Lesioni da decubito: prevenzione, stadi, classificazione e trattamento

Prevenire e trattare le lesioni da pressione rappresentano, in tutti i settori di cura dagli ospedali fino alle RSA, un problema estremamente rilevante per tutto il personale sanitario, che coinvolge praticamente tutte le figure: medico, infermiere, fisioterapista ed OSS. Una lesione da decubito, in gergo “piaga, è una lesione causata da una prolungata pressione sulla cute e sui tessuti, che si verifica tipicamente quando il paziente rimane nella stessa posizione per un lungo periodo di tempo, come ad esempio nel caso di allettamento prolungato. Come facilmente intuibile, le aree del corpo corrispondenti alle prominenze ossee sono quelle più frequentemente colpite a causa del insufficiente apporto del flusso sanguigno e l’ossigeno, secondario alla pressione costante cui sono sottoposte.

Fattori di rischio

I principali fattori di rischio, che aumentano la possibilità che si verifichi una lesione da pressione, sono:

  • immobilizzazione a letto per lunghi periodi (ad esempio in caso di frattura di femore);
  • età avanzata;
  • malnutrizione;
  • disidratazione;
  • diabete;
  • vasocostrizione;
  • ipotensione;
  • alterazioni della temperatura corporea;
  • scarsa perfusione tissutale.

Leggi anche:

Cura della cute

Nei soggetti allettati, con scarsa mobilità durante l’igiene personale ispezionare la cute. Prestare particolare attenzione alle aree più “vulnerabili” – in corrispondenza delle prominenze ossee e le aree sulle quali viene posturato il paziente più frequentemente. Il primo segno dello sviluppo di una lesione è costituito da un’alterazione di colore, consistenza e sensazione tattile della superficie cutanea. Le ulcere da pressione si sviluppano solitamente in corrispondenza delle prominenze ossee per cui ebbene di concentrare la propria attenzione su queste zone: cranio, scapola, gomito, sacro, coccige, tallone, vertebre, orecchie, spalla, ischio, trocantere, ginocchio, malleolo. Se la cute si presenta arrossata, irritata o vi è qualunque tipo di alterazione avvisare il personale sanitario. La cute dovrebbe essere pulita ed asciugata ad intervalli regolari, specie quando è sporca. La frequenza della pulizia dovrebbe essere fatta secondo le necessità. Durante l’igiene usare l’acqua tiepida, detergenti delicati con il pH bilanciato e ridurre al minimo la forza e la frizione sulla cute. Mantenerla idratata, evitando esposizioni al freddo, o microclima secco. Sono utili emollienti per l’ idratazione della pelle. A sua volta evitare l’ambiente umido, cioè causato da incontinenza, sudorazione o secrezioni delle ferite. La cute umida è fragile e maggiormente predisposta alla formazione di lesioni, inoltre tende ad aderire alle lenzuola, potenziando la possibilità di lacerarsi durante gli spostamenti del paziente, è più suscettibile alle irritazioni, alle eruzioni cutanee ed alle infezioni micotiche. Quando l’umidità non può essere controllata, usare cuscinetti assorbenti, indumenti o slip che assorbono l’umidità. Sostituire cuscini e lenzuola quando sono umidi. Anche se il massaggio è stato praticato per decenni al fine di stimolare la circolazione e procurare un senso di comfort e benessere al paziente, oggi è stato dimostrato l’effetto contrario: i massaggi, sulle prominenze ossee rallentano il flusso ematico correlato ad un profondo trauma tissutale ed un calo significativo della temperatura cutanea con la degenerazione del tessuto.

