Frattura della spalla e dell’omero prossimale: sintomi e cure

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma FRATTURA SPALLA OMERO OSSO PROSSIMALE  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa frattura dell’omero prossimale è un frattura molto comune della spalla. Particolarmente comune negli individui anziani a causa dell’osteoporosi, l’omero prossimale è tra le ossa che si rompono più frequentemente in una spalla. Infatti, nei pazienti di età superiore ai 65 anni, le fratture dell’omero prossimale sono al terzo posto come frequenza (dopo le fratture dell’anca e le fratture del polso).

Una frattura dell’omero prossimale si verifica quando la sfera dell’articolazione della spalla, la testa dell’omero (l’osso del braccio) si rompe. La frattura quindi si localizza in cima all’osso del braccio (omero). La maggior parte delle fratture dell’omero prossimale non sono scomposte (non sono fuori posizione), ma circa il 15-20% di queste fratture sono scomposte e queste possono richiedere un trattamento più invasivo. Altro aspetto importante è che in queste frattura può capitare che vi sia una lesione associata dei tendini della “cuffia dei rotatori” che può aggravare la prognosi della guarigione. A tale proposito leggi anche: Rottura della cuffia dei rotatori: dolore alla spalla, deficit di forza, diagnosi e cura

Il problema più significativo riguardo il trattamento delle fratture dell’omero prossimale è che, a prescindere dal tipo di trattamento, gli esiti talvolta non sono molto soddisfacenti in termini di recupero funzionale. Molti pazienti che sperimentano questo infortunio non riacquistano la piena forza o la piena mobilità della spalla, anche con un trattamento adeguato.

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Le fratture scomposte dell’omero prossimale

Quando i frammenti dell’osso rotto non sono allineati correttamente, la frattura la chiameremo “scomposta”. Nelle fratture dell’omero prossimale, la gravità spesso dipende da quanti pezzi di quest’osso sono rotti e quanti sono scomposti. L’omero prossimale è suddiviso in quattro “parti” che possono rompersi diventando quindi “frammenti”, quindi una frattura si può scomporre in 2 frammenti, 3 frammenti, o in 4 frammenti principali (una frattura non scomposta, per definizione è in 2 frammenti).

In generale, quanto più numerosi sono i frammenti della frattura e sono scomposti, tanto peggiore è la prognosi cioè la capacitá di guarire e tanto maggiore e la possibilitá che i pezzi fratturati vadano in necrosi cioè muoiano e debbano essere eventualmente sostituiti con protesi articolari.

Le porzioni che costituiscono l’omero prossimale sono chiamate: tuberosità (tuberosità maggiore e minore), la testa omerale (la sfera della spalla), e la diafisi omerale. Le tuberosità sono vicine alla testa dell’omero, e sono quelle parti di osso dove si inseriscono i principali muscoli della cuffia dei rotatori. Per considerare un frammento scomposto, bisogna che esso sia separato dalla sua posizione normale di più di 2 millimetri o sia ruotato per più di 15 gradi.

Cause

Normalmente queste fratture sono provocate o da un colpo diretto alla spalla oppure da una colpo indiretto che si verifica in seguito ad una caduta sulla mano con l’arto teso. Nei giovani queste fratture si osservano nei traumi ad elevata energia (incidenti stradali o sportivi) a carico della spalla, che il più delle volte determinano una frattura pluriframmentaria scomposta associata, in alcuni casi, ad una lussazione dei capi articolari. Nei pazienti anziani con osso osteoporotico, è sufficiente talvolta anche un trauma a bassa energia (una banale caduta a terra). Altri meccanismi supplementari traumatici sono: le contrazioni muscolari violente comiziali e/o le scosse elettriche.

Sintomi

Le fratture dell’omero prossimale possono essere molto dolorose e possono rendere difficile anche spostare semplicemente il braccio. Altri sintomi includono:

  • Spalla cadente (in basso e in avanti).
  • Incapacità di sollevare il braccio a causa del dolore.
  • Parestesie, cioè disturbi della sesnsibilitá, formicolii, alla mano.
  • Un caratteristico ematoma nella regione interna del braccio che può arrivare fino al gomito (detto ematoma di Hennequin).

