Differenza tra torrone e mandorlato

MEDICINA ONLINE NATALE DOLCI NATALIZI PANDORO PANETTONE TORRONE NOCCIOLE CIOCCOLATO BIANCO SFOGLIATA LIEVITAZIONE OFFELLA INGREDIENTI ZUCCHERO VENEZIANA A VELO CALORIE RICETTE DIFFERENZE DIETA CIBO DOLCE COLOMBA PASQUA.jpgIl torrone è un dolce natalizio, tipicamente composto da albume d’uovo, miele e zucchero, farcito con mandorle, noci, arachidi o nocciole tostate; spesso ricoperto da due strati d’ostia. Viene prodotto nella variante classica (dura), morbida o al cioccolato; inoltre si può distinguere tra torrone e mandorlato. La differenza tra i due risiede nel metodo di lavorazione oltre che nella zona di produzione.

Differenti regioni di produzione

Il mandorlato si lavora nel paese di Cologna Veneta in provincia di Verona e i produttori per eccellenza sono: Casa del Dolce e Bauce, che vantano una tradizione plurisecolare; mentre le città natali del torrone sono Cremona e Benevento.

Differenza negli ingredienti

Il procedimento di fabbricazione e gli ingredienti sono simili. Per entrambi si utilizzano miele, albume d’uovo e zucchero. Nel torrone sono presenti più tipologie di frutta secca a guscio quali: nocciole, pistacchi, arachidi, mandorle, semi di sesamo o noci; nel mandorlato di Cologna Veneta sono presenti solo le mandorle.

Differenza nella cottura

Il torrone lo troviamo morbido o duro. Questo dipende dagli ingredienti e dalla durata della cottura, che varia da un minimo di 2 ore per quello tenero ad un massimo di 12 ore per quello più solido. Per il mandorlato classico la preparazione prosegue invece per 8 ore.

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Ingrassa di più pandoro, panettone, torrone o colomba?

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Il panettone generalmente possiede tra le 330 e le 360 calorie per 100 grammi, mentre il pandoro arriva fino a 410 calorie, invece la colomba pasquale si attesta generalmente tra le 400 e le 450 calorie. Tutti e tre sono però “superati” dal torrone, che mediamente contiene circa 460 calorie per 100 grammi.

Il problema vero di pandoro, panettone, torrone e colomba è che spesso vengono serviti in tavola alla fine dei pasti natalizi o pasquali, che già da soli non sono dei propriamente “ipocalorici” e vanno così ad aggiungersi ad un menu già fin troppo abbondante. Per evitare un eccessivo apporto calorico, un trucco potrebbe essere quello di ridurre le calorie durante la cena, diminuendo le porzioni ad esempio di pasta.

Altro trucco è – se prevedete una cena abbondante – quello di limitare le calorie a pranzo o, comunque, nei giorni precedenti e successivi al periodo natalizio o pasquale. Altro trucco è, ovviamente, quello di limitare le porzioni e di aumentare l’attività fisica prima, durante e dopo le feste.

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Torrone, tutti i tipi e la storia del più buono tra i dolci di Natale

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Lo inventarono i Romani. O no?

La sua diffusione lungo tutto lo stivale lascia pensare a un’origine romana, confortata dal “cuppedo” citato da Marco Terenzio Varrone, che richiama subito alla mente il “cupeto” o “copeta”, come il torrone viene ancora oggi chiamato a Benevento, Avellino e dintorni. Secondo il letterato reatino (II-I secolo a.C.) ad inventarlo furono addirittura i Sanniti: era una ghiottoneria a base di semi oleosi, albume e miele che i Romani conobbero durante i lunghi assedi conosciuti durante le Guerre sannitiche. nche se alcuni studiosi contestano questa tesi, sostenendo che il termine indicasse genericamente, appunto, una “ghiottoneria”. Certo è, però, che il “nucatum” descritto poco dopo da Apicio somiglia molto al nostro torrone: un dolce a base di noci, miele e albume d’uovo.

Gli Arabi

Fatto sta che, con la caduta dell’Impero Romano, del “cuppedo”, come del “nucatum” si perderà ogni traccia. Almeno in Italia. Dando quindi fiato alla tesi che sostiene l’origine araba del torrone, così somigliante al dolce secco di cui parlano alcuni studiosi di medicina orientali, Ibn Buṭlān e Ibn Jazla, entrambi di Baghdad, e l’arabo andaluso Abenguefith Abdul Mutarrif. Si spiegherebbe così la diffusione del torrone nell’Italia meridionale, e in particolare in Sicilia. Mentre, a Cremona, il torrone arrivò per merito del celebre letterato Geraldo da Cremona, che tradusse proprio il libro del Mutarrif dal quale trasse il suo “turun”. Anche se altri storici danno il merito a Giambonino da Cremona, traduttore dei due autori di Baghdad.