Leggi anche:

Posturazione e mobilizzazione

Se l’assistito è costretto a letto e le sue condizioni cliniche lo consentono, la postura andrebbe variata ogni 2-4 ore, evitando l’appoggio sulle zone a maggior rischio od eventualmente già arrossate. Nelle posture laterali il paziente va inclinato a 30° dal piano d’appoggio, per evitare diretto contatto della prominenza ossea trocanterica (la parte protuberante del femore superiore – “l’osso del fianco”). Mantenere la testata del letto il meno sollevata possibile, compatibilmente con le condizioni cliniche, mediche e il comfort dell’assistito. Si raccomanda un sollevamento non superiore a 30°. In posizione orizzontale, ci sono più punti d’appoggio, così le forze che agiscono sul corpo del paziente vengono distribuite in modo omogeneo. Contrariamente, in posizione seduta i punti d’appoggio sono ridotti (l’osso sacro) e le forze agenti si concentrano su questa zona. Se il paziente è in grado di farlo, dovrebbe essere spronato a cambiare spontaneamente le posizioni ed alternare la postura seduta con altre posture, senza che intervengano oss ed infermieri.

Leggi anche:

Usare gli ausili per prevenire le lesioni da decubito

Per prevenire le lesioni da pressione, possono essere usati vari ausili, tra cui:

  • Archetto: serve per evitare il diretto contatto delle lenzuola con le parti del corpo.
  • Cuscini a cuneo: servono per ridurre le forze pressorie tra le prominenze ossee e le superfici di appoggio, soprattutto per la tuberosità ischiatica, i piedi, i talloni e i fianchi.
  • Materassi antidecubito: permettono di alleviare la pressione nelle aree sottoposte al carico conseguente alla postura del paziente e favoriscono un migliore afflusso ematico: ciò previene la formazione di nuove lesioni e l’aggravamento di quelle già esistenti, favorendo il processo di cicatrizzazione. Quando l’utente arriva a “toccare il fondo della superficie d’appoggio”, si annulla il suo effetto protettivo. È, quindi, opportuno controllare: infilare una mano fra l’ausilio e una protuberanza ossea, se il presidio è adeguato la protuberanza ossea non deve essere percepita. E’ anche importante verificare che gli ausili siano funzionanti e collegati alla corrente elettrica.
  • Sollevatore, trapezio o altri ausili per trasferimenti /spostamenti: servono appunto per gli spostamenti del paziente ed il loro uso riduce lo sfregamento della cute contro le lenzuola e quindi previene le lesioni e/o il loro aggravamento.
  • Ausili per alleviare la pressione sulle prominenze ossee dei piedi, talloni, oppure supporti per tenerli sollevati dal letto: questi dispositivi prevengono le lesioni degli arti inferiori e devono essere un piano d’appoggio lungo tutta la gamba.

Vedi anche: foto di piaghe da decubito in vari stadi

Posizione seduta

Ciò che riguarda la posizione seduta, quella ideale include una carrozzina o una sedia con lo schienale pieghevole (per permettere il posizionamento del paziente che dovrebbe stare leggermente inclinato indietro), con un supporto per i piedi (i piedi non dovrebbero mai essere lasciati privi di appoggio), e munita di braccioli (questo permette una maggiore distribuzione delle pressioni di appoggio).

Leggi anche:

Nutrizione ed idratazione

La nutrizione gioca un ruolo importante nella prevenzione delle lesioni stesse e contribuisce al mantenimento dell’integrità dei tessuti; lo stato nutrizionale, infatti influenza l’integrità sia della cute sia delle strutture di supporto. La presenza di lesioni da decubito, invece, richiede:

  • un abbondante apporto di liquidi, in particolare per le persone anziane, perché il loro senso di sete è compromesso, di seguito l’anziano non chiede da bere, per ciò va invitato sorseggiare ogni tanto;
  • un congruo apporto di proteine;
  • il giusto apporto di calorie;
  • vitamine (in particolare vitamina C);
  • minerali (in particolare Zinco).

Ricordiamo, che i tessuti come muscolo, cute per la maggior parte sono costruiti dalle proteine, perciò l’apporto proteico, in presenza di LDD, è importante nel favorire la guarigione di quest’ultima. Il tessuto mancante può essere ricostruito solo se ha il “materiale”, che sono le proteine. La carne, il pesce, latticini (attenzione ai formaggi stagionati) devono essere presenti nella dieta dell’anziano.

