Malattia di Paget del capezzolo: sintomi precoci, cause e cure

ChirurgiaLa malattia di Paget del capezzolo (o “malattia di Paget della mammella”, da non confondere con il morbo di Paget, o osteite deformante, che è una malattia metabolica delle ossa) è un’alterazione simil flogistica della pelle del capezzolo, molto simile ad un eczema, ma in realtà causata da un tumore duttale infiltrante della mammella. A causa del suo aspetto innocuo e superficiale, viene diagnosticato spesso tardivamente, in fase non precoce e quindi legato a prognosi più gravi. E’ raro: rappresenta appena il 2% circa di tutti i casi di tumori alla mammella e colpisce soprattutto dalla quinta decade in poi (>50 anni). Dal punto di vista anatomo-patologico la neoplasia si sviluppa dalle strutture duttali principali (dotti galattofori), quindi infiltra progressivamente, con una crescita caratteristica, la cute del capezzolo e dell’areola. Nel tessuto mammario circostante sono presenti edema ed iperemia.

Sintomi

I sintomi includono:

  • formicolio e dolore al capezzolo;
  • rossore del capezzolo;
  • bruciore e maggiore sensibilità del capezzolo;
  • introflessione del capezzolo;
  • presenza di nodulo;
  • pelle secca, irritata o squamosa, con sintomi spesso simili in apparenza a quelli di un eczema sul capezzolo, sull’areola o su entrambi;
  • secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo, spontanea o dopo spremitura del capezzolo.

I sintomi generalmente si riferiscono ad un solo capezzolo.

Le modifiche cutanee che coinvolgono il capezzolo possono esordire e risolversi entro breve tempo o rispondere al trattamento topico, facendo sembrare che la pelle sia in via di guarigione. In media, il paziente può sperimentare segni e sintomi limitati ad un aspetto superficiale per 6-8 mesi, prima che sia formulata la corretta diagnosi. In realtà, la comparsa di queste alterazioni cutanee simil-flogistiche è indicative di una condizione di base molto grave. Per evidenziare una probabile lesione associata alla malattia di Paget, può essere utile controllare regolarmente il capezzolo e l’areola di entrambe le mammelle, durante l’autoesame del seno. Se viene avvertito un nodulo od una variazione dell’aspetto o della forma di una mammella, oppure se compaiono prurito ed irritazione che persistono per più di un mese, è consigliabile consultare un medico.

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L’importanza di una diagnosi precoce

Come e più di altre patologie tumorali, quanto prima viene diagnosticata la Paget, tanto maggiori sono le possibilità di trattare con successo la patologia. La malattia di Paget del capezzolo è invece purtroppo spesso “mal diagnosticata” precocemente, perché è rara, inoltre i sintomi possono suggerire una condizione benigna della pelle e portare il medico su una “cattiva strada”. I pazienti spesso presentano i sintomi per diversi mesi prima che la condizione sia diagnosticata correttamente, rendendo la prognosi meno buona.

Diagnosi

La diagnosi comprende solitamente:

  • visita senologica con esame obiettivo della mammella;
  • mammografia;
  • ecografia mammaria;
  • risonanza magnetica;
  • biopsia del linfonodo sentinella: in caso di cancro invasivo della mammella, devono essere esaminati i linfonodi sentinella sotto il braccio (linfonodi ascellari), i primi ad essere raggiunti da eventuali metastasi in presenza di tumori maligni. Durante la procedura, il chirurgo individua un linfonodo e lo rimuove per verificare se le cellule tumorali si sono diffuse in questa zona.
  • biopsia ed esame istologico del capezzolo.

Una biopsia del capezzolo consente ai medici di diagnosticare correttamente la malattia di Paget. Questo esame consiste nella raschiatura delle cellule cutanee superficiali o nella rimozione di un piccolo campione di tessuto per l’analisi microscopica. Un patologo esamina al microscopio le cellule o i tessuti prelevati, alla ricerca di particolari cellule maligne, conosciute anche come cellule di Paget. Queste possono essere riscontrate come cellule singole o piccoli gruppi di cloni tumorali all’interno dell’epidermide del capezzolo e l’areola, e rappresentano un segno rivelatore della patologia.
La maggior parte delle persone colpite da malattia di Paget presenta anche uno o più tumori all’interno della stessa mammella. Oltre alla biopsia del capezzolo, il medico deve eseguire un esame clinico del seno, per verificare fisicamente la presenza di zone insolite. Durante questo esame, il medico controlla l’aspetto della pelle intorno ai capezzoli e l’eventuale presenza di noduli, aree di ispessimento o altri cambiamenti: il 50% delle persone con malattia di Paget del capezzolo ha un nodulo che può essere rilevato nel corso di un esame clinico del seno.

