Fibrillazione atriale: parossistica, persistente e cronica

MEDICINA ONLINE ARITMIA TACHICARDIA BRADICARDIA ELETTROCARDIOGRAMMA NORMALE SANO PALPITAZIONI SEMEIOTICA CUORE CARDIACA ESAME OBIETTIVO AUSCULTAZIONE FONENDOSCOPIO ORECCHIO FOCOLAIO SUCULTAZIONECon “fibrillazione atriale” in medicina si intende una aritmia cardiaca, cioè una alterazione del ritmo cardiaco normale (ritmo sinusale), che origina dagli atri del cuore. È una complessa patologia elettrica degli atri che presenta una caratteristica principale: l’attivazione elettrica rapida ed apparentemente caotica del tessuto atriale, che provoca il caratteristico sintomo di cuore “palpitante” ed è riscontrabile con un comune elettrocardiogramma (ECG).

La fibrillazione atriale si può classificare principalmente in base alla durata dei sintomi:

  • Fibrillazione atriale di nuova insorgenza: fibrillazione documentata per la prima volta, indipendentemente dalla presenza di sintomi o da eventuali precedenti episodi non documentati.
  • Fibrillazione atriale parossistica: fibrillazione che termina spontaneamente entro 48 ore o 7 giorni dall’insorgenza (a seconda delle linee guida: il limite di 48 ore è stato posto perché è considerato il massimo periodo di tempo che consente la cardioversione immediata con basso rischio embolico; il limite di 7 giorni è stato posto perché è il periodo in cui più frequentemente avviene la remissone spontanea dell’aritmia).
  • Fibrillazione atriale persistente: fibrillazione atriale continua di durata superiore a 48 ore o a 7 giorni, (a secondo delle linee guida) o che è interrotta con cardioversione farmacologica o elettrica dopo questo limite.
  • Fibrillazione atriale persistente di lunga durata: fibrillazione atriale continua di durata superiore a 12 mesi. Questa durata è importante perché correlato alla probabilità di successo della cardioversione o dell’ablazione trans catetere.
  • Fibrillazione atriale cronica (anche chiamata “permanente”): il termine è usato quando paziente e medico decidono congiuntamente di accettare la fibrillazione atriale e desistere da ulteriori tentativi di ripristinare e mantenere il ritmo sinusale. Non si riferisce quindi alle caratteristiche fisiopatologiche dell’aritmia poiché la decisione dipende dalla malattia cardiaca sottostante, dai sintomi, dall’efficacia delle terapie e dalla preferenza del paziente e del medico.

A seconda del tipo, la fibrillazione atriale assume diverse ulteriori nomenclature:

  • Fibrillazione atriale non valvolare: fibrillazione atriale in assenza di stenosi mitralica reumatica, di protesi valvolare meccanica o biologica o di riparazione della valvola mitralica (la distinzione da quella associata a malattia valvolare è importante per la scelta della terapia anticoagulante).
  • Fibrillazione atriale silente (o asintomatica): fibrillazione atriale che non si associa a sintomi, indipendentemente da altre caratteristiche. Può essere diagnosticata a seguito di una complicanza correlata alla FA, come l’ictus ischemico o la tachicardiomiopatia, o incidentalmente con l’esecuzione di un elettrocardiogramma.
  • Fibrillazione atriale secondaria: fibrillazione atriale in cui è possibile individuare la causa dell’aritmia o una condizione favorente, cardiaca o extracardiaca.
  • Fibrillazione atriale primitiva o isolata (Lone atrial fibrillation): fibrillazione atriale non associata a patologia cardiovascolare, compresa l’ipertensione arteriosa, o altro fattore causale noto. La diagnosi è quindi di esclusione e richiede l’esecuzione delle indagini cliniche e strumentali indicate per il caso. In generale riguarda individui giovani, o con età< 60 anni, apparentemente sani. L’assenza di reperti patologici negli esami non invasivi non esclude completamente patologie pregresse o in atto. In biopsie multiple del miocardio atriale di questi pazienti sono frequenti alterazioni istologiche di tipo prevalentemente infiammatorio o fibrotico.

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Ritmo sinusale ECG: normofrequente, tachicardico, valori, ai limiti della norma

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Un tracciato ECG che mostra un ritmo sinusale tachicardico

Ritmo sinusale” è tipicamente presente nei referti degli elettrocardiogrammi. Un esempio è “Tracciato caratterizzato dalla presenza di ritmo sinusale”. Questo non deve assolutamente spaventare il paziente, anzi è un buon segno. Vediamo perché.

Ritmo sinusale: cos’è?