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Visita medica

Durante la visita, il medico farà domande sul come si è verificata la frattura. Dopo aver discusso dell’infortunio e aver parlato dei sintomi, il medico esaminerà la vostra spalla.

Il medico esaminerà attentamente la tua spalla per assicurarsi che nessun nervo o vasi sanguigno sia stato danneggiato dalla frattura.

Al fine di individuare la posizione e la gravità della frattura, il medico vi farà eseguire una radiografia. Spesso verranno eseguiti i raggi X di tutta la spalla per verificare la presenza di ulteriori lesioni. In alcuni casi soprattutto in previsione di un intervento chirurgico, il vostro medico può ordinare una TAC per vedere la frattura più nel dettaglio e pianificare il trattamento adeguato al vostro caso. Altri esami come eco-color doppler o indagini contrastografiche saranno eseguite se si sospetta un coinvolgimento vascolare.

Trattamento delle fratture dell’omero prossimale

Trattamento non chirurgico

Circa l’80% delle fratture dell’omero prossimale non sono scomposte (non sono fuori posizione), e queste possono quasi sempre essere trattate con un semplice tutore munito di fascia anti-rotatoria.

Il trattamento tipico è quello di riposare la spalla nel tutore per 3-4 settimane, e poi iniziare alcuni esercizi dolci di movimento. Man mano che la guarigione progredisce, che verrá monitorata mediante radiografie mensili, si possono iniziare esercizi di potenziamento della spalla più aggressivi, e la guarigione completa richiederà in genere circa 3 mesi. Il limite del trattamento non chirurgico è la possibilitá che la spalla, dopo essere stata immobilizzata per molto tempo per consentire la guarigione della frattura, si irrigidisca e perda mobilitá. Talvolta la rigiditá che ne consegue è invalidante e impone trattamenti chirurgici per cercare di risolvere la situazione.

Trattamento chirurgico

In caso di lesioni più gravi, quando la frattura è costituita da più frammenti ed è scomposta (fuori posizione), o anche nelle fratture più semplici nei giovani che hanno bisogno di tornare ad una vita attiva prima, può essere necessario un intervento chirurgico per fissare la frattura, riallinearla o in casi complessi sostituire l’osso danneggiato con una protesi articolare. Decidere qual’è il miglior trattamento chiurgico dipende da molti fattori, tra cui:

  • L’età del paziente.
  • Se l’arto è dominante oppure no.
  • Il livello di attività del paziente.
  • La quantità dei frammenti di frattura.
  • Il grado di spostamento dei frammenti della frattura.
  • L’esperienza del chirurgo.

La chirurgia prevede il riallineando dei frammenti ossei manualmente e mantenerli fissati in posizione mediante vari sistemi metallici, o viene eseguita una procedura di sostituzione della spalla mediante una protesi articolare.

Osteosintesi

I frammenti di osso possono essere fissati, con:

  • Placche e viti: questo intervento viene considerato il golden standard ed è l’intervento che, quando esiste l’indicazione, viene preferito nel nostro reparto OTB. Consente una riduzione ottimale dei frammenti ma soprattutto una stabilizzazione molto solida. Talvolta però è un intervento complesso e che quindi richiede mani esperte per la sua corretta esecuzione.
  • Chiodi endomidollari (chiodi infissi all’interno dell’osso cavo). Il vantaggio di questo intervento è la sua esecuzione più semplice per il chirurgo e la minore esposizione (può essere eseguito attraverso piccoli tagli della pelle e senza esporre la frattura). Lo svantaggio, a nostro avviso intollerabile, è che per inserire questo dispositivo di metallo, il chirurgo deve necessariamente danneggiare i tendini della cuffia dei rotatori, che sono i principali motori della spalla, motivo per cui nel nostro reparto è un intervento che non viene proposto quasi mai.
  • Viti semplici e fili metallici di Kirschner talvolta in combinazione tra loro. Questo sistema non garantisce adeguatra stabilità per cui non consente mobilizzazioni precoci della spalla. Questa opzione in genere viene  riservata alle persone anziane o in cattive condizioni generali.
  • Protesi articolari: quando l’osso è molto danneggiato e soprattutto nelle persone anziane, può capitare che la vascolarizzazione di alcuni frammenti sia irrimediabilmente compromessa motivo per cui si può decidere di sostituire tutta o parte dell’articolazione con una protesi della spalla. Se è consigliata una procedura di questo tipo, le opzioni includono una protesi anatomica standard, una endoprotesi, o una protesi inversa. Nei giovani questo intervento deve essere prospettato solo nei casi in cui l’osteosintesi non ha nessuna speranza di successo e questo deve essere valutato con molta attenzione a causa del fatto che le protesi hanno una durata limitata (in media 10-15 anni) e non garantiscono una vita particolarmente attiva.

