Reazioni da ipersensibilità e allergie a farmaci: diagnosi e terapie

MEDICINA ONLINE DOTTORE MEDICO IN CAMICE SPECIALISTA ANAMNESI ESAME OBIETTIVO DIAGNOSI DIFFERENZIALE SINTOMI E SEGNI SEMEIOTICA OSPEDALE.La diagnostica dell’allergia a farmaci costituisce un problema spesso complesso a causa sia delle scarse conoscenze sui meccanismi patogenetici, sia del fatto che non sono disponibili metaboliti attivi utilizzabili nella diagnostica in vitro. Come avviene praticamente sempre in medicina, il processo diagnostico in allergologia passa per prima cosa da una accurata anamnesi.

Anamnesi

Un’anamnesi approfondita può consentire al medico di accertare i rapporti cronologici tra l’assunzione di un farmaco e la comparsa delle manifestazioni cliniche, nonché eventuali pregresse reazioni, anche di lieve entità, in seguito a somministrazioni dello stesso medicamento. È così possibile focalizzare i sospetti su un farmaco (o su pochi farmaci) anche in caso di trattamenti plurifarmacologici, tenendo anche conto della frequenza statistica delle diverse sindromi re attive che ciascun farmaco può provocare.

Test diagnostici

Per confermare i dati anamnestici bisogna ricorrere a test diagnostici specifici, in vivo ed in vitro, che sono purtroppo attuabili in maniera standardizzata soltanto per pochi farmaci. I test cutanei debbono essere utilizzati, in linea di massima, iniziando dai prick test, a diluizioni scalari (ad esempio, 1:100, 1:10, etc.), e proseguendo eventualmente con i test intradermici; vanno impiegate, ove possibile, metodiche standardizzate e riportate in letteratura, soprattutto allo scopo di evitare false positività per impiego di concentrazioni troppo elevate. Va sottolineato che i test cutanei sono gravati dal potenziale rischio di provocare, in soggetti altamente sensibili, reazioni severe, a volte anche mortali. Per tale motivo questi test vanno eseguiti nella pratica
clinica soltanto nei casi in cui non esistano farmaci alternativi per trattare la patologia da cui il paziente è affetto e sussista, quindi, una reale necessità di somministrare quel determinato farmaco. In ogni caso, i test cutanei per farmaci debbono essere praticati in ambiente ospedaliero specializzato, ove siano disponibili tutte le attrezzature e le competenze specialistiche necessarie per far fronte ad eventuali situazioni di emergenza.
Per la penicillina è disponibile un kit diagnostico (Allergopen) comprendente un flacone di penicilloil-polilisina (PPL) in forma liofila, 5 flaconi di una miscela di determinanti minori (MDM) ed un flacone di soluzione tampone. Il contenuto del flacone di PPL deve essere ricostituito con 5 ml di soluzione tampone ed il contenuto del flacone di MDM con 1 ml di soluzione tampone (diluizioni maggiori – 1/10, 1/100 o 1/1000 – vanno impiegate
nei casi in cui si sospetti che la penicillina abbia prodotto in precedenza, in quel paziente, reazioni gravi).
Deve essere eseguito dapprima il prick test con PPL, passando quindi, in caso di negatività, al test intradermico. Qualora i test cutanei con PPL risultassero negativi, dovrà essere testata la MDM, iniziando sempre dal prick test e proseguendo poi, eventualmente, con il test intradermico. In soggetti con sospetta allergia alla penicillina dovrebbero essere eseguiti anche i test cutanei con amoxicillina ed ampicillina.
Per i miorilassanti, i test cutanei vanno praticati con le seguenti diluizioni:

  • suxametonio: 1:100 (100 mcg/ml);
  • pancuronio: 1:10 (200 mcg/ml);
  • vecuronio: 1:10 (400 mcg/ml);
  • alcuronio: 1:100 (50 mcg/ml);
  • atracurium: 1:1000 (10 mcg/ml);
  • D-tubocurarina: 1:1000 (3 mcg/ml);
  • gallamina: 1:100 (200 mcg/ml).

Concentrazioni più elevate possono dar luogo a false positività cutanee per rilascio aspecifico di istamina.
Per quanto concerne i test cutanei per altri farmaci, deve essere sempre evitata la famigerata procedura del cosiddetto “pomfo di prova”, che spesso viene richiesto ed eseguito, anche in ambienti ospedalieri, prima di intraprendere un determinato trattamento. In proposito va rilevato:

  • che la negatività della prova, soprattutto con farmaci che si comportano come antigeni incompleti, non esclude assolutamente l’esistenza di un’ipersensibilità clinica;
  • che una falsa positività del test può privare il paziente di un farmaco potenzialmente efficace per il trattamento della patologia in atto;
  • che il “pomfo di prova”, non contemplando il prick test come approccio diagnostico preliminare, può comportare seri rischi per il paziente, soprattutto con alcuni farmaci.

