Una delle più belle soddisfazioni di un bimbo di pochi mesi, e basta guardare la sua espressione quando si riesce per capirlo, è fare i primi passi. Ma a quanti mesi di vita ciò dovrebbe accadere?
A quanti mesi il bambino inizia a camminare?
La media per i primi passi è 12 mesi questo dato è individuale ed estremamente variabili: i bambini più precoci iniziano a muovere i primi timidi passi anche a 8 mesi, altri bimbi invece aspettano i 14 mesi ed oltre, anche fino all’anno e mezzo di vita.
Primi passi: differenza tra maschi e femmine
Le bambine, ed in generale tutti i bimbi con peso minore, tendono a camminare prima rispetto ai bimbi maschi e/o con peso maggiore, tuttavia questa non è assolutamente una regola fissa.
Bambino inizia a camminare: l’influenza dei genitori
L’inizio della deambulazione autonoma del bimbo è una caratteristica familiare: se uno dei genitori ha iniziato a camminare presto, è più probabile (ma non certo!) che anche il bambino inizi presto a fare i primi passi.
Il mio bambino non cammina ancora: quando “preoccuparsi”?
Quasi tutti i genitori, specie con il primo figlio, sono preoccupatissimi di vedere il proprio bambino gattonare ancora superati i 12 mesi di vita. In realtà, come abbiamo visto, ogni bambino impara a camminare con tempi estremamente variabili ed è molto probabile – se anche i genitori da piccoli hanno iniziato a camminare “tardi” – che muova i primi passi anche oltre l’anno di vita. In ogni caso un “limite” temporale, oltre il caso è effettivamente importante interessarsi al problema, è 18 mesi: non camminare superato l’anno e mezza di vita necessita di attenzione da parte del pediatra.
Il bambino che cammina ha bisogno di scarpe?
Le prime scarpe per le prime passeggiate fuori casa dovrebbero preferibilmente avere un modesto plantare e flessibili, dalla punta al tacco. Per i primi passi in casa va invece benissimo lasciarlo a piedi nudi (se la temperatura la concede) o con calze antiscivolo. La preferenza dipende dal tipo di pavimento: con moquette e parquet si può stare a piedi nudi, con marmo e piastrelle è meglio con calze antiscivolo, proprio per evitare di scivolare.
Quali scarpe scegliere?
Le scarpine per i primi passi devono essere molto morbide e flessibili e non frapporre troppi “strati” al contatto col suolo, per consentire al piedino di ricevere meglio le informazioni propriocettive che provengono dal terreno, ossia l’insieme di informazioni che permettono al piccolo di mantenersi in equilibrio e di sviluppare correttamente la muscolatura del piede. Né servono plantari anatomici particolari (a meno che non vi siano problematiche specifiche, che sarà il medico ad evidenziare), ma è sufficiente una buona suola traspirante, che lasci respirare la pelle.
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Cosa devono fare i genitori: creare gli spazi adatti
Per agevolare il bimbo è importante creare degli spazi in cui il bambino possa fare “i primi esperimenti” di passeggiata, lasciandogli un ambiente spazioso e senza oggetti pericolosi su cui inciampare. Bisogna eliminare dalla sua altezza tutti gli oggetti fragili o pericolosi, via i soprammobili dai ripiani più bassi, coprire gli spigoli con paraspigoli, le prese elettriche con copripresa, chiudere i detersivi negli armadietti, togliere i tappeti che potrebbero farlo inciampare: ormai tutti gli spazi di casa devono essere letteralmente tutti su misura per lui. Attenzione infine ai lembi delle tovaglie, che potrebbe facilmente trascinarsi giù nel tentativo di trovare un appiglio, gettandosi addosso pericolosissimi piatti, bicchieri e posate.
Cosa devono fare i genitori: assecondarlo e complimentarsi
Per i genitori è importante assecondarlo: il bambino fa ciò che si sente di fare e non va forzato. Per questo motivo non deve essere il genitore a metterlo in piedi, per poi cercare di lasciarlo da solo: il bambino deve raggiungere autonomamente la stazione eretta, perché solo allora vuol dire che si sente fisicamente e psicologicamente pronto per stare in piedi e muovere i suoi primi passi. Una volta che è in piedi, possiamo allungargli un dito a cui lui si aggrapperà con la manina, se vorrà farlo. Ai genitori rimane l’importantissimo compito di incoraggiarlo e complimentarsi con lui per i traguardi raggiunti: il bimbo avrà un incentivo a continuare a sperimentare i movimenti delle gambe ed esercitarsi.
Il bimbo cade: cosa devono fare i genitori?
Se succede, i genitori non devono mostrarsi spaventati, cosa che lo… spaventerebbe: la maggior parte delle cadute per lui non sono dannose e se piange è quasi sempre perché ha visto la nostra espressione preoccupata. Un atteggiamento allarmato da parte dei genitori potrebbe anzi dargli insicurezza e scoraggiare ulteriori tentativi, mentre un atteggiamento tranquillo può rassicurarlo ed aumentare la fiducia nelle sue capacità. Se invece l’urto è stato “importante”, il bimbo ha sbattuto la testa violentemente e sembra aver cambiato comportamento rispetto al solito, allora è necessario recarsi immediatamente al pronto soccorso pediatrico.
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Il girello può essere utile per aiutare il bambino a camminare?
La nostra risposta è NO. Anzi, il girello è potenzialmente dannoso, perché fa impostare male l’andatura, inoltre non gli permette di allenare la muscolatura e il senso dell’equilibrio.
Che fare se il bimbo ha il ginocchio varo (gambe ad arco)?
Può succedere, quando il bambino comincia a stare in piedi, di vedere uno spazio tra le ginocchia, che formano, appunto, un arco. Il fenomeno si chiama propriamente ginocchio varo e può interessare con maggiore frequenza i bambini robusti, che con il loro peso possono far arcuare le ginocchia. Spesso c’è una componente familiare, ma nella maggior parte dei casi è una caratteristica che tende a regredire spontaneamente intorno ai 2-3 anni. In ogni caso è bene farlo presente al pediatra che, se lo riterrà opportuno, potrà consigliare una visita ortopedica.
Che fare se il bimbo ha il ginocchio valgo (gambe ad X)?
È la situazione opposta al ginocchio varo: quando il bambino sta in piedi, anche se le ginocchia sono a contatto fra di loro, i piedi restano distanziati. E’ il fenomeno del ginocchio valgo, e si manifesta in genere fra i 3 e i 4 anni. Anche in tal caso c’è in genere una componente familiare e anche in tal caso il fenomeno tende a scomparire con il fisiologico sviluppo degli arti inferiori. Sarà però il pediatra a valutare se e quando è il caso di consultare uno specialista ortopedico.
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