Federico II, da Palermo al Po

Ma la tesi più accreditata è un’altra: a portare il torrone nel Nord Italia dalla Sicilia, con ogni probabilità, fu nientemeno che l’imperatore Federico II di Svevia. Uno che, nella sua corte di Palermo, di cultura araba se ne intendeva, così come il suo seguito di cuochi siciliani. Durante le sue campagne militari contro i Comuni del Nord Italia, era proprio a Cremona che Federico II aveva il proprio quartier generale, soggiornandovi ben 16 volte. Da qui, l’arrivo del torrone a Cremona. Certo, la leggenda è molto più affascinante: si narra che il torrone arrivò a Cremona il 25 ottobre del 1441, giorno del matrimonio tra Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza. Quando i cuochi di corte (forse siciliani?) prepararono un dolce di mandorle, miele e bianco d’uovo che nella forma riproduceva il Torrione cittadino, da cui deriverebbe il termine. Siamo certi, però, che il torrone a Cremona esistesse già prima del XV secolo, quindi l’origine arabo-siculo-federiciana appare senza dubbio da preferire.

Duro e morbido

Certo, una storia tanto complicata non poteva non dare luogo a una grande varietà di versioni lungo la penisola. Il classico torrone di Cremona viene preparato con miele, mandorle, nocciole, zucchero, albumi e ostie, nelle varianti dura e morbida. Le due varianti si differenziano per la cottura dell’impasto: nel torrone duro può arrivare addirittura a 10 ore. Mentre in quello morbido non supera le 3 ore. Ciò permette di avere una concentrazione d’acqua più alta permettendo, assieme alla maggiore percentuale di glucosio, un impasto più tenero.

La cubbaita

In Sicilia, a Caltanissetta, la tradizionale “cubbaita” si produce unendo il verde del pistacchio, il giallo del miele e il bianco delle mandorle, offerti naturalmente dalle campagne nissene. Una ricetta antichissima che ha poi dato vita alle numerose varianti che oggi conosciamo, con l’inserimento di sapori tipici dell’isola come il limone, le arance, le noci e le nocciole, fino al sesamo e al cioccolato. Solo molti secoli dopo, negli anni ’70, a Belpasso, Francesco Condorelli inventerà i celebri torroncini che oggi conosciamo.

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Quello sardo

In Sardegna l’epicentro della produzione del torrone è il paese di Tonara(Nuoro): la ricetta, con ogni probabilità, venne coniata in Barbagia nella seconda metà dell’800. Il prodotto si ottiene dalla lavorazione di miele, albume d’uovo, mandorle, noci, nocciole e ostie. La principale differenza con gli altri torroni è l‘assenza di zucchero, con una cottura di 4 ore e la tipica consistenza morbida.

Avellino e Benevento

Il torrone campano, tra Avellino e Benevento, è un’altra eccellenza nazionale. A Benevento, a parte il presunto antenato sannita, il torrone iniziò a diffondersi a partire dal XVII secolo, in tre varietà: il perfetto amore, l’ingranito e il torrone del Papa. Il primo costituito da miele, bianco d’uovo e nocciole ricoperte da un naspro per lo più di cioccolato, limone o caffè. L’ingranito comprendeva, oltre al miele, l’albume, le nocciole e dei confetti lunghi e stretti chiamati cannellini: il tutto era poi avvolto da una grana di zucchero. Il torrone del Papa era invece un composto di zucchero liquefatto, pinoli e frutta sciroppata. Più tardi si affermò il torrone della Regina, simile a quello del Papa e che invece di grana era ricoperto di naspro, che fu dedicato alla golosità del re Ferdinando I di Borbone. Successivamente si diffuse il torrone “perfezionato”, ricoperto di ostie. Una storia altrettanto antica può vantare il torrone dell’Irpinia, nella zona di Ospedaletto d’Alpinolo ma anche a Pietradefusi. Qui la grande ricchezza di nocciole del territorio ha favorito la nascita di numerose varianti, con un’evoluzione che non si è fermata nemmeno oggi, con torroni sia morbidi che duri.

