Fratture di femore: conseguenze a breve e lungo termine

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA TRA FEMORE ANCA ARTICOLAZIONE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano Pene

Prima di iniziare la lettura, per comprendere meglio l’argomento trattato, leggi anche: Femore rotto: tipi di frattura, sintomi, intervento, riabilitazione e conseguenze

Conseguenze a breve termine delle fratture di femore:

  • Infezioni. Se la frattura è esposta, ossia se in seguito al trauma i tronconi dell’osso hanno lacerato i tessuti e sono fuoriusciti all’esterno, è elevato il rischio di infezioni. L’osteomielite è la più comune ed anche la più difficile da curarsi.
  • Gravi lesioni dei tessuti come vasi sanguigni, nervi, capsule articolari. Le complicanze possono essere immediate con gravi emorragie che se non ridotte immediatamente possono comportare la morte dell’infortunato. Possono però comportare anche delle complicanze successive come nel caso delle fratture sottocapitate che, poiché generalmente danneggiano la vascolarizzazione della capsula articolare e della testa del femore che è già scarsamente irrorata, possono provocare necrosi della testa dell’osso.
  • Emorragie interne. Anche se la frattura non è esposta possono aversi forti emorragie e conseguenti shock per il ridotto volume sanguigno in circolo.
  • Shock neurogeno causato dal fortissimo dolore.
  • Embolia (ostruzione di un’arteria causata da un coagulo di sangue o da una bolla d’aria). In conseguenza della rottura dell’osso i midolli ossei possono introdursi attraverso la rottura di un vaso nel torrente sanguigno e bloccarsi negli alveoli polmonari o nel cervello.
  • Sindrome compartimentale. In seguito al trauma la muscolatura potrebbe essere interessata da un’importante tumefazione che riempie i compartimenti muscolo/osso. Se non sottoposta ad opportune cure la sindrome può evolversi in necrosi muscolare. Può capitare che la sindrome compartimentale sia particolarmente acuta ed allora bisogna con urgenza intervenire chirurgicamente praticando incisioni verticali nei compartimenti interessati per alleviare la pressione.
  • Lesioni da decubito, tipiche dei pazienti anziani immobilizzati a letto per lunghi periodi durante la riabilitazione; a tale proposito leggi anche: Lesioni da decubito: prevenzione, stadi, classificazione e trattamento

Conseguenze a lungo termine delle fratture di femore:

  • problemi connessi con un incompleto recupero della funzionalità dell’arto,
  • disturbi derivanti dall’allettamento (pazienti anziani): piaghe di decubito, trombo flebiti, insufficienze cardiorespiratorie, infezioni urinarie.

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Femore rotto: riabilitazione, profilassi antitrombotica e controllo del dolore

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma 109 ANNI ROMPE FEMORE DANTE PARLANI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PenePrima di iniziare la lettura, per comprendere meglio l’argomento trattato, leggi anche: Femore rotto: tipi di frattura, sintomi, intervento, riabilitazione e conseguenze

Come si effettua la riabilitazione dopo una frattura di femore e relativo intervento?
Dopo circa una settimana dall’intervento chirurgico il soggetto inizia a camminare con le stampelle o con un girello e dopo circa due mesi può iniziare a camminare normalmente; ovviamente esistono enormi differenze individuali nei tempi di recupero, relative a età del soggetto, patologie correlate e condizioni generali. In questo periodo è necessario un percorso riabilitativo che consenta il ritorno della persona alla normale attività ed efficienza fisica, da effettuare in una struttura specializzata se il paziente è anziano. La riabilitazione comprende una serie di terapie mirate ad evitare che il trauma risulti invalidante e che insorgano conseguenze. Inizialmente il paziente dovrà fare esercizi di respirazione e ripetute variazioni della postura a letto necessari per evitare complicazioni polmonari ed edemi, flebiti e piaghe da decubito. Successivamente sono necessari esercizi per camminare impostando una corretta postura per un equa distribuzione dei pesi, e nel contempo altri esercizi in acqua o con l’utilizzo di cyclette e tapis roulant volti a migliorare il tono muscolare.

