I termini “core” e “core stability” sono sempre più in voga nel mondo del fitness e dello sport. Oggi tutti parlano di core, a tutti i livelli, in tutti gli sport. Tuttavia, il concetto stesso di core e di core stability non è ancora ben definito, nemmeno dalla comunità scientifica. In questo articolo cercherò di spiegare cos’è il core e il suo allenamento (“core stability training”), cercando di coniugare sintesi e completezza di informazione. Per chi volesse approfondire, consiglio di seguire i vari link, prima di tutti questo, un ottimo articolo del 2011 che fa il punto sullo “stato dell’arte” riguardo le conoscenze sul core e la core stability.
Cos’è il core?
Il termine “core” in inglese significa “nucleo”. Anatomicamente, il core è composto da una complessa serie di muscoli della regione compresa tra le braccia e le gambe. Si tratta di muscoli che si attivano durante qualunque movimento del corpo umano, dal più piccolo e semplice, fino al più complesso.
I termini “core” e “core stability” nascono agli inizi degli anni 90, ma la loro notorietà s’impenna con l’inizio del nuovo millennio. È molto interessante fare una breve analisi riguardo la storia degli studi sul core, ricerche che oggi non sono più allo stato iniziale, ma sono ben lungi dall’aver definito in modo chiaro quale siano le funzioni del core e come vada allenato in modo ottimale.
Tutto nasce dalla teoria dell’instabilità vertebrale, iniziata negli anni 60 e considerata la causa principale dei problemi articolari alla schiena. Secondo questa teoria la maggior parte dei problemi alla schiena sarebbe causato dall’instabilità vertebrale, cioè dal venir meno della capacità dell’organismo di limitare i movimenti dei vari segmenti della colonna vertebrale. Infatti, gli elementi passivi del tronco (la colonna vertebrale, i dischi intervertebrali e i legamenti) sono molto instabili e da soli sono in grado di assorbire carichi molto bassi. Solo quando interviene la muscolatura del tronco, insieme alle due “camere” costituite dalla cavità toracica e da quella addominale (nel complesso, il “core”), il sistema aumenta in modo esponenziale la capacità di assorbire carichi statici e dinamici. Si iniziò quindi a pensare che il mal di schiena fosse causato dal venir meno delle funzioni del “core”, in termini non solo di forza e di resistenza, ma anche di coordinazione neuromuscolare. Infatti non è solo importante che i muscoli del core siano forti e resistenti, ma anche che si attivino nel momento e nel modo giusto per ottimizzare la funzione di protezione della colonna vertebrale. Lo avevamo visto nell’articolo sul mal di schiena: i soggetti con lombalgia hanno uno dei muscoli fondamentali del core (il multifidus dorsi) sottosviluppato e un difetto nel tempismo di contrazione del core che avviene prima di effettuare qualunque movimento. Il core è costituito da muscoli cosiddetti stabilizzatori (trasverso dell’addome, obliquo interno, multifido, trasverso spinale lombare), che hanno la funzione di aumentare la pressione intraddominale e di “preparare” la colonna vetebrale ad assorbire in modo ottimale l’aumento di carico; e muscoli di movimento (retto dell’addome, obliquo esterno, erettori spinali, quadrato dei lombi, adduttori, quadricipite, ischio-crurali, grande gluteo, ecc), responsabili dei movimenti del tronco. Per la salute della schiena è fondamentale che i muscoli stabilizzatori si attivino, con il giusto tono e la giusta coordinazione, PRIMA che si attivino i muscoli di movimento. In seguito si capì che non solo i muscoli del tronco erano coinvolti in questo meccanismo di stabilizzazione, ma anche i muscoli dell’anca e quelli del cingolo scapolare. Oggi, le ultime definizioni di “core” parlano di “zona compresa tra le spalle e le anche”, comprendendo quindi tutta la schiena, anche la zona dorsale.
Gli studi sulla funzione del core si concentrarono inizialmente sulla protezione nei confronti degli infortuni alla schiena, e soprattutto della bassa schiena. Oggi i ricercatori stanno scoprendo che l’efficienza del core è anche coinvolta nella prevenzione e nella cura degli infortuni alle estremità, come per esempio quelli alle ginocchia. Infatti una instabilità a livello delle anche può causare un disallineamento dell’articolazione del ginocchio, che non lavorando “in asse” è soggetta a sollecitazioni anomale che, a lungo andare, possono causare infortuni come la condropatia rotulea.
L’avanguardia dello studio sulla core stability riguarda la sua influenza sulle prestazioni sportive. Gli studi a riguardo sono ancora pochi, e hanno trovato correlazioni medie o deboli tra la prestazione sportiva e la core stability. Tuttavia, probabilmente questi studi sono influenzati dal fatto che allo stato attuale non esiste ancora un metodo standardizzato e riconosciuto internazionalmente per misurare la core stability.
Cos’è la core stability?
Il termine “core stability” (stabilità del core) è diventato di uso comune nella letteratura scientifica internazionale solo dalla fine del secolo scorso, inizialmente solo nel campo della riabilitazione da infortuni, in seguito anche nel campo del fitness e del benessere. Secondo McGill (2001), un programma di allenamento della core stability in campo riabilitativo è finalizzato all’allenamento dei muscoli del core al fine di ottenere una sufficiente stabilità della spina dorsale.