Integrazione alimentare

Per fornire al paziente la giusta quantità di vitamine e sali minerali, consigliamo di assumere ogni giorno una compressa di questo prodotto: https://amzn.to/3D3Xjaz

Lesioni da decubito: cosa non fare?

In caso di lesioni da compressione, è preferibile:

  • Non usare le soluzioni o creme lubrificanti in base di alcol, prodotti aggressivi, irritanti e di dubbia qualità.
  • Non lasciare la cute bagnata e umida o al contrario secca, esposta al freddo.
  • Non usare il pannolone “per abitudine”.
  • Non lasciare il paziente nella stessa posizione per i tempi prolungati.
  • Non devono essere usati per tempi lunghi gli ausili a scopo di tenere i talloni sollevati in quanto aumentano il rischio di piede equino.
  • Non utilizzare mai allo scopo di prevenire le lesioni gli ausili circolari (ad esempio la ciambella), sacchetti riempiti di liquido e velli.
  • Non aspettare che il paziente, specie se anziano, chieda da bere fer fornigli acqua. Spronarlo a bere di frequente. Dargli una bottiglietta da mezzo litro da tenere sul comodino e controllare frequentemente il suo livello per vedere se stà bevendo abbastanza.

Classificazione topografica

Classificazione topografica delle lesioni da decubito:

Posizione  supina: regione sacrale, apofisi spinose vertebrali, spina della scapola, nuca e  talloni.
Posizione laterale: regione trocanterica, cresta iliaca, malleoli, bordo esterno del piede, ginocchio, spalla, gomito, padiglione auricolare.
Posizione prona: zigomo, regione temporale, padiglione auricolare, arcate costali, spina iliaca anterosuperiore.
Posizione seduta: gomito, coccige, regione ischiatica, aree compresse dai  bordi della sedia, da ciambelle, cuscini.

Varie classificazioni delle lesioni da decubito

1) CLASSIFICAZIONE sec. SHEA
STADIO 1: infiammazione e distruzione dell’epidermide;
STADIO 2: distruzione del derma;
STADIO 3: distruzione del sottocute e del pannicolo adiposo;
STADIO 4: necrosi dei muscoli, del periostio ed eventualmente dell’osso.

2) CLASSIFICAZIONE sec. AMERICAN GERIATRIC SOCIETY
Grado 1: Area di eritema ben definita con indurimento cutaneo, generalmente associata ad aumentato calore al termotatto. Può anche esserevi una limitata lesione dell’epidermide, simile ad un’ abrasione, ma il derma non è interessato. Se adeguatamente trattata, può guarire in 5 – 10 giorni.
Grado 2: E’ una lesione a tutto spessore che si estende fino al grasso sottocutaneo, ben delineata, con un’area di indurimento circostante, eritematosa, calda ed edematosa. Il tessuto è danneggiato ma non necrotico e non è necessario eseguire un curettage. Le modificazioni della postura, il miglioramento della per fusione locale, la correzione dell’eventuale ipoalbuminemia ed una adeguata terapia intensiva possono portare alla risoluzione della lesione.
Grado 3: La lesione si estende oltre il grasso sottocutaneo fino alla fascia muscolare con necrosi del tessuto circostante e margini sottominati. Il muscolo è irritato e può presentare fenomeni di spasticità e/o contrattura. Questa lesione indica una diminuita omeostasi dell’organismo con incapacità di riparazione locale. E’ necessario verificare l’esistenza di complicanze infettive periostiali od ossee: Può guarire solo per seconda intenzione.
Grado 4: Lesione estese oltre il muscolo fino all’osso, con pericolo di osteomielite e/o fino agli organi viscerali: In genere si associa a contratture articolari. E’ necessario intervenire chirurgicamente con rimozione del materiale necrotico, lavaggio, drenaggio ed eventuale sutura o plastica.