Terapia chirurgica

La malattia di Paget del capezzolo è spesso associata ad altre forme di cancro della mammella e, di solito, è trattata allo stesso modo, quindi è probabile che si renda necessario un intervento chirurgico. Per molti anni, la mastectomia – con o senza rimozione dei linfonodi ascellari sullo stesso lato del torace (procedura nota come linfoadenectomia) – è stata considerata l’approccio chirurgico standard per la malattia di Paget del capezzolo. Questo tipo di intervento è giustificato dalla constatazione che in molti casi, assieme alla malattia di paget, è presente anche un tumore all’interno della stessa mammella, il quale potrebbe essere situato a parecchi centimetri dal capezzolo e dall’areola.
Successivamente, gli studi hanno dimostrato che la chirurgia conservativa del seno, che prevede la rimozione del capezzolo, dell’areola e di una parte della mammella affetta da cancro, seguita da radioterapia, è una scelta sicura per i pazienti che non presentano un nodulo palpabile nel seno e le cui mammografie non rivelano un tumore.
Le persone con malattia di Paget del capezzolo che hanno un tumore al seno e stanno per subire una mastectomia dovrebbero essere sottoposte ad una biopsia del linfonodo sentinella, per valutare se il cancro si è diffuso ai linfonodi ascellari. Se le cellule tumorali si trovano nel linfonodo sentinella, può essere necessaria una più estesa procedura chirurgica. A seconda della fase di sviluppo e di altre caratteristiche del tumore al seno, può anche essere raccomandata una terapia adiuvante, costituita da chemioterapia, radioterapia e/o da terapia ormonale.

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Terapia adiuvante

Dopo l’intervento chirurgico, il medico può raccomandare un trattamento aggiuntivo (terapia adiuvante) con farmaci chemioterapici, radioterapia o terapia ormonale per prevenire una recidiva di cancro al seno e per distruggere eventuali cellule tumorali residue. Il trattamento specifico dipende dal grado della malattia di Paget del capezzolo e dalla positività o meno dei test tumorali per alcune caratteristiche, come la presenza di un coinvolgimento linfonodale, o l’espressione nelle cellule tumorali di recettori per estrogeni e progesterone o della proteina HER2.

Guarigione e prognosi

Le prospettive per i pazienti colpiti da malattia di Paget del capezzolo dipendono da una varietà di fattori, tra cui la presenza o l’assenza di un carcinoma invasivo della mammella interessata e l’eventuale diffusione ai linfonodi vicini. Se la malattia di Paget viene rilevata e trattata nelle sue fasi iniziali, ci sono buone possibilità di recupero completo, che però diminuiscono molto se il tumore è diagnosticato tardivamente, cosa che purtroppo avviene abbastanza spesso a causa della rarità della patologia e della difficoltà della diagnosi differenziale nelle sue fasi iniziali. La presenza di un carcinoma invasivo nel seno colpito e la diffusione del cancro ai vicini linfonodi sono sempre associati ad una ridotta sopravvivenza del paziente.

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Tumore al seno nell’uomo sintomi, dolore, sopravvivenza e guarigione

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA UOMO QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIAIl cancro al seno viene erroneamente considerato una patologia esclusivamente femminile, ma in realtà può svilupparsi – pur raramente – anche negli uomini: dal punto di vista istologico, sono presenti anche nell’uomo piccole quantità di tessuto mammario che possono mutare e dare il via alla formazione del cancro e alla sua successiva diffusione negli organi vicini.

Diffusione del tumore al seno maschile e femminile

Il cancro al seno è tumore più diffuso tra le donne dal momento che colpisce una donna su 10, ma nell’uomo è molto raro (meno del’1% di tutti i tumori maschili). In Italia attualmente il 99,5% di tutti i tumori al seno sono riferiti a pazienti donne, il restante 0,5% a uomini. Si stima che in Italia interessi attualmente un uomo ogni 520 circa. L’incidenza sta tuttavia lievemente aumentando (nel 2012 i casi erano 400 all’anno), come per la donna, e si estende alla fascia di età sotto i 45 anni, anche se l’età più a rischio resta quella tra i 60 e i 70 anni. Entrambi i sessi sono accomunati dalla zona che il tumore predilige: sia nell’uomo che nella donna l’incidenza è maggiore nella mammella sinistra, nel cavo ascellare e nel quadrante mammario superiore esterno.

Perché tra gli uomini è meno diffuso?

La minore diffusione tra i maschi è in parte dovuta al fatto che il tessuto mammario che si può trasformare in senso tumorale è molto scarso nell’uomo e, in parte, anche alla diversa esposizione di questo tessuto agli ormoni nei due sessi: manca infatti nell’uomo l’esposizione costante agli ormoni femminili che promuovono la crescita delle cellule mammarie.