Vantaggi e svantaggi del trattamento chirurgico

Il vantaggio della chirurgia, quando la frattura viene fissata in modo stabile ad esempio con placche e viti, o con chiodi endomidollari, è quello di consentire al paziente di iniziare a muovere subito l’articolazione. Questo consente di tornare prima ad una vita attiva e di ridurre il rischio della rigidità e quindi è più probabile che a fine trattamento il paziente recuperi più movimento della spalla rispetto al trattamento non chirurgico. Gli svantaggi però, anche se si verificano con una frequenza assai limitata, sono quelli comuni della chirurgia (complicanze anestesiologiche) e quelli specifici della chirurgia ortopedica come infezioni, emorragie, lesioni vascolari e nervose. Queste complicanze sono più frequenti nelle persone anziane motivo per cui, generalmente, in questi pazienti si opta quando possibile per un trattamento non chirurgico.

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Scapola: dove si trova ed a che serve?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma SCAPOLA DOVE SI TROVA FUNZIONI SERVE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa scapola, anche chiamata omoplata dal greco: ὦμος, che significa “spalla”, e πλατύς, che vuol dire “largo”, (in inglese “scapula” o “shoulder blade”) è un osso piatto, pari (cioè il corpo umano ne contiene due) e simmetrico della spalla; la scapola articola il tronco all’arto superiore di ciascun lato del corpo umano.

Dove si trova la scapola?
La scapola è situata sulla superficie dorsale del torace e si estende dalla seconda alla settima costa.

Forma ed anatomia
Ha una forma triangolare, con l’apice rivolto in basso: presenta quindi due facce e tre margini. Le due facce sono:

  • La faccia anteriore (faccia costale) è rivolta verso la gabbia toracica. Presenta un’ampia concavità, detta fossa sottoscapolare (o subscapolare), che ne ricalca la forma e sulla cui superficie si trovano delle creste trasversali che danno inserzione al muscolo sottoscapolare.
  • La faccia posteriore è divisa da un rilievo (la spina scapolare) in due fosse: la sovraspinata (o sovraspinosa), che occupa il terzo superiore, e la sottospinata o infraspinata (o infraspinosa), che occupa i 2/3 inferiori. Queste 2 fosse danno origine agli omonimi muscoli.

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Funzioni delle scapole
Le scapole hanno tre funzioni principali:

  • agganciare la testa dell’omero alla loro cavità glenoidea, formando così la cosiddetta articolazione gleno-omerale (o articolazione della spalla);
  • dare inserzione alle estremità iniziali dei muscoli costituenti la cuffia dei rotatori;
  • permettere i movimenti della spalla.

Movimenti delle scapole
Grazie ai numerosi muscoli che la scapola ospita, essa può compiere svariati movimenti:

  • Elevazione. È il gesto di elevare le scapole.
  • Depressione. È il movimento di abbassamento delle scapole.
  • Adduzione. È il gesto per cui le due scapole tendono ad avvicinarsi il più possibile al piano sagittale.
  • Abduzione. È il movimento opposto all’adduzione, quindi quello in cui le scapole tendono ad allontanarsi il più possibile dal piano sagittale.
  • Rotazione verso l’alto. È il movimento che compiono le scapole, quando si alzano le braccia verso il cielo.
  • Rotazione verso il basso. È il gesto che eseguono le scapole, quando si portano le braccia dall’alto lungo il corpo.

