Meningite
Con “meningite” in medicina si intende una patologia del sistema nervoso centrale, generalmente di origine infettiva (batterica e virale), caratterizzata dall’infiammazione delle Continua a leggere
MeningiteCon “meningite” in medicina si intende una patologia del sistema nervoso centrale, generalmente di origine infettiva (batterica e virale), caratterizzata dall’infiammazione delle Continua a leggere

Una puntura lombare, necessaria per distinguere meningismo da meningite
Con “meningismo” in medicina ci si riferisce ad un insieme di sintomi provocati da un’irritazione delle meningi determinata da variegate cause, in assenza di una vera e propria Continua a leggere
La temperatura corporea umana media di un individuo adulto, sano ed in condizioni ambientali normali è comunemente considerata di 36,5 °C. Secondo Continua a leggere
Il termine “tosse” indica genericamente una emissione di aria singola o ripetuta, generalmente molto meno violenta dello starnuto, che ha lo scopo principale di liberare le vie aeree (naso, bocca, laringe, faringe, trachea, bronchi) da catarro, polvere, muco agenti irritanti e patogeni (virus e batteri). La tosse, al contrario dello starnuto, può essere sia una reazione spontanea dell’organismo, ma anche procurata volontariamente dal soggetto, inoltre non è legata alla chiusura automatica degli occhi. Un singolo colpo di tosse permette l’espulsione, ad oltre due metri di distanza, di migliaia di goccioline di saliva e di microrganismi, grazie alla violenta emissione di aria, che può raggiungere anche i 70 km all’ora.
La tosse viene solitamente correlata a stati infiammatori/infettivi delle vie aeree superiori ed inferiori, che possono essere determinati da varie condizioni e patologie, come:
La bronchite è l’infiammazione della mucosa che riveste i bronchi, le strutture ad albero che conducono l’aria ai polmoni. Il suo sintomo più rilevante è la difficoltà respiratoria, che si manifesta con un respiro sibilante, tosse, fiato corto, disturbi del sonno e senso di oppressione al torace. La bronchite può essere acuta, solitamente causata da un’infezione virale, o cronica, come risultato di un danno alle vie aeree dovuto a fumo, inquinamento e altre condizioni. Generalmente nella bronchite acuta l’infiammazione è scatenata da un virus che ha già colpito le prime vie aeree, come laringe e trachea, e si estende ai bronchi: l’infezione può essere provocata da virus comuni, come quelli del raffreddore o dell’influenza, o virus più difficili da trattare come il virus respiratorio sinciziale, l’adenovirus. L’episodio acuto è generalmente di breve durata (pochi giorni), se l’infiammazione si ripete e si protrae nel tempo è definita cronica. La bronchite cronica è la condizione tipica della Broncopneumopatia cronico ostruttiva (BPCO).
La tosse negli episodi di bronchite è generalmente violenta, si presenta ad accessi che spesso lasciano senza fiato. A preannunciare il suo arrivo può essere un bruciore al petto, localizzato dietro lo sterno (se è interessata anche la trachea). All’inizio la tosse è generalmente secca e stizzosa, poi diventa profonda e con abbondante secrezione di catarro. In seguito all’infiammazione i bronchi si gonfiano e producono muco e pus. A volte si ha la febbre (non supera i 38,5°C e dura 3-5 giorni) e si respira con difficoltà: all’inizio in situazioni di sforzo, poi anche a riposo.
Nella bronchite cronica la tosse diventa insistente soprattutto al mattino, con emissione di muco scarso o abbondante, catarro in quantità che perdura anche oltre tre mesi l’anno. A ciò si associano affanno più o meno intenso e crisi asmatiche. A causa dell’infiammazione i bronchi si restringono o rimangono ostruiti, rendendo difficile il respiro e la circolazione del sangue nei polmoni. In molti casi succede che una o più volte all’anno si verifichino episodi di riacutizzazioni con aumento della tosse e dell’espettorato. Il risultato è un ostacolo più o meno grave al passaggio dell’aria nei bronchi e nei polmoni per provoca dispnea più o meno grave.