Tipologie

Il tumore del seno viene definito carcinoma duttale se si sviluppa a partire dalle cellule dei dotti o lobulare, se prende invece il via dalle cellule dei lobuli. Inoltre, la malattia può essere infiltrante, quando supera la parete di dotti e lobuli e si diffonde anche ai tessuti vicini, o in situ se le cellule malate non danno origine a metastasi.
Nell’uomo, il carcinoma duttale infiltrante è la forma più diffusa (8 casi su 10), mentre il tumore lobulare è piuttosto raro dal momento che il tessuto lobulare è molto scarso.

La malattia di Paget (o morbo di Paget) della mammella, è un tipo di tumore che si sviluppa nelle cellule dei dotti e si diffonde al capezzolo e all’areola, provocando cambiamenti visibili nella pelle di quell’area che appare arrossata e come ricoperta da una sorta di eczema.

Esistono anche forme benigne di tumore del seno, come per esempio la ginecomastia  – l’aumento della quantità di tessuto mammario – molto più diffusa nell’uomo rispetto al tumore maligno. In caso di ginecomastia è possibile sentire e a volte anche vedere, masse di tessuto mammario nell’area vicina al capezzolo, noduli che devono sempre essere tenuti sotto controllo. Negli adolescenti e negli anziani la ginecomastia è spesso legata ai cambiamenti ormonali che caratterizzano queste due fasi della vita, ma più in generale può essere associata, in tutte le età, a farmaci (per esempio quelli usati per trattare insufficienza cardiaca, ipertensione e ulcera) o, in rari casi, alla presenza di malattie delle ghiandole che producono ormoni (endocrine), a patologie del fegato, obesità e altre condizioni cliniche che aumentano la produzione di ormoni femminili nell’uomo.

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Evoluzione

Lo stadio di un tumore indica quanto la malattia è estesa e, nel caso del tumore del seno, si possono distinguere cinque diversi stadi, definiti in base al sistema di stadiazione TNM, dove T indica la dimensione del tumore, N lo stato dei linfonodi e M la presenza di metastasi. Lo stadio 0, il più basso, è il tumore in situ che non ha ancora raggiunto linfonodi e altri organi, mentre lo stadio IV, il più alto, include i tumori che hanno dato metastasi in organi lontani. Stabilire lo stadio del tumore – tramite indagine istologica – è molto importante per determinare la prognosi: più basso è lo stadio, maggiori sono le possibilità di curare la malattia.

Sintomi

In genere il cancro del seno nelle sue fasi iniziali non provoca dolore o altri sintomi particolari e per questo motivo gli unici campanelli d’allarme sono rappresentati dalla formazione di noduli che possono essere riconoscibili al tatto o addirittura visti e da cambiamenti nel seno come, per esempio:

  • un ispessimento diverso dagli altri tessuti della mammella,
  • una mammella che diventa più grande o più bassa,
  • un capezzolo che cambia posizione, morfologia o si ritrae (capezzolo introflesso),
  • la presenza di una increspatura della pelle o di fossette, “pelle a buccia d’arancia”,
  • un arrossamento cutaneo, specie se intorno a un capezzolo,
  • una secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo,
  • dolore costante in una zona della mammella o dell’ascella,
  • un gonfiore sotto l’ascella o intorno alla clavicola.

La presenza di dolore (“mastodinia“) può essere indicativo sia di tumore ma anche di altre patologie. I sintomi sono tanto più indicativi di malattia maligna quanto più si presentano monolateralmente (cioè ad una sola mammella e non ad entrambe).

Fattori di rischio

Tutti i segni e sintomi finora elencati sono ancora più indicativi di cancro mammario, se il paziente presenta i seguenti fattori di rischio:

  • età avanzata (>40 anni);
  • fumo di sigaretta;
  • genetica (altri casi in famiglia);
  • esposizione ad inquinamento atmosferico;
  • elevati livelli di alcuni ormoni;
  • dieta ricca di grassi;
  • sedentarietà;
  • obesità.

Alcuni di questi fattori di rischio sono non modificabili (ad esempio l’età), ma altri possono essere evitati modificando abitudini e stile di vita, ad esempio seguendo una dieta corretta, mantenendo un adeguato peso, facendo attività fisica e smettendo di fumare.

Con l’avanzare dell’età  aumenta anche nell’uomo il rischio di tumore del seno, che in genere viene diagnosticato poco prima dei 70 anni, mentre quando la malattia colpisce un uomo giovane, si può pensare a fattori di rischio di tipo ereditario o genetico. La presenza di casi di tumore al seno in familiari molto stretti può essere un campanello d’allarme: un uomo su cinque con tumore del seno ha parenti stretti – maschi o femmine – colpiti dalla stessa malattia. A livello genetico, sono molto importanti le mutazioni presenti nel gene BRCA2, responsabili del 10% circa dei tumori mammari maschili, mentre quelle nel gene BRCA1 sembrano meno legate all’aumento del rischio. Infine, anche alcune sindromi genetiche presenti alla nascita, come la sindrome di Klinefelter, o l’esposizione del torace a radiazioni, a causa per esempio di un trattamento di radioterapia, possono influenzare in modo negativo il rischio.

