Streptococcus pneumoniae, anche chiamato pneumococco o pneumococcus, un tempo noto come Bacillo di Fraenkel o Diplococcus pneumoniae o Diplococcus lanceolatus, spesso abbreviato S. pneumoniae, è un batterio gram-positivo appartenente al genere Streptococcus ed è il principale responsabile della polmonite negli adulti. Lo S. pneumoniae, tuttavia, non colpisce solo l’apparato respiratorio, ma può interessare anche altri distretti come il sistema nervoso centrale, il cuore e lo scheletro. Nonostante il fatto che la virulenza di questo batterio sia minima e che sia un batterio patogeno principalmente nei soggetti immunodepressi, in alcuni casi può essere responsabile di pericolose condizioni (sepsi, meningite, endocardite, batteriemia, artrite, osteomielite e peritonite) che – se non curate – possono condurre alla morte del paziente. In questo articolo parleremo dei regimi antibiotici usati in alcune malattie comunemente determinate dallo pneumococco.
Otite media
Le comuni raccomandazioni per il trattamento dell’otite media sono basate sui seguenti presupposti:
- l’otite media acuta è negli Stati Uniti la più comune diagnosi per cui viene prescritta una terapia antibiotica;
- la diagnosi, di solito, viene formulata sulla base di un riscontro non specifico di infezione dell’orecchio medio;
- in molti casi S. pneumoniae e H. influenzae si sono dimostrati gli agenti eziologici più probabili;
- dal momento che è necessaria la penetrazione in uno spazio chiuso, per trattare le infezioni causate da ceppi a resistenza intermedia o elevata, bisogna avvalersi di alti livelli sierici di antibiotici efficaci;
- S. pneumoniae, senza una specifica terapia, causa più frequentemente, rispetto a H. influenzae e più facilmente di Moraxella, progressione verso serie complicanze;
- gli antibiotici efficaci contro gli pneumococchi e resistenti alle beta-lattamasi sono molto più costosi dell’amoxicillina.
Come risultato di queste considerazioni l’American Academies of Pediatrics and Family Practice raccomanda ai clinici una particolare accortezza nel diagnosticare un’otite. Nei bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 2 anni, con una manifestazione non grave e una diagnosi non di certezza e in bambini di età superiore ai 2 anni con una manifestazione non grave (anche se sembra esserci diagnosi di certezza), una terapia sintomatica e l’osservazione clinica possono sostituire la terapia antimicrobica. Se ai genitori dei bambini con otite viene consegnata una prescrizione per antibiotici con l’indicazione di non somministrarli se non in caso di progressione di malattia, in molti casi gli antibiotici non vengono somministrati, con soddisfazione da parte dei pazienti. Se l’otite media viene diagnosticata con certezza, è raccomandata una alta dose di amoxicillina. Se questo regime fallisce è possibile che siano responsabili pneumococchi altamente resistenti alla penicillina o Haemophilus o Moraxella, produttori di beta-lattamasi: l’amoxicillina deve essere somministrata allo stesso alto dosaggio, ma con metà della dose sotto forma di amoxicillina/acido clavulanico. Se questo regime fallisce, possono essere efficaci tre dosi di ceftriaxone a intervalli giornalieri.
Nell’adulto è possibile provare anche con un chinolone o un ketolide. I pazienti devono essere tenuti sotto stretto controllo per essere certi che stiano rispondendo positivamente. Se falliscono tutti questi trattamenti è indicata una valutazione otorinolaringoiatrica. L’otite cronica sierosa (condizione nota nei paesi anglofoni con il termine di glue ear, letteralmente”orecchio-colloso”) non è probabilmente sostenuta da un’infezione attiva (anche se, mediante analisi molecolare, nel liquido dell’orecchio medio è stato rilevato il DNA pneumococcico) e non richiede terapia antibiotica. Il trattamento dell’otite è raccomandato per una durata di 10 giorni nei bambini di età inferiore ai 2 anni, mentre per soli 5 giorni nei bambini di età maggiore o uguale a 2 anni che non abbiano forme complicate.