Con “ritmo sinusale” in medicina ci riferisce al fisiologico ritmo con cui si contrae il muscolo cardiaco. Il termine “sinusale” deriva dal nodo del seno atriale, cioè una parte del cuore sede del pacemaker fisiologico, quella parte che determina l’origine dell’impulso cardiaco che – propagandosi lungo il cuore – regola la frequenza e la ritmicità delle contrazioni di atrio e ventricolo cardiaco. L’alterazione del nodo senoatriale è la causa dell’insorgenza di vari tipi di aritmie cardiache, caratterizzate dalla scomparsa del ritmo sinusale, chiaramente rilevabile con un elettrocardiogramma (ECG). Per approfondire, leggi anche: Come si muove l’impulso elettrico cardiaco nel cuore?

Quando il ritmo non è sinusale?

Il ritmo NON è sinusale in alcuni tipi di aritmia cardiaca, ad esempio nella fibrillazione atriale o quella ventricolare, condizioni che possono mettere a rischio la vita del paziente sia indirettamente (ad esempio l’aumentata coagulabilità del sangue in una fibrillazione atriale cronica espone il paziente ad aumento di rischio di embolia e quindi di infarto del miocardio ed ictus cerebrale) che direttamente (arresto cardiaco nella fibrillazione ventricolare).

Ritmo sinusale: quando è normale e quando non lo è?

Un ritmo sinusale viene considerato “normale” quando ha una frequenza di compresa tra i 60 e i 100 battiti al minuto. Sono possibili due tipi di alterazioni della frequenza:

  • tachicardia: ritmo sinusale con frequenza sopra i 100 battiti al minuto;
  • bradicardia: ritmo sinusale con frequenza sotto i 60 battiti al minuto.

Ovviamente tachicardia e bradicardia non sono da soli indice di malattia. E’ ad esempio assolutamente normale, anche per un soggetto sano, avere tachicardia transitoria quando esegue grossi sforzi tipici o quando ha una forte emozione improvvisa. Anche la bradicardia può essere normale, ad esempio durante il sonno o quando siamo estremamente rilassati, ad esempio durante lo yoga, inoltre è abbastanza frequente in atleti professionisti. In altri casi però queste alterazioni della frequenza cardiaca – specie se NON sono transitorie – possono essere campanelli d’allarme di una patologia o possono essi stessi causare una patologia, ad esempio una bradicardia severa può non permettere al cuore di pompare adeguate quantità di sangue in circolo.

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Tachicardia sinusale e patologie

Il ritmo sinusale aumenta e diventa tachicardico in conseguenza di varie condizioni e patologie, come:

  • shock,
  • ischemia miocardica,
  • anemia grave,
  • ipertensione arteriosa,
  • embolia polmonare,
  • insufficienza cardiaca.

Queste patologie sono potenzialmente gravi e mortali, e rendono necessario l’uso di specifiche terapie farmacologiche. Il ritmo sinusale aumentato può essere determinato anche da:

  • alcuni farmaci,
  • alcol,
  • fumo di sigaretta,
  • abuso di caffè, tè e bevande contenenti caffeina,
  • alcuni integratori alimentari eccitanti (ginseng, ginko biloba, guaranà…).

I sintomi che tipicamente indicano una tachicardia sinusale sono le palpitazioni, a volte associate ad ansia e dispnea, se ad esse si associa dolore e senza di costrizione al petto, è importante contattare assistenza medica al più presto. Per risolvere uno stato tachicardico cronico si ricorre a farmaci beta-bloccanti, antiaritmici e calcio-antagonisti.

Bradicardia sinusale

Esistono svariate patologie che possono determinare bradicardia sinusale, ad esempio:

  • ipotiroidismo,
  • ipotermia,
  • infarto del miocardio,
  • anoressia nervosa,
  • aumento della pressione intracranica,
  • sindrome di Roemheld.

Assieme alla bradicardia sinusale, possono altri sintomi quali, ad esempio, vertigini, giramento di testa, dolore al petto, dispnea, edema e cianosi. Inoltre, l’abbassamento del ritmo sinusale provoca pallore in viso e le estremità, come mani e piedi, risultano freddi. Nei più gravi casi di bradicardia sinusale si ha edema polmonare, cianosi, riduzione dello stato di coscienza e shock. Lo stato di shock arriva in seguito al peggioramento della circolazione periferica. In genere, non è necessario intervenire con una terapia farmacologica se il ritmo sinusale è naturalmente basso. In presenza, invece, di ipotiroidismo si devono assumere degli ormoni per sostenere le mancanze della tiroide. Invece, se la bradicardia sinusale deriva da uno stato di ipotermia è necessario riscaldare gradualmente il corpo.

