Genetica del cancro: oncogeni, geni soppressori, proto-oncogeni, oncogèni, geni mutatori

MEDICINA ONLINE DIFFERENZA TRA RNA E DNA GENETICA LABORATORIO GENE ALLELE CROMOSOMA ADN ARN TIMINA URACILE DESOSSIRIBOSIO RIBOSIO ACIDO BASI DOPPIA ELICA SINGOLA ELICAPer comprendere lo sviluppo del cancro (tumore maligno o neoplasia maligna) è necessario ricordare e capire appieno i meccanismi di controllo della divisione cellulare. Sappiamo che una cellula eucariotica normale procede nel ciclo cellulare attraverso fasi che sono strettamente controllate da numerosi fattori molecolari. Le cellule sane crescono e si dividono soltanto quando il rapporto tra segnali di stimoli e segnali di inibizione provenienti dall’esterno favorisce la proliferazione cellulare. Una cellula cancerosa non risponde più ai segnali normali e si riproduce senza limitazioni. È stato dimostrato che esistono tre classi di geni che se mutati portano più di frequente al cancro:

  • gli oncogeni,
  • i geni soppressori di tumori,
  • i geni mutatori.

I prodotti degli oncogeni stimolano la proliferazione cellulare, i prodotti dei geni soppressori di tumori inibiscono la proliferazione cellulare e i prodotti dei geni mutatori sono coinvolti nella replicazione e nella riparazione del DNA. Forme mutate di queste tre classi di geni possono contribuire potenzialmente a trasformare una cellula in uno stato tumorale.

Alcune forme di tumori sono causate da virus tumorali, che possono essere a RNA oppure a DNA. I virus tumorali a DNA trasformano le cellule nello stato canceroso mediante l’azione di uno o più geni che sono parte essenziale e integrante del genoma virale. La situazione è completamente diversa nei virus tumorali a RNA. Tutti i virus tumorali a RNA sono dei retrovirus, cioè virus a RNA che si replicano mediante intermedi a DNA, ma non tutti i retrovirus causano il cancro.
Quando un retro virus infetta una cellula, il genoma a RNA del virus viene rilasciato dalla particella virale e per azione dell’ enzima trascrittasi inversa viene sintetizzata una copia di cDNA del genoma, detto DNA provirale. Il DNA provirale si integra nel genoma della cellula ospite e i geni virali vengono trascritti e copie complete del genoma a RNA vengono prodotte, sfruttando il macchinario trascrizionale della cellula ospite. La progenie virale viene assemblata nella cellula, quindi fuoriesce e può infettare altre cellule.
I retrovirus tumorali a RNA contengono geni che inducono i tumori, detti oncogeni. Secondo la visione corrente un retrovirus tumorale ha inglobato nel proprio genoma geni cellulari normali, detti proto-oncogeni, perdendo contemporaneamente una parte della propria informazione genetica. Nelle cellule normali i proto-oncogeni cellulari svolgono varie funzioni di regolazione del differenziamento cellulare, tuttavia
nei retrovirus questi geni si sono modificati, oppure la loro espressione è regolata in modo differente, in modo che la sintesi del prodotto proteico dell’oncogene è sotto il controllo virale, il che determina cambiamenti qualitativi e quantitativi della proteina. Inoltre, poiché un retrovirus può infettare diversi tipi cellulari, il prodotto dell’ oncogene può essere presente in cellule che normalmente non contengono quel particolare fattore di stimolazione della crescita. I prodotti proteici degli oncogeni, tra i quali ci sono fattori trascrizionali e china si, sono la causa diretta della trasformazione delle cellule nello stato canceroso. Può anche accadere che muti un proto-oncogene cellulare, portando ad uno stimolo della divisione cellulare. I proto-oncogeni nella forma mutata prendono il nome di oncogeni cellulari. Poiché basta un solo allele mutato di un proto-oncogene per determinare cambiamenti nella crescita e nella divisione cellulare, queste muta-  zioni sono dominanti.

I geni soppressori di tumori, al pari dei proto-oncogeni, sono coinvolti nella regolazione della crescita e della divisione cellulare. Mentre i prodotti normali dei proto-oncogeni hanno un effetto di stimolo di questi processi, i prodotti normali dei geni soppressori di tumori hanno un ruolo di inibizione. Quindi, quando entrambi gli alleli di un gene soppressore di tumori sono inattivati o persi, può avvenire una proliferazione cellulare non programmata. Le mutazioni nei geni soppressori di tumori sono quindi recessive, poiché per avere un fenotipo mutato è necessario che entrambi gli alleli siano mutati. L’inattivazione di geni soppressori di tumori è coinvolta nello sviluppo di un gran
numero di cancri umani, compresi il cancro al seno, quello al colon e quello ai polmoni.