Profilassi antitrombotica post intervento
I pazienti con frattura di femore sono a rischio elevato per TVP. Il tasso di TVP totale e distale dopo frattura di femore in assenza di profilassi è rispettivamente del 50 % e del 27% (Chest, 2008). TVP sintomatica si riscontra dall’1,3% all’8% di pazienti sottoposti a profilassi nei tre mesi successivi al trauma (Chest, 2008). EP fatale si verifica in una percentuale dei pazienti che varia dallo 0,4% al 7,5% nei tre mesi successivi al trauma. Fattori favorenti sono l’età avanzata e il ritardo dell’intervento. Il rischio tromboembolico è significativamente ridotto tra i pazienti che ricevevano una profilassi farmacologica. Il rischio di EP fatale diminuisce se l’intervento avviene entro 24 ore dal trauma. Uno dei farmaci più usati nel periodo riabilitativo è l’enoxaparina sodica (Clexane).

Leggi anche: Ho dimenticato di assumere l’anticoagulante, cosa fare?

Controllo del dolore durante la riabilitazione
Il controllo del dolore è parte integrante del percorso terapeutico. È necessario rilevare il dolore secondo una delle scale abituali (VAS, NRS, faccette nei casi di pazienti con fragilità cognitive) e registrarlo in cartella. La terapia con analgesici va prescritta al bisogno utilizzando preferibilmente paracetamolo ed oppioidi deboli. Si deve porre estrema attenzione ai FANS, che possono causare sanguinamenti gastrici o insufficienza renale e possono causare problemi di sanguinamento in soggetti anziani in terapia con antiaggreganti e anticoagulanti come sono quelli in riabilitazione post intervento.

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Omero: anatomia dell’osso del braccio

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma OMERO ANATOMIA OSSO BRACCIO SCHELETRO OS Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.gifL’omero (pronuncia: òmero, per distinguerlo da Oméro, il poeta greco autore dell’Iliade e dell’Odissea) è un osso lungo, pari e simmetrico, che forma lo scheletro del braccio. L’omero è l’UNICO osso del braccio. Si articola superiormente con la scapola e (articolazione scapolo-omoerale) e inferiormente con le due ossa dell’avambraccio, radio e ulna (articolazione del gomito).

Da quali parti è composto l’omero?