stadi delle lesioni da decubito

3) CLASSIFICAZIONE sec. NATIONAL PRESSURE ULCER ADVISORY PANEL ( N.P.U.A.P. )
Grado 1: Eritema non riducibile con cute integra, considerata quale lesione che precede l’ulcera cutanea
Grado 2: Perdita parziale di sostanza a carico della cute che interessa l’epidermide e/o il derma. L’ulcera è superficiale e si presenta,clinicamente, come abrasione, vescicola o cavità superficiale .
Grado 3: Perdita di sostanza cutanea a tutto spessore con danno/necrosi del tessuto sottocutaneo che può estendersi fino alla fascia sottostante, ma senza superarla. Clinicamente l’ulcera si presenta come una cavità profonda, con o senza margini sottominati
Grado 4: Perdita cutanea a tutto spessore con vasta distruzione, necrosi tissutale o con danno esteso al muscolo,all’osso o ad altre strutture sottostanti come tendini o capsule articolari.

Leggi anche:

4) CLASSIFICAZIONE IN STATO
La lesione può presentarsi in uno o più dei seguenti stati:

  • necrotica;
  • colloquiata;
  • infetta;
  • fibrinosa;
  • fibrino-membranosa;
  • detersa;
  • con tessuto di granulazione.

La lesione può essere:

  • poco essudante;
  • essudante;
  • molto essudante.

La lesione può presentarsi sottominata e/o con tramiti fistolosi.

Leggi anche: Differenza tra essudato e trasudato

5) SCALA DI SESSING

  1. Cute normale ma a rischio.
  2. Cute integra , ma iperpigmentata ed iperemia.
  3. Fondo e bordo dell’ulcera granuleggianti con presenza di modesto essudato.
  4. Tessuto di granulazione presente in limitata quantità, presenza di tessuto necrotico
  5. in zone limitate, essudato in quantità moderate.
  6. Escara necrotica, essudato abbondante e maleodorante, bordi ischemici .
  7. Essudato purulento, intenso odore, tessuto necrotico, sepsi.

Trattamento delle lesioni da decubito: detersione

Per detersione non si deve intendere solo il momento in cui noi provvediamo alla rimozione di un escara o di un piastrone necrotico. Con il termine detersione si indica  la necessità di rimuovere tutte quelle condizioni (necrosi, materiale di colliquazione, indulto fibro-membranoso, fibrina) che da un lato non consentono al tessuto di granulazione di formarsi, e dall’altro lato, favoriscono  una eventuale contaminazione batterica della lesione. Nell’ambito della medicazione questo deve essere considerato il momento preliminare e decisivo  perché è alla base di una corretta strategia terapeutica che  ha come obiettivo la guarigione della piaga. Solo in una piaga  pulita si induce  lo sviluppo di una  tessuto di  granulazione. Pertanto quest’atto  non  può essere by-passato senza incorrere in un clamoroso fallimento. Come si dirà, la detersione è  anche lo strumento fondamentale per controllare le contaminazioni batteriche di alto grado che possono complicare il trattamento della lesione da decubito. Il controllo della carica batterica è importante nell’ambito del trattamento delle lesioni da decubito con medicazioni avanzate. Come si è detto precedentemente, la gestione dell’essudato è l’asse portante di queste medicazioni ed in tutte le condizioni da iperessudazione per piaga infetta, esse sono controindicate perché aumentano la carica batterica. Esaminiamo quali sono le tecniche di detersione a nostra disposizione. Ne individuiamo quattro:

  • detersione chimica;
  • detersione autolitica;
  • detersione meccanica;
  • detersione chirurgica.

Trattamento delle lesioni da decubito: medicazione

La medicazione di una lesione, varia in base alla gravità:

1) LESIONE DA DECUBITO I-II STADIO
In questi tipi di lesioni non è sussiste la necessità di colmare il fondo delle lesione. Pertanto possiamo adoperare nelle lesioni al II stadio film di poliuretano – placca di idrocolloidi sottili oppure un sistema di scarico della pressione fatto con idrocolloidi e schiuma di poliuretano ( sistema Sollievo ). In quelle al I stadio placche di idrocolloidi sottili o più semplicemente garze grasse ( connettivina, fitostimoline ecc).