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La bronchite è una patologia caratterizzata dall’infiammazione della mucosa che riveste i bronchi, le strutture ad albero che conducono l’aria ai polmoni. Il suo sintomo più rilevante è la difficoltà respiratoria, che si manifesta con un respiro sibilante, tosse, fiato corto, disturbi del sonno e senso di oppressione al torace. A volte può coesistere un grado variabile di enfisema polmonare, lento processo di degenerazione del tessuto polmonare. Possono favorirne l’insorgenza alcuni fattori di tipo ambientale, come l’inquinamento atmosferico, il fumo di sigaretta o il freddo intenso o anche alcune condizioni di vita sfavorevoli, come la malnutrizione e l’affaticamento eccessivo. A soffrirne sono 3 italiani su 100. La malattia acuta, nel giro di alcuni giorni, guarisce, a meno che non sopravvengano complicazioni. In un paziente su due la bronchite cronica conduce a un’insufficienza respiratoria.
La bronchite può essere acuta, solitamente causata da un’infezione virale, o cronica, come risultato di un danno alle vie aeree dovuto a fumo, inquinamento e altre condizioni.
Generalmente nella bronchite acuta l’infiammazione è scatenata da un virus che ha già colpito le prime vie aeree, come laringe e trachea, e si estende ai bronchi: l’infezione può essere provocata da virus comuni, come quelli del raffreddore o dell’influenza, o virus più difficili da trattare come il virus respiratorio sinciziale, l’adenovirus. L’episodio acuto è generalmente di breve durata (pochi giorni), se l’infiammazione si ripete e si protrae nel tempo è definita cronica.
La bronchite cronica è la condizione tipica della Broncopneumopatia cronico ostruttiva (BPCO) ed è, al contrario della bronchite acuta, causato principalmente dal fumo di sigaretta. Inoltre, l’inalazione cronica di inquinanti dell’aria o fumi irritanti o polveri presenti in ambienti occupazionali (miniere di carbone, fabbriche tessili, silos e movimentazione di grano, allevamenti, stampaggio di metalli) può essere un ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo di bronchite cronica.
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Mentre la bronchite acuta ha una durata limitata ad alcuni giorni, invece la bronchite cronica è invece caratterizzata e definita tale in presenza di una tosse produttiva che dura più di tre mesi all’anno per almeno due anni in assenza di altre patologie.
A causare la bronchite possono essere agenti diversi. Nel caso della bronchite acuta, la causa prevalente è un’infezione di origine virale, ma nel 10% dei casi l’origine è invece batterica. I virus più frequenti sono quelli comuni del raffreddore e dell’influenza (anche il coronavirus Covid 19) e solitamente l’infezione riguarda le prime vie aeree, laringe e trachea, per poi estendersi ai bronchi. In alcuni casi può instaurarsi una sovrainfezione batterica. La bronchite cronica è invece il risultato di una degenerazione graduale delle strutture bronchiali causata dal fumo, dallo smog o dall’inalazione di sostanze tossiche. La bronchite cronica è più pericolosa dell’episodio acuto, perché rappresenta un danno spesso definitivo e difficilmente reversibile.
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I sintomi e segni della bronchite, acuta o cronica, includono:
La bronchite acuta – poiché nella maggioranza dei casi è determinata da virus o, meno spesso, da batteri – è generalmente contagiosa. La bronchite cronica è contagiosa solo se correlata a microrganismi, tuttavia nella maggioranza dei casi è legata a smog, fumo di sigaretta ed inquinanti: in questi casi non è ovviamente contagiosa, anche se c’è da dire che ci vive vicino ad un fumatore ha un rischio più elevato di sviluppare bronchite rispetto alla popolazione generale, visto che è soggetto al fumo passivo e terziario. Nelle forme virali e batteriche, generalmente la trasmissione del microrganismo avviene per via aerea, cioè principalmente con:
La bronchite acuta si può trasmettere da un individuo ad un altro anche attraverso il contatto diretto, ad esempio si può verificare quando una persona infetta stringe la propria mano, contaminata con le secrezioni infette, a quella di una persona sana. Anche usare oggetti contaminati (vestiti, asciugamani, spazzolino da denti…) può determinare il contagio.
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I sintomi e segni di bronchite acuta compaiono dopo un periodo di incubazione variabile in base al tipo di microrganismo, che in genere dura da un paio di giorni fino ad una settimana. In questo periodo i sintomi e segni sono assenti, tuttavia il paziente è capace di infettare le altre persone.