  1. Epifisi prossimale. La testa dell’omero è costituita da una grossa superficie emisferica liscia e rivestita da cartilagine, diretta medialmente ed in rapporto con la cavità glenoidea della scapola; la testa è delimitata inferiormente dal collo anatomico dell’osso. Inferiormente al collo anatomico, nella parte frontale dell’osso, si trova un rilievo diretto in avanti noto come tubercolo minore (o trochine), inserzione del muscolo sottoscapolare; superiormente e lateralmente rispetto a quello minore si trova il tubercolo maggiore (trochite o trochitere), che con le sue tre facce dà inserzione agli altri muscoli della cuffia dei rotatori: il sopraspinato, il sottospinato e il piccolo rotondo. Tra i due tubercoli si trova il solco bicipitale (o intertubercolare), delimitato verso la diafisi da due creste che scendono dai rispettivi tubercoli (creste del tubercolo minore e maggiore); in questo solco scorre il tendine del capo lungo del bicipite brachiale. Medialmente e lateralmente al solco bicipitale si inseriscono rispettivamente il muscolo grande rotondo e grande pettorale.
  2. Diafisi. Il punto di passaggio convenzionale tra l’estremità prossimale e il corpo dell’omero è il collo chirurgico. La diafisi dell’omero è in sezione abbastanza circolare prossimalmente, mentre distalmente è triangolare. Ha quindi tre facce e tre margini. Il margine anteriore origina dal tubercolo minore, quello laterale dalla cresta epicondiloidea laterale e quello mediale dalla cresta epicondiloidea mediale. Sulla faccia antero-laterale, poco più in alto del centro, si trova la tuberosità deltoidea che rappresenta il punto di inserzione del muscolo deltoide. Al di sotto di questa si può intravedere invece il solco del nervo radiale, che dalla faccia posteriore si porta in quella antero-laterale. Sulla faccia anteromediale si trova invece il foro nutritizio dell’osso.
  3. Epifisi distale. L’estremità distale presenta una zona articolare e una zona non articolare: quella articolare è definita lateralmente dal condilo e medialmente dalla troclea dell’omero, che ha la forma di una puleggia. Il condilo si articola con la testa del radio, mentre la troclea con l’incisura trocleare o semilunare dell’olecrano dell’ulna. La porzione non articolare dell’estremità distale è data dall’epicondilo laterale (poco sviluppato) e dall’epicondilo mediale, o epitroclea (molto più sviluppato), al di sotto del quale si trova un solco che accoglie il nervo ulnare. Dai due epicondili si originano verso la diafisi la cresta sopracondiloidea mediale e la cresta sopracondiloidea laterale. Anteriormente, al di sopra del condilo, c’è la fossetta radiale che accoglie la testa del radio durante la flessione dell’avambraccio sul braccio, sopra la troclea c’è la fossetta coronoidea che accoglie il processo coronoideo dell’ulna sempre nella flessione dell’avambraccio sul braccio e posteriormente, al di sopra della troclea, è presente la fossa olecranica per accogliere l’olecrano dell’ulna nell’estensione dell’avambraccio.
  • Corpo. Il corpo ha una forma quasi cilindrica in alto e prismatica triangolare in basso. Presenta una faccia antero-mediale, una faccia antero-laterale e una faccia posteriore che sono divise da tre margini: anteriore, mediale e laterale.
  • Faccia antero-mediale. La faccia antero-mediale ha nella sua parte di mezzo il foro nutritizio al di sopra del quale è visibile un’impronta per l’inserzione del muscolo coracobrachiale; nella parte alta di questa faccia si trova il prolungamento inferiore del solco bicipitale.
  • Faccia antero-laterale. La faccia antero-laterale presenta, nel suo terzo medio, una parte rugosa, a forma di V, la tuberosità deltoidea, sulla quale si inserisce il muscolo deltoide.
  • Faccia posteriore. La faccia posteriore è percorsa dal solco del nervo radiale, una scanalatura elicoidale che ha inizio in alto presso il margine mediale e si porta in basso e in fuori, dividendo la faccia stessa in due parti, una al di sopra del solco, da cui origina il capo laterale del muscolo tricipite e una, sotto il solco, da cui nasce il capo mediale dello stesso muscolo.
  • Margine mediale. Il margine mediale percorre tutto il corpo dall’alto in basso terminando all’epitroclea.
  • Margine laterale. Il margine laterale, che è interrotto dal solco del nervo radiale, termina nell’epicondilo.
  • Margine anteriore. Il margine anteriore si biforca in basso delimitando la fossa coronoidea.
  • Estremità prossimale. L’estremità prossimale è ingrossata e fa seguito al corpo in corrispondenza del collo chirurgico. Presenta un’ampia superficie articolare quasi emisferica, rivestita di cartilagine, la testa dell’omero. La testa è delimitata, sul suo contorno, da un leggero restringimento, il collo anatomico, che la individua rispetto a due rilievi situati nelle sue vicinanze; questi sono la grande tuberosità e la piccola tuberosità.
  • Estremità distale. L’estremità distale è slargata e appiattita dall’avanti in dietro. Su ciascuno dei lati di questa estremità si trovano due rilievi rugosi; quello mediale è detto epitroclea e quello laterale è detto epicondilo. Sulla faccia anteriore dell’estremità distale si trova la fossa coronoidea nella quale, durante la flessione dell’avambraccio sul braccio, si pone il processo coronoideo dell’ulna. Sulla faccia posteriore della stessa estremità si trova la fossa olecranica che accoglie l’olecrano ulnare durante l’estensione dell’avambraccio.

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Per approfondire:

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Femore rotto: tipi di frattura, sintomi, intervento, riabilitazione e conseguenze

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma FEMORE ROTTO TIPI FRATTURA INTERVENTO  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgIl femore è il più lungo osso del nostro corpo ed è dotato di una straordinaria resistenza, tuttavia la frattura del femore è un incidente molto diffuso, che colpisce principalmente gli anziani a causa dell’osteoporosi e di un’elevata fragilità ossea in seguito alla quale anche un trauma lieve può comportare una frattura. Per approfondire anatomia e fisiologia di questo importante osso umano, leggi anche: Femore: anatomia e funzioni in sintesi

Frattura di femore negli anziani
Nella mia esperienza la maggior parte degli anziani con frattura di femore che seguo nel percorso riabilitativo post intervento, riferisce che la frattura è stata causata da banali cadute, quasi sempre accadute durante lo svolgimento di normali attività quotidiane, come lavarsi, cucinare, pulire casa. La frattura del femore negli anziani non è affatto banale anzi il suo evento può configurare una vera e propria tragedia, immobilizzando a letto per lunghi periodi (anche mesi nei casi più gravi) dei soggetti già debilitati, frequentemente diabetici e cardiopatici e che spesso hanno poca voglia di collaborare con medici, OSS, infermieri e fisioterapisti durante il periodo riabilitativo a causa dei forti dolori e della debolezza muscolare. I pazienti anziani tendono a “lasciarsi andare” ed a voler rimanere a letto, con tutti i rischi connessi, come ad esempio decubiti (da cui il frequente uso di materassi antidecubito ad aria). Molto del mio lavoro in questo caso è spronare con motivazioni convincenti l’anziano affinché compia i suoi giornalieri esercizi riabilitativi. La stessa cosa devono fare i famigliari del paziente.