2) LESIONE DA DECUBITO III-IV STADIO (DETERSA)
In questo caso la lesione va’ coperta con placche a base di idrocolloidi o Piuretano avendo cura di colmare la lesione con idrocolloidi in pasta per consentire il contatto tra il fondo della lesione e la placca che altrimenti non sarebbe possibile ottenere. La cavità viene riempita con IDROCOLLOIDI IN PASTA La pasta non deve superare la metà della cavità. La lesione viene coperta con un IDROCOLLOIDE IN PLACCA

3) LESIONE DA DECUBITO III-IV STADIO IPERESSUDANTE O EMORRAGICA
La lesione va colmata adoperando Schiuma di poliuretano o Alginato in piastra/nastro che viene posizionato all’interno della lesione. E’ possibile adoperare una medicazione secondaria di fissaggio che può essere tradizionale ( garze ) o avanzata (idrocolloidi o schiuma di poliuretano).

Per approfondire: Piaghe e lesioni da decubito: l’importanza della prevenzione delle “ferite difficili”

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su Mastodon, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!

Rottura della cuffia dei rotatori: dolore alla spalla, deficit di forza, diagnosi e cura

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ROTTURA CUFFIA ROTATORI SPALLA Riabilitazione Nutrizionista Medicina Estetica Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Linfodrenaggio Pene Vagina.jpgTante volte nella nostra vita ci è capitato di avvertire dolore ad una o ad entrambe le spalle e di provare la sensazione di avere meno forza nei movimenti legati alle spalle. In questi casi molte volte i sintomi possono essere manifestazioni transitorie e di poca importanza, altre volte, purtroppo, possono invece essere sintomo di una patologia che riguarda la cuffia dei rotatori e che non deve essere mai sottovalutata. Ma la prima domanda che molti si saranno fatti è…

Cos’è la cuffia dei rotatori ed a che serve?

La cuffia dei rotatori è un complesso muscolo-tendineo costituito dall’insieme di quattro muscoli e dai rispettivi tendini:

  • muscolo sovraspinato, il cui tendine passa al di sotto del legamento coraco-acromiale e si inserisce sulla parte superiore della grande tuberosità omerale;
  • muscolo sottospinato, posteriore, il cui tendine si inserisce sul tubercolo maggiore dell’omero;
  • muscolo piccolo rotondo, posteriore, il cui tendine si inserisce leggermente al di sotto dell’inserzione del muscolo sottospinato;
  • muscolo sottoscapolare, anteriore, il cui tendine si inserisce sulla piccola tuberosità dell’omero.

Nel complesso la cuffia è composta da due muscoli extrarotatori (sottospinato e piccolo rotondo), un muscolo intrarotatore (sottoscapolare), e un muscolo adduttore (sovrascapolare).

A che serve la cuffia dei rotatori?

La cuffia dei rotatori si chiama in questo modo perché i grandi tendini che la compongono proteggono l’intera articolazione formando una vera e propria cuffia che avvolge la testa dell’omero; già potete intuire quindi quale sia l’importante compito di questa struttura: la contrazione tonica dei muscoli della cuffia stabilizzano la spalla impedendone la lussazione (fuoriuscita della testa omerale dalla cavità glenoidea). I tendini piuttosto vasti (circa cinque centimetri) proteggono l’intera articolazione formando una vera e propria cuffia che avvolge la parte superiore dell’omero. Tra i quattro muscoli che compongono la cuffia dei rotatori, il sovraspinato è quello che si lesiona più frequentemente. In realtà quando si parla di rottura della cuffia dei rotatori non si fa riferimento a lesioni di natura muscolare ma tendinea. Inoltre bisogna tenere ben presente che la lesione della cuffia dei rotatori è spesso associata a lesione del capo lungo del muscolo bicipite, attivo durante la flessione e l’abduzione della spalla. La borsite sub-acromiale invece, è un infiammazione dell’omonima borsa e anch’essa può essere un’importante causa di dolore alla spalla. Si tratta in sostanza di un piccolo sacchetto ripieno di liquido posto sotto l’acromion della scapola per impedire lesioni da sfregamento della cuffia dei rotatori sull’osso.
Quando questa borsa si infiamma (a causa di un trauma o di uso eccessivo) va a comprimere le strutture tendinee comprese nello spazio sotto-acromiale favorendone la degenerazione.