Nel 1971 per spiegare il retinoblastoma, che ora è noto dipendere da mutazioni in un gene soppressore di tumori, è stato proposto un modello di sviluppo del cancro. Il modello prende il nome di modello delle due mutazioni successive e stabilisce che, affinché si sviluppi il cancro, sono necessari due eventi di mutazione, uno in ciascuno degli alleli del gene cruciale per quel tipo di cancro. Nei cancri famigliari, o ereditari, una mutazione viene ereditata, mentre la seconda avviene successivamente nelle cellule somatiche. In definitiva, l’eredità di una mutazione predispone la persona al cancro. Nei cancri sporadici, non ereditari, entrambe le mutazione avvengono nelle cellule somatiche. Sappiamo ora che questo modello si adatta a un numero limitato di cancri. Lo sviluppo della maggior parte dei cancri richiede l’accumulo di mutazioni in numerosi geni, processo che non avviene normalmente in modo breve, bensì in un lungo lasso di tempo. La natura a tappe successive del cancro coinvolge generalmente mutazioni che attivano oncogeni e inattivano geni soppressori di tumori, determinando in tal modo l’alterazione dei meccanismi complessi di regolazione della crescita e del differenziamento. Mutazioni a carico dei geni mutatori possono anch’esse contribuire all’instaurarsi di un processo di cancerogenesi in quanto può essere messa in pericolo l’integrità del genoma, mantenuta attraverso un’accurata replicazione del DNA e un’efficiente riparazione del DNA, rendendo la cellula soggetta ad errori e all’accumulo di mutazioni.

Punti chiave

Un oncogene è un gene, o una serie di nucleotidi che codificano una proteina, che potenzialmente indirizzano la cellula verso lo sviluppo di un fenotipo neoplastico. Solitamente gli oncogeni intervengono nello sviluppo tumorale e aumentano le possibilità che lo sviluppo (proliferazione e differenziamento) di una cellula si diriga in senso tumorale.

Un proto-oncogene è un gene normale che può diventare oncogenetico a causa di mutazioni o di un aumento dell’espressione. I proto-oncogeni codificano proteine che regolano il ciclo cellulare, la sopravvivenza e il differenziamento cellulare. Possono anche essere coinvolti nella trasduzione del segnale di avvio della mitosi. Un proto-oncogene diviene un oncogene anche con minime modificazioni delle sue funzioni originali. Ci sono due tipi fondamentali di attivazione:

  • mutazione dei nucleotidi producono una proteina diversa causando:
    • un aumento dell’attività (enzimatica) della proteina;
    • la perdita dei siti di regolazione;
    • la creazione di proteine ibride;
  • aumento della concentrazione di proteine causata da:
    • un aumento dell’espressione genica (attraverso misregolazione);
    • un aumento della stabilità (emivita) della proteina;
    • una duplicazione o amplificazione del gene che codifica per la proteina.

Gli oncogèni sono i geni che determinano o che comunque permettono la moltiplicazione e la crescita delle cellule tumorali. Un oncogène può rendere neoplastica una cellula attraverso una delle seguenti quattro modalità:

  • perché esiste una mutazione nella sequenza dell’oncogène;
  • perché esistono molte copie dell’oncogène (perché si è verificata una amplificazione genica);
  • perché esiste una alterazione nella localizzazione o nella funzione dei geni che regolano l’espressione dell’oncogène (traslocazione da una regione cromosomica ad un’altra o inserimento di un elemento attivo di natura virale;
  • perché esiste un difetto a livello post-trascrizionale che riduce la degradazione dell’RNA messaggero della proteina dell’oncogène.

In tutti i casi suddetti, il risultato delle alterazioni genetiche porta ad una modificata (eccessiva) funzione della proteina dell’oncogène, vuoi perché si tratta di una proteina modificata (alterazione qualitativa), vuoi perché si determinano alcune alterazioni quantitative: si può avere un eccesso di produzione di proteina per la presenza di molte copie del gene, perché la produzione non obbedisce ai segnali di spegnimento o ancora perché il metabolismo dell’RNA messaggero è rallentato. In tutti i casi si tratta dunque di modificazioni del patrimonio genetico della cellula che rendono inefficaci i meccanismi di controllo e di spegnimento delle funzioni che dovrebbero prevalere nel momento in cui la cellula entra in una fase di quiescenza, di non proliferazione.

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