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Com’è fatto il femore?
Il femore è l’osso più grande dello scheletro umano. Esso è contenuto nella coscia ed è formato da una parte centrale “diafisi” e due “epifisi”: la prossimale e la distale. La prossimale con una testa rotonda che si innesta nell’acetabolo del bacino forma l’articolazione dell’anca, la distale con tibia e rotula forma l’articolazione del ginocchio.
La testa del femore è legata alla diafisi tramite il collo del femore che forma con la diafisi stessa un angolo di circa 125°. Come già detto la testa tonda del femore è inserita nell’acetabolo del bacino ed è mantenuta in posizione da una forte capsula articolare che si lega alla base del collo del femore. Detta capsula articolare è coadiuvata nei movimenti di estensione dell’articolazione da robusti legamenti e contiene al suo interno i vasi sanguigni che sovraintendono al nutrimento della testa del femore.
Lateralmente al collo il femore presenta inoltre due sporgenze il piccolo trocantere e il grande trocantere, dove si inseriscono i muscoli.

Cosa significa “frattura del femore”?
La frattura del femore è quell’evento nel quale – in seguito ad un trauma di varia natura – il femore perde la sua continuità e si divide in due o più pezzi o se semplicemente subisce una lesione.

Un evento diffuso e pericoloso
Come accennato all’inizio dell’articolo, la frattura del femore è un evento diffusissimo, specie tra gli anziani ed anche piuttosto grave: degli 80000 e più casi che in Italia si verificano ogni anno, 15000 hanno esito funesto, 35000 degenerano invalidità più o meno grave e di questi 15000 richiedono, successivamente, un’assistenza continua. Di tutti questi drammatici eventi circa il 75% interessa donne anziane, per le quali il tasso di mortalità per frattura femorale è pari se non superiore a quello per il cancro al seno.

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Prevenire le fratture di femore
Per ridurre il rischio di caduta occorre riconoscere le classi a rischio (anziani e in particolare le donne), i fattori di rischio e intervenire su questi ultimi con interventi multifattoriali. I principali fattori di rischio per le fratture di femore sono:

  • età avanzata;
  • sesso femminile;
  • osteoporosi;
  • storia di precedenti cadute;
  • terapia con farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale;
  • difficoltà motorie e paura di cadere;
  • alterazione della vista.

La prevenzione dell’osteoporosi prevede invece misure non farmacologiche e farmacologiche. Gli interventi non farmacologici, fondamentali, sono: l’attività fisica ed una adeguata alimentazione. L’esercizio fisico anche moderato deve essere incoraggiato, specie nell’anziano, per mantenere una buona tonicità muscolare e una corretta coordinazione dei movimenti; la dieta deve essere adeguata, specie nell’apporto di calcio.

Classificazione delle fratture di femore
La frattura del femore, come ogni altra frattura, può essere di vari tipi:

  • Composta se in seguito al trauma l’osso conserva il suo naturale allineamento.
  • Scomposta se i tronconi dell’osso si allontanano dal consueto allineamento.
  • Una frattura scomposta del femore può essere esposta se uno o più frammenti ossei bucano muscoli e cute e fuoriescono.

A seconda del numero di interruzioni, la frattura può classificarsi in:

  • unifocale se vi è una sola rima (sede) di frattura
  • bifocale, se vi sono due rime
  • pluriframmentata se vi sono più rime di frattura.

In base alla sede anatomica si suddividono le fratture del femore in:

  • fratture della diafisi (parte centrale del femore)
  • fratture dell’epifisi prossimale o distale

Le fratture prossimali o distali possono a loro volta dividersi in

  • extra articolari o laterali se avvengono all’esterno della articolazione e che possono la base del collo, il grande trocanterio o il piccolo trocanterio (fratture trocanteriche).
  • intra articolari o mediali se avvengono all’interno dell’articolazione e che possono interessare il collo e la testa del femore. Le fratture infra articolari sono quelle più pericolose perché danneggiano i vasi sanguigni che sono deputati alla vascolarizzazione dell’articolazione e se tale danno non viene curato in maniera adeguata può procurare necrosi del tessuto osseo.
  • Se la frattura si localizza subito al di sotto della testa sferica dell’osso è detta sotto capitata.