Come nella donna, anche nell’uomo gli ormoni giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella crescita del tumore del seno e tutto ciò che sposta l’equilibrio ormonale può far aumentare il rischio di malattia: problemi a livello dei testicoli (rimozione, discesa incompleta o assente eccetera), terapia ormonale in caso di tumore della prostata, obesità  (che induce la produzione di livelli più elevati di estrogeni), ma anche abuso di alcol e malattie del fegato.

Va infine ricordato che la presenza dei segni e sintomi elencati non assicurano una diagnosi corretta: quest’ultima si dovrà infatti avvalere di esami strumentali (ecografia, mammografia, biopsia…) e di laboratorio.

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Screening e diagnosi precoce

Per gli uomini non esistono screening specifici (mammografia eccetera) che permettano di identificare il tumore nelle sue fasi iniziali, soprattutto perché il tumore del seno maschile è molto raro e sottoporre a questo tipo di esami tutta la popolazione non avrebbe senso. Nonostante ciò, i maschi figli o fratelli di donne portatrici delle  mutazioni BRCA1 e BRCA2  dovrebbero fare anch’essi il test genetico, poiché se risultano portatori del gene mutato sono anch’essi a rischio elevato di sviluppare un cancro del seno.

Diagnosi

È più semplice scoprire la presenza di un nodulo mammario in un uomo che in una donna, dal momento che la quantità di tessuto lobulare e adiposo è molto scarsa nel seno maschile, ciononostante spesso gli uomini si accorgono di avere un tumore quando la malattia è già in fase avanzata. Questo succede perché erroneamente si crede che il tumore del seno sia una malattia esclusivamente femminile.

La diagnosi di tumore del seno nell’uomo si basa innanzitutto sulla visita dal medico che, dopo aver analizzato la storia familiare e aver valutato eventuali noduli, decide se procedere con ulteriori esami di approfondimento.

In questo caso, anche per l’uomo vengono utilizzati ecografia e mammografia per visualizzare la struttura del seno oppure l’analisi del liquido  che in alcuni casi fuoriesce dal capezzolo, ma l’esame che permette di formulare una diagnosi certa è la biopsia, cioè il prelievo di una parte del tessuto “sospetto” e la sua analisi in laboratorio alla ricerca di cellule tumorali.

Una volta diagnosticato il cancro, è possibile determinare alcune caratteristiche delle cellule tumorali come la presenza/assenza di recettori per gli ormoni (estrogeni e progesterone) o i livelli della proteina HER2neu, molto importanti per guidare il medico nella scelta del trattamento più efficace.

Infine, risonanza magneticatomografia computerizzata (TC), tomografia a emissione di positroni (PET), ecografia e  scintigrafia ossea sono gli esami più comunemente utilizzati per identificare la presenza di metastasi in altri organi.

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Cure

La maggior parte delle informazioni relative al trattamento del tumore del seno derivano dall’esperienza di medici e ricercatori nel trattamento della malattia nelle donne: negli uomini, infatti, questo tumore è molto raro e di conseguenza è molto difficile riuscire ad organizzare uno studio clinico che coinvolga solo pazienti maschi.
Anche per l’uomo, comunque, la scelta del trattamento dipende da molti fattori come, per esempio, il tipo e la posizione della malattia, la sua eventuale diffusione ad altri organi e le condizioni del paziente.

Terapia chirurgica e guarigione

La chirurgia rappresenta una delle prime scelte di trattamento per il tumore del seno maschile e di norma richiede un ricovero di un paio di giorni in ospedale, anche se sono sempre più frequenti gli interventi in day-hospital. In genere nell’uomo, al contrario che nella donna dove si predilige preservare la mammella per motivi estetici, è piuttosto rara la chirurgia conservativa, cioè l’intervento che asporta solo una parte del tessuto mammario (per esempio uno o più lobuli), mentre è molto più diffusa la mastectomia – che rimuove tutto il tessuto mammario, non molto abbondante nell’uomo. Quando l’intervento si limita a rimuovere il tessuto mammario e capezzolo senza toccare linfonodi o tessuto muscolare circostante si parla di mastectomia semplice o totale, mentre nella mastectomia radicale si asportano anche i linfonodi e i muscoli della parete toracica al di sotto del seno. Per verificare se il tumore ha già dato il via al processo di metastasi ai linfonodi, anche nell’uomo è possibile utilizzare la tecnica del linfonodo sentinella: si preleva e si esamina il linfonodo ascellare che per primo viene in contatto con eventuali cellule del tumore e lo si analizza. In base al risultato di questo esame il medico deciderà se è necessario procedere con altri trattamenti. Se il tumore è ben circoscritto, non ha dato avvio a metastasi ed è stato ben operato, le possibilità di guarigione totale sono molto elevate.

