Vuoi che la tua vita si allunghi di tre anni?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO DONNA SPIAGGIA MARE SALTO FELICITA ALLEGRIA ESTATE CALDO VACANZE LIBERA LIBERTAVuoi che la tua vita si allunghi di tre anni? Credo di si visto che vivere è una esperienza meravigliosa! Come fare per vivere tre anni in più? La risposta è impegnarsi per mezz’ora al giorno in una attività fisica moderata per 5 giorni a settimana. La scienza ci dice infatti che coloro che si impegnano in una qualche forma di regolare esercizio fisico, anche di moderata intensità, per circa 150 minuti totali alla settimana, hanno un’aspettativa più elevata di 2,4-3 anni rispetto ai sedentari totali o a chi si muove poco.

E’ arrivato a tale conclusione uno studio condotto da un team della Queen’s University in Ontario, Canada, pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine.

Abbiamo già scritto su queste pagine che la sedentarietà fa tanti morti quanto il fumo, che l’esercizio fisico andrebbe prescritto dal dottore, che ogni ora in meno passata in posizione seduta regala giorni o mesi di vita aggiuntivi. Ma qual è il messaggio più efficace per invogliare le persone al movimento: lo spauracchio di ciò che può andar male se non lo fanno o la promessa di un bel riconoscimento se invece lo fanno? Insomma funziona di più il bastone o la carota?

Secondo gli scienziati canadesi autori della ricerca la carota è sicuramente un buon sistema per motivare i cambiamenti comportamentali, e spingere le persone a “fare la cosa giusta”. E le conclusioni del loro studio presentano tutti i requisiti essenziali che un messaggio salutistico dovrebbe idealmente avere per essere efficace: sono semplici da capire, specifici per l’individuo e possono essere formulati in una cornice positiva, incoraggiante.

Utilizzando i dati di diversi studi e database sulla popolazione americana (National Health and Nutrition Examination Survey, National Health Interview Study, U.S. Life Tables), Ian Janssen e colleghi hanno confrontato l’aspettativa di vita a ogni età degli adulti sedentari, poco attivi e attivi (che svolgevano almeno 150 minuti di attività fisica a settimana). Hanno scoperto che per gli uomini di 20 anni l’aspettativa di vita aumentava fino a 2,4 anni tra gli attivi rispetto ai sedentari, mentre tra le donne della stessa età l’aumento registrato era addirittura di 3 anni.

Come si fa a totalizzare questi magici 150 minuti che possono regalarci due anni e mezzo di vita in più? Per esempio con 10 minuti di camminata a passo sostenuto 3 volte al giorno per 5 giorni a settimana: magari andando e tornando almeno in parte a piedi dall’ufficio e facendo una breve passeggiata nella pausa del pranzo. L’ideale sarebbe abbinare a questo esercizio aerobico anche un po’ di tonificazione che coinvolga i principali gruppi muscolari (gambe, addome, braccia, spalle, petto, dorso). Un po’ di sollevamento pesi o anche semplici esercizi nei quali si usa il proprio corpo come resistenza (flessioni, affondi) possono bastare.

Il Centro americano per la prevenzione e il controllo delle malattie suggerisce che i benefici aumentano col crescere del tempo dedicato all’attività fisica: l’optimum sarebbe arrivare ad almeno 300 minuti di attività moderata, ovvero 5 ore a settimana. O in alternativa due ore e mezza di attività ad alta intensità, come corsa, nuoto, bici, tennis, basket o altri sport di squadra. A voi la scelta.

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Gli uomini vivono meno delle donne, ma sono sani più a lungo

Le donne vivono ancora più degli uomini (se volete sapere il perché cliccate qui), ma quest’ultimi si ammalano di meno. Lo sostiene il rapporto Healthy Life Years coordinato da Eurostat e dall’Institut National de la Santè et la Recherche. Secondo lo studio, infatti, in Europa una donna vive 82,6 anni contro i 76,6 dell’uomo: 5.9 anni di differenza.
Se però si vanno a conteggiare gli anni senza malattie, la differenza si assottiglia sensibilmente. L’aspettativa per le donne è 62 anni, per gli uomini 61,3. Insomma solo 0,7 anni di differenza. L’uomo vive l’80% della propria vita in buona salute, la donna il 75.
In Italia addirittura la situazione è inversa: i maschi vivono in buona salute 63,4 anni, contro i 62,5 delle donne.