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Sindrome di Wolff-Parkinson-White: cos’è, cosa fare, come si cura

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO PSICHIATRIA MEDICINA DIPENDENZE DIRETTORE MEDICINA ONLINE SINDROME DI WOLFF PARKINSON WHITE CUORE WPW IMPULSO ELETTRICO ELETTROCARDIOGRAMMA CARDIOLOGO ONDA DELTALa Sindrome di Wolff Parkinson White (WPW, in lingua inglese “Wolff–Parkinson–White Syndrome”) è una patologia caratterizzata da anomala conduzione dell’impulso elettrico cardiaco e determinata dalla presenza di uno o più fasci atrio-ventricolari accessori, che possono dare origine ad episodi di tachicardia sporadica. La malattia, ad eziologia ancora non del tutto chiara, colpisce una persona su 450; nel 70% dei casi interessa i maschi, specie in giovane età, e può presentarsi sia in forma sporadica che famigliare ed essere silente dal punto di vista sintomatico. I neonati da genitori con la sindrome di WPW possono essere a maggior rischio di sviluppare la malattia come pure i neonati con altri difetti cardiaci congeniti. I pazienti con sindrome di WPW spesso hanno più di una via accessoria, ed in alcuni possono essere anche più di otto; questo è stato dimostrato in soggetti affetti dall’anomalia di Ebstein. La sindrome di WPW è talora associata alla neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON),una forma di malattia mitocondriale.

Fisiopatologia

In condizioni normali la conduzione dell’impulso elettrico dagli atrii ai ventricoli del cuore percorre una via costituita dal nodo atrio-ventricolare e fascio di His. Il nodo atrio-ventricolare ha caratteristiche elettrofisiologiche di velocità di conduzione e tempo di refrattarietà tali da costituire un filtro in grado di proteggere i ventricoli dalla conduzione di impulsi atriali troppo rapidi e potenzialmente pericolosi. In alcuni casi esistono vie di conduzione dette accessorie (VA) tra atrii e ventricoli che possono essere localizzate in vari siti degli anelli valvolari tricuspidalico e mitralico. Per le loro caratteristiche elettrofisiologiche, simili alle cellule del muscolo cardiaco comune, queste vie accessorie non svolgono la funzione di filtro tipica del nodo atrioventricolare, e in certi casi possono condurre gli impulsi ai ventricoli a frequenze molto elevate. Durante il ritmo sinusale una via accessoria si manifesta all’elettrocardiogramma con la pre-eccitazione ventricolare e la presenza di un’onda “delta”: la conduzione attraverso la via accessoria non subisce un rallentamento come all’interno del nodo atrioventricolare e l’intervallo PQ dell’elettrocardiogramma (che rappresenta appunto il percorso dell’impulso elettrico dagli atrii ai ventricoli) è più breve del normale (pre-eccitazione). Inoltre l’estremità ventricolare della via accessoria si inserisce nel muscolo cardiaco comune anziché essere in continuità con il sistema specializzato di conduzione: per questo motivo la depolarizzazione di una parte dei ventricoli avviene più lentamente, e si traduce in un aspetto elettrocardiografico detto onda “delta”. Se la presenza di una via accessoria si associa a episodi di palpitazione si parla di Sindrome di Wolff-Parkinson-White. Le palpitazioni possono dipendere da “aritmie da rientro“, ossia determinate da un corto circuito in cui l’impulso generalmente raggiunge i ventricoli attraverso il nodo atrioventricolare e rientra negli atrii attraverso la via accessoria percorsa in senso inverso. L’aritmia si perpetua fino a quando una delle due vie (nodo o via accessoria) non è più in grado di condurre. In alcuni casi meno frequenti il circuito è percorso all’inverso, ossia la via accessoria è utilizzata nel senso dagli atrii ai ventricoli, mentre l’impulso rientra agli atrii attraverso il fascio di His e il nodo atrioventricolare. In altri casi la via accessoria non partecipa direttamente al meccanismo che perpetua l’aritmia, ma può contribuire alla conduzione ai ventricoli di aritmie degli atrii (fibrillazione atriale/flutter atriale/tachicardia atriale). Se le capacità di conduzione della VA sono molto elevate (breve tempo di refrattarietà) la frequenza ventricolare risultante può essere molto rapida (> 250 battiti al minuto) e mettere a rischio di aritmie ventricolari rapide e di arresto cardiaco.

Sintomi di Wolff-Parkinson-White

Clinicamente tale sindrome si può manifestare con fibrillazione atriale e palpitazioni secondarie alle sopra citate aritmie da rientro. Non è raro che sia totalmente asintomatica e che venga scoperta durante un elettrocardiogramma eseguito per altri motivi, ad esempio in una visita di medicina sportiva.