Leggi anche: Osso omero: anatomia e funzioni in sintesi

Quali sono i sintomi della lesione della cuffia dei rotatori?

Il tipo di ferita può variare da un’infiammazione tendinea locale, senza alcun danno permanente, ad una lesione parziale o completa che potrebbe richiedere l’intervento di riparazione chirurgica. In entrambi i casi si registrerà un deficit più o meno marcato nella forza di abduzione del braccio (cioè il movimento di allontanare il braccio dal corpo). In particolare il soggetto faticherà a mantenere il braccio sollevato lateralmente tra i 60° ed i 120°. Un apposito test per diagnosticare la lesione della cuffia dei rotatori andrà proprio a testare la risposta muscolare del paziente in questi angoli di movimento. Oltre al dolore, che spesso si accentua durante il riposo notturno, e deficit della forza durante movimenti specifici, i pazienti spesso lamentano difficoltà e dolore legati ai normali movimenti della vita quotidiana, come la pettinatura dei capelli, il riposo notturno su un fianco, l’infilare la manica della giacca o l’allacciamento del reggiseno.

Leggi anche: Come viene effettuata una ecografia articolare (muscolo tendinea) ed a cosa serve?

Quali sono le cause di lesione della cuffia dei rotatori?

Tra i 60° ed i 120° di abduzione, lo spazio tra la testa dell’omero e l’acromion della scapola nel quale decorre il tendine del muscolo sovraspinato si riduce notevolmente. Per questo motivo movimenti frequenti in questo range articolare possono causare a lungo andare infiammazione e/o degenerazione del tendine del sovraspinato. Non a caso la lesione solitamente interessa il tendine in un’area ben precisa che si trova a circa un centimetro di distanza dalla sua inserzione sull’omero (trochite). Questa zona è piuttosto ricca di capillari che servono a fornire al tendine l’ossigeno ed i nutrienti. Già in condizioni normali, con l’invecchiamento e il disuso, l’afflusso di sangue al tendine si riduce, diminuendone l’elasticità ed aumentandone la fragilità. Ma se il braccio lavora proprio tra i 60 ed i 120°, l’apporto di sangue al tendine si riduce ulteriormente a causa della riduzione dello spazio tra la testa omerale e l’acromion. Questa compressione va ad intrappolare ed ostruire parzialmente i vasi sanguigni aumentando considerevolmente il rischio di lesione. Questo meccanismo è ancora più evidente se al disuso segue un improvviso uso esagerato e/o prolungato (sollevare carichi pesanti, tagliare la siepe, imbiancare il soffitto, lavare i vetri, movimenti bruschi ecc.). Spesso nell’anziano vi è assenza di sintomatologia dolorosa o questa è molto lieve nonostante la lesione.

Nello sport invece tali lesioni si verificano più frequentemente in discipline che prevedono movimenti ripetitivi che richiedono una abduzione associata ad extrarotazione del braccio (baseball, lancio del giavellotto, tennis, pallavolo, alcune specialità del nuoto, a volte la pallacanestro). L’uso ripetitivo dei tendini può infatti condurre ad un loro significativo ispessimento riducendo ancor di più lo spazio subacromiale. Nei giovani un singolo movimento particolarmente violento, può andare a ledere uno o più tendini già compromessi dall’utilizzo eccessivo.

