Sistema dopamminergico: i circuiti nervosi della dopammina

medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-sistema-dopamminegico-dopammina-circuiti-riabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenza-ecoI neuroni dopamminergici formano un sistema di neuromodulazione che ha origine nella substantia nigra, nell’area tegmentale ventrale (VTA), e nell’ipotalamo. Questi sono collegati tramite assoni ad ampie zone del cervello attraverso quattro percorsi principali:

  • La via mesolimbica collega l’area tegmentale ventrale al nucleus accumbens attraverso l’amigdala e l’ippocampo (entrambi al centro del sistema della ricompensa nel cervello). Si pensa che questa via controlli il comportamento e in modo particolare produca delirio ed allucinazioni quando iperattiva. È anche la via che regola il senso di gratificazione, coinvolto quindi nei fenomeni di dipendenza.
  • La via nigrostriatale, che controlla i movimenti, va dalla substantia nigra al striato. Il percorso è coinvolto nei gangli della base.
  • La via mesocorticale collega l’area tegmentale ventrale del mesencefalo alla corteccia pre-frontale; per il controllo di emozioni e sentimenti.
  • La via tubero-infundibolare collega l’ipotalamo alla ghiandola pituitaria. Controlla il rilascio di ormoni come la somatotropina (ormone della crescita) e il PIF (Prolactin Inhibiting Factor ovvero fattore inibente la prolattina).

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Quali sono le funzioni della Dopamina?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma FUNZIONI DELLA DOPAMMINA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa dopamina (o dopammina) ha molte funzioni, specie a livello del cervello dove svolge un ruolo importante in comportamento, cognizione, movimento volontario, motivazione, punizione, nell’inibizione della produzione di prolattina (coinvolta nell’allattamento materno e nella gratificazione sessuale), sonno, umore, attenzione, memoria di lavoro e di apprendimento. Agisce sul sistema nervoso simpatico causando l’accelerazione del battito cardiaco e l’innalzamento della pressione del sangue. La dopammina viene rilasciata a livello centrale dalla substantia nigra e la sua azione è mirata a modulare l’attività inibitoria dei neuroni GABAergici. Neuroni dopamminergici (cioè, i neuroni il cui principale neurotrasmettitore è la dopammina) sono presenti soprattutto nella zona tegmentale ventrale del mesencefalo, nella substantia nigra, e nel nucleo arcuato dell’ipotalamo.

Dopammina e ricompensa

Stimoli che producono motivazione e ricompensa (fisiologici quali i rapporti sessuali, la masturbazione, il cibo ricco di calorie, l’acqua, o artificiali come sostanze stupefacenti, o elettrici ma anche l’ascolto della musica), stimolano parallelamente il rilascio di dopammina nel nucleus accumbens. Al contrario il piacere prodotto da questi stimoli è soppresso da lesioni dei neuroni dopamminergici o dal blocco dei recettori alla dopammina in questa stessa area. Si è visto che bloccando il recettore D2, si ottiene ancora la liberazione di dopammina e la trasmissione del piacere incrementa. Su questo principio si basa la cura della depressione, che consiste nel bloccare il recettore D2 e fare liberare quanta più dopammina possibile, per risollevare il tono dell’umore in modo farmacologico.

Auto somministrazione di sostanze

Il nucleus accumbens, funzionalmente integrato nelle circuitazioni limbiche ed extra-piramidali, svolge un ruolo critico nel mediare gli effetti di rinforzo positivo acuto (soddisfazione) delle sostanze stupefacenti d’abuso, e negli aspetti motivazionali della sospensione, dopo assunzione in cronico, quindi nel rinforzo negativo (punizione), proprio del fenomeno astinenziale. La dopammina è coinvolta nel determinare le proprietà motivazionali delle sostanze attive a livello del SNC. Sostanze come le amfetamine e la cocaina, stimolando i recettori D1 e D2, aumentano il tono dopamminergico, stimolandone il rilascio sinaptico e/o bloccandone la ricaptazione neuronale. La nicotina e altri alcaloidi contenuti nelle sigarette agiscono in maniera analoga. Alcuni studi neuro-farmacologici hanno indicato che le caratteristiche di rinforzo positivo della cocaina sono bloccate dalla somministrazione d’antagonisti dei recettori dopamminergici.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Dopammina: biosintesi, rilascio nello spazio sinaptico e degradazione