Diagnosi di Wolff-Parkinson-White

La diagnosi di sindrome di WPW è clinica ma soprattutto si avvale dell’elettrocadiogramma, che può scovarla anche in un soggetto asintomatico: in questi casi si manifesta come un’onda delta, che corrisponde all’ampliamento della fase di ascesa del complesso QRS associato all’accorciamento dell’intervallo PR. Tutto questo è dovuto al fluire dell’impulso elettrico attraverso la via accessoria piuttosto che attraverso il nodo atrio-ventricolare.
Se il paziente accusa episodi di fibrillazione atriale, l’ECG mostra una tachicardia rapida polimorfica (senza torsione di punta). Questa combinazione di fibrillazione atriale e sindrome di WPW è considerata pericolosa, e molti farmaci antiaritmici sono controindicati.
Quando un soggetto è in normale ritmo sinusale le caratteristiche della sindrome di WPW sono un intervallo PR corto, uno slargamento del complesso QRS (più di 120msec in lunghezza) con ampliamento della fase di ascesa del QRS stesso, e cambiamenti della ripolarizzazione che si riflettono in alterazioni del tratto ST e dell’onda T.
In soggetti affetti l’attività elettrica che inizia nel nodo seno-atriale passa attraverso il fascio accessorio tanto bene quanto nel nodo atrio-ventricolare. Poiché il fascio accessorio non blocca l’impulso quanto il nodo, i ventricoli vengono attivati da questo, e subito dopo dal nodo. Questo causa le alterazioni ECG sopra descritte.

Altra tecnica di diagnosi è lo studio elettrofisiologico: per questo esame, il medico inserisce un catetere sottile e flessibile, dotato di elettrodi all’estremità, attraverso i vasi sanguigni fino a raggiungere diverse parti del cuore dove sono in grado di mappare gli impulsi elettrici.

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Trattamenti di Wolff-Parkinson-White

Il trattamento degli episodi acuti di aritmie da rientro nella Sindrome di WPW si avvale di farmaci che agiscono bloccando la conduzione attraverso il nodo atrioventricolare, interrompendo uno dei bracci dell’aritmia. Questi farmaci sono invece da evitare in caso di fibrillazione atriale condotta rapidamente attraverso la via accessoria, poiché possono in certi casi aumentare la frequenza di conduzione ai ventricoli attraverso la via accessoria.
In presenza di pre-eccitazione ventricolare e indipendentemente dalla presenza di sintomi aritmici è raccomandato sottoporsi a studio elettrofisiologico per indagare le capacità conduttive della via accessoria e la inducibilità di aritmie. Se la via accessoria ha capacità conduttive elevate con un rischio di frequenze ventricolari elevate durante eventuali episodi di fibrillazione atriale, o in presenza sintomi e di aritmie da rientro, è indicato procedere alla ablazione della via accessoria.
Lo studio elettrofisiologico è in grado di identificare la sede della via accessoria, da cui dipenderà l’approccio utilizzato per l’ablazione: in presenza di una via situata nelle sezioni destre del cuore l’accesso è generalmente dalla vena femorale destra.
Per le vie sinistre saranno possibili un accesso venoso e successiva puntura transettale per passare dall’atrio destro all’atrio sinistro, oppure un approccio “retrogrado” attraverso le arterie femorale e aorta. L’energia utilizzata per l’ablazione è generalmente la radiofrequenza. Dopo un’ablazione efficace saranno prevenuti episodi di aritmia da rientro attraverso la via accessoria e all’elettrocardiogramma non sarà più visibile l’onda delta. L’efficacia a lungo termine dell’ablazione è in genere molto elevata e supera il 95%.
Dopo un’ablazione efficace e in assenza di altri tipi di aritmia o di cardiopatia, non è necessaria alcuna terapia farmacologica.

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Tachicardia improvvisa: cosa fare, ansia, rimedi, valori, dopo i pasti

MEDICINA ONLINE POLMONI RESPIRO ARIA OSSIGENO CUORE INFARTO CORONARIE MORTE TORACE DOLORE SATURAZIONE O2 INSUFFICIENZA RESPIRATORIA POLMONARE POLMONI TRACHE NASO MORTE RISCHIO ACUTA CRONICA TRISTELa tachicardia è una aritmia caratterizzata da aumento della frequenza dei battiti cardiaci e pulsazioni sopra i 100 battiti al minuto quando il soggetto è a riposo. La tachicardia non indica necessariamente la presenza Continua a leggere

Come si muove l’impulso elettrico cardiaco nel cuore?