La trasmissione ad altre persone si può verificare – oltre al periodo di incubazione – per tutta la durata dei sintomi ed è comunque possibile anche quando i sintomi sono diminuiti o cessati da pochi giorni.
E’ impossibile fare una previsione, visto che i tempi di guarigione sono condizionati da numerosi fattori, come il tipo di microrganismo, lo stato di salute generale del paziente ed eventuali farmaci usati. In genere una bronchite acuta può durare da 5 giorni a 2 settimane. La bronchite cronica ha invece durata di mesi o anni.
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Per prevenire la bronchite acuta, è importante osservare regole di igiene quali lavare bene e con frequenza le mani, seguire un’alimentazione equilibrata e ricca di vitamine e sali minerali, ad esempio ricca di frutta e verdura di stagione. Utile è anche assumere ogni giorno un integratore multivitaminico multiminerale completo, come questo: https://amzn.to/3Xz3PNY
Per prevenire la bronchite, è anche importante idratarsi correttamente, bevendo la giusta quantità d’acqua al giorno. Ovviamente è importante evitare il contatto diretto e ravvicinato con persone che hanno bronchite acuta ed evitare di usare oggetti usati da loro e potenzialmente contaminati, come tovaglioli o asciugamani. Anche evitare ambienti troppo affollati può, statisticamente, diminuire il rischio di bronchite acuta: in questi casi meglio usare una mascherina. Se il soggetto è fumatore, dovrebbe smettere di fumare.
La prima prevenzione della bronchite cronica si attua non fumando. Il fumo di tabacco, sigaretta, sigari o pipa, irrita le mucose e favorisce l’instaurarsi dei processi infiammatori che portano alla bronchite cronica. Ugualmente bisognerebbe ridurre l’esposizione all’inquinamento e a sostanze tossiche, ad esempio mediante l’uso di mascherine nelle condizioni più a rischio, come alcune professioni che costringono il soggetto ad essere esposto a svariati tipi di sostanze chimiche. È necessario che gli ambienti domestici e lavorativi siano umidificati. Sono validi anche i consigli già visti per la prevenzione della bronchite acuta.

La diagnosi di bronchite include diversi tipi di esami:
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Il trattamento della bronchite è diverso a seconda che si tratti di un episodio acuto o sia cronica e ancora che ci sia una sovrapposizione di un’infezione batterica. In tutti i casi la sospensione dal fumo deve essere totale.
Il trattamento della bronchite acuta è principalmente sintomatico. La comune Tachipirina (paracetamolo) può abbassare la febbre, soprattutto se supera i 38°. I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS, come l’ibuprofene contenuto nel Brufen o il ketoprofene contenuto nell’OKI) possono essere utilizzati per mal di gola e dolori generali. Mucolitici e sciroppi per la tosse possono essere utili in alcuni casi. Se la bronchite è causata da batteri, è possibile l’uso di farmaci antibiotici. Si tenga comunque presente che – anche senza alcun trattamento – la maggioranza delle volte la bronchite acuta si risolve rapidamente e spontaneamente. Nella maggior parte dei casi (90% circa) la bronchite acuta è causata da virus: per questo motivo un trattamento antibiotico non può essere raccomandato, in quanto inutile ed inefficace (gli antibiotici agiscono solo contro i batteri), se non addirittura controproducente, poiché ricorrere ad un trattamento antibiotico nei casi di bronchite ad eziologia virale promuove lo sviluppo di resistenza batterica contro gli antibiotici, il che può risultare pericoloso e, potenzialmente, comportare una maggiore morbilità e mortalità sul lungo periodo. Tuttavia, anche nel caso si sospetti una bronchite virale, in alcuni casi selezionati gli antibiotici potrebbero trovare comunque indicazione, in genere al fine di evitare l’insorgenza di possibili sovrainfezioni batteriche che non devono essere escluse. Smettere di fumare può velocizzare il periodo di guarigione.