Nelle persone sedentarie, alcuni difetti posturali associati ad attività lavorative che impongono posizioni viziate, possono causare a lungo andare un aumento della cifosi dorsale (incurvamento in avanti del tratto toracico della colonna vertebrale). Tale vizio di posizione, che genera quella che volgarmente viene chiamata gobba, proietta in avanti le spalle sottoponendo la cuffia dei rotatori a tensioni eccessive. Non a caso il dolore alla spalla rappresenta la seconda causa più frequente di assenteismo dal lavoro dopo la  lombalgia.

L’indebolimento delle strutture tendinee che compongono la cuffia dei rotatori aumenta, a lungo andare, l’instabilità dell’intera spalla favorendo la risalita verso l’alto della testa omerale. Questa risalita diminuisce ulteriormente lo spazio a disposizione dei tendini causando dolore. Se la condizione cronicizza si parla di “Sindrome da conflitto” proprio per indicare “l’intrappolamento” dei tessuti molli nello spazio subacromiale. Negli anziani la sindrome da conflitto è piuttosto frequente e causata dalla perdita di elasticità dei tendini associata ad una loro parziale calcificazione e alla presenza di piccoli speroni ossei nella superficie subacromiale.

Una lesione dei tendini di uno o più muscoli che compongono la cuffia dei rotatori può avvenire anche a causa di un trauma (caduta sulla spalla) o di una borsite sub-acromiale. Quando una persona cade sbattendo la spalla, l’acromion subisce una pressione che lo fa picchiare sulla cuffia dei rotatori. Se l’impatto è abbastanza violento l’osso può ledere i tendini. L’entità del trauma, la forma della superficie inferiore dell’acromion (più o meno tagliente; acromion uncinato), ma anche l’elasticità dei muscoli e dei tendini che compongono la cuffia dei rotatori, andranno ad incidere sull’entità della lesione (completa o parziale). Anche una caduta all’indietro in appoggio su un braccio extrarotazione (istintivamente con la mano in fuori in modo da creare un punto di appoggio per proteggere il resto del corpo) o in avanti, su un braccio intraruotato e addotto (cioè vicino al corpo) può andare a lussare anteriormente o posteriormente la spalla danneggiando i tendini della cuffia. Spesso a tale lesione si associa una rottura dei capillari tendinei che riempiendo di sangue i tessuti intorno ai tendini, li gonfiano provocando dolore. Dopo il trauma il dolore può persistere per alcuni mesi accentuandosi o diminuendo in base al tipo e all’intensità dell’attività fisica praticata.

Leggi anche: Caviglia slogata (distorsione) e gonfia: cosa fare? Fasciatura ed altri rimedi

Diagnosi

Molto spesso per far diagnosi basta una visita accurata da un medico esperto, che sottopone la spalla ad alcuni test di valutazione funzionale.

  • Test della cuffia dei rotatori: In realtà il test diagnostica una lesione del sovraspinato, ma questo tendine è di gran lunga il più frequentemente implicato in una lesione; ad ogni modo il paziente viene invitato a sollevare lateralmente il braccio (tenendolo lievemente in avanti ) con il pollice rivolto verso il basso. Il medico contrasta il movimento spingendo verso il basso. Il test è positivo se viene provocato dolore o se c’è una importante perdita di forza rispetto all’altro braccio. Se il tendine è completamente leso sarà impossibile mantenere il braccio fermo con una inclinazione inferiore a 120°.
  • Test del sottospinato: Si tiene il gomito flesso a 90°, e lo punta verso il fianco. Il test consiste nel ruotare verso l’esterno il braccio. Anche qui se vi è dolore o deficit di forza il test è positivo. (il test è positivo anche in caso di lesioni del piccolo rotondo).
  • Test del sottoscapolare: Il dorso della mano deve appoggiare sulla parte bassa della schiena, come ad infilare la manica di una giacca. Bisogna riuscire ad allontanare la mano dalla schiena spingendo verso l’indietro mentre il medico oppone resistenza. Il dolore o il deficit di forza denunciano lesione.
  • Test di conflitto (di Neer): Indica conflitto con la superficie inferiore dell’acromion. Bisogna sollevare in avanti il braccio (tenendo il pollice verso il basso), mentre la scapola viene tenuta ferma dalla mano del medico. Il dolore nella parte finale del movimento indica positività.