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Radioterapia e chiemioterapia

La radioterapia, in particolare quella esterna, viene utilizzata per colpire le cellule del tumore “sfuggite” al bisturi, ma non è molto utilizzata per la cura del tumore del seno maschile, visto che gli interventi chirurgici in genere rimuovono tutto il tessuto mammario. In casi particolari, molto rari tra gli uomini, può essere usata anche la brachiterapia che consiste nel posizionare “semi” radioattivi in zone molto vicine al tumore, per rilasciare le radiazioni in modo più mirato. Resta valida nell’uomo la possibilità di far ricorso alla chemioterapia sistemica, somministrata con tempi e combinazioni di farmaci diverse a seconda dei singoli casi, e che può essere utilizzata anche come terapia adiuvante – dopo l’intervento chirurgico, per eliminare cellule tumorali rimaste dopo l’operazione – o neoadiuvante – prima dell’intervento chirurgico, per ridurre le dimensioni del tumore e renderlo più facilmente asportabile.

Terapia ormonale e nuovi farmaci

La terapia ormonale è un trattamento efficace in tutti i casi di tumore del seno che presentano sulla superficie delle cellule i recettori ormonali (9 tumori del seno su 10 nell’uomo) e può essere rappresentata sia da farmaci specifici sia da rimozione chirurgica dei testicoli, organi che producono ormoni capaci di favorire la crescita del cancro. Secondo uno studio pubblicato nel 2013 sulla rivista Cancer, risulta l’81% dei carcinomi mammari maschili è sensibile agli ormoni (contro il 60-70% di quelli femminili); il 15% è HER2 positivo (contro il 25-30% nelle donne) e il 4% è triplo negativo (cioè non è sensibile ad alcun ormone, contro il 10-15% tra le donne). Infine, sono stati recentemente inseriti tra le terapie disponibili anche i cosiddetti farmaci intelligenti che mirano a bersagli precisi presenti sulle cellule tumorali senza danneggiare le altre: tra i bersagli principali la proteina HER2/neu e proteine coinvolte nell’angiogenesi  (processo di formazione di nuovi vasi da parte del tumore).

Prognosi e sopravvivenza

La prognosi, come per altri tipi di tumore, è strettamente correlata al tipo di tumore ed alla sua diffusione, tuttavia – nonostante il cancro del seno maschile venga scoperto in uno stadio e a un’età più avanzata che nella donna – ha una prognosi generalmente migliore. Tale affermazione deriva da un recente studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, che ha preso in esame quasi 500.000 casi di tumore della mammella nelle donne e quasi 3.000 nell’uomo, in Danimarca, Norvegia, Finlandia, Svizzera, Svezia e Singapore nell’arco di oltre 40 anni. Se la diagnosi arriva per le donne intorno ai 62 anni in media, per l’uomo l’età media sale a 70 anni. La sopravvivenza a cinque anni è apparentemente inferiore per l’uomo ma se viene corretta per l’età risulta invece più favorevole di quella nelle donne. Gli autori dello studio, un gruppo di epidemiologi del Memorial Sloan-Kettering di New York, non hanno una spiegazione definitiva per la migliore prognosi: l’ipotesi più convincente è che il corpo maschile risponda diversamente non solo alle terapie ormonali ma anche alla chemioterapia.

Prevenzione del tumore al seno maschile

Non aumentare troppo di peso ed evitare di eccedere con l’alcol rappresentano due preziose regole di prevenzione del tumore del seno nell’uomo, ma dal momento che non tutte le cause della malattia sono ben note, è impossibile stabilirne altre capaci di garantire una prevenzione ottimale. È comunque importante anche per gli uomini a rischio effettuare frequentemente la palpazione e non sottovalutare eventuali noduli o cambiamenti nella forma del seno e del capezzolo. E’ importante inoltre non farsi cogliere da imbarazzi (in Italia ancora molti uomini si vergognano di avere una “malattia da donna“) o paure non giustificati: un parere del medico può chiarire se sono necessari esami di approfondimento.

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Differenza tra seno della donna e seno dell’uomo

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA UOMO QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIA.jpgLa mammella è costituita da tre componenti fondamentali:

  • un insieme di ghiandole chiamate lobuli, che nella donna producono il latte;
  • piccoli tubi che prendono il nome di dotti, che portano il latte dal lobulo al capezzolo;
  • stroma, tessuto grasso e connettivo che circonda lobuli e dotti, assieme a vasi sanguigni e linfatici.