Una questione di cromosomi

“Gli uomini in media hanno una salute migliore delle donne, soffrono meno delle malattie, fanno ricorso più raramente al medico e alle medicine. Però muoiono prima. Le ragioni biologiche di questo fenomeno non sono note”, spiega Claudio Franceschi, professore specializzato nei centenari dell’Università di Bologna.
La questione potrebbe essere legata ai cromosomi e agli stili di vita ipotizza Franceschi: “Le donne hanno più attenzione per il loro corpo. E il fatto di avere due cromosomi X anziché uno come l’uomo potrebbe rappresentare un vantaggio. Il cromosoma X è infatti più grande e importante dell’Y. Avendone due copie, le donne hanno maggiore scelta genetica”.

Stili di vita

E il riavvicinamento degli uomini alle donne per ciò che riguarda la longevità, per l’Office of National Statistics inglese sarebbe dovuto proprio alla scelta di stili di vita poco sani da parte delle donne – fumo e alcol – e alla maggior attenzione maschile alla salute degli ultimi anni: in molti fanno sport e hanno abbandonato le sigarette.

La ricerca è “maschilista”?

Per Giovannella Baggio, direttrice della medicina interna all’azienda ospedaliera di Padova e del Centro di studi nazionale per la salute e la medicina di genere, alla base di questo fenomeno ci sono anche dei motivi sociali: “Le donne si ammalano di più perché sono meno studiate rispetto agli uomini. Tutta la ricerca in medicina dal Dopoguerra si è concentrata sull’universo maschile. Ma le malattie cardiovascolari o articolari, che sono fra le principali cause di disabilità tra le persone anziane, seguono percorsi diversi fra i due sessi”. Sarà forse anche per questo che le aspettative di vita tra i sessi nel 2030 dovrebbero essere pari.

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Perché gli uomini vivono meno delle donne?

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Benessere Dietologo Nutrizionista Roma Cellulite Sessuologia Ecografie DermatologiaSmettere di fumare Dimagrire uomini vivono meno delle donneSecondo stime Istat del 2010, la vita media degli italiani è di 84,4 anni per le donne e di 79,2 anni per gli uomini. Le femmine storicamente hanno sempre vissuto più dei maschi, e non soltanto per quanto riguarda la specie umana: lo sapevate che anche nel mondo animale le femmine hanno vita più lunga? Ma per quale motivo avviene questo fenomeno? No, non voglio essere maschilista, tuttavia aprendo i libri di storia del primo anno del liceo un motivo mi appare subito evidente: il lavoro. Nel periodo preistorico è l’uomo a cacciare la selvaggina, a compiere le mansioni più rischiose, a combattere le guerre tra le varie tribù, a difendere la comunità dagli animali feroci, ad esplorare zone impervie alla ricerca di cibo e materie prime. Ovviamente ciò ha determinato una aspettativa di vita minore nell’uomo, tuttavia tutto ciò non basta a spiegare il divario tra i due sessi. Si sono fatte varie ipotesi a riguardo.

Colpa degli ormoni?

Alcuni studi sembrano indicare che una delle cause sia da ricercare negli ormoni sessuali maschili: sarebbero questi a far si che il “sesso forte” sia più vulnerabile alle malattie. Secondo uno studio condotto sui membri della corte imperiale di Chosun, che regnò in Corea dal 1392 al 1910, ad accorciare la vita sono gli ormoni sessuali maschili. Dall’analisi dei registri di corte si è infatti visto che gli eunuchi vivevano dai 14 ai 19 anni di più degli uomini non castrati, pur conducendo una vita simile.

Stili di vita

Oggi, all’origine della diversa aspettativa di vita contribuiscono però senz’altro anche gli stili di vita. Gli uomini infatti fumano generalmente di più, mangiano peggio, vanno meno dal medico e svolgono lavori più pericolosi.

Colpa dei geni?

L’equipe guidata dal professor Tomohiro Kono dell’Università dell’Agricoltura di Tokyo e dal suo collega Manabu Kawahara del Laboratorio di Ricerca e Sviluppo Animale della Saga Univesity ha creato in laboratorio femmine di topo usando il materiale genetico di due madri, quindi senza intervento maschile, scoprendo che queste «super femmine» hanno vissuto una media di 186 giorni in più rispetto ai topi nati da un tradizionale mix di geni materni e paterni.

Colpa dei mitocondri?