Cioccolato d’Abruzzo

In Abruzzo si può trovare il torrone di Guardiagrele (Chieti), molto simile al croccante e costituito da mandorle intere tostate mescolate a zucchero, cannella e frutta candita. E poi il torrone tenero al cioccolato, prodotto all’Aquila e Sulmona, in cui il cioccolato si sposa alla perfezione con le nocciole. Una golosità nata nel 1835 in una piccola distilleria dell’Aquila e dall’intuizione del suo proprietario, Gennaro Nurzia.

Bagnara e Cologna

In Calabria, spicca il torrone di Bagnara IGP. Nonostante esista in diversi formati (ostiato, al cioccolato, morbido, bianco glassato, ecc.), quello tipico è a base di miele, zucchero, mandorle, cannella e chiodi di garofano in polvere e con la copertura di zucchero in grani o cacao amaro. Le prime attività su scala industriale risalgono alla metà dell’800, ma tutto il territorio è da sempre ricco di produzioni di qualità che meriterebbero maggiore notorietà. Infine, il Veneto. Il mandorlato di Cologna Veneta è una specialità a base di mandorle, miele, albumi, cannella e cialde: è caratterizzato dalla superficie irregolare non coperta dall’ostia, che lascia vedere il mosaico di mandorle immerso in un lucido strato bianco, oltre che da tempi di cottura piuttosto brevi. L’origine della ricetta sembra ottocentesca, ma non mancano i sostenitori di una provenienza di epoca scaligera. Ma come la mettiamo, allora con gli Arabi?

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Diabete e dolci di Natale: il diabetico può mangiare il torrone?

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Il torrone è ovviamente un alimento sconsigliato, tuttavia può essere saltuariamente assunto dal paziente diabetico, in dosi moderate, preferibilmente lontano dai pasti principali e dopo parere positivo del medico. Sarebbe comunque preferibile sostituirlo con altri dolci meno calorici e con meno carboidrati.

Il problema vero del torrone è che spesso viene servito in tavola alla fine dei pasti natalizi che già da soli non sono ipercalorici e ricchi di carboidrati e vanno così ad aggiungersi a un menu già fin troppo abbondante. Spesso poi al torrone si associa anche un assaggio di pandoro o panettone. Per evitare un eccessivo apporto calorico e di carboidrati, un trucco potrebbe essere quello di ridurre le calorie durante la cena, diminuendo le porzioni ad esempio di pasta. Altro trucco è – se prevedete una cena abbondante – quello di limitare le calorie a pranzo o, comunque, nei giorni precedenti e successivi al periodo natalizio. Altro trucco è, ovviamente, quello di limitare le porzioni e di aumentare l’attività fisica prima, durante e dopo le feste.

Importante: in caso di dubbio, il paziente diabetico può – sotto controllo medico – monitorare la propria risposta glicemica all’assunzione di certi alimenti, annotando i valori su un taccuino e raffrontando le relative glicemie.

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Differenza tra torrone morbido e duro

MEDICINA ONLINE NATALE DOLCI NATALIZI PANDORO PANETTONE TORRONE NOCCIOLE CIOCCOLATO BIANCO SFOGLIATA LIEVITAZIONE OFFELLA INGREDIENTI ZUCCHERO VENEZIANA A VELO CALORIE RICETTE DIFFERENZEIl torrone è un dolce natalizio, tipicamente composto da albume d’uovo, miele e zucchero, farcito con mandorle, noci, arachidi o nocciole tostate; spesso ricoperto da due strati d’ostia. Viene prodotto nella variante classica (dura), morbida o al cioccolato. Il suo nome deriva dal verbo latino torreo che significa abbrustolire con riferimento alla tostatura delle nocciole che lo compongono.

Le principali varietà di torrone sono quello duro e quello morbido: la differenza fra le due è dovuta a diversi fattori. Innanzitutto il diverso grado di cottura dell’impasto: difatti nel torrone duro (anche chiamato “friabile”) la cottura è solitamente prolungata nel tempo fino a raggiungere (in alcuni prodotti tipici) le 12 ore.

Altrettanto importante è la composizione della ricetta ed il rapporto tra il miele e gli zuccheri (tra cui saccarosio, sciroppo di glucosio, sciroppo di zucchero invertito).

Il torrone tenero, invece, ha una cottura più breve, che solitamente non supera le 2/3 ore; ciò permette di avere un’umidità dell’impasto più alta; questo fattore in combinazione alla ricetta diversa (con maggiore percentuale di glucosio) produce un impasto più tenero e dolciastro rispetto al tipo duro.