MEDICINA ONLINE ELETTROCARDIOGRAMMA ECG ESAME ONDE ONDA P T U COMPLESSO QRS SEGMENTO ST TRATTO INTERVALLO RR INTERPRETAZIONE SIGNIFICATO CUORE IMPULSO ELETTRICO NODO SENO ATRIALE SETTO ATRIO VENTRICOLO.jpgLa contrazione perfettamente sincronizzata delle varie parti del cuore e la corretta frequenza cardiaca, sono determinate da un impulso elettrico che nasce in un dato punto del cuore e si propaga all’interno di esso in modo da contrarre atri e ventricoli in modo adeguato. Tale impulso nasce dal nodo del seno (o senoatriale), il pacemaker naturale del cuore, localizzato in prossimità dello sbocco della vena cava nell’atrio destro, una parte del corpo il cui malfunzionamento determina aritmia e – in alcuni casi – rende necessario l’impianto di un pacemaker artificiale.

L’impulso nato dal nodo del seno viene trasmesso alle strutture vicine attraverso il sistema di conduzione, che attraversa varie zone:

  1. Fascio interatriale: l’impulso viene trasmesso all’atrio sinistro consentendo una contrazione sincrona dei due atri.
  2. Fascio atriale anteriore, medio e posteriore: l’impulso viene trasmesso dal nodo senoatriale al nodo atrioventricolare (AV) localizzato tra atri e ventricoli.
  3. Nodo atrioventricolare: raccoglie l’impulso nervoso proveniente dagli atri e lo trasmette al fascio di His localizzato nel setto interventricolare.
  4. Branca dx e sn: conducono l’impulso, rispettivamente, a livello del ventricolo destro e sinistro permettendone la contrazione.
  5. Fibre del Purkinje: rappresentano il sistema di conduzione più distale ed è caratterizzato da fasci molto sottili e profondi localizzate a livello ventricolare.

Per approfondire, leggi anche: Viaggio dell’impulso cardiaco all’interno del cuore

MEDICINA ONLINE ELETTROCARDIOGRAMMA ECG ESAME ONDE ONDA P T U COMPLESSO QRS SEGMENTO ST TRATTO INTERVALLO RR INTERPRETAZIONE SIGNIFICATO CUORE IMPULSO ELETTRICO NODO SENO ATRIALE SETTO ATRIO VENTRICOLO

L’attività elettrica miocardica è quella che viene rilevata dagli elettrodi dell’elettrocardiogramma. Ad ogni deflessione presente sulla striscia dell’ECG corrisponde un’attività miocardica sottostante:

  1. Lo stimolo parte dal nodo seno-atriale, qui il vettore è il vettore della depolarizzazione atriale; poiché l’impulso viaggia verso il nodo atrio-ventricolare è chiaro che la direzione del vettore è la congiungente dei due nodi e il verso va dal nodo seno-atriale a quello atrio-ventricolare. Il vettore sarà quindi inclinato leggermente verso sinistra e diretto verso il basso. Proiettando il vettore sulla I derivazione otteniamo un’onda positiva, l’onda P (depolarizzazione degli atri).
  2. Arrivato al nodo atrio-ventricolare, l’impulso arriva al setto attraverso il fascio di His. La diffusione dell’impulso avviene, in questa parte del cuore, secondo la direzione endocardio-linea mediana. Nel setto si hanno due depolarizzazioni, una riguarda la parte sinistra, l’altra la parte destra; poiché per l’attività elettrica della parte sinistra è maggiore, le depolarizzazioni non si elidono, ma prevale quella sinistra. Il vettore ha direzione della linea endocardio-linea mediana e verso che va da sinistra verso destra. Proiettando il vettore così ottenuto sulla I derivazione otteniamo un’onda di segno negativo, l’onda Q (depolarizzazione del setto interventricolare).
  3. Lo stimolo è arrivato all’apice del cuore, qui il vettore dovuto alla parte sinistra ha lo stesso verso di quello di destra, conseguentemente si ha la massima estensione del vettore lungo la linea parallela al setto. In questo caso avremo quindi un vettore inclinato verso sinistra e diretto verso il basso con un modulo molto elevato, questo produce in I derivazione un’onda positiva molto ampia, l’onda R (depolarizzazione dell’apice del ventricolo sinistro).
  4. Lo stimolo ha raggiunto le pareti dei ventricoli, anche qui è la parte sinistra che prevale su quella destra, il verso tende quindi a sinistra, mentre il modulo è leggermente diminuito perché, appunto, la parte destra esercita una diminuzione del vettore. In questo caso, in I derivazione, avremo una maggiore escursione dell’onda R. Per apprezzare invece singolarmente questa fase, possiamo vedere che in III derivazione abbiamo una piccola onda negativa, l’onda S (depolarizzazione delle regioni basale e posteriore del ventricolo sinistro).
  5. Per ultimo ecco arrivare il vettore della ripolarizzazione dei ventricoli che ha un andamento simile a quello della depolarizzazione. Risulterà quindi in I derivazione una piccola onda positiva, l’onda T (ripolarizzazione dei ventricoli).

