Certe malattie sembrano essere quasi “romantiche”, almeno nel nome: è il caso di una patologia poco conosciuta, la cosiddetta “Sindrome del cuore infranto” anche chiamata Sindrome tako-tsubo ed anche conosciuta come cardiomiopatia da stress, che si manifesta con sintomi simili a quelli dell’infarto (questa patologia è appunto conosciuta come “falso infarto“), ma senza che vi siano ostruzioni a livello delle coronarie.
Quanto è frequente?
La sindrome tako-tsubo è un evento abbastanza raro: l’incidenza nella popolazione generale è di 1:36.000. Su 100 pazienti che, in seguito a un dolore toracico, vengono sottoposti a coronarografia, solo uno o due sono riconosciuti affetti. La tipologia più frequente di paziente è una donna in post-menopausa, senza significativi fattori di rischio cardiovascolare. Il rapporto maschi/femmine è di circa 1:3. La frequente associazione della sindrome con il calo degli estrogeni fa ipotizzare che alla sua base vi sia un danno dell’endotelio, soprattutto dei vasi subepicardici.
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Cause e fattori di rischio della Sindrome del cuore infranto
La sindrome oggetto dell’articolo si presenta tipicamente in seguito a eventi emozionanti (separazioni, lutti, licenziamenti…) o periodi fortemente stressanti (super-lavoro, problemi in famiglia, malattie croniche…) e colpisce, come detto precedentemente, soprattutto le donne in post-menopausa. Fattori di rischio importanti sono sicuramente l’ipertensione arteriosa e la presenza di patologie particolarmente invalidanti del sistema nervoso centrale, quali ictus ischemico, emorragia cerebrale ed epilessia: esse sembrerebbero in grado di scatenare la cardiopatia da stress in pazienti predisposti.
Un caso a cui ho assistito personalmente
La Sindrome del cuore infranto è un evento molto raro, tuttavia quando facevo l’internato per l’abilitazione al Policlinico Umberto I, nel reparto di geriatria, ho assistito proprio al verificarsi di questa sindrome. Un paziente anziano, ma globalmente in salute, è arrivato in reparto per una improvvisa insufficienza respiratoria. In serata era parò stabile, respirava bene, mi raccontava di quanto fosse addolorato per la morte di sua moglie avvenuta neanche una settimana prima. Il giorno dopo venni a sapere che il paziente era deceduto nella notte, probabilmente a causa della Sindrome del cuore infranto.
I meccanismi della sindrome del cuore infranto
Le cause di questa sindrome non sono ancora chiare. Tuttavia molti medici concordano sui possibili meccanismi attraverso cui alcune alterazioni ormonali e certe patologie neurologiche sarebbero in grado di scatenare tale sindrome. In particolare, il danno di specifiche aree cerebrali indurrebbe un’eccessiva attivazione del sistema simpatico. Attivazione che, a sua volta, causerebbe un aumento della produzione dei neurotrasmettitori catecolamine, che sarebbe in grado di alterare la normale funzione cardiaca e di determinare i sintomi tipici della cardiomiopatia da stress. Ciò suggerisce che in pazienti con gravi disturbi neurologici sarebbe opportuno attuare misure preventive volte a limitare le conseguenze sul piano cardiologico sia del danno neurologico sia delle terapie di supporto spesso utilizzate in questa tipologia di pazienti. Ridurre il rischio di cardiomiopatia da stress contribuirebbe a migliorare gli outcome riabilitativi e la qualità di vita in pazienti con importanti malattie neurologiche.
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Sintomi della sindrome del cuore infranto
Come dicevo all’inizio dell’articolo, i sintomi della cardiomiopatia da stress sono molto simili a quelli dell’infarto: non è raro che bravi cardiologi o internisti la scambino proprio per un infarto del miocardio. La sindrome si manifesta con un tipico dolore anginoso, spesso prolungato, che può insorgere durante uno sforzo o, nel 40% dei casi, anche a riposo. L’elettrocardiogramma mostra un sopraslivellamento del tratto ST in numerose derivazioni, mentre la coronarografia non evidenzia stenosi significative. Gli esami di laboratorio rivelano un’alterazione degli indici di necrosi miocardica, ma i valori non raggiungono mai livelli molto elevati. Quello che fa sospettare la sindrome è la discrepanza tra il grado severo di disfunzione del ventricolo sinistro e i modesti livelli sierici degli enzimi.
Differenze tra sindrome del cuore infranto ed infarto del miocardio
Come abbiamo visto i sintomi del falso infarto e dell’infarto del miocardio, sono molto simili. Le differenze sono soprattutto a livello eziologico. Nell’infarto del miocardio si verifica una ostruzione parziale o totale (da aterosclerosi, trombi, emboli) di una o più arterie coronarie, le quali hanno il compito di rifornire d’ossigeno il muscolo cardiaco. La mancanza d’ossigeno conduce alla necrosi (cioè morte) il miocardio interessato e, con la morte di parte del muscolo cardiaco, si ha una riduzione delle capacità contrattili del cuore. Nella Sindrome del cuore infranto invece non c’è ostruzione delle coronarie. Il danno si verifica probabilmente a causa di una alterazione quantitativa di adrenalina e noradrenalina. La variazione di questi ormoni legati allo stress sembra modificare anatomia e funzionalità del tessuto muscolare che costituisce il ventricolo sinistro. Quindi, pur portando a simili sintomi, gli effetti della cardiomiopatia di tako-tsubo non sono legati a restringimenti interni delle arterie coronarie, né tanto meno a processi di necrosi del miocardio. Del resto, possono essere interessate anche persone del tutto sane dal punto di vista cardiaco.
Diagnosi della Sindrome del cuore infranto
La diagnosi di sindrome tako-tsubo viene fatta in pratica per esclusione, solo dopo aver eliminato il dubbio della presenza di tutte le altre patologie che causano sintomi simili, tra queste ricordiamo: infarto miocardico acuto, miocardite, pericardite, dissezione aortica, miocardiopatia secondaria a emorragia subaracnoidea. Gli strumenti usati per la diagnosi differenziale sono principalmente le indagini di laboratorio (CK-MB, CK totali, GOT, LDH…) l’elettrocardiogramma, l’ecocolordoppler, l’RX Torace, la tomografia computerizzata con mezzo di contrasto. In alcuni casi si possono documentare rallentamenti del flusso coronarico a livello epicardico. La scintigrafia miocardica con 99mTc può mostrare una diminuita captazione del radionuclide a livello del ventricolo sinistro.
Trattamento e prognosi
Un’attenzione particolare deve essere posta nel rassicurare il paziente sulla prognosi sostanzialmente favorevole della sindrome, questo perché le alterazioni della morfologia del ventricolo non si accompagnano a occlusioni coronariche. La sopravvivenza a 7 anni dall’episodio è del 98% circa. Il trattamento consiste nel riposo e nella terapia di supporto, che deve basarsi sulla somministrazione di beta-bloccanti, ACE-inibitori, acido acetilsalicilico e diuretici. Il recupero è solitamente spontaneo e la normale funzione miocardica si ripristina nel giro di alcune settimane.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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