Uno studio recente riporta un identico tasso di guarigione clinica e batteriologica con un trattamento di 10 giorni di amoxicillina e con una monosomministrazione di azitromicina (30 mg/kg).
Sinusite acuta
Dal momento che la patogenesi e l’eziologia microbica delle rinosinusiti acute sono simili a quelle dell’otite media, altrettanto simili sono i principi di diagnosi e di terapia. La diagnosi è per la maggior
parte dei casi empirica, e meno rigorosamente viene effettuata più irrilevante dovrebbe essere l’utilizzo degli antibiotici. Il tasso di efficacia per amoxicillina/acido clavulanico, fluorochinoloni e ceftriaxone (disponibile solo per uso parenterale) è del 90-92%, in contrapposizione all’83-88% per amoxicillina, trimetoprim-sulfametoxazolo e cefalosporine di seconda o terza generazione per via orale e al 71-81% per i macrolidi e la doxiciclina. Il trattamento dovrebbe essere raccomandato per periodi più lunghi di quelli previsti per l’otite media (forse 10-14 giorni), ma la durata ottimale non è stabilita.
Meningite
La meningite da pneumococco dovrebbe essere trattata inizialmente con ceftriaxone e vancomicina. Dosi equivalenti di cefotaxime o cefepime possono essere utilizzate in sostituzione al ceftriaxone.
Le cefalosporine dovrebbero in generale essere efficaci verso molti – ma non tutti – gli isolati e dovrebbero facilmente superare la barriera ematoencefalica; tutti gli isolati dovrebbero essere sensibili alla vancomicina, ma questa molecola ha una capacità erratica di superare la barriera ematoencefalica.
Se gli isolati si sono dimostrati sensibili o di resistenza intermedia, il trattamento dovrebbe essere continuato con il ceftriaxone e la vancomicina dovrebbe essere interrotta. Se il microrganismo si è dimostrato resistente, il trattamento con entrambi i farmaci dovrebbe essere continuato. Molti studi
sperimentali condotti su animali suggeriscono un beneficio derivante dall’associazione con la rifampicina, ma studi in vitro hanno messo in risalto un antagonismo tra questo farmaco e il ceftriaxone o la vancomicina: in assenza di dati che documentino l’efficacia sull’uomo non raccomando l’aggiunta di rifampicina. L’imipenem può essere utilizzato in sostituzione delle cefalosporine in pazienti con reazioni allergiche pericolose per la vita documentate verso gli antibiotici beta-attamici. La durata della terapia
per la meningite da pneumococco è di 10 giorni. Uno studio di alcuni anni fa ha dimostrato l’efficacia della co-somministrazione di glucocorticoidi.
Endocardite
L’endocardite da pneumococco è associata a una rapida distruzione delle valvole cardiache. In attesa dei risultati sulla sensibilità, il trattamento dovrebbe essere iniziato con ceftriaxone o cefotaxime; se la
prevalenza di ceppi altamente resistenti è in crescita, potrebbe essere prudente associare la vancomicina fino a quando siano disponibili i dati relativi alla sensibilità. In vitro gli aminoglicosidi risultano in qualche modo sinergici, mentre la rifampicina e i chinoloni sono antagonisti dei beta-lattamici
nei confronti degli pneumococchi; non esiste una chiara evidenza negli studi in vivo che l’aggiunta di questi antibiotici al regime sia di beneficio.
Sepsi
L’aggiunta di drotrecogina (una preparazione con proteina C attivata), può essere di beneficio nel tratta-
mento di individui con sepsi severe da pneumococco. I glucocorticoidi e gli inibitori di TNF-alfa, IL-1 o il fattore attivante le piastrine non hanno invece portato beneficio.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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