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ECG: cosa indicano le onde P, T, U, il complesso QRS ed il segmento ST

MEDICINA ONLINE ELETTROCARDIOGRAMMA ECG ESAME ONDE ONDA P T U COMPLESSO QRS SEGMENTO ST TRATTO INTERVALLO RR INTERPRETAZIONE SIGNIFICATO CUORE IMPULSO ELETTRICO NODO SENO ATRIALE SETTO ATRIO VENTRICOLO.jpgL’elettrocardiogramma (talvolta abbreviato ECG) a riposo e nella sua variante “sotto sforzo”, è un esame diagnostico che consente la riproduzione grafica, su monitor o su carta, dell’attività elettrica del cuore durante il suo funzionamento, che permette di individuare l’eventuale presenza di una malattia cardiaca o di un disturbo del ritmo (aritmia).

Il tracciato elettrocardiografico e le sue onde

Il tracciato ECG è caratterizzato da diversi tratti denominati onde, positive e negative, che si ripetono ad ogni ciclo cardiaco ed indicano la specifica attività del cuore legata alla propagazione dell’impulso elettrico cardiaco. Il normale tracciato ECG presenta un aspetto caratteristico che varia soltanto in presenza di problemi: una data patologia tende a determinare una specifica alterazione in uno o più punti del tracciato, restituendo onde alterate nell’altezza, nella forma o invertite.

IMPORTANTE: Perché l’interpretazione dell’ECG sia affidabile è necessario che gli elettrodi siano posizionati correttamente: un errore nel posizionamento può portare a risultati falsamente positivi, cioè risultare in onde alterate che indicano patologie che non sono realmente presenti.

Onda P

E’ la prima onda che si genera nel ciclo, e corrisponde alla depolarizzazione degli atri. È di piccole dimensioni, poiché la contrazione degli atri non è così potente. La sua durata varia tra i 60 e i 120 ms, l’ampiezza (o altezza) è uguale o inferiore ai 2,5  mm.

Complesso QRS

Corrisponde alla depolarizzazione dei ventricoli ed è formato da un insieme di tre onde che si susseguono l’una all’altra:

  • onda Q: è negativa e di piccole dimensioni, e corrisponde alla depolarizzazione del setto interventricolare;
  • onda R: è un picco molto alto positivo, e corrisponde alla depolarizzazione dell’apice del ventricolo sinistro;
  • onda S: è un’onda negativa anch’essa di piccole dimensioni, e corrisponde alla depolarizzazione delle regioni basale e posteriore del ventricolo sinistro. La durata dell’intero complesso è compresa tra i 60 e 90 ms. In questo intervallo avviene anche la ripolarizzazione atriale che però non risulta visibile perché mascherata dalla depolarizzazione ventricolare.

Onda T

Rappresenta la ripolarizzazione dei ventricoli. Non sempre è identificabile, perché può anche essere di valore molto piccolo.

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Onda U

E’ un’onda che non sempre è possibile apprezzare in un tracciato, dovuta alla ripolarizzazione dei muscoli papillari.

Tratto (o segmento) ST

Rappresenta il periodo in cui le cellule ventricolari sono tutte depolarizzate e pertanto non sono rilevabili movimenti elettrici. Da ciò deriva che di norma è isoelettrico, cioè posto sulla linea di base del tracciato, da cui si può spostare verso l’alto o il basso di non più di 1  mm. L’ischemia che si verifica durante un infarto del miocardio, produce tipicamente un sovraslivellamento o un sottoslivellamento del segmento ST, a seconda se la lesione sia intramurale, coinvolga cioè solo la porzione interna del miocardio o transmurale che attraversa l’intero spessore del miocardio. L’ischemia talvolta può non essere associata ad una modificazione immediata del tratto ST nelle prime ore dalla insorgenza sintomatologica per cui l’elemento diagnostico deve essere sempre interpretato da specialisti ed integrato dal dosaggio enzimatico. Il sovra- o sottoslivellamento di ST è spesso associato all’inversione dell’onda T, che rappresenta la “memoria elettrica” della recente ischemia

Intervallo QT

Rappresenta la sistole elettrica, cioè il tempo in cui avviene la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare. La sua durata varia al variare della frequenza cardiaca, generalmente si mantiene tra i 350 e i 440ms.