Come abbiamo visto, ormai è ampiamente dimostrato come un core forte ed efficiente sia in grado di prevenire gli infortuni alla schiena e anche alle estremità (ginocchia in primis), e probabilmente influenza anche la prestazione (questa, allo stato attuale, è solo una ipotesi).
Oggi la core stability è inserita praticamente in tutti i programmi riabilitativi, e non solo in quelli del tronco, ma anche in molti programmi di riabilitazione degli infortuni alle estremità.
E non solo: oggi la core stability è inserita in tutti i programmi di allenamento degli atleti professionisti, ed è sempre più utilizzata anche dagli amatori. Nel campo del fitness il cosiddetto “functional training”, di cui la core stability è un caposaldo, è sempre più di moda e si sta pian piano affermandosi a discapito delle macchine e dei sistemi tradizionali di allenamento.
Insomma, la core stability è diventata ormai un complemento necessario, da affiancare al normale allenamento per il proprio sport preferito, o da integrare all’interno di un programma di fitness finalizzato al benessere o alla forma fisica. Ma come si deve impostare un programma di core stability?
La core stability in pratica
Il core può essere considerato come il “collegamento” tra parte alta e bassa del corpo, o tra le braccia e le gambe. I tipici esercizi che attivano il core, dunque, sono quelli che prevedono movimenti complessi, dove sia le braccia che le gambe sono coinvolte.
Anche gli esercizi in condizioni precarie di equilibrio coinvolgono i muscoli del core.
Infine, tutte le posizioni che mettono in crisi la posizione allineata della colonna, costringendo il soggetto ad attivarsi per mantenerla, sollecitano in modo importante i muscoli del core.
L’allenamento del core va inteso in due momenti: nella prima fase ci si concentra solo sull’attivazione e l’allenamento in isolamento dei muscoli del core, nella seconda fase si cerca di attivare correttamente il core nell’esecuzione dei movimenti della vita quotidiana e nella pratica sportiva. Avere un core fortissimo e non saperlo attivare quando serve non è di grande utilità. Lo abbiamo visto all’inizio dell’articolo: non è importante solo la forza, ma anche la coordinazione dei muscoli del core.
Gli esercizi fondamentali per l’allenamento del core sono i cosiddetti “ponti” (plank e bridge, in inglese), in tutte le loro versioni e progressioni didattiche, dall’esercizio più semplice a quello più complesso. Si tratta di esercizi prevalentemente statici, o che prevedono movimenti minimi, finalizzati allo sviluppo della forza e della resistenza del core. Possono anche essere utilizzati per valutare l’attuale stato di forma del core. In rete trovate tantissimi video che illustrano l’esecuzione corretta dei ponti.
Gli esercizi effettuati in condizioni precarie di equilibrio prevedono l’uso di fit ball, BOSU trainer, TRX, pedane, slackline, ecc. Si basano sul fatto che per mantenere e recuperare l’equilibrio il core deve lavorare in modo coordinato e continuo. Si tratta quindi di un lavoro di resistenza e coordinazione, oltre che di forza.
Combinando tra loro questo tipo di esercizi, si possono impostare programmi di core stability personalizzati in base alle esigenze di ognuno. È assolutamente fondamentale che il programma sia personalizzato in base alle caratteristiche del soggetto. Infatti gli esercizi di core stability, affinché siano efficaci, vanno eseguiti con una buona tecnica, perché è molto probabile che il soggetto, soprattutto se ha un core debole, esegua gli esercizi non utilizzando i muscoli del core, ma compensando con i muscoli periferici, rischiando di esacerbare lo squilibrio muscolare e il carico sulle articolazioni periferiche e della colonna, ottenendo il risultato opposto rispetto a quello voluto. La respirazione è sicuramente uno degli aspetti fondamentale per la corretta esecuzione degli esercizi di core stability.
Da ultimo, non bisogna dimenticare la mobilità articolare, un altro elemento fondamentale della salute di muscoli e articolazioni, da non trascurare in qualunque programma di allenamento, e nemmeno quindi in un programma di core stability.
Concludendo, cerchiamo di capire come integrare l’allenamento del core in un programma di allenamento. Possiamo distinguere due scenari:
- core tropo debole, da RIABILITARE;
- core sufficientemente forte, da mantenere o ottimizzare.
Nel primo caso, conviene dedicarsi in modo specifico alla core stability, fino ad arrivare ad un livello minimo di prestazione (in rete si trovano innumerevoli test per valutare l’efficienza del core), prima di dedicarsi ad altri sport. In genere i soggetti che si dedicano a questo tipo di allenamento hanno già sperimentato qualche infortunio oppure soffrono di mal di schiena, o alle ginocchia, a causa del loro core debole.
Nel secondo caso, è sufficiente prevedere una o due sedute specifiche alla settimana di allenamento del core (in sostituzione dell’allenamento specifico degli addominali); l’esecuzione di esercizi di core stability durante il riscaldamento; e inserire nell’allenamento esercizi che sollecitino il core, utilizzando per esempio le tecniche peculiari del functional training, particolarmente in voga negli ultimi tempi ed ormai utilizzate praticamente in tutti gli sport, a qualunque livello.
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