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Quali sono i sintomi di una frattura di femore?
La frattura del femore ha una sintomatologia che varia in funzione delle tipologie sopra elencate, tuttavia vi sono dei sintomi comuni quali:

  • il dolore circoscritto
  • tumefazione e gonfiore
  • impossibilità di muovere l’arto e di stare in piedi.

Le fratture chiuse (in cui la cute non è lacerata) può verificarsi un sanguinamento interno che provoca un’ecchimosi viola nerastra (livido).

Quali sono le cause di frattura di femore?
In pazienti giovani ed in buona salute la frattura scomposta del femore è un evento molto raro conseguente a violentissimi traumi come può essere un incidente stradale o una rovinosa caduta di alcuni sportivi soprattutto ciclisti o sciatori di fondo. Purtroppo il discorso è totalmente diverso in caso di frattura del femore negli anziani che può essere anche conseguenza di un incidente lieve. Le cause di ciò possono essere varie:

  • mancanza di riflessi e tono muscolare dovuti al declino psicofisico legato all’età,
  • ambiente domestico non adatto alle persone di età avanzata,
  • capogiri o malesseri passeggeri,
  • alcuni farmaci quali analgesici antidepressivi e diuretici,
  • osteoporosi, malattia per cui si modifica la micro architettura delle ossa che in seguito a tale cambiamento vengono ad avere una densità più bassa (aumento della porosità),
  • cali di pressione,
  • problemi visivi.

Giovani ed anziani possono, inoltre, essere soggetti a fratture patologiche del femore, ovvero a fratture che possono verificarsi anche in assenza di trauma, causate da patologie che indeboliscono lo scheletro tra cui:

  • Infezioni, quali artriti o osteomielite (infiammazione del tessuto osseo dovuta a batteri),
  • tumori ossei o metastatici,
  • anoressia: la cattiva nutrizione, infatti provoca precoce osteoporosi e decalcificazione delle ossa,
  • iperparatiroidismo: disfunzione delle ghiandole paratiroidi che provoca una diminuzione dell’ormone paratormone deputato alla regolazione del calcio corporeo,
  • osteomalacia: patologia metabolica che causa fragilità ossea.

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Terapia delle fratture di femore
La diagnosi di una frattura del femore è alquanto facile. Comunque l’esame radiografico evidenzia chiaramente la frattura ed il conseguente stato dell’allineamento dei tronconi ossei. La miglior terapia possibile per la cura di fratture del femore è la riduzione con intervento chirurgico. Solo nei casi in cui complicanze di carattere internistico rendano impossibile l’intervento allora si procede all’immobilizzazione. Ma i progressi delle tecniche di anestesia hanno reso ormai possibile interventi su pazienti di 90/95 anni di età.

Riduzione della frattura di femore con intervento chirurgico
L’intervento (da praticarsi nelle 24/48 ore successive) non solo è consigliato ma è obbligatorio per un decorso privo di pericolose complicazione e per una completa riabilitazione funzionale. L’intervento varia al variare del punto di frattura e dell’età del paziente e può comportare l’utilizzo di perni, placche, protesi parziali o addirittura totali. Se il paziente ha più di 65 anni si preferisce impiantare una protesi completa dell’anca allo scopo di poterlo mettere in condizione di camminare nel più breve tempo possibile per evitare complicanze dovute a trombosi o embolie. Nel caso di pazienti più giovani e con una lunga aspettativa di vita l’intervento mira alla osteosintesi ovvero alla formazione del callo osseo, rimettendo in contatto le pari ossee con applicazioni di chiodi e placche. Una tecnica moderna nota come chiodo gamma, una protesi composta da un chiodo che va inserito nell’osso lungo e una vite che va inserita nel collo del femore, consente la ripresa funzionale subito dopo l’intervento.

Riabilitazione dopo una frattura di femore
Come si fa una corretta riabilitazione dopo una frattura di femore trattata chirurgicamente? Come controllare il dolore ed evitare i fenomeni trombotici tipici? Per rispondere a queste domande, leggi: Femore rotto: riabilitazione, profilassi antitrombotica e controllo del dolore

Conseguenze a breve e lungo termine delle fratture di femore
Quali sono le conseguenze di una frattura di femore? A tale proposito leggi anche: Fratture di femore: conseguenze a breve e lungo termine

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