Intervallo RR e frequenza cardiaca

Il tracciato ECG viene compilato su carta millimetrata, che scorre nell’elettrocardiografo ad una velocità di 25 mm al secondo, quindi cinque lati di quadrati da 5 mm rappresentano 1 secondo. È quindi facile immaginare come si possa immediatamente ricavare la frequenza cardiaca, valutando quanto tempo passa tra un ciclo e l’altro (si misura il tempo intercorso tra due picchi R, chiamato intervallo RR). A solo titolo di esempio se abbiamo un complesso ogni 4 quadrati da 5 millimetri, significa che la nostra frequenza è attorno ai 75 battiti al minuto. Ovvero, visto che ogni quadrato da 5 mm corrisponde a 0,2 s e, quindi, 4 quadrati a 0,8 s,basterà dividere 60 s (1 minuto) per 0,8 s per ottenere la frequenza di 75 battiti al minuto, appunto. Oppure, più semplicemente, possiamo dividere 300 per il numero di quadrati da 5 mm fra due picchi R adiacenti. In caso di ritmo irregolare la distanza sarà la media fra 3 distanze RR adiacenti.

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Wolff-Parkinson-White: elettrocardiogramma (ECG) ed alterazioni

MEDICINA ONLINE Sindrome di Wolff-Parkinson-White ELETTROCARDIOGRAMMA ECD DELTA ONDE CUORE CIRCOLAZIONE TRACCIATO.jpgLa diagnosi di sindrome di WPW è clinica ma soprattutto si avvale dell’elettrocadiogramma, che può scovarla anche in un soggetto asintomatico: in questi casi si manifesta come un’onda delta, che corrisponde all’ampliamento della fase di ascesa del complesso QRS associato all’accorciamento dell’intervallo PR. Tutto questo è dovuto al fluire dell’impulso elettrico attraverso la via accessoria piuttosto che attraverso il nodo atrio-ventricolare.
Se il paziente accusa episodi di fibrillazione atriale, l’ECG mostra una tachicardia rapida polimorfica (senza torsione di punta). Questa combinazione di fibrillazione atriale e sindrome di WPW è considerata pericolosa, e molti farmaci antiaritmici sono controindicati.
Quando un soggetto è in normale ritmo sinusale le caratteristiche della sindrome di WPW sono un intervallo PR corto, uno slargamento del complesso QRS (più di 120msec in lunghezza) con ampliamento della fase di ascesa del QRS stesso, e cambiamenti della ripolarizzazione che si riflettono in alterazioni del tratto ST e dell’onda T.
In soggetti affetti l’attività elettrica che inizia nel nodo seno-atriale passa attraverso il fascio accessorio tanto bene quanto nel nodo atrio-ventricolare. Poiché il fascio accessorio non blocca l’impulso quanto il nodo, i ventricoli vengono attivati da questo, e subito dopo dal nodo. Questo causa le alterazioni ECG sopra descritte.

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Aritmia cardiaca: cause e fattori di rischio, sintomi, diagnosi e cura

MEDICINA ONLINE ARITMIA TACHICARDIA BRADICARDIA PALPITAZIONI SEMEIOTICA CUORE CARDIACA ESAME OBIETTIVO AUSCULTAZIONE FONENDOSCOPIO ORECCHIO FOCOLAIO SUCULTAZIONE POLMONARE AORTICO MITRALICO TRICUSPIDALE.jpgIl cuore è un muscolo che ha come compito fondamentale quello di far circolare il sangue in tutto il corpo. In esso è presente un circuito elettrico, detto sistema eccito-conduzione, che attiva e regola la contrazione cardiaca. Normalmente la frequenza cardiaca varia tra i 60 e i 100 battiti al minuto e le contrazioni si susseguono in modo regolare e ritmico, con solo leggere variazioni fisiologiche legate alla respirazione (i battiti tendono a rallentare durante una espirazione profonda).

L’aritmia cardiaca è un disturbo:

  • del ritmo cardiaco, in cui i battiti non sono ritmici (ad esempio: fibrillazione atriale);
  • della frequenza cardiaca aumentata (tachicardia) in cui la frequenza supera i 100 battiti al minuto a riposo;
  • della frequenza cardiaca diminuita (bradicardia) in cui la frequenza è inferiore ai 60 battiti al minuto a riposo.

L’aritmia cardiaca si verifica quando si ha un ritardo o un blocco dei segnali elettrici che controllano il battito cardiaco. Ciò accade quando le speciali cellule nervose che producono i segnali elettrici non lavorano correttamente o se il segnale non viaggia in modo normale attraverso il cuore. A tal proposito leggi: Come si muove l’impulso elettrico cardiaco nel cuore?