La scapola si può fratturare?
Certamente si, come un qualsiasi osso dello scheletro umano la scapola può fratturarsi, anche se questo tipo di frattura è piuttosto rara. In genere le fratture della scapola sono determinate da forti traumi al torace od alla spalla, in caso di incidenti stradali, cadute, traumi sportivi.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Omero: anatomia dell’osso del braccio

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma OMERO ANATOMIA OSSO BRACCIO SCHELETRO OS Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.gifL’omero (pronuncia: òmero, per distinguerlo da Oméro, il poeta greco autore dell’Iliade e dell’Odissea) è un osso lungo, pari e simmetrico, che forma lo scheletro del braccio. L’omero è l’UNICO osso del braccio. Si articola superiormente con la scapola e (articolazione scapolo-omoerale) e inferiormente con le due ossa dell’avambraccio, radio e ulna (articolazione del gomito).

Da quali parti è composto l’omero?

  1. Epifisi prossimale. La testa dell’omero è costituita da una grossa superficie emisferica liscia e rivestita da cartilagine, diretta medialmente ed in rapporto con la cavità glenoidea della scapola; la testa è delimitata inferiormente dal collo anatomico dell’osso. Inferiormente al collo anatomico, nella parte frontale dell’osso, si trova un rilievo diretto in avanti noto come tubercolo minore (o trochine), inserzione del muscolo sottoscapolare; superiormente e lateralmente rispetto a quello minore si trova il tubercolo maggiore (trochite o trochitere), che con le sue tre facce dà inserzione agli altri muscoli della cuffia dei rotatori: il sopraspinato, il sottospinato e il piccolo rotondo. Tra i due tubercoli si trova il solco bicipitale (o intertubercolare), delimitato verso la diafisi da due creste che scendono dai rispettivi tubercoli (creste del tubercolo minore e maggiore); in questo solco scorre il tendine del capo lungo del bicipite brachiale. Medialmente e lateralmente al solco bicipitale si inseriscono rispettivamente il muscolo grande rotondo e grande pettorale.
  2. Diafisi. Il punto di passaggio convenzionale tra l’estremità prossimale e il corpo dell’omero è il collo chirurgico. La diafisi dell’omero è in sezione abbastanza circolare prossimalmente, mentre distalmente è triangolare. Ha quindi tre facce e tre margini. Il margine anteriore origina dal tubercolo minore, quello laterale dalla cresta epicondiloidea laterale e quello mediale dalla cresta epicondiloidea mediale. Sulla faccia antero-laterale, poco più in alto del centro, si trova la tuberosità deltoidea che rappresenta il punto di inserzione del muscolo deltoide. Al di sotto di questa si può intravedere invece il solco del nervo radiale, che dalla faccia posteriore si porta in quella antero-laterale. Sulla faccia anteromediale si trova invece il foro nutritizio dell’osso.
  3. Epifisi distale. L’estremità distale presenta una zona articolare e una zona non articolare: quella articolare è definita lateralmente dal condilo e medialmente dalla troclea dell’omero, che ha la forma di una puleggia. Il condilo si articola con la testa del radio, mentre la troclea con l’incisura trocleare o semilunare dell’olecrano dell’ulna. La porzione non articolare dell’estremità distale è data dall’epicondilo laterale (poco sviluppato) e dall’epicondilo mediale, o epitroclea (molto più sviluppato), al di sotto del quale si trova un solco che accoglie il nervo ulnare. Dai due epicondili si originano verso la diafisi la cresta sopracondiloidea mediale e la cresta sopracondiloidea laterale. Anteriormente, al di sopra del condilo, c’è la fossetta radiale che accoglie la testa del radio durante la flessione dell’avambraccio sul braccio, sopra la troclea c’è la fossetta coronoidea che accoglie il processo coronoideo dell’ulna sempre nella flessione dell’avambraccio sul braccio e posteriormente, al di sopra della troclea, è presente la fossa olecranica per accogliere l’olecrano dell’ulna nell’estensione dell’avambraccio.
  • Corpo. Il corpo ha una forma quasi cilindrica in alto e prismatica triangolare in basso. Presenta una faccia antero-mediale, una faccia antero-laterale e una faccia posteriore che sono divise da tre margini: anteriore, mediale e laterale.
  • Faccia antero-mediale. La faccia antero-mediale ha nella sua parte di mezzo il foro nutritizio al di sopra del quale è visibile un’impronta per l’inserzione del muscolo coracobrachiale; nella parte alta di questa faccia si trova il prolungamento inferiore del solco bicipitale.
  • Faccia antero-laterale. La faccia antero-laterale presenta, nel suo terzo medio, una parte rugosa, a forma di V, la tuberosità deltoidea, sulla quale si inserisce il muscolo deltoide.
  • Faccia posteriore. La faccia posteriore è percorsa dal solco del nervo radiale, una scanalatura elicoidale che ha inizio in alto presso il margine mediale e si porta in basso e in fuori, dividendo la faccia stessa in due parti, una al di sopra del solco, da cui origina il capo laterale del muscolo tricipite e una, sotto il solco, da cui nasce il capo mediale dello stesso muscolo.
  • Margine mediale. Il margine mediale percorre tutto il corpo dall’alto in basso terminando all’epitroclea.
  • Margine laterale. Il margine laterale, che è interrotto dal solco del nervo radiale, termina nell’epicondilo.
  • Margine anteriore. Il margine anteriore si biforca in basso delimitando la fossa coronoidea.
  • Estremità prossimale. L’estremità prossimale è ingrossata e fa seguito al corpo in corrispondenza del collo chirurgico. Presenta un’ampia superficie articolare quasi emisferica, rivestita di cartilagine, la testa dell’omero. La testa è delimitata, sul suo contorno, da un leggero restringimento, il collo anatomico, che la individua rispetto a due rilievi situati nelle sue vicinanze; questi sono la grande tuberosità e la piccola tuberosità.
  • Estremità distale. L’estremità distale è slargata e appiattita dall’avanti in dietro. Su ciascuno dei lati di questa estremità si trovano due rilievi rugosi; quello mediale è detto epitroclea e quello laterale è detto epicondilo. Sulla faccia anteriore dell’estremità distale si trova la fossa coronoidea nella quale, durante la flessione dell’avambraccio sul braccio, si pone il processo coronoideo dell’ulna. Sulla faccia posteriore della stessa estremità si trova la fossa olecranica che accoglie l’olecrano ulnare durante l’estensione dell’avambraccio.

