacco ischemico transitorio (TIA);
  • ictus cerebrale emorragico od ischemico;
  • infarto del miocardio;
  • tumore cerebrale;
  • infezione grave e sistemica, accompagnata da febbre alta.

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Potenziali complicanze

La debolezza al braccio in sé di solito non è una condizione grave. Una lieve debolezza può essere temporanea e risolversi spontaneamente. Tuttavia, poiché può essere causata da patologie gravi, un mancato trattamento in alcuni casi potrebbe comportare l’insorgere di gravi complicazioni e danni permanenti, tra cui:

  • paralisi di una o più parti del corpo;
  • incapacità permanente di parlare e/o comprendere un dialogo;
  • perdita permanente della coordinazione muscolare;
  • perdita permanente della sensibilità di una o più parti del corpo;
  • diffusione metastatica di un eventuale tumore maligno cerebrale;
  • sepsi (diffusione sistemica dell’infezione).

Diagnosi

In caso di astenia al braccio, per diagnosticare il problema che ha determinato il sintomo, il medico si può servire di vari strumenti. Per prima cosa l’anamnesi, in cui il paziente descrive i suoi sintomi, eventuali altre patologie, il tipo di lavoro che svolge ed altre informazioni utili. Il medico può fare delle domande come ad esempio se la debolezza è comparsa all’improvviso o gradatamente oppure se è insorta in seguito ad uno specifico evento o se il paziente si alimenta in modo corretto. Successivamente è necessario un esame obiettivo, in cui il medico andrà a ricercare sul corpo del paziente eventuali segni, come gonfiore, arrossamenti e perdita della sensibilità. A questo punto il medico, avendo teoricamente già sospettato il tipo di causa, indirizzerà il paziente ad alcuni specifici esami di laboratorio e/o di diagnostica per immagini e/o specialistici. Ad esempio il paziente potrebbe essere sottoposto ad esame del sangue oppure a radiografie, ecografie articolari, TC del cranio, risonanza magnetica, elettrocardiogramma, ecocolordoppler cardiaco, spirometria, elettroencefalogramma o elettromiografia.

Terapia

Come abbiamo visto in questo articolo, sono davvero moltissime le cause di una debolezza ad uno o entrambe le braccia: proprio per questo motivo non esiste una unica terapia che risolva il problema in tutti i casi. Il trattamento specifico dipende dalla causa a monte che ha determinato l’astenia e può includere un variegato gruppo di trattamenti farmacologici, chirurgici, fisioterapici e/o psicoterapici. Parlando in modo generale, alcuni consigli per ridurre la debolezza al braccio “idiopatica” (cioè di cui non si conosce la causa), possono essere:

  • alimentarsi in modo corretto;
  • assumere ogni giorno un integratore multivitaminico multiminerale completo, come questo: https://amzn.to/3IlmND4
  • smettere di fumare;
  • non assumere alcolici;
  • perdere peso se obesi o in sovrappeso;
  • aumentare di peso se sottopeso;
  • evitare la vita sedentaria;
  • irrobustire il muscolo bicipite ed il tricipite con un semplice manubrio dal peso adeguato al proprio stato di forma, come questo: https://amzn.to/3Cb2ggK

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Ho superato i trent’anni e sono single. Perché? Ecco i 10 motivi

MEDICINA ONLINE DONNA TRENTANNI SINGLE PAURA RAPPORTO SESSO SAD TRISTE PIANTO RAGAZZA FIDANZATA AMORE PRINCIPESSA TRISTEZZA DEPRESSIONE MENTE EMOZIONI SESSO SEX GIRL YOUNG CUTE CRYING VERY UNHAPPY WALLPAPER.jpgSei giovane. Non “giovanile”, sei proprio giovane. Certo non più ventenne, ma ancora giovane e appetibile. Hai superato trentanni ma ormai perfino i quarantenni sono considerati giovani, perché non dovresti esserlo tu? Hai titoli di studio, un lavoro per cui magari non impazzisci ma che ti da uno stipendio decente, sei in forma, piena di hobby e di begli amici. Sei finalmente sicura di te e tutto sembra andare piuttosto bene nella tua vita. Eppure quando vedi che le tue ex compagne di classe del liceo cominciano a postare le foto dei loro figli e mariti su Facebook, mentre tu torni a casa la sera da sola circondata da cani e/o gatti, o in compagnia di uomini con cui sai già che non ci sarà futuro, senti che qualcosa ti manca. Preferisci restare single, ma vorresti non esserlo: ti contraddici. Fuori appari sempre sorridente con tutti, ma la sera a volte piangi e neanche sai bene il motivo. Menti a te stessa. Fermati e cerca di riflettere sui motivi per cui hai trentanni e sei ancora da sola o comunque senza un rapporto che andrà da qualche parte. Ecco alcuni motivi possibili in cui forse ti ritroverai, basato sui racconti delle nostre pazienti.

1) Sei troppo legata al tuo passato, al ricordo del tuo ex e delle relazioni passate: ormai li hai idealizzati e ti appaiono tutti perfetti, mentre in realtà non lo erano affatto. I legami col passato sono quasi sempre tutti “blocchi”, àncore che ti spingono sul fondo, impedendoti di vivere serenamente l’incontro con persone nuove.

2) Nel momento del primo approccio e del corteggiamento con un uomo, per paura e per insicurezza, ti metti una maschera e fingi di essere quello che non sei, giocando un ruolo e una parte, come un’attrice di secondo livello. Perdi autenticità, butti fumo negli occhi degli uomini e hai come risultato di attrarre uomini scostanti, distanti, non desiderosi di impegnarsi. Quelli che colgono la mancanza di autenticità e la condividono, dato che sono (pericolosamente) inautentici anche loro e soprattutto vogliono evitare la vera vicinanza e la vera intimità. Ecco perché attrai gli uomini sbagliati e non l’uomo giusto. Ed ecco perché ti ritrovi single, alla fine. Scegli di essere autentica: scopri quali sono i tuoi veri bisogni e non avere paura di manifestarli.