Un’ aritmia può verificarsi anche in seguito alla produzione di un segnale elettrico all’interno del cuore, che si aggiunge al segnale prodotto dalle cellule nervose deputate.

CAUSE E FATTORI DI RISCHIO

Tra i fattori di rischio più ricorrenti di un’aritmia, vi sono:

  • fumo;
  • abuso di alcol;
  • abuso di caffè o tè;
  • uso di droghe (es. cocaina e amfetamine);
  • effetti collaterali legati all’uso di alcuni farmaci;
  • disturbi digestivi;
  • BPCO (bronco pneumopatia cronico ostruttiva);
  • un forte stress emozionale (paura, tristezza, ira…)
  • un incremento dei valori della pressione sanguigna
  • il rilascio di particolari ormoni dello stress;
  • un infarto cardiaco;
  • condizioni mediche pregresse (ipertensione, patologie coronariche, disfunzioni tiroidee che portano all’iperproduzione o all’ipoproduzione di ormone tiroideo, patologie reumatiche del cuore).

In alcune forme di aritmia (es. la Sindrome di Wolff-Parkinson-White) possono essere convolti fattori di malfunzionamento cardiaco di tipo congenito, quindi presenti dalla nascita.

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SINTOMI

Le diverse forme di aritmia si manifestano con sintomi simili: palpitazioni, senso di debolezza, affanno e, in caso di fibrillazione atriale, sensazione particolare al petto, descritto come “tuffo al cuore” o “cuore che salta”. La sincope (perdita di coscienza di breve durata) sopraggiunge in caso di insufficiente irrorazione sanguigna del cervello (brachicardia con meno di 20 battiti al minuto o tachicardia improvvisa con una frequenza superiore a 200 battiti al minuto). Il paziente, se coricato con gambe sollevate, riacquista rapidamente conoscenza. Se però non riprende i sensi, si tratta di emergenza con pericolo di arresto cardiaco, in quel caso si rendono necessarie misure d’urgenza per salvare la vita: massaggio cardiaco, respirazione artificiale, defibrillazioni ecc. quindi potrebbe essere di vitale importanza recarsi immediatamente al pronto soccorso.

DIAGNOSI

Per una diagnosi precisa, il cardiologo ha la disponibilità di alcuni esami medici. Gli esami del sangue (marker cardiaci) misurano l’eventuale danno del cuore, i livelli di zuccheri (glicemia) e di ormoni tiroidei (TSH, T3 e T4). Nelle donne giovani, infatti, l’aritmia cardiaca può essere causata dalla tiroide che funziona troppo (ipertiroidismo) o dall’anemia. L’elettrocardiogramma (ECG) registra gli impulsi elettrici del cuore e serve per capire di quale tipo di artrite si soffre. Se le aritmie sono frequenti, il medico può chiedere di indossare un ECG portatile (Holter) per 24 ore consecutive. L’ecocardiogramma con gli ultrasuoni evidenzia le dimensioni del cuore e delle valvole cardiache; mentre una radiografia del torace aiuta a scoprire se la causa dell’aritmia cardiaca è un problema legato ai polmoni. Se l’aritmia cardiaca inizia durante o dopo l’attività fisica, il medico può prescrivere un test da sforzo, che valuta come reagisce il cuore all’affaticamento fisico. L’attività cardiaca è registrata mentre si è sopra una cyclette o su un tapis roulant. Se l’artrite compare durante il test, significa che al cuore non arriva abbastanza sangue e bisogna verificare la salute delle arterie.

CURA

Le aritmie non disturbanti di solito non necessitano di trattamenti. Se però il disturbo è frequente, si può optare per una terapia: in caso di extrasistoli, con farmaci leggermente sedativi. Se non si ottengono risultati, si procede con farmaci antiaritmici. Le tachicardie sopraventricolari si cerca di interromperle quando si sono già manifestate con farmaci antiaritmici o con l’esecuzione di manovre particolari come l’immersione del volto in acqua gelata o somministrando stimoli elettrici, cercando di prevenire la ricomparsa in futuro sempre con farmaci antiaritmici. Per le tachicardie ventricolari si usano farmaci che controllano il ritmo, anche se in alcuni casi essi non sono in grado di farlo, per cui si utilizzano piccoli sondini nel cuore collegati ad un piccolo congegno elettronico in grado di capire quando è in corso la tachicardia e di inviare stimoli elettrici che la interrompono. Le brachicardie si curano impiantano un pacemaker (stimolatore cardiaco) che sostituisce i circuiti cardiovascolari rivelatisi insufficienti, in grado di variare la frequenza cardiaca in basa a quella che la persona necessita.

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