Nelle prime fasi della vita e fino alla pubertà, maschi e femmine presentano più o meno la stessa quantità di tessuto mammario; la situazione cambia radicalmente con l’arrivo della pubertà quando gli ormoni femminili prodotti dalle ovaie fanno accrescere dotti, lobuli e stroma nelle donne, mentre gli ormoni maschili tengono sotto controllo la crescita di tali tessuti negli uomini che in genere possiedono i dotti, ma pochissimi lobuli e poco tessuto adiposo (almeno finché la percentuale di massa grassa del corpo maschile rimane entro certi limiti).

Ciò si riflette ovviamente sia dal punto morfologico che funzionale: la mammella femminile diventa, al contrario di quella maschile, fisiologicamente adatta all’allattamento della prole ed acquista una forma più generosa dal momento che, mentre le dimensioni della mammella di un uomo normopeso sono determinate principalmente dal muscolo pettorale, nella mammella femminile sono determinate dall’accumulo di tessuto mammario, specialmente quello adiposo. Il maggiore volume della mammella femminile rappresenta una caratteristica che permetteva all’uomo preistorico di distinguere la femmina dal maschio ed è quindi diventata una caratteristica sessuale secondaria femminile molto ricercata dall’uomo.

I capezzoli maschili e femminili, così come le areole che li circondano, sono molto simili tra loro prima della pubertà: sono piccoli, poco pronunciati, poco pigmentati e circondati da cute glabra. Le cose cambiano radicalmente dalla pubertà in poi dal momento che capezzolo ed areola di una donna adulta sono invece generalmente molto più grandi e pronunciati rispetto a quello di un maschio adulto, oltre al fatto che la cute della mammella maschile si riempie di peli, mentre ciò non avviene nella donna. Per approfondire, leggi: Differenza tra capezzolo maschile e femminile

La mammella maschile può, in determinate condizioni e patologie, acquisire alcune caratteristiche femminili, a tal proposito leggi: Ginecomastia: quando è l’uomo ad avere il seno

Come prima accennato, però, anche nella mammella maschile per tutta la vita sono presenti piccole quantità di tessuto mammario che, come succede nella donna, possono mutare e dare il via alla formazione del cancro al seno ed alla sua successiva diffusione negli organi vicini: per questo motivo il tumore del seno, nonostante venga spesso considerato una malattia esclusivamente femminile, in realtà può svilupparsi anche negli uomini anche se in questi ultimi si sviluppa raramente, mentre tra le donne è il tumore più diffuso.

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Gli uomini possono avere il tumore al seno?

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADal momento che il tessuto della mammella è istologicamente identico nella femmina e nel maschio, il carcinoma mammario può certamente colpire anche l’uomo. E’ necessario però ricordare che – nei paesi occidentali – mentre il tumore della mammella è il tumore più diffuso tra le donne (25% circa di tutti i tumori femminili), invece è estremamente raro tra gli uomini (meno del’1% di tutti i tumori maschili).

In Italia attualmente il 99,5% di tutti i tumori al seno sono riferiti a pazienti donne, il restante 0,5% a uomini.

Entrambi i sessi sono accomunati dalla zona che il tumore predilige: sia nell’uomo che nella donna l’incidenza è maggiore nella mammella sinistra, nel cavo ascellare e nel quadrante mammario superiore esterno.

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Breast Unit salvavita: -18% di mortalità in caso di cancro al seno

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIA.jpgLe unità di senologia denominate “Breast Unit”, molto spesso possono salvare la vita: la cura del temuto cancro della mammella in queste unità specializzate riduce infatti la mortalità del 18%, perché è più alta l’adesione alle linee guida, migliore l’esperienza degli specialisti ed è garantito un approccio multidisciplinare. A livello europeo, è stabilito che possano definirsi Breast Unit solo i centri che trattano almeno 150 nuovi casi ogni anno, ma in Italia, delle 449 strutture ospedaliere che eseguono più di 10 interventi chirurgici per questa neoplasia, solo 123 (27%) presentano volumi di attività superiori a 150 interventi annui.

Il tumore più frequente tra le donne

La fotografia delle Breast Unit nel nostro Paese arriva dal XIX Congresso nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) che si è aperto alcuni giorni fa a Roma, con la partecipazione di oltre 2.500 medici specialisti. Un dato su tutti: uno studio su 25.000 donne ha dimostrato che la sopravvivenza a 5 anni, nelle pazienti con tumore al seno, aumenta del 9% negli ospedali che trattano più di 150 casi. Nel 2017 in Italia sono stimate 50.500 nuove diagnosi di tumore del seno, il più frequente fra le donne. È dimostrato da molti studi che, “dove si concentra più esperienza, si riduce il numero degli interventi demolitivi e aumenta quello degli interventi conservativi del seno.