Le più importanti indagini strumentali sono:

  • Radiologia tradizionale: I normali raggi X non sono in grado di visualizzare chiaramente i tendini, ma solo di dare una indicazione indiretta del loro stato di salute (calcificazioni, restringimenti articolari, osteofiti etc.).
  • Ecografia: Visualizza con molta accuratezza le lesioni tendinee e danni alla borsa subacromiale.
  • Risonanza magnetica: localizza con precisione la lesione e la sua estensione.

In ogni caso il ricorso ad indagini strumentali avverrà solo su richiesta di un medico esperto, onde evitare spese e irradiazioni inutili (radiologia tradizionale), mentre la diagnosi, lungi dall’essere solo una diagnostica per immagini, dovrà tener conto della esatta interpretazione dei test di valutazione funzionale eseguiti durante la visita.

Leggi anche: Usura della cartilagine del ginocchio: sintomi, diagnosi e cura

Terapia non chirurgica

Se ci colpisce un dolore alla spalla in conseguenza di una caduta o di un movimento: applicare del ghiaccio (2-3 volte al giorno per 20 minuti: NON DI PIU’ per i primi 2 giorni), e mettere a riposo l’articolazione. Se il dolore è particolarmente accentuato e se limita in modo importante i movimenti e soprattutto se i sintomi non scompaiono dopo qualche giorno consultare lo specialista, il quale dopo una attenta diagnosi prescriverà la terapia adeguata. Molto utile la Tecarterapia, nelle fasi acute in modalità atermica, poi via via sempre più intensa. Così come utili, nelle fasi acute, gli ultrasuoni: un intelligente connubio tra ultrasuoni e crioterapia. Eccellenti le Onde d’urto sia in fase acuta, sia, ancor più, in tempi successivi. Essenziale e complementare a tutte le altre è la Rieducazione Funzionale in sala di riabilitazione, consiste in ginnastica attiva e passiva sotto la guida vigile del medico e del fisioterapista; se possibile aiutata da un sapiente “Pompage” dell’articolazione.

Terapia chirurgica

Vi sono due categorie di interventi chirurgici. In passato esisteva solo la metodica “aperta”, che richiede una incisione sulla spalla lunga circa 6-8 cm. Per raggiungere la cuffia è necessario passare attraverso il muscolo deltoide, che perciò viene inciso e alla fine suturato. Da oltre venti anni si sono sviluppate le metodiche artroscopiche, che utilizzano un sofisticato sistema basato su una piccola telecamera collegata ad uno schermo mediante fibre ottiche. Sono necessarie alcune piccole incisioni da 0,5-1 cm dietro, di lato e davanti alla spalla e non è necessario “aprire” il deltoide. I progressi di tecnica chirurgica e di tecnologia degli strumenti hanno fatto sì che anche in artroscopia si possano eseguire reinserzioni del tendine all’osso altrettanto sicure quanto quelle che si ottengono in chirurgia aperta.
Sebbene i tempi necessari per il recupero e i risultati delle riparazioni con tecniche aperte e artroscopiche siano uguali, queste ultime hanno guadagnato via via il favore dei chirurghi e dei pazienti e attualmente rappresentano lo “standard” della chirurgia della cuffia.
L’obiettivo dell’intervento di riparazione è di riportare il lembo di tendine strappato alla sua sede di inserzione all’osso della testa omerale e fissarvelo. Per far questo esistono diversi sistemi di ancoraggio, i più comuni sono rappresentati da “ancorette” di vari materiali che si avvitano o si impiantano a pressione nell’osso e a cui sono attaccati dei fili con i quali si sutura e si riporta in sede il tendine.

I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere di ossa, legamenti, cartilagini e tendini e la cura dei dolori articolari:

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!