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Rottura della cuffia dei rotatori: dolore alla spalla, deficit di forza, diagnosi e cura

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ROTTURA CUFFIA ROTATORI SPALLA Riabilitazione Nutrizionista Medicina Estetica Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Linfodrenaggio Pene Vagina.jpgTante volte nella nostra vita ci è capitato di avvertire dolore ad una o ad entrambe le spalle e di provare la sensazione di avere meno forza nei movimenti legati alle spalle. In questi casi molte volte i sintomi possono essere manifestazioni transitorie e di poca importanza, altre volte, purtroppo, possono invece essere sintomo di una patologia che riguarda la cuffia dei rotatori e che non deve essere mai sottovalutata. Ma la prima domanda che molti si saranno fatti è…

Cos’è la cuffia dei rotatori ed a che serve?

La cuffia dei rotatori è un complesso muscolo-tendineo costituito dall’insieme di quattro muscoli e dai rispettivi tendini:

  • muscolo sovraspinato, il cui tendine passa al di sotto del legamento coraco-acromiale e si inserisce sulla parte superiore della grande tuberosità omerale;
  • muscolo sottospinato, posteriore, il cui tendine si inserisce sul tubercolo maggiore dell’omero;
  • muscolo piccolo rotondo, posteriore, il cui tendine si inserisce leggermente al di sotto dell’inserzione del muscolo sottospinato;
  • muscolo sottoscapolare, anteriore, il cui tendine si inserisce sulla piccola tuberosità dell’omero.

Nel complesso la cuffia è composta da due muscoli extrarotatori (sottospinato e piccolo rotondo), un muscolo intrarotatore (sottoscapolare), e un muscolo adduttore (sovrascapolare).

A che serve la cuffia dei rotatori?