La sinergia di vari specialisti

I buoni risultati che si ottengono in una Breast Unit devono essere attribuiti non soltanto a una migliore chirurgia ma anche al giusto integrarsi delle varie discipline. Questo è particolarmente evidente nei casi più complessi in cui si stanno affacciando armi innovative. Alla chemioterapia, ormonoterapia, ai farmaci anti-HER2 si è aggiunta ad esempio una nuova classe di farmaci che intervengono nel rallentare la progressione del tumore del seno in fase metastatica, inibendo due proteine. Più farmaci da collocare e inserire dunque nella strategia di cura, anche considerando che nel nostro Paese vivono 766.957 donne dopo la diagnosi di tumore del seno (+26% dal 2010 al 2017)”. La multidisciplinarità è l’elemento fondante del Centro di Senologia ed il lavoro efficiente di un gruppo multidisciplinare produce appropriatezza, coerenza e continuità, traducendosi in un miglioramento dell’utilizzo delle risorse umane ed economiche.

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Quadranti mammari, tumore al seno, quadrantectomia e mastectomia radicale

MEDICINA ONLINE PETTO MAMMELLA FORMICOLIO CIRCOLAZIONE CANCRO TUMORE DONNA MORTALITA MORTE PROGNOSI   CANCRO TUMORE SENO LINFATICI METASTASI SENTINELLA CARCINOMA DOTTI DUTTALE.jpgLa mammella femminile può essere suddivisa in quattro quadranti (Q1, Q2, Q3,e Q4) costituiti da due linee perpendicolari che si intersecano presso il capezzolo, il quale forma – assieme all’areola – una quinta zona chiamata “complesso areola capezzolo” (CAP, Q5). Il maggior rischio di cancro alla mammella si verifica statisticamente nella zona del cavo ascellare e nel quadrante superiore esterno. E’ maggiormente colpita la mammella sinistra.

Quando il tumore è circoscritto in un singolo quadrante, al posto della mastectomia radicale (Halsted e Handley) e radicale modificata (Patey e Madden) che sono interventi demolitivi, si effettua se possibile una quadrantectomia, un intervento proposto da Umberto Veronesi negli anni ’70 del secolo scorso, che prevede l’asportazione solo di una porzione di ghiandola mammaria con la cute soprastante e la sottostante fascia del muscolo grande pettorale, associando all’intervento l’exeresi della catena linfatica ascellare e l’irradiazione del parenchima residuo.

Nelle mammelle piccole la exeresi può coincidere con uno dei quattro quadranti in cui anatomicamente si divide la mammella. In quelle più voluminose corrisponde alla asportazione di uno spicchio di mammella. La quadrantectomia, rispetto alla mastectomia radicale, è un intervento che dà ottimi risultati estetici pur conservando, in associazione con la radioterapia, un elevato potere terapeutico.

La quadrantectomia rappresenta un passo avanti decisivo nella lotta al cancro mammario, ma purtroppo è possibile solo per le forme iniziali della malattia e quindi rigorosamente destinata a casi ben stadiati e non in fase avanzata. L’ulteriore progresso nel campo della diagnosi precoce consente oggi di eseguire, ma sempre per tumori svelati in fase iniziale, interventi – ancora meno invasivi – di tumorectomia.

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Divisione in quadranti della mammella (Q1 Q2 Q3 Q4)

MEDICINA ONLINE seno mammelle donna gravidanza cambia capezzoli areolaLa mammella femminile può essere idealmente suddivisa in quattro quadranti, costituiti da due linee perpendicolari che si intersecano presso il capezzolo.

  • QSE quadrante superiore esterno (Q1);
  • QSI quadrante superiore interno (Q2);
  • QIE quadrante inferiore esterno (Q3);
  • QII quadrante inferiore interno (Q4).

L’area tonda che include capezzolo ed areola, che ha il suo centro nel punto in cui si incontrano le due linee perpendicolari, prende il nome di “complesso areola capezzolo” (CAP, Q5).

Per meglio comprendere la disposizione dei quadranti, vedi quest immagine che raffigura i quattro quadranti della mammella

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Differenza tra ecografia e mammografia nella diagnosi di tumore al seno

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIALe donne dispongono di strumenti molto efficaci per la diagnosi precoce del tumore del seno, tra essi sono di estrema importanza quelli appartenenti al campo della diagnostica per immagini, primo tra tutti la mammografia, affiancata da altri quali ecografia, risonanza magnetica e PET. La prevenzione è fondamentale perché individuare un tumore ancora molto piccolo aumenta notevolmente la possibilità di curarlo in modo definitivo, ma è importante scegliere lo strumento più adatto a noi, fermo restando che una visita senologica periodica è sempre indicata in tutte le donne al di sopra dei 20 anni, specie se hanno casi di tumore alla mammella in famiglia. Ricordiamo che per le donne positive al test genetico per BRCA1 o 2 è indicata un’ecografia semestrale ed una risonanza annuale, anche in giovane età.