L’evidenza suggerisce che il declino della funzione polmonare osservabile nei soggetti affetti da bronchite cronica può essere per prima cosa rallentata con la cessazione del fumo di sigaretta e dell’esposizione ad inquinanti. Il trattamento della bronchite cronica è sintomatico e può richiedere l’impiego di agenti terapeutici sia farmacologici che non farmacologici. I tipici approcci non farmacologici per la gestione della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), e fra questi la bronchite cronica, possono includere: la riabilitazione polmonare, la chirurgica per la riduzione del volume polmonare, e – nei casi più gravi – il trapianto polmonare. L’infiammazione e l’edema dell’epitelio respiratorio possono essere ridotti con i farmaci corticosteroidi per via inalatoria. Il respiro sibilante e la difficoltà respiratoria possono essere trattate riducendo il broncospasmo (cioè lo spasmo, reversibile, che interessa i piccolo bronchi e che è secondario alla costrizione del muscolo liscio). Il broncospasmo viene trattato con broncodilatatori a lunga durata d’azione, per via inalatoria. Questi broncodilatatori sono farmaci agonisti del recettore β2-adrenergico (ad esempio il salmeterolo) oppure farmaci ad azione anticolinergica, assunti sempre per via inalatoria, quali l’ipratropio bromuro od il tiotropio bromuro. I farmaci mucolitici (conosciuti anche come espettoranti) possono avere un piccolo effetto terapeutico sulla riacutizzazione della bronchite cronica. L’ossigenoterapia è utilizzata per trattare l’ipossiemia (una situazione caratterizzata da una bassa ossigenazione del sangue) e ha dimostrato di ridurre la mortalità nei pazienti affetti da bronchite cronica. Si deve tenere presente che l’ossigenoterapia (supplementi di ossigeno per un certo numero di ore nel corso della giornata) può portare alla riduzione dello stimolo respiratorio, con conseguente aumento dei livelli ematici di anidride carbonica (ipercapnia) e acidosi respiratoria secondaria.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Uno “starnuto” corrisponde ad una emissione violenta d’aria dai polmoni, che può essere solitaria o, più spesso, ripetuta due, tre o anche quattro volte di seguito, a distanza di circa un secondo da una emissione e l’altra. Tale emissione serve per liberare le vie aeree superiori (specie naso) da ostruzioni (muco), patogeni o sostanze irritanti. Lo starnuto è una reazione automatica (involontaria) del corpo, legata alla chiusura involontaria degli occhi.
La “tosse” è una emissione di aria singola o ripetuta, generalmente molto meno violenta dello starnuto, che serve per liberare le vie aeree (naso, bocca, laringe, faringe, trachea, bronchi) da catarro, polvere, muco agenti irritanti e patogeni. La tosse, al contrario dello starnuto, può essere sia una reazione spontanea dell’organismo, ma anche procurata volontariamente dal soggetto, inoltre non è legata alla chiusura automatica degli occhi.
Sia gli starnuti che la tosse vengono solitamente correlati a stati infiammatori delle vie aeree superiori, che possono essere determinati da varie condizioni e patologie, come:
Solitamente uno o più starnuti di seguito sono causati da stimoli ostruttivi/infiammatori/irritativi a livello della mucosa nasale, mentre la tosse è determinata da stimoli simili ma localizzati a livello di laringe/faringe/trachea/bronchi.
La funzione di starnuto e tosse può essere sovrapposta: è principalmente quella di mantenere la pervietà delle vie aeree (naso, bocca, faringe, laringe, trachea…) eliminando da esse oggetti, sostanze chimiche, muco, catarro ed agenti patogeni.
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Starnutire e tossire sono dei riflessi senza dubbio utili all’organismo perché consentono di mantenere liberi i condotti che permettono all’aria di transitare verso/da i polmoni, tuttavia episodi ripetuti di starnuti potrebbero essere campanello di allarme di varie patologie sia polmonari che neurologiche e portare ad una irritazione cronica delle prime vie aeree ed a dolori costali e dei muscoli intercostali.
In un singolo starnuto possono essere emesse, a distanza di oltre due metri, migliaia di particelle di liquido e fino a ben 40 mila goccioline di saliva e 5000 microrganismi patogeni, alla velocità – secondo alcuni ricercatori – che può addirittura superare i 300 km all’ora. Anche la tosse è capace di emettere migliaia di particelle solide/liquide e di patogeni a distanza di metri, tuttavia la potenza dell’aria emessa è molto più bassa dello starnuto, arrivando alla comunque ragguardevole velocità di circa 70 km orari. Tale differenza tra starnuto e tosse si riflette anche nel fatto che gli occhi si chiudono in automatico durante uno starnuto, ma non durante la tosse. Per quale motivo? Continuate la lettura!