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3) Credi e ti affidi agli stereotipi, perdendo obiettività: ci sono tali e talmente potenti luoghi comuni sugli uomini, sulle donne e sulle relazioni che è difficile non esserne influenzate (negativamente). “Gli uomini vogliono solo sesso”; “Se mi dice “mi piaci” mi chiamerà”; “Se è bello, sportivo e in carriera, è un uomo di valore”. Bisogna andare oltre le apparenze e darsi il tempo di conoscere le persone poco alla volta, senza avere paura di scartarle se danno segnali (anche piccoli) negativi. Ripeto: darsi tempo, senza crearsi aspettative e rimanendo pronte a lasciare la presa appena i segnali non sono positivi. Meglio single ancora per un po’ che in una relazione che ti toglie tempo e vita.

4) Non lasci andare un legame superficiale abbastanza in fretta: insistere con un uomo che non è chiaro e non è determinato, non porta nulla di buono. Devi essere veloce, velocissima, non appena il tuo inconscio e il tuo intuito ti fanno sorgere dei sospetti devi lasciar perdere la persona con la quale hai a che fare. Smetti di idealizzare e di cercare il buono a tutti i costi in chi incontri per coltivare la speranza che sia la volta buona. E’ solo così che puoi smettere di essere single.

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5) Sei bloccata nelle sabbie mobili di una relazione che non ha capo né coda: la storia clandestina con un collega sposato, una deludente storia da amici di letto, una storia a distanza che non va avanti né indietro, una relazione virtuale, cioè un rapporto di mesi con qualcuno che non hai mai visto né sentito. Oppure vivi separata in casa con il tuo forse futuro ex marito o permetti al tuo ex di essere troppo presente nella tua vita (perché è il padre dei tuoi figli e se ne approfitta per restare nella tua vita, con una scusa o con l’altra, perché siete colleghi o soci in affari o hai legami forti con la sua famiglia d’origine). Taglia i ponti! Tutte queste relazioni sono totalmente distruttive e non portano a storie veramente destinate a durare.

6) Hai troppa paura di una relazione e di ciò che comporta: seduzione, attrazione e intimità. E poi condivisione di spazi e tempi, di conoscenze e di emozioni di vita. Sei troppo attaccata alla tua condizione di single e alla libertà emotiva che pensi conceda.

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7) Sei troppo attaccata al tuo ruolo di single: se trovi l’uomo giusto per te, di che cosa e su che cosa potrai mai lamentarti e compiangerti in futuro? Ufficialmente vuoi apparire felice da single; in fondo non sei felice da single; ma ancora più in fondo – inconsciamente – sei felice di esserlo.

8) Hai scartato tutti pensando che solo Superman fosse alla tua altezza. Hai un ideale di uomo che non esiste nella realtà e questa è anche una buona scusa per astenersi da cimentarsi sul serio nella vita di coppia e rimanere single. E se anche pensi di trovare questo (inesistente) superuomo, sotto sotto magari non sei neanche convinta di essere alla sua altezza… La (possibile) verità è che tra i 20 ed i 30 anni tu forse sei stata davvero con degli uomini che in realtà erano perfetti per te, ma non ti sei mai accontentata e li hai scartati pensando di meritare di più, sempre di più. Un uomo più bello del precedente, più ricco del precedente, più intelligente del precedente… Ora però li rimpiangi, anche se il tuo egocentristo e la tua autostima smisurata non lo ammetterebbero mai, visto che ormai “sono rimasti solo gli scarti” e non li vuoi, lamentandoti che “non ci sono più gli uomini di una volta”. In questo caso, non sarebbe meglio ammettere che la colpa è tua e non degli uomini? Siamo nel mondo reale e tu non sei una principessa delle favole: impara a capire che anche un uomo che non è bello, ricco e intelligente come il principe che pensi (erroneamente) di meritare, può essere perfetto come compagno. Se questa descrizione ti suona maschilista e ti indigna, probabilmente è perché ho colto nel segno.

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9) Sei talmente sconfortata che metti subito le mani avanti con qualsiasi uomo tu incontri: fai capire (magari senza rendertene conto) che hai paura di soffrire per amore, che sei delusa e che hai paura di metterti in gioco. E gli uomini, alla fine, ti danno ragione perché si scoraggiano e preferiscono donne più ottimiste ed entusiaste. Che davvero non vogliono più restare single. Oppure senti di essere così “in ritardo” rispetto alle tue coetanee, che con ogni uomo nuovo che conosci, inizi subito a parlare di come vorresti fare prestissimo una famiglia con tanti bei bambini. L’uomo si spaventa con discorsi troppo affrettati, e scappa appena può.

10) Non ti senti ancora “pronta”. Ti sei fatta l’idea che solo persone eccezionali e davvero meritevoli possano ambire a una soddisfacente vita di coppia e così pensi di non meritare, per colpe ataviche, di essere felice in amore. Nello stesso tempo pensi che potresti sedurre un uomo solo quando avrai perso peso, trovato un lavoro, raggiunto un traguardo professionale. Gli uomini che sono interessati a relazioni autentiche, sono autentici e non badano all’esteriorità. Meglio una partner serena e un pochino sovrappeso, che una perfezionista insopportabile sempre scontenta di sé, anche se questo non deve ovviamente diventare un alibi per non migliorare sé stessa.

Se il fatto di non aver ancora trovato un partner ti rende nervosa e non riesci a gestire da sola questa situazione, prenota subito la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, ti aiuterò a gestire questo momento difficile.

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