Ecografia

L’ecografia è lo strumento più adatto per la diagnosi quando la paziente ha meno di 35/40 anni e/o ha una mammella di dimensione ridotta (con scarsa componente adiposa), la mammografia è meno raccomandata perché la struttura troppo densa del tessuto mammario in questa fascia di età renderebbe poco chiari i risultati. Ciò è determinato dal fatto che, per motivi legati alla restituzione dell’immagine, l’ecografia permette di trovare lesioni più facilmente quando la mammella è giovane (maggiore componente ghiandolare), mentre la mammografia permette la localizzazione di lesioni quando è maggiore la componente adiposa (pazienti meno giovani). Adipe e noduli hanno una ecogenicità simile, quindi una mammella fortemente adiposa renderebbe infatti più difficile riconoscere il nodulo.

In situazioni particolari, per esempio in caso di scoperta di noduli sospetti, è possibile approfondire l’analisi ecografica con una biopsia (agoaspirato) del nodulo e successiva indagine istologica.

L’ecografia ha molti vantaggi: per prima cosa è indolore, economica e lo strumento ecografico è facilmente reperibile in qualsiasi struttura sanitaria anche piccola. Un grande pregio della ecografia rispetto ad altre metodiche è che permette di visualizzare una struttura in tempo reale con molti vantaggi (si pensi ad esempio alla visualizzazione della reazione del nodulo alla mobilizzazione che – se presente – è indice di benignità), inoltre l’ecografia non utilizza radiazioni ionizzanti come invece avviene con la mammografia, ciò la rende utile nello studio di tessuti in una donna incinta e lo rende un esame ripetibile molte volte, senza alcun rischio per la paziente.

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Mammografia

La mammografia è lo strumento più adatto per la diagnosi quando la paziente ha più di 35/40 anni e/o ha una mammella di grandi dimensioni (con adipe maggiormente sviluppato). In questi casi l’ecografia è meno indicata perché – come già prima accennato – una mammella di una donna meno giovane ha solitamente una forte componente adiposa che rende difficile distinguere noduli sospetti in virtù di simile ecogenicità tra adipe e nodulo. Nella mammografia invece adipe e nodulo vengono restituiti con una “luminosità” differente e ciò rende il nodulo più facilmente distinguibile in una mammella con forte componente adiposa.

In caso di dubbio, è comunque certamente utile affiancare una ecografia alla mammografia. E’ importante ricordare che tra i 50 e i 60 anni il rischio di sviluppare un tumore del seno è piuttosto alto e di conseguenza le donne in questa fascia di età devono sottoporsi a controllo mammografico ogni anno. E’ anche importante ricordare che la mammografia, al contrario dell’ecografia, utilizza radiazioni ionizzanti e ciò la rende un esame difficilmente ripetibile, specie se la paziente è incinta.

Anche se la mammografia rimane uno strumento molto efficace per la diagnosi precoce del tumore del seno, oggi sono disponibili anche altre tecniche diagnostiche come la risonanza magnetica (ancora limitata a casi selezionati), la PEM (una tomografia a emissione di positroni – PET – specifica per le mammelle) e un nuovo esame già definito il Pap-test del seno che consiste nell’introduzione di liquido nei dotti galattofori (i canali attraverso i quali passa il latte) e nella successiva raccolta di questo liquido che porta con sé anche alcune cellule. Grazie al microscopio è poi possibile individuare quali tra le cellule fuoriuscite ha caratteristiche pretumorali permettendo una diagnosi molto precoce del tumore del seno.

Conclusioni

La mammografia è indicata in particolare dopo i 35/40 anni (o comunque nelle donne con adipe mammario molto sviluppato). Il seno, infatti, cambia con l’età: aumenta il tessuto adiposo – che appare scuro alla mammografia – mentre diminuisce il volume della ghiandola, che appare chiara. Su fondo scuro, quindi, ogni formazione sospetta diventa immediatamente visibile. Nelle donne più giovani, invece, in genere si verifica la situazione contraria: la massa della ghiandola (chiara) prevale sull’adipe (scuro), perciò è più difficile notare eventuali formazioni, specialmente se molto piccole. L’ecografia – mostrando invece gradazioni di grigio invertite rispetto alla mammografia – risulta l’opzione migliore nelle donne più giovani (prima dei 35/40 anni) o comunque in quelle con massa ghiandolare che prevale su quella adiposa.

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