La cuffia dei rotatori si chiama in questo modo perché i grandi tendini che la compongono proteggono l’intera articolazione formando una vera e propria cuffia che avvolge la testa dell’omero; già potete intuire quindi quale sia l’importante compito di questa struttura: la contrazione tonica dei muscoli della cuffia stabilizzano la spalla impedendone la lussazione (fuoriuscita della testa omerale dalla cavità glenoidea). I tendini piuttosto vasti (circa cinque centimetri) proteggono l’intera articolazione formando una vera e propria cuffia che avvolge la parte superiore dell’omero. Tra i quattro muscoli che compongono la cuffia dei rotatori, il sovraspinato è quello che si lesiona più frequentemente. In realtà quando si parla di rottura della cuffia dei rotatori non si fa riferimento a lesioni di natura muscolare ma tendinea. Inoltre bisogna tenere ben presente che la lesione della cuffia dei rotatori è spesso associata a lesione del capo lungo del muscolo bicipite, attivo durante la flessione e l’abduzione della spalla. La borsite sub-acromiale invece, è un infiammazione dell’omonima borsa e anch’essa può essere un’importante causa di dolore alla spalla. Si tratta in sostanza di un piccolo sacchetto ripieno di liquido posto sotto l’acromion della scapola per impedire lesioni da sfregamento della cuffia dei rotatori sull’osso.
Quando questa borsa si infiamma (a causa di un trauma o di uso eccessivo) va a comprimere le strutture tendinee comprese nello spazio sotto-acromiale favorendone la degenerazione.

Leggi anche: Osso omero: anatomia e funzioni in sintesi

Quali sono i sintomi della lesione della cuffia dei rotatori?

Il tipo di ferita può variare da un’infiammazione tendinea locale, senza alcun danno permanente, ad una lesione parziale o completa che potrebbe richiedere l’intervento di riparazione chirurgica. In entrambi i casi si registrerà un deficit più o meno marcato nella forza di abduzione del braccio (cioè il movimento di allontanare il braccio dal corpo). In particolare il soggetto faticherà a mantenere il braccio sollevato lateralmente tra i 60° ed i 120°. Un apposito test per diagnosticare la lesione della cuffia dei rotatori andrà proprio a testare la risposta muscolare del paziente in questi angoli di movimento. Oltre al dolore, che spesso si accentua durante il riposo notturno, e deficit della forza durante movimenti specifici, i pazienti spesso lamentano difficoltà e dolore legati ai normali movimenti della vita quotidiana, come la pettinatura dei capelli, il riposo notturno su un fianco, l’infilare la manica della giacca o l’allacciamento del reggiseno.

Leggi anche: Come viene effettuata una ecografia articolare (muscolo tendinea) ed a cosa serve?

Quali sono le cause di lesione della cuffia dei rotatori?

Tra i 60° ed i 120° di abduzione, lo spazio tra la testa dell’omero e l’acromion della scapola nel quale decorre il tendine del muscolo sovraspinato si riduce notevolmente. Per questo motivo movimenti frequenti in questo range articolare possono causare a lungo andare infiammazione e/o degenerazione del tendine del sovraspinato. Non a caso la lesione solitamente interessa il tendine in un’area ben precisa che si trova a circa un centimetro di distanza dalla sua inserzione sull’omero (trochite). Questa zona è piuttosto ricca di capillari che servono a fornire al tendine l’ossigeno ed i nutrienti. Già in condizioni normali, con l’invecchiamento e il disuso, l’afflusso di sangue al tendine si riduce, diminuendone l’elasticità ed aumentandone la fragilità. Ma se il braccio lavora proprio tra i 60 ed i 120°, l’apporto di sangue al tendine si riduce ulteriormente a causa della riduzione dello spazio tra la testa omerale e l’acromion. Questa compressione va ad intrappolare ed ostruire parzialmente i vasi sanguigni aumentando considerevolmente il rischio di lesione. Questo meccanismo è ancora più evidente se al disuso segue un improvviso uso esagerato e/o prolungato (sollevare carichi pesanti, tagliare la siepe, imbiancare il soffitto, lavare i vetri, movimenti bruschi ecc.). Spesso nell’anziano vi è assenza di sintomatologia dolorosa o questa è molto lieve nonostante la lesione.