Varianti più moderne comprendono il torrone classico ricoperto di cioccolato. Una ulteriore tipologia, con pasta reale (pasta di mandorle ricoperta di cioccolato pregiato o di glassa di zucchero fondente) non è da considerarsi propriamente un “torrone”.

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Quante calorie hanno pandoro, panettone e torrone?

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Torrone bianco morbido: ricetta facile e deliziosa

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Ingredienti:

  • 300 gr di nocciole intere sgusciate senza pellicina
  • 60 gr di mandorle sgusciate senza pellicina
  • 100 gr di pistacchi sgusciati senza pellicina
  • 200 gr di zucchero semolato
  • 50 ml di acqua
  • 100 gr di miele (meglio acacio o millefiori)
  • 2 albumi d’uovo
  • La scorza di un’arancia
  • La scorza di un limone
  • 2 fogli di ostia (si acquistano nei negozi di cake design)

Procedimento:

  1. Montare a neve gli albumi a neve ferma
  2. In un pentolino fate scaldare il miele e in un altro l’acqua con lo zucchero. Se avete un termometro alimentare la temperatura deve raggiungere i 140° per il miele e 130° per lo zucchero, se non lo avete, per capire quando è pronto deve fare delle bollicine sui bordi
  3. Mettete nel forno la frutta secca a 100° per 10 minuti in modo da farla tostare
  4. Unite ora lo zucchero bollente e il miele bollente al composto di albumi montando ancora con le fruste elettriche o nel robot da cucina
  5. Ora aggiungete la frutta secca (sempre bollente) e mescolate con un cucchiaio di legno
  6. In ultimo incorporate la buccia grattugiata dell’arancia e del limone
  7. Foderate uno stampo da forno con carta fono, mettete sopra l’ostia e poi versate il composto cercando di livellarlo
  8. Adagiate il secondo foglio di ostia e mettete in frigorifero per 15 minuti
  9. Ora potete sformare il torrone e tagliarlo in piccoli pezzi

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Differenza tra cubbaita e torrone

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La cubbaita, detta anche giuggiulena, è un delizioso torrone siciliano a base di sesamo e mandorle. In Sicilia, a Caltanissetta, la tradizionale cubbaita si produce unendo il verde del pistacchio, il giallo del miele e il bianco delle mandorle, offerti naturalmente dalle campagne nissene. Una ricetta antichissima che ha poi dato vita alle numerose varianti che oggi conosciamo, con l’inserimento di sapori tipici dell’isola come il limone, le arance, le noci e le nocciole, fino al sesamo e al cioccolato. Solo molti secoli dopo, negli anni ’70, a Belpasso, Francesco Condorelli inventerà i celebri torroncini che oggi conosciamo.

Ognuno degli ingredienti della cobaita ha qualcosa da raccontare della storia e delle tradizioni culturali della Sicilia più tipica, più vera: c’è il sesamo, innanzitutto, che in Sicilia si coltiva proprio dai tempi della dominazione araba nel ragusano, nella zona di Ispica ma anche ad Agrigento e nel trapanese, dove la pianta ha un terreno ed un clima ideali per la sua crescita. Tuttavia oggi è abbastanza difficile reperire sesamo siciliano poiché la coltivazione è stata via via abbandonata.

Il miele: quello perfetto per la preparazione della cobaita è tradizionalmente il miele di timo dei Monti Iblei, ma oggi vista la qualità e la disponibilità di molti mieli aromatici con caratteristiche particolari, come il miele d’agrumi o di mandorlo, si può lasciare spazio alla sperimentazione e alla fantasia dei maestri dolciari e dei pasticceri.

La difficoltà di questa ricetta sta nel procedimento della cottura: nel momento in cui si vanno a cuocere gli ingredienti insieme, la temperatura e il tempo di cottura devono essere tali da consentire al miele di caramellarsi ma anche all’olio dei semi di sesamo di non bruciarsi. Tanto più equilibrata sarà la mano del pasticcere, tanto più equilibrato sarà il contrasto fra le note dolci e amare, migliore sarà il sapore del croccante.

Questo dolce per tradizione si prepara in occasione del Natale, ma non solo. A Palermo era tradizione prepararlo nelle bancarelle delle fiere che venivano allestite in occasione delle feste di Pasqua e per la festa in onore di Santa Rosalia patrona di Palermo, che si tiene nei giorni di Luglio.

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