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma 10 DOPAMMINA BIOSINTESI RILASCIO DEGRADA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgmedicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-10-dopammina-biosintesi-rilascio-degrada-riabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenza-ecoLa dopammina è biosintetizzata soprattutto nel tessuto nervoso e nel midollare del surrene. La biosintesi di questo importante neurotrasmettitore è divisa in varie fasi. In primo luogo avviene l’idrossilazione dell’amminoacido L-tirosina (un amminoacido normalmente presente nella dieta) in L-DOPA attraverso l’enzima tirosina 3-monoossigenasi, rappresentato dall’aggiunta di un secondo ossidrile all’anello benzenico della tirosina. In seguito avviene la decarbossilazione della L-DOPA da aromatici L-ammino acido decarbossilasi (spesso definito come dopa decarbossilasi), rimuovendo il gruppo carbossilico (-COOH) dalla catena laterale della DOPA. In alcuni neuroni, la dopammina viene trasformata in noradrenalina da parte della dopammina β-idrossilasi. Nei neuroni, la dopammina è confezionata dopo la sintesi, in vescicole sinaptiche che vengono poi rilasciate nelle sinapsi in risposta a un potenziale d’azione presinaptico.

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Immagazzinamento nelle vescicole sinaptiche e rilascio nello spazio sinaptico di dopammina

La dopammina sintetizzata nel citoplasma viene catturata e concentrata all’interno delle vescicole sinaptiche. L’immagazzinamento dentro le vescicole ha lo scopo di proteggere la molecola dalla degradazione a opera della monoamminossidasi, ed è indispensabile per il processo di liberazione del neurotrasmettitore nello spazio sinaptico da parte dell’impulso nervoso. All’arrivo di questo, le vescicole per effetto dell’onda di depolarizzazione, fondono la loro membrana con quella del neurone e si aprono, liberando il loro contenuto nello spazio sinaptico. In generale, gli antagonisti dopamminergici inibiscono, mentre gli agonisti aumentano, il rilascio di dopammina dalla terminazione nervosa.

Degradazione

L’azione della dopammina rilasciata nello spazio sinaptico viene rapidamente ricaptata da parte della terminazione nervosa da cui è stata liberata; una volta ricatturata, la dopammina viene degradata attraverso due principali diversi meccanismi:

  • La dopammina(DA) viene deamminata dalla MAO e diventa 3,4-diidrossifenilacetaldeide (DHPA), è quindi convertita a opera di un’aldeide deidrogenasi in acido 3,4-diidrossifenilacetico (DOPAC). Successivamente viene trasformata in acido omovanillico (HVA) al di fuori del neurone mediante una doppia conversione enzimatica tramite la catecol-O-metiltrasferasi (COMT) prima e la MAO poi.
  • La dopammina viene metilata in posizione 3 dell’anello benzenico dalla COMT e trasformata in 3-metossitirammina, (3MT). Questa viene poi deamminata dalla monoamminossidasi e forma la 3-metossi-4-idrossifenilacetaldeide (3MHPA), la quale viene trasformata dall’aldeide deidrogenasi in HVA.

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Dopammina: cos’è ed a che serve?

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica Roma MAL DI TESTA VIVEVA CERVELLO Verme HD Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Luce Pulsata Peeling Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaLa dopammina è un neurotrasmettitore endogeno della famiglia delle catecolammine. All’interno del cervello questa feniletilammina funziona da neurotrasmettitore, tramite l’attivazione dei recettori dopamminici specifici e subrecettori.

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La dopammina è prodotta in diverse aree del cervello, tra cui la substantia nigra e l’area tegmentale ventrale (ATV). Grandi quantità si trovano nei gangli della base, soprattutto nel telencefalo, nell’accumbens, nel tubercolo olfattorio, nel nucleo centrale dell’amigdala, nell’eminenza mediana e in alcune zone della corteccia frontale. La dopammina è anche un neuro ormone rilasciato dall’ipotalamo. La sua principale funzione come ormone è quella di inibire il rilascio di prolattina da parte del lobo anteriore dell’ipofisi. A livello gastrointestinale il suo effetto principale è l’emesi. Per approfondire, leggi: Quali sono le funzioni della Dopammina?

La dopammina può essere fornita come un farmaco che agisce sul sistema nervoso simpatico, producendo effetti come aumento della frequenza cardiaca e pressione del sangue. Gli antagonisti dopamminergici sono farmaci che trovano ampio utilizzo come neurolettico in ambito psichiatrico, mentre agonisti dopamminergici sono usati sia come terapia di prima scelta nella malattia di Parkinson, sia -in misura minore- come antidepressivi e contro la dipendenza. Va considerato che si possono avere gravi effetti collaterali, come indicato nei foglietti illustrativi solamente dal 2007, quali bulimia, ipersessualità, gioco compulsivo (gioco d’azzardo), acquisti compulsivi in circa l’8% di coloro che sono affetti dalla malattia di Parkinson.

