Morte cardiaca improvvisa: cause, fattori di rischio e terapie

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comunemente definita come una morte naturale e inaspettata che si verifica entro l ora dalla comparsa dei sintomi.

Epidemiologia

La SCD è responsabile di circa 300000 decessi all’anno – oltre il 50% di tutti i decessi per cause cardiache – ed è la principale causa di morte negli uomini tra i 20 e i 60 anni.

Cause di morte cardiaca improvvisa

La morte improvvisa cardiaca può essere la conseguenza di patologie cardiache e non cardiache, sebbene le cause cardiache siano di gran lunga le più frequenti.

Cause cardiache di morte cardiaca improvvisa, sono:

  • Fibrillazione ventricolare
  • Ischemia o lesione miocardica
  • Sindrome del OT lungo
  • Sindrome del OT corto
  • Sindrome di Brugada
  • Displasia aritmogena del ventricolo destro
  • Tachicardia ventricolare
  • Bradiaritmie, malattia del nodo del seno
  • Stenosi aortica
  • Sindrome di Eisenmenger
  • Tetralogia di Fallot
  • Tamponamento pericardico
  • Tumori cardiaci
  • Complicanze di endocardite infettiva
  • Cardiomiopatia ipertrofica (aritmia o ostruzione)
  • Ischemia miocardica
  • Aterosclerosi
  • Angina di Prinzmetal
  • Arterite di Kawasaki

Cause NON cardiache di morte cardiaca improvvisa, sono:

  • Emorragia a carico del sistema nervoso centrale;
  • Embolia polmonare massiva;
  • Overdose da farmaci;
  • Ipossia secondaria a pneumopatia;
  • Dissecazione o rottura dell’aorta.

Nella maggioranza di questi casi, sono responsabili del meccanismo del decesso le tachiaritmie ventricolari (VT e VF) che si verificano nell’ambito della cardiopatia ischemica. Cause comuni di SCD, soprattutto nei pazienti giovani, sono anche le VT polimorfe che insorgono in pazienti con LTQS (sindrome del QT lungo), sindrome del QT corto, sindrome di Brugada e cardiomiopatia ipertrofica. VT in assenza di cardiopatia sotto stante e una rapida conduzione di AF o AFL attraverso un tratto accessorio che precipita una VT- VF sono responsabili di altre cause tachiaritmiche di SCD. Le bradiaritmie e l’attività elettrica in assenza di polsi, una condizione durante la quale l’attività elettrica
del cuore continua in assenza di contrazione meccanica, sono  responsabili di una piccola percentuale di SCD.
La cardiopatia ischemica è presente in almeno 1’80% dei pazienti che muoiono improvvisamente per una causa cardiaca, e in almeno il 75% dei casi è presente una storia di pregresso IM. Nella percentuale rimanente, la SCD è la prima manifestazione di cardiopatia ischemica. Nondimeno, solo il 20% dei pazienti che sopravvive a un episodio di SCD presenta i segni di un IMA transmurale verificatosi al
momento dell’evento. Questa circostanza ha una rilevante importanza prognostica: i soggetti sopravvissuti a una SCD verificatasi nell’ambito di un IMA hanno una percentuale di recidive inferiore al 5% nell’anno successivo, rispetto a una percentuale del 30% nei soggetti sopravvissuti a una SCD
verificatasi in assenza di infarto acuto del miocardio.