Nello sport invece tali lesioni si verificano più frequentemente in discipline che prevedono movimenti ripetitivi che richiedono una abduzione associata ad extrarotazione del braccio (baseball, lancio del giavellotto, tennis, pallavolo, alcune specialità del nuoto, a volte la pallacanestro). L’uso ripetitivo dei tendini può infatti condurre ad un loro significativo ispessimento riducendo ancor di più lo spazio subacromiale. Nei giovani un singolo movimento particolarmente violento, può andare a ledere uno o più tendini già compromessi dall’utilizzo eccessivo.

Nelle persone sedentarie, alcuni difetti posturali associati ad attività lavorative che impongono posizioni viziate, possono causare a lungo andare un aumento della cifosi dorsale (incurvamento in avanti del tratto toracico della colonna vertebrale). Tale vizio di posizione, che genera quella che volgarmente viene chiamata gobba, proietta in avanti le spalle sottoponendo la cuffia dei rotatori a tensioni eccessive. Non a caso il dolore alla spalla rappresenta la seconda causa più frequente di assenteismo dal lavoro dopo la  lombalgia.

L’indebolimento delle strutture tendinee che compongono la cuffia dei rotatori aumenta, a lungo andare, l’instabilità dell’intera spalla favorendo la risalita verso l’alto della testa omerale. Questa risalita diminuisce ulteriormente lo spazio a disposizione dei tendini causando dolore. Se la condizione cronicizza si parla di “Sindrome da conflitto” proprio per indicare “l’intrappolamento” dei tessuti molli nello spazio subacromiale. Negli anziani la sindrome da conflitto è piuttosto frequente e causata dalla perdita di elasticità dei tendini associata ad una loro parziale calcificazione e alla presenza di piccoli speroni ossei nella superficie subacromiale.

Una lesione dei tendini di uno o più muscoli che compongono la cuffia dei rotatori può avvenire anche a causa di un trauma (caduta sulla spalla) o di una borsite sub-acromiale. Quando una persona cade sbattendo la spalla, l’acromion subisce una pressione che lo fa picchiare sulla cuffia dei rotatori. Se l’impatto è abbastanza violento l’osso può ledere i tendini. L’entità del trauma, la forma della superficie inferiore dell’acromion (più o meno tagliente; acromion uncinato), ma anche l’elasticità dei muscoli e dei tendini che compongono la cuffia dei rotatori, andranno ad incidere sull’entità della lesione (completa o parziale). Anche una caduta all’indietro in appoggio su un braccio extrarotazione (istintivamente con la mano in fuori in modo da creare un punto di appoggio per proteggere il resto del corpo) o in avanti, su un braccio intraruotato e addotto (cioè vicino al corpo) può andare a lussare anteriormente o posteriormente la spalla danneggiando i tendini della cuffia. Spesso a tale lesione si associa una rottura dei capillari tendinei che riempiendo di sangue i tessuti intorno ai tendini, li gonfiano provocando dolore. Dopo il trauma il dolore può persistere per alcuni mesi accentuandosi o diminuendo in base al tipo e all’intensità dell’attività fisica praticata.

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Diagnosi

Molto spesso per far diagnosi basta una visita accurata da un medico esperto, che sottopone la spalla ad alcuni test di valutazione funzionale.

  • Test della cuffia dei rotatori: In realtà il test diagnostica una lesione del sovraspinato, ma questo tendine è di gran lunga il più frequentemente implicato in una lesione; ad ogni modo il paziente viene invitato a sollevare lateralmente il braccio (tenendolo lievemente in avanti ) con il pollice rivolto verso il basso. Il medico contrasta il movimento spingendo verso il basso. Il test è positivo se viene provocato dolore o se c’è una importante perdita di forza rispetto all’altro braccio. Se il tendine è completamente leso sarà impossibile mantenere il braccio fermo con una inclinazione inferiore a 120°.
  • Test del sottospinato: Si tiene il gomito flesso a 90°, e lo punta verso il fianco. Il test consiste nel ruotare verso l’esterno il braccio. Anche qui se vi è dolore o deficit di forza il test è positivo. (il test è positivo anche in caso di lesioni del piccolo rotondo).
  • Test del sottoscapolare: Il dorso della mano deve appoggiare sulla parte bassa della schiena, come ad infilare la manica di una giacca. Bisogna riuscire ad allontanare la mano dalla schiena spingendo verso l’indietro mentre il medico oppone resistenza. Il dolore o il deficit di forza denunciano lesione.
  • Test di conflitto (di Neer): Indica conflitto con la superficie inferiore dell’acromion. Bisogna sollevare in avanti il braccio (tenendo il pollice verso il basso), mentre la scapola viene tenuta ferma dalla mano del medico. Il dolore nella parte finale del movimento indica positività.