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Perché cadono i capelli? Quanti capelli al giorno è normale perdere? E’ vero che i calvi hanno più testosterone?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO DONNA BELLA ESTETICA CAPELLI OCCHI BELLEZZA COSMETICI PELLE RUGHE TRUCCO MAKE UP OCCHIALI DA SOLE COLORATIQuanti capelli al giorno è normale perdere?
Ogni giorno normalmente perdiamo da 50 a 80 capelli circa. Spesso non ce ne accorgiamo neppure, tranne quando li sottoponiamo a lavaggio o spazzolatura, perché in questo modo favoriamo il distacco di quelli “pericolanti”.

Perché in autunno e primavera si perdono più capelli?
La constatazione che in autunno ci sia un ingente aumento nel numero dei capelli che cadono è talmente comune da aver dato origine al detto popolare “cadono le foglie, cadono i capelli”. Solo recentemente, però, la scienza ha formulato delle precise ipotesi circa le cause di questo fenomeno tanto diffuso. Sembra che l’imputato numero uno sia la luce del giorno, o per meglio dire, il picco di ore di luce cui siamo sottoposti nel periodo estivo. Probabilmente anche la temperatura ambientale ha un suo ruolo, ma meno importante. In numerose specie animali la variazione delle ore di luce è un fattore critico nella “muta” del pelo, e determina la sostituzione del mantello estivo con quello invernale: nella specie umana si verifica un fenomeno simile, probabilmente come ricordo ancestrale. L’influenza della variazione della luminosità ambientale verrebbe esercitata attraverso gli occhi ed il sistema endocrino. Infatti anche i livelli plasmatici di ormoni androgeni sono soggetti a ritmi stagionali e gli ormoni giocano un ruolo di primo piano nella caduta dei capelli. I capelli, come i peli del corpo, raggiungono la massima velocità di crescita in estate, mentre la proporzione dei capelli in fase Anagen (fase di crescita) è più elevata in inverno, con un picco massimo nei mesi di dicembre e gennaio. In giugno, luglio e agosto si osserva, invece, la punta più alta di capelli in fase Telogen (fase di eliminazione): questi capelli cadranno dunque tre mesi dopo (settembre, ottobre e novembre), al termine della fase Telogen. Esiste anche un (minore) picco primaverile, che riguarda soprattutto chi soffre di alopecia andro-genetica, cioè di calvizie precoce.

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Le cause della caduta sono le stesse per uomini e donne?
Alcune sì: le carenze alimentari, la stagionalità, alcune malattie o l’assunzione di certi farmaci provocano per entrambi i sessi un aumento nel numero di capelli che cadono.
Ma se ci soffermiamo sulle cause più frequenti, o sulla modalità con cui la caduta si manifesta, scopriamo grandi differenze tra uomini e donne.
La causa più frequente presso gli uomini è la cosiddetta “alopecia andro-genetica”, o calvizie precoce, che colpisce in modo più o meno accentuato circa il 50% degli uomini
sotto ai 50 anni; un ulteriore 30% si riscontra dai 50 anni in poi, portando all’80% il totale degli individui di sesso maschile alopecici. Questa forma di caduta, che colpisce in particolare alcune zone del capo, si aggrava progressivamente ed è irreversibile: si può, però, rallentare in modo significativo.
Nella donna, invece, la maggior parte delle forme di caduta è reversibile, e prende la forma di un diradamento omogeneo di tutta la capigliatura. Le cause più frequenti sono legate a brusche variazioni ormonali (il dopo-parto), a diete dimagranti particolarmente drastiche, a momenti di stress psicofisico acuto. Esiste anche una forma di alopecia andro-genetica, analoga a quella maschile, che si manifesta dopo la menopausa o come conseguenza di forti squilibri ormonali patologici.

Quali sono le malattie e le terapie farmacologiche che fanno cadere i capelli?
Alcune malattie possono provocare il Telogen effluvium, cioè il passaggio simultaneo di un elevato numero di follicoli dalla fase di crescita a quella di eliminazione; tra le più comuni si possono citare l’anemia, il diabete mellito, l’insufficienza epatica o renale, le malattie della tiroide, la pancreatite, la polmonite e gli interventi chirurgici. Tra i farmaci, invece, ricordiamo i chemioterapici, i contraccettivi orali, gli antitiroidei, gli antipertensivi, gli ipercolesterolemizzanti, il tallio, il mercurio, il litio, lo iodio, il selenio e la ciclosporina A.

Perché la calvizie precoce è definita “alopecia andro-genetica”?
Il nome deriva dal greco antico “alopex”, che significa “volpe”, perché questo animale perde il pelo in modo massiccio nella muta stagionale. “Andro ” sta per “maschile”, in quanto gli ormoni maschili (o, appunto, androgeni) sono fortemente implicati in questo fenomeno. Infine “genetica” sta ad indicare una predisposizione familiare ereditaria, che è un fattore decisivo nell’insorgenza della calvizie precoce.