Una ricerca pubblicata su Current Biology da scienziati dell’università australiana di Monash, dà la colpa della minore longevità mascile alle mutazioni dei geni dei mitocondri, organuli che convertono grassi e zuccheri in energia nelle cellule. Studiando i moscerini della frutta, gli scienziati hanno scoperto come le variazioni del Dna mitocondricale incidano sull’invecchiamento precoce e sull’aspettativa di vita media dei maschi, mentre non hanno nessun effetto negativo sulle femmine.
Queste mutazioni si trasmettono di generazione in generazione solo negli individui maschili, accumulando così tutti i difetti che incidono sulla salute e quindi sulla longevità. Infatti, a differenza di tutte le altre coppie di geni di cui i figli ne ricevono metà dal genitore maschio e metà dalla madre, quelle dei mitocondri sono ereditati interamente dalla parte femminile. Significa che i mitocondri affetti da mutazioni genetiche dannose per l’uomo, ma ininfluenti per la donna, non vengono filtrati dalla selezione naturale (perché trasmessi solo dal genitore femmina), propagando l’imperfezione a tutta la progenie maschile.

Cari uomini, consoliamoci però con un fatto: gli uomini vivono meno delle donne, ma sono sani più a lungo (leggi l’articolo cliccando qui).

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Giappone: Hikikomori non denuncia la morte del padre

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Welcome to the NHK, anime tratto dal romanzo scritto da Tatsuhiko Takimoto, che ha come protagonista un Hikikomori

Di solito, quando una persona a noi cara ci lascia, dobbiamo affrontare le responsabilità che questo comporta. Comunque, un uomo di Osaka è noto per aver lasciato il cadavere di suo padre in casa, continuando a viverci come se niente fosse per due settimane, senza denunciare l’accaduto alle autorità. L’uomo ha riferito alla polizia che non poteva contattare nessuno riguardo la morte di suo padre, perché è un hikikomori.

Il 12 dicembre la polizia ha ricevuto una chiamata dal distretto di Asahi ad Osaka. Il 34enne disoccupato che viveva nel monolocale ha detto “Mio padre è morto.” L’uomo e suo padre hanno vissuto assieme a causa della salute cagionevole dell’uomo. Secondo delle investigazioni, la polizia locale ha trovato il cadavere del padre 68enne (il signor Nakao) sdraiato su un futon. Il corpo del padre non mostrava alcun segno di ferite esterne. L’hikikomori ha spiegato che il primo dicembre, aveva notato che suo padre non si era ancora svegliato, e poi che aveva smesso di respirare. Ha spiegato “Non ho denunciato la cosa alla polizia perché sono un hikikomori.” Piuttosto che contattare il mondo esterno, l’uomo ha preferito continuare a vivere col corpo in decomposizione di suo padre in un monolocale per quasi due settimane. Le autorità stanno investigando sulla causa della morte e hanno dato il via a misure precauzionali nei confronti dell’uomo accusato di abbandono di cadavere.

Per chi non è al corrente di questa piaga sociale tipicamente giapponese (ma sempre più diffusa anche nel resto del mondo), gli hikikomori (引きこもり) sono individui che si ritirano dalla società e da qualsiasi interazione con il prossimo per lunghissimi periodi di tempo. In molti casi, questa gente smette di uscire di casa, di lavorare o di sentire qualsiasi amico. Spesso si tratta di uomini di ceto sociale medio sui trent’anni che si affidano al supporto dei genitori, anche perché senza il loro aiuto finanziario l’hikikomori non potrebbe sostenere il suo stile di vita, visto che l’impossibilità di uscire di casa gli preclude non solo i rapporti sociali reali, ma anche la maggioranza dei lavori. In italiano si potrebbe definire costoro degli eremiti o degli auto-reclusi, con la differenza che un eremita sceglie di isolarsi, mentre l’hikikomori – pur se apparentemente scelga di restare chiuso in casa – cronicamente arriva un punto in cui la fobia sociale gli impedisce di uscire.

In Giappone purtroppo c’è un’alta concentrazione di questa condizione, con migliaia di persone che non riescono a trovare un lavoro o a proseguire i durissimi studi universitari giapponesi e si chiudono in se stessi. Un rapporto del governo giapponese attestava nel 2010 cl’esistenza di 700.000 hikikomori in Giappone e 1,55 milioni di persone sulla soglia di diventare hikikomori. Sembra che tutto questo nasca da una società rigida e dalla pressione culturale tipica delle scuole e dell’industria giapponese. Ad esempio, essere bocciato ad un esame di ammissione potrebbe essere una delle cause scatenanti, dal momento che solo studiare in una università prestigiosa assicura un buon lavoro ed uno status sociale adeguato ed i genitori investono molto nei propri figli in tal senso: non riuscire ad entrare in una di queste università, fallendo il durissimo test di ingresso, rappresenta motivo di vergogna e spinge all’isolamento individui molto giovani.

Il delicato argomento di questa piaga sociale viene trattato nell’anime Welcome to the N.H.K. (da cui è tratta la foto in alto) con una chiave a tratti ironica e demenziale, mentre per altri versi terribile e drammatica.

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