Accertamenti ematochimici e ormonali nella diagnosi della disfunzione erettile

MEDICINA ONLINE LABORATORIO BLOOD TEST ESAME SANGUE ANALISI CLINICHE GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI LEUCOCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MEDITERRANENella diagnosi di disfunzione erettile (impotenza), risulta di particolare importanza conoscere il risultato di alcuni esami ematochimici di routine e di alcuni esami ormonali, i quali servono ad escludere patologie di rilievo quali diabete mellito, dislipidemie ed endocrinopatie che potrebbero essere tra le cause del deficit erettile o comunque favorirlo.

Esami ematochimici

Tra gli esami ematochimici di primo livello la maggior parte degli autori in letteratura è concorde nella necessità del dosaggio di:

  • glicemia;
  • colesterolo totale;
  • colesterolo LDL ed HDL (colesterolo “cattivo” e “buono”);
  • trigliceridi.

Per quanto riguarda la glicemia, nell’esperienza del nostro Staff, il 2% circa dei pazienti che si presentano ai nostri ambulatori per disfunzione erettile sono pazienti in cui è presente un diabete mellito che non era stato ancora diagnosticato; il diabete mellito non trattato è certamente un fattore di rischio per la disfunzione erettile.

Livelli elevati di trigliceridi, colesterolo totale e LDL e livelli insufficienti di colesterolo HDL, rappresentano invece un elemento di supporto alla genesi vascolare della disfunzione erettile.

Testosterone e prolattina nella disfunzione erettile

Per individuare le cause esatte di un deficit erettile, è necessario verificare il corretto equilibrio di alcuni ormoni. L’esclusione di una componente endocrina può essere effettuata mediante il dosaggio del testosterone totale e della prolattina. In letteratura medica vi è accordo sulla necessità di un dosaggio routinario del testosterone totale, viceversa la maggior parte degli autori ritiene opportuna una valutazione del dosaggio della prolattina solo in caso di ridotta libido o in presenza di bassi livelli di testosterone totale in virtù di una possibile interferenza sulla pulsatilità delle gonadotropine. Allo stesso modo è consigliato il dosaggio delle gonadotropine o meglio del solo LH solamente dopo il riscontro di bassi livelli di testosterone. Un lavoro condotto all’interno del nostro gruppo su pazienti affetti da disfunzione erettile ha evidenziato come la presenza di iperprolattinemia severa (prolattina >700 mU/i) non si associ necessariamente a ipogonadismo mentre si accompagna quasi costantemente ad una riduzione della libido. Tali evidenze dimostrano un possibile effetto centrale diretto della pro lattina sul controllo della sessualità nel maschio suggerendo la necessità di una sua determinazione nello screening di primo livello nel paziente con disfunzione erettile, specie in presenza di una riduzione della libido.

Il riscontro di livelli di testosterone totale al di sotto della norma deve essere riconfermato da una ripetizione del dosaggio, in quanto in circa il 30% dei casi il valore basso non viene confermato da un secondo dosaggio. Se il valore viene confermato occorre procedere alla determinazione della proteina legante gli ormoni sessuali (sex hormone binding globulin: SHBG; qualora disponibile) al fine di valutare i livelli dell’indice di testosterone libero (= rapporto testosterone totale/SHBG), parametro più sensibile e specifico del
semplice dosaggio del testosterone totale (13). Diverse condizioni cliniche, quali obesità, invecchiamento, acromegalia, l’utilizzo di farmaci antiepilettici, condizioni di franco ipertiroidismo possono, infatti, modificare le concentrazioni di SHBG alterando i valori di testosterone totale. Il dosaggio del testosterone libero appare invece assai poco affidabile e di scarsa utilità nella pratica clinica. Se il testosterone si conferma al di
sotto del range di normalità, in presenza di gonadotropine elevate è ra-gionevole pensare ad un danno gonadico primitivo; se invece le gonadotropine sono basse o inappropriatamente normali, bisogna pensare ad un deficit centrale dovuto ad esempio ad un adenoma ipofisario per cui è opportuna la valutazione radiologica della regione ipofisaria mediante RMN con mezzo di contrasto. Il livello di testosterone totale soglia al di sotto del quale si può parlare di ipogonadismo varia con i vari autori da valori
inferiori a 12 nM/l a valori inferiori a 7 nM/l.

Nella nostra casistica di circa 1200 pazienti con disfunzione erettile la percentuale di soggetti con testosterone totale inferiore a 12 nM/l è il 23% mentre utilizzando un cut off di 7 nM/l su cui vi è accordo generale come soglia per l’ipogonadismo conclamato, la percentuale scende al 3%. Un aumento modesto dei livelli di prolattina in assenza di condizioni che possano esserne responsabili (farmaci, insufficienza renale, eccetera) deve essere riconfermato da dosaggi ripetuti. Un aumento marcato (>700 mU/l) deve essere opportunamente completato da indagini radiologiche mirate allo studio della regione diencefalo-ipofisaria (tomografia computerizzata o meglio, se disponibile, risonanza magnetica nucleare con mezzo di contrasto) al fine di escludere un adenoma secernente prolattina o comunque una patologia espansiva che comprime il peduncolo ipofisario.

Nella nostra casistica di pazienti con disfunzione erettile la percentuale di soggetti con iperprolattinemia modesta (inferiore o uguale a 700 mU/l) è del 9,4% mentre le iperprolattinemie gravi (>700 mU/l) rappresentano l’ 1,9%.

PSA (antigene prostatico specifico)

E’ importante infine la valutazione del PSA in tutti i soggetti al di sopra dei 50 anni (anche prima, in soggetti che hanno famigliarità con malattie prostatiche), che, associato all’esplorazione digitale rettale, dà indicazioni sulla possibile presenza di una iperplasia prostatica benigna o di un carcinoma prostatico. A tale scopo vogliamo ricordare che recentemente è stato suggerito di abbassare il limite del PSA come valore soglia per effettuare biopsie prostatiche multiple da valori maggiori di 4 ng/ml a valori maggiori di 2,6 ng/ml per lo meno nei soggetti al di sotto dei 60 anni. Ciò viene motivato dal raddoppio del numero dei casi diagnosticati con solo una lieve riduzione della specificità (da 98% a 94% rispettivamente per 4,1 e 2,6 ng/dl). Altri autori sono contrari a tale proposta in quanto, in considerazione della alta dicotomia tra incidenza clinica e autoptica dei carcinomi prostatici, questo tipo di approccio rischia di aumentare il riscontro per lo più di forme localizzate e con scarsa evolutività a spese di un numero molto elevato di biopsie con inevitabili conseguenze sui costi sanitari.

Per approfondire la diagnosi della disfunzione erettile, leggi:

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