La dieta genetica funziona davvero?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OBESITA GRASSO SOVRAPPESO DIETA DIMAGRIRE METRO ADDOME PANCIA GRASSODieci o quindici anni fa sarebbe sembrata un’utopia: «sbirciare» nel proprio genoma per decidere come cambiare la dieta per dimagrire, sapere qual è il tipo di attività fisica più adatta a noi, fare semplici scelte di vita quotidiana che migliorino la salute. Complice il crollo del prezzo per l’analisi del genoma (con un migliaio di dollari oggi si può sequenziare l’intero patrimonio genetico di un individuo), su internet basta sborsare due o trecento euro per avere la «dieta genetica» che sarebbe più adatta per perdere peso, capire quale dovrebbe essere lo sport in cui potremmo eccellere, o sapere se dovremmo preoccuparci del colesterolo alto o se è il diabete il nostro tallone d’Achille. Con il dilagare di sovrappeso e obesità sono soprattutto i test genetici che promettono di svelare l’alimentazione «bruciagrasso» ideale per ciascuno di noi ad andare per la maggiore: costo non proibitivo, procedura banale (basta raccogliere un po’ di saliva con un tampone, inviare il campione via posta e dopo un paio di settimane il referto con la dieta genetica arriva a casa), il tutto corredato da un’aura di scientificità a prima vista inoppugnabile.

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La molecola che “spegne” la sindrome di Down

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO MEDICINA ONLINE LABORATORIO RICERCA OSPEDALE SCIENZA SCIENZIATO MICROSCOPIO FARMACI CHIMICA TESTUna molecola che sembra riuscire a “spegnere i sintomi” della trisomia 21, conosciuta anche come sindrome di Down. È l’incoraggiante risultato a cui è giunto un team di ricercatori statunitensi che, studiando i topi, ha scoperto che somministrando una singola dose di questa sostanza direttamente nel cervelletto dei roditori è possibile ”spegnere” gli effetti che questa anomalia genetica provoca nei neonati.

Questa ricerca accende una speranza su una patologia diffusa in tutto il mondo. Lo studio, riporta l’Huffington Post francese, è stato condotto alla Johns Hopkins University di Baltimora, in collaborazione con il National Institutes of Health americano, e il risultato ottenuti sui topi è molto incoraggiante. “La maggior parte degli individui affetti dalla sindrome di Down presentano un cervelletto grande il 60% rispetto al normale – ha spiegato il Dott. Roger Reeves, docente presso l’Istituto di Medicina Genetica della Johns Hopkins University e leader dello studio – Questa molecola ha normalizzato la crescita del cervelletto nei topi, che sono stati geneticamente modificati per riprodurre la trisomia 21 umana”.

Questa molecola, tuttavia, non influirebbe sulle capacità di apprendimento delle persone affette dalla sindrome di Down perché, precisa Reeves, si tratta di funzioni cerebrali controllate dall’ippocampo, che regola anche le capacità mnemoniche dell’individuo. Il nuovo farmaco, dunque, non farebbe “guarire” dalla trisomia 21, ma ne limiterebbe semplicemente gli effetti nefasti, limitando la terapia farmacologica: “La sindrome di Down è una patologia molto complessa – spiega ancora Reeves – E nessuno pensa che esista un farmaco miracoloso in grado di donare alle persone affette un’intelligenza normale. Sono necessari approcci multipli”. Tuttavia, è lo stesso Reeves a essere cauto sul possibile inizio della sperimentazione umana: sugli uomini la sostanza potrebbe avere importanti effetti collaterali, tra cui lo sviluppo di forme tumorali derivate dall’alterazione di un meccanismo biologico delicatissimo. I risultati ottenuti in laboratorio, tuttavia, sono piuttosto incoraggianti e il progetto verrà ulteriormente approfondito.

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Convivere con la lipodistrofia: avere 16 anni e dimostrarne 60

Difficile da credere eppure questa donna ha in realtà 16 anni

Difficile da credere eppure questa donna ha in realtà 16 anni

Zara Hartshorn è una ragazza inglese di Rotherharm, nel South Yorkshire, che anagraficamente ha 16 anni ma in realtà ne dimostra molto di più.

La ragazza risulta affetta da una rara patologia che si chiama lipodistrofia che la condanna all’aspetto di una donna di circa 60 anni. Si tratta di una patologia da cui sono affette circa 2000 persone in tutto il mondo, che la ragazza ha ereditato dalla madre Tracy e di cui soffrono anche i suoi fratelli, anche se in misura minore. Zara vive con disagio il rapporto col suo aspetto fisico che non esprime la delicatezza e lo sboccio ancora acerbo della bellezza in una ragazzina della sua età.

La ragazza ha patito anche le continue prese in giro e le battutine da parte dei suoi coetanei, e gli sguardi insistenti e incuriositi della gente che l’incrociavano per strada.

Un famoso chirurgo americano però dopo essere venuto a conoscenza del suo caso, si è offerto di operarla gratuitamente sottoponendola a un intervento di lifting all’avanguardia.

L’aspetto della ragazza è così ringiovanito, anche se l’intrervento non è definitivo perché Zara continuerà ad invecchiare, però ha acquistato maggiore fiducia nella vita e si è anche fidanzata. Insomma ha tratto notevole giovamento da questo intervento.

Questo è uno di quei casi che mi rende orgoglioso di occuparmi di medicina e chirurgia estetica: non per stravolgere i volti o i corpi delle persone, ma per curare quei difetti estetici che creano vero disagio nei miei pazienti.

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