Va segnalato che spesso le reazioni da farmaci, in particolare alcune sindromi cutanee (reazioni maculo-papulose, etc.) da antibiotici del gruppo delle cefalosporine non sono dovute a reazioni IgE-mediate ma a reazioni cellulo-mediate, per cui può risultare utile l’effettuazione di test epicutanei (patch tests), che trovano poi indicazione elettiva nelle dermatiti da contatto da farmaci. Per il foto-patch test, da eseguire nelle fotodermatiti.

I test sierologici in vitro per la ricerca di IgE specifiche sono disponibili soltanto per pochi dei farmaci che possono dar luogo a sindromi reattive IgE-mediate: penicilloil-G, penicilloil-V, ampicillina, amoxicillina, insulina (porcina, bovina ed umana), ACTH, succinilcolina e protamina. Questi test debbono essere considerati assolutamente affidabili per quei farmaci che costituiscono antigeni completi (insulina, corticotropina, etc.) e possono essere preferiti ai test cutanei, che sono potenzialmente rischiosi. Al contrario, la validità dei test sierologici per i farmaci che si comportano come antigeni incompleti è assai limitata, in quanto non si dispone attualmente di test per tutti i possibili determinanti antigenici di un farmaco; ad esempio, per quanto concerne la penicillina, sono disponibili soltanto test sierologici per i derivati penicilloilici, per cui la negatività dei test sierologici non esclude affatto l’esistenza di- un’allergia alla penicillina. Deve essere ricordato, inoltre, che le IgE sieriche specifiche per un farmaco tendono spesso a ridursi gradualmente a distanza di tempo dall’ episodio re attivo
presentato dal paziente. Talora si possono riscontrare, con i test in vitro, positività multiple, ad esempio con vari miorilassanti, per fenomeni di cross-reattività; in tali casi  può essere eseguito un test di RAST-inibizione per svelare le false positività.

Per la diagnosi di reazioni allergiche da farmaci non IgE-mediate, ed in particolare per le immunocitopenie, sono disponibili alcuni altri test in vitro.

Per le PAR da farmaci può essere utile può essere utile il dosaggio in vitro dei sulfidoleucotrieni (CAST-ELISA), liberati de novo da sospensioni leucocitarie di sangue periferico del paziente dopo aggiunta del farmaco.

I test di eliminazione del farmaco sospetto, con successiva osservazione e valutazione delle variazioni sintomatologiche, non sono selettivi (spesso il paziente è sottoposto a trattamenti plurifarmacologici), per cui possono soltanto confermare il sospetto diagnostico.

Certamente molto più attendibili sarebbero i test di provocazione (“challenge tests” o test di tolleranza) che però possono essere rischiosi, per cui in linea di massima vanno eseguiti non con i farmaci sospetti bensì con farmaci alternativi aventi una struttura chimica del tutto diversa da quella del farmaco sospetto.

Leggi anche: Test di provocazione in medicina: cosa sono, a che servono, come si svolgono?

Prevenzione

Per la prevenzione delle sindromi reattive da farmaci, si rimanda a questo articolo: Consigli per la prevenzione di allergie da farmaci e pseudoallergie

Terapia

Una desensibilizzarione (immunoterapia specifica) appare giustificata soltanto in casi eccezionali e quando davvero il farmaco è salvavita ed insostituibile, come – ad esempio – in presenza di un’accertata allergia all’insulina in diabetici insulino-dipendenti. Alcuni schemi di desensibilizzazione relativi all’insulina sono riportati qui: Immunoterapia specifica: schemi non convenzionali, iposensibilizzazione a farmaci e veleni di imenotteri

Per quanto riguarda altri farmaci (sieri, vaccini, etc.), si rinvia alle pubblicazioni monografiche citate in bibliografia.

Sono stati riportati casi di desensibilizzazione al trimetoprimsulfametossarolo, alla suliadiazina ed all’acyclovir, che spesso provocano reazioni allergiche in pazienti HIV-positivi con polmonite da Pneumocystis carinii, neurotoxoplasmosi ed herpes simplex.
Va però considerato che queste procedure non sono esenti da rischi, per cui debbono essere praticate esclusivamente in ambiente ospedaliero specializzato.

Per approfondire, leggi:

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