Perché molti uomini perdono capelli quando sono ancora giovani e quale sarebbe il nesso tra testosterone e caduta di capelli?
Volendo estremizzare, potremmo dire che se un giovane perde molti capelli, la “colpa” è della loro mamma. Esiste, infatti, una tendenza ereditaria, che ha un esito più grave se proviene dal ramo materno. Ma che cosa si eredita, in particolare? Nel follicolo del capello esistono dei recettori ormonali, che reagiscono alla presenza degli ormoni androgeni (testosterone) nel sangue. Più i recettori sono sensibili, più basse saranno le quantità di ormoni capaci di stimolarli. Quello che si eredita è proprio il livello di sensibilità di questi recettori. Una maggiore quantità di recettori è concentrata nella regione frontale ed al vertice del cranio, zone tipiche della calvizie precoce; la nuca, invece, è la zona più risparmiata. Quindi perdere molti capelli non significa necessariamente avere molto testosterone, ma sicuramente avere una maggiore sensibilità al testosterone dei recettori ormonali del follicolo.
Per effetto degli ormoni androgeni, nelle zone del cranio a più alta concentrazione di recettori si avvia un processo progressivo di accorciamento del ciclo di vita del capello e di miniaturizzazione dei capelli, che si trasformano via via in peluria sottile. Al termine del processo, il follicolo avrà esaurito precocemente la sua “riserva” di nuovi capelli, e si atrofizzerà definitivamente.
Per semplificare, potremmo dire che l’alopecia andro-genetica comporta un’accelerazione estrema ed amplificata del processo di invecchiamento della radice, per cui uomini ancora giovani presentano uno stato di calvizie che, negli individui non alopecici, si manifesta in età molto avanzata.

A che età inizia il processo che porta alla calvizie precoce?
Questo processo inizia, negli individui predisposti, non appena l’attività ormonale si fa intensa, quindi già durante la pubertà. L’intensità e la gravità del fenomeno sono ereditarie, ma esistono mezzi per rallentare notevolmente l’evoluzione della calvizie: più precocemente si cominciano i trattamenti di prevenzione, maggiori sono le probabilità di conservare i capelli il più a lungo possibile.

Si possono far ricrescere i capelli nelle zone “pelate”?
Se i follicoli hanno già esaurito tutta la loro riserva di capelli, non esistono, ad oggi, trattamenti in grado di riattivarli. In questo caso l’unica soluzione soddisfacente è l’autotrapianto, che consiste nel prelevare i follicoli della nuca e reimpiantarli nelle zone diradate. Questo intervento, che deve essere eseguito da medici specializzati, dà oggi ottimi risultati estetici praticamente permanenti, perché i follicoli prelevati dalla nuca non sono soggetti alla caduta precoce. Risulta, però, difficile trattare zone troppo vaste.

La forfora o l’eccesso di sebo possono provocare la caduta?
Questi due fenomeni accompagnano spesso la caduta dei capelli, e certamente ne costituiscono dei fattori aggravanti, perché producono uno stato di micro-infiammazione del cuoio capelluto che accelera l’indurimento delle fibre di collagene che circondano la radice, soffocandola. I migliori trattamenti “anti-caduta”, infatti, contengono anche principi attivi sebonormalizzanti ed antiforfora.

È utile effettuare un trattamento quando la caduta dei capelli è solo episodica o stagionale?
Anche se questa forma di caduta è reversibile, un trattamento rinforzante anti-caduta può essere sicuramente utile per ridurne l’entità. Inoltre, dato che all’elevato numero di capelli che cadono corrispondono altrettanti “nuovi” capelli che si preparano a spuntare, un trattamento idoneo può aiutare le radici a produrre dei nuovi capelli più robusti, di migliore qualità e con una “speranza di vita” maggiore.

Come e quanto si può rallentare l’evoluzione della calvizie?
Per rallentare l’evoluzione della calvizie è possibile agire sostanzialmente in due modi: il primo consiste nel modificare l’effetto degli ormoni androgeni sul follicolo, il secondo nel prolungare la fase di crescita (Anagen) del capello. Il risultato è proporzionale alla precocità con cui si iniziano ad utilizzare i trattamenti, prima che il numero dei follicoli definitivamente atrofizzati sia eccessivo, ed alla costanza con cui si effettuano i trattamenti stessi. Nessun rimedio, infatti, dà risultati definitivi con un singolo ciclo di cura, ma risulta efficace solo finché viene utilizzato: infatti, il diradamento e la miniaturizzazione dei capelli sono fenomeni costanti e progressivi, e bisogna combatterli in modo continuativo.

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Asciugatura ed acconciatura dei capelli

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Eliminazione dei pidocchi

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