Le più importanti indagini strumentali sono:

  • Radiologia tradizionale: I normali raggi X non sono in grado di visualizzare chiaramente i tendini, ma solo di dare una indicazione indiretta del loro stato di salute (calcificazioni, restringimenti articolari, osteofiti etc.).
  • Ecografia: Visualizza con molta accuratezza le lesioni tendinee e danni alla borsa subacromiale.
  • Risonanza magnetica: localizza con precisione la lesione e la sua estensione.

In ogni caso il ricorso ad indagini strumentali avverrà solo su richiesta di un medico esperto, onde evitare spese e irradiazioni inutili (radiologia tradizionale), mentre la diagnosi, lungi dall’essere solo una diagnostica per immagini, dovrà tener conto della esatta interpretazione dei test di valutazione funzionale eseguiti durante la visita.

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Terapia non chirurgica

Se ci colpisce un dolore alla spalla in conseguenza di una caduta o di un movimento: applicare del ghiaccio (2-3 volte al giorno per 20 minuti: NON DI PIU’ per i primi 2 giorni), e mettere a riposo l’articolazione. Se il dolore è particolarmente accentuato e se limita in modo importante i movimenti e soprattutto se i sintomi non scompaiono dopo qualche giorno consultare lo specialista, il quale dopo una attenta diagnosi prescriverà la terapia adeguata. Molto utile la Tecarterapia, nelle fasi acute in modalità atermica, poi via via sempre più intensa. Così come utili, nelle fasi acute, gli ultrasuoni: un intelligente connubio tra ultrasuoni e crioterapia. Eccellenti le Onde d’urto sia in fase acuta, sia, ancor più, in tempi successivi. Essenziale e complementare a tutte le altre è la Rieducazione Funzionale in sala di riabilitazione, consiste in ginnastica attiva e passiva sotto la guida vigile del medico e del fisioterapista; se possibile aiutata da un sapiente “Pompage” dell’articolazione.

Terapia chirurgica

Vi sono due categorie di interventi chirurgici. In passato esisteva solo la metodica “aperta”, che richiede una incisione sulla spalla lunga circa 6-8 cm. Per raggiungere la cuffia è necessario passare attraverso il muscolo deltoide, che perciò viene inciso e alla fine suturato. Da oltre venti anni si sono sviluppate le metodiche artroscopiche, che utilizzano un sofisticato sistema basato su una piccola telecamera collegata ad uno schermo mediante fibre ottiche. Sono necessarie alcune piccole incisioni da 0,5-1 cm dietro, di lato e davanti alla spalla e non è necessario “aprire” il deltoide. I progressi di tecnica chirurgica e di tecnologia degli strumenti hanno fatto sì che anche in artroscopia si possano eseguire reinserzioni del tendine all’osso altrettanto sicure quanto quelle che si ottengono in chirurgia aperta.
Sebbene i tempi necessari per il recupero e i risultati delle riparazioni con tecniche aperte e artroscopiche siano uguali, queste ultime hanno guadagnato via via il favore dei chirurghi e dei pazienti e attualmente rappresentano lo “standard” della chirurgia della cuffia.
L’obiettivo dell’intervento di riparazione è di riportare il lembo di tendine strappato alla sua sede di inserzione all’osso della testa omerale e fissarvelo. Per far questo esistono diversi sistemi di ancoraggio, i più comuni sono rappresentati da “ancorette” di vari materiali che si avvitano o si impiantano a pressione nell’osso e a cui sono attaccati dei fili con i quali si sutura e si riporta in sede il tendine.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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