Avete mai provato a starnutire tenendo gli occhi aperti? Inutile provarci: è impossibile, motivo per cui gli starnuti sono pericolosi mentre si svolgono attività lavorative pericolose, o anche solo mentre si guida una automobile. Per quale motivo di verifica la chiusura degli occhi? Come abbiamo visto lo starnuto può emettere aria e particelle liquide/solide a ben oltre 100 km all’ora, e ciò è possibile perché in concomitanza con lo starnuto i muscoli respiratori comprimono il torace e le vie respiratorie si chiudono, facendo alzare la pressione nei polmoni a tal punto che, nel momento dello starnuto, l’aria viene emessa in modo violentissimo. Quando accade ciò tanti muscoli sono coinvolti, anche quelli facciali che immediatamente provocano la chiusura degli occhi in modo da proteggerli da una spinta esagerata: sappiate che un semplice starnuto, se non si chiudessero le palpebre, potrebbe far uscire i vostri occhi dalle orbite! Durante la tosse, i livelli pressori non sono così alti come nello starnuto, motivo per cui il nostro corpo non chiude in automatico le palpebre mentre tossiamo.
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Uno “starnuto” corrisponde ad una emissione violenta d’aria dai polmoni, sperimentata molte volte nella vita da un essere umano, ma anche da alcuni animali, tra cui anche cani e gatti.
Gli starnuti, specie se ripetuti varie volte di seguito, vengono solitamente correlati a stati infiammatori delle vie aeree superiori, che possono essere determinati da varie condizioni e patologie, come:
La funzione dello starnuto è principalmente quella di mantenere la pervietà delle vie aeree, eliminando da esse oggetti, sostanze chimiche, muco, catarro ed agenti patogeni. In un singolo starnuto possono essere emesse, a distanza di oltre due metri, migliaia di particelle di liquido e fino a ben 40 mila goccioline di saliva e 5000 microrganismi patogeni! In tal senso starnutire fa senza dubbio “bene” perché consente di mantenere liberi i condotti che permettono all’aria di transitare verso/da i polmoni, tuttavia episodi ripetuti di starnuti potrebbero essere campanello di allarme di varie patologie sia polmonari che neurologiche e portare ad una irritazione cronica delle prime vie aeree ed a dolori costali e dei muscoli intercostali.
Come appena visto, lo starnuto è determinato da stimoli infiammatori relativi alle prime vie aeree, cioè proprio quelle zone dove i virus del raffreddore determinano infezione e quindi infiammazione.
L’emissione d’aria determinata da uno starnuto, può raggiungere velocità insospettabili: quando una persona starnutisce, la velocità con la quale aria, particelle liquide e muco lasciano il naso e la bocca può aggirarsi intorno ai 160 km/h; secondo uno studio dei ricercatori della Exel University di Filadelfia, lo starnuto viaggerebbe invece fino ai 320 km/h.
Lo starnuto è un atto indotto dall’attivazione di un riflesso trigeminale. Fibre sensitive del nervo trigemino infatti si distribuiscono anche alla mucosa delle cavità nasali ed alla mucosa di parte delle alte vie respiratorie; la stimolazione (ad esempio da parte di piccoli corpi estranei, quali polvere o pollini) di tali fibre induce la loro attivazione. Esse scaricano i loro impulsi sui neuroni del nucleo sensitivo principale del trigemino, che recluta selettivamente il centro respiratorio bulbare localizzato nell’area reticolare parvicellulare della colonna parasagittale laterale della formazione reticolare e motoneuroni del nucleo ambiguo vagale. Nel primo caso, le proiezioni sono dirette a motoneuroni midollari deputati all’innervazione del muscolo diaframma e dei muscoli intercostali; nel secondo caso, si tratta di motoneuroni deputati all’innervazione della muscolatura (striata) laringea e faringea. Il risultato è quindi la violenta espulsione dell’aria contenuta nei polmoni e la contrazione coordinata della muscolatura laringea e faringea.
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Circa il 30% della popolazione, inizia a starnutire ripetutamente (starnuto parossistico) quando passa dall’oscurità a una luce sufficientemente forte oppure a quella del sole: si parla in questo caso anche di “riflesso eliociliosternuteogenico“, anche chiamato “starnuto riflesso fotico“, o “fotoptarmosi” o “sindrome ACHOO” (acronimo da Autosomal dominant Compelling Helio-Ophthalmic Outburst). Tale riflesso, noto fin dai tempi degli antichi greci, è il risultato di una condizione genetica a trasmissione autosomica dominante che porta ad una alterazione delle vie nervose che collegano il collicolo superiore alla porzione contenuta nel mesencefalo del nucleo del nervo trigemino. Altri ricercatori sostengono che le cause siano da imputarsi a una maggiore attivazione della corteccia visiva, correlata con l’attivazione del lobo dell’insula e dell’area somestesica secondaria.