Terapia

L’unico trattamento efficace di un episodio acuto di SCD è il supporto circolatorio immediato mediante rianimazione cardiopolmonare (CardioPulmonary Resuscitation, CPR) e il ripristino di un ritmo cardiaco efficace mediante defibrillazione elettrica. Dopo aver ristabilito un ritmo stabile, mentre vengono accertate le cause scatenanti, durante le prime 24 ore deve essere istituita una terapia antiaritmica per via endovenosa, di solito con amiodarone.
Non è possibile presumere che le VT-VF siano state il meccanismo che ha provocato la SCD, se questi ritmi non sono stati documentati al momento dell’arresto. È quindi obbligatorio ricercare tutte le altre possibili cause. Nei sopravvissuti a SCD, si deve eseguire una valutazione cardiaca completa per definire la funzione cardiaca, identificare la presenza di cardiopatie reversibili e valutare il rischio di aritmie recidivanti. L’ecocardiografia può identificare possibili cause cardiache strutturali di SCD (per es. stenosi aortica, cardiomiopatia ipertrofica) e permette di valutare la funzione ventricolare sinistra. Questa identificazione ha un importante valore prognostico: i pazienti con funzione ventricolare depressa hanno una maggiore probabilità di SCD ricorrente, una scarsa risposta alla terapia con farmaci antiaritmici e una percentuale maggiore di mortalità dei soggetti con funzione ventricolare normale.
Il monitoraggio con ECG dinamico e la prova da sforzo sono utili per documentare la frequenza e la gravità di aritmie ventricolari recidivanti e per valutare l’ischemia residua.
I pazienti in cui un IMA scatena una SCD non richiedono una terapia antiaritmica; se è possibile si deve invece eseguire il cateterismo e la rivascolarizzazione cardiaca. Nei sopravvissuti a SCD in cui l’evento si è verificato in assenza di IMA e nei pazienti con tachiaritmie ventricolari recidivanti, l’impianto di un ICD ha rappresentato la principale forma di trattamento. Studi effettuati alcuni anni fa hanno indicato che il sotalolo e l’amiodarone sono farmaci antiaritmici efficaci per il trattamento dei pazienti con SCD o VT recidivante. Diversi studi di prevenzione secondaria, tra cui l’Antiarrhythmics Versus Implantable Defibrillators (AVID) trial hanno modificato in maniera significativa l’approccio terapeutico ai sopravvissuti a SCD. In questo studio, pazienti con funzione ventricolare depressa sopravvissuti a un episodio di tachiaritmia ventricolare potenzialmente fatale sono stati randomizzati alla terapia antiaritmica (soprattutto amiodarone) o all’impianto di ICD ed è stato dimostrato un beneficio, in termini di mortalità, con l’impianto di ICD.
Forse la modalità di trattamento più efficace della SCD è quella di identificare i pazienti a rischio più elevato e di istituire una terapia volta a prevenire la recidiva. Nel paziente che ha avuto un IM sono stati individuati diversi fattori associati a un aumento del rischio di SCD, che possono quindi essere considerati elementi predittivi di morte cardiaca improvvisa nei pazienti dopo infarto del miocardio, tra cui:

  • riduzione della frazione di eiezione ventricolare sinistra;
  • ischemia residua;
  • ectopia ventricolare complessa (tachicardia ventricolare non sostenuta) all’elettrocardiogramma (ECG) dinamico;
  • potenziali tardivi al signal-averaging ECG;
  • riduzione di variabilità della frequenza cardiaca;
  • allungamento del QT all’ECG;
  • induzione di tachicardia ventricolare monomorfa sostenuta con stimolazione elettrica programmata.

La frequente comparsa di ectopia ventricolare complessa nei pazienti dopo IMA è associata a un rischio quasi triplo di successiva SCD, tuttavia i tentativi di sopprimere tali aritmie con farmaci antiaritmici ha determinato un aumento della mortalità. Comunque, diversi studi hanno dimostrato una riduzione della mortalità globale, nonché della SCD, nei pazienti trattati con ~-bloccanti dopo IMA. Ne consegue che, in assenza di contro indicazioni, questi farmaci devono essere somministrati a tale tipo di pazienti. I pazienti che hanno avuto un infarto miocardico con disfunzione ventricolare sinistra moderata, VT non sostenuta all’ECG dinamico e VT monomorfa inducibile all’esame elettrofisiologico hanno mostrato un miglioramento della sopravvivenza dopo impianto di ICD (in base al Multicenter Unsustained Tachycardia Trial MUSTT e al Multicenter Automatic Defibrillator Implantation Trial MADIT). Recentemente, il MADIT-II e il Sudden Cardiac Death in Heart Failure Trial (SCD-HeFT) hanno dimostrato un miglioramento della sopravvivenza con impianto di ICD indipendentemente dalla presenza o meno di aritmie ventricolari spontanee o inducibili. Il trial MADIT-II è stato progettato per valutare l’effetto dell’impianto di ICD ad uso profilattico sulla sopravvivenza nei pazienti con pregresso IM e frazione di eiezione ventricolare sinistra ‘maggiore o uguale al 30%. Questo trial è stato interrotto
a novembre 2001 poiché l’impianto di ICD ha dimostrato di essere in grado di salvare la vita. Il trial SCD-HeFT ha messo a confronto l’impianto di ICD con l’amiodarone e il placebo in pazienti con cardiomiopatia dilatativa ischemica o non ischemica e una frazione di eiezione ventricolare sinistra
maggiore o uguale al 35%, classificazione funzionale II – III della New York Heart Association (NYHA) e assenza di pregresse o sospette VT o VF. Come nello studio MADIT-II, l’impianto di ICD ha dimostrato di migliorare la mortalità per tutte le cause in questa popolazione di pazienti. Come risultato di questi trial multicentrici, i pazienti con disfunzione ventricolare sinistra da moderata a severa devono essere indirizzati all’impianto di ICD come prevenzione primaria della SCD.

Per approfondire:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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