Avete mai provato a starnutire tenendo gli occhi aperti? Inutile provarci: è impossibile, motivo per cui gli starnuti sono pericolosi mentre si svolgono attività lavorative pericolose, o anche solo mentre si guida una automobile. Per quale motivo di verifica la chiusura degli occhi? Come abbiamo visto lo starnuto può emettere aria e particelle liquide/solide ad oltre 100 km all’ora, e ciò è possibile perché in concomitanza con lo starnuto i muscoli respiratori comprimono il torace e le vie respiratorie si chiudono, facendo alzare la pressione nei polmoni a tal punto che, nel momento dello starnuto, l’aria viene emessa in modo violentissimo. Quando accade ciò tanti muscoli sono coinvolti, anche quelli facciali che immediatamente provocano la chiusura degli occhi in modo da proteggerli da una spinta esagerata: sappiate che un semplice starnuto, se non si chiudessero le palpebre, potrebbe far uscire i vostri occhi dalle orbite!
Tutti noi lo sappiamo: uno starnuto non viene quasi mai da solo. Spesso il fenomeno si ripete due, tre anche quattro volte di seguito. Per quale motivo? Perché tale ripetizione aumenta le possibilità di rimuovere efficacemente l’ostacolo, l’oggetto irritante o i patogeni. Ad esempio, per espellere adeguatamente un agente irritante, per prima cosa bisogna smuoverlo dal naso (primo starnuto), successivamente è necessario portalo verso la punta del naso (secondo starnuto), per poi buttarlo fuori (terzo ed eventuale quarto starnuto).
Poco prima di starnutire si tende a respirare a fondo facendo aumentare la pressione nel torace e ciò inibisce brevemente il flusso sanguigno verso il cuore, fatto che può abbassare la pressione del sangue ed accelerare il battito cardiaco. Nell’espirare, però, la pressione sanguigna aumenta e il battito cardiaco rallenta. Al tempo stesso, starnutire stimola il nervo vago che dal cervello si estende fino all’addome: in genere quando il nervo vago viene stimolato il corpo reagisce riducendo il battito cardiaco. Si tratta comunque di un effetto minimo (che si verifica anche con tosse e conati di vomito) che rallenta il cuore per una frazione di secondo, fatto che, in soggetti sani, non determina alcun problema. In casi estremamente rari, tuttavia, starnutire può rallentare il battito o abbassare la pressione fino a far perdere i sensi al soggetto predisposto: un fenomeno noto come sincope da starnuto. Inoltre chi ha un’anomalia cardiaca congenita o assume farmaci che influiscono sul battito cardiaco, come i betabloccanti, può avere una reazione esagerata a starnuti e tosse.
L’abitudine di dire “salute” a chi starnutisce, sembrerebbe derivare da una usanza tipica degli antichi romani, i quali auguravano “salus” o “salve” a chi compiva l’atto.
Alcuni rimedi naturali per smettere di starnutire sono i seguenti:
I metodi descritti sopra su come smettere di starnutire, in molti casi sono solo dei palliativi che possono non risolvere il problema: se gli starnuti continuano in modo anormale, si dovrà contattare il medico che individuerà la causa a monte che li provoca e la curerà in modo adeguato.
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Gli sciroppi per la tosse e per il catarro (sedativi, fluidificanti e mucolitici come Mucosolvan® e Bronchenolo®) vanno assunti prima o dopo i pasti?
Salvo indicazione specifica del medico, il momento di assunzione è indifferente: tali farmaci possono essere infatti assunti prima o dopo i pasti, preferibilmente mezz’ora prima del pasto o mezz’ora dopo il termine del pasto.
Se necessario è possibile assumere lo sciroppo anche poco prima di andare a dormire. In caso di dubbio, fate riferimento alle modalità di assunzione descritte sul foglietto illustrativo allegato al farmaco o chiedere informazioni al proprio medico curante.
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