Rosalia Lombardo (Palermo 13 dicembre 1918 – Palermo 6 dicembre 1920) era una bambina siciliana morta di polmonite, causata dall’influenza spagnola, una settimana prima del Continua a leggere
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Xin Zhui: il mistero della mummia di 2000 anni incredibilmente conservata
Xin Zhui, nota anche come Lady Day, è stata la marchesa di Dai durante la dinastia Han occidentale nell’antica Cina. Morì intorno ai 50 anni di età, nel 168 a.C. e la sua tomba è stata trovata nel 1968, esattamente 2000 anni dopo la sua morte all’interno di una collina chiamata Mawangdui in Continua a leggere
L’uomo che volle farsi fotografare mummificato
Quando nel 2003, la fotografa Ulla Lohmann visitò per la prima volta la tribù degli Anga, in Papua Nuova Guinea, gli anziani le dissero chiaro e tondo che la sua presenza non era gradita, e che doveva andarsene. La ragione per cui gli Anga non gradiscono i visitatori era la stessa per cui Lohmann voleva fotografarli: sono tra i pochi popoli che ancora oggi mummificano i propri defunti. E dopo averli mummificati, li dispongono su una sporgenza rocciosa nei pressi del loro villaggio, come se i morti potessero guardarli e proteggerli da lassù.
Lohmann però non si è arresa: ha continuato ad andare a trovare la tribù e a spiegare che voleva capire il modo di vivere dei suoi membri e il loro rapporto con la morte. Finalmente, durante una di queste visite, un anziano di nome Gemtasu le confidò che, dopo morto, avrebbe voluto essere mummificato ed essere messo a sedere accanto alla mummia di suo padre. Gemtasu inoltre chiese a Lohmann di fotografare la sua mummificazione e raccontare la sua storia. Quando, nel 2015, Gemtasu morì, la fotografa mantenne la promessa e tornò in Papua Nuova Guinea. Gli Anga, una tribù di circa 45.000 persone, hanno un metodo di mummificazione molto diverso da quello degli antichi Egizi, che svuotavano il corpo dall’interno e lo avvolgevano nel tessuto. Gli Anga invece mettono il morto seduto, e lo sottopongono a tre mesi di affumicazione su un fuoco sempre acceso che contribuisce a conservare il cadavere in un clima tropicale che lo farebbe decomporre in fretta (vedi foto). Quando il corpo si gonfia, viene bucato con stecchini di legno per far defluire i liquidi; dopodiché viene allargata con un bastoncino l’apertura anale per consentire la fuoriuscita degli organi.
I mummificatori devono rimanere con il corpo durante l’intero procedimento, e nessuna parte del cadavere – liquidi, intestino o il corpo stesso – deve mai toccare terra: è considerato tabù e cattivo auspicio. La cosa più importante è mantenere il volto del morto intatto. In una cultura che non conosce la fotografia, l’unico modo per conservare l’immagine del defunto è rendere il suo volto immortale.
FOTO 1
FOTO 2
FOTO 3
FONTE: http://www.nationalgeographic.it/
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Donna accudisce il marito morto da due mesi in casa: “Pensavo fosse vivo”
Un uomo era morto da circa due mesi ma sua moglie lo riteneva ancora vivo e lo teneva in casa. Dramma della solitudine a Mompiano, quartiere di Brescia. L’uomo di 87 anni, ormai quasi mummificato, veniva ritenuto ancora vivo dalla moglie, anche lei anziana e non lucida, che da almeno 8 settimane – secondo il parere del medico legale – credeva di alimentarlo con del latte. A far scattare l’allarme sono stati i vicini di casa che hanno sentito un forte odore provenire dall’abitazione dei due anziani. La donna è stata ricoverata in ospedale sotto choc: “pensavo fosse vivo” ha detto agli agenti che sono intervenuti. La donna è ricoverata agli Spedali civili, dove è stata anche sottoposta a perizia psichiatrica. Si tratta di una signora di 70 anni. L’abitazione è stata posta sotto sequestro, mentre il cadavere, in avanzato stato di decomposizione, è a disposizione dell’Istituto di medicina legale. La coppia, senza figli, viveva da sola nel quartiere residenziale di Mompiano, in città.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Donna dorme per un anno con il cadavere mummificato del marito accanto
Ghita voleva restare con il marito per sempre, ed è per questo che dormiva con il suo cadavere mummificato accanto a lei nel letto. Per un anno lei non ha voluto vedere la carne in decomposizione e gli insetti che si cibavano di quel che rimaneva del marito: ha proseguito la sua vita come se lui non fosse mai morto.
Alla polizia inorridita che solo ieri l’ha trovata coricata a letto con il cadavere, ha presentato il suo Marcel, che la sera prima “si era regolarmente coricato con lei”. È stato un caso che ha portato la polizia di Anderlecht (Belgio) a scoprire l’appartamento degli orrori due giorni fa in un palazzo nella periferia industriale di Bruxelles.
Da tempo i vicini sentivano cattivo odore provenire dall’appartamento di Ghita, 69 anni, e Marcel, 73, ma erano convinti che fosse colpa della spazzatura, perché non vedevano mai nessuno portarla fuori. I poliziotti hanno sentito immediatamente il cattivo odore, hanno ispezionato la casa, e hanno trovato Ghita con il cadavere del marito a letto.
La donna è stata affidata alle cure degli psichiatri. L’autopsia ha rivelato che l’uomo è morto circa un anno fa, probabilmente per cause naturali.
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La donna che convive da 40 anni con un feto pietrificato nella pancia
La protagonista della storia è una colombiana di 82 anni, alla quale dopo diverse analisi i medici hanno trovato un feto pietrificato nell’addome: si tratta di un tipico caso di lithopedion. Come riferito alcuni giorni fa dal Daily Mail la donna, originaria di Bogotá, si è recata dai medici per un forte dolore addominale, varie indagini strumentali hanno verificato che nella pancia della donna era presente un feto pietrificato.
COSA SI INTENDE PER “LITHOPEDION”
Il lithopedion un rarissimo fenomeno che accade quando il feto muore nel corso di una gravidanza extrauterina. Solitamente, in questo tipo di gravidanze il feto muore precocemente, a causa dell’ambiente sfavorevole in cui deve crescere; in alcuni rarissimi casi può raggiungere uno stadio di sviluppo compatibile con la vita autonoma, sebbene questa sia un’eventualità eccezionale. Quando il feto muore in uno stato di sviluppo avanzato, il materiale viene riassorbito dalle strutture circostanti; tuttavia, se lo stadio di crescita è così avanzato da aver già permesso lo sviluppo dello scheletro, il riassorbimento completo diventa impossibile. In assenza di complicanze, quindi, nel feto si depositano sali di calcio ed avviene un processo di mummificazione, che dà origine al lithopedion; se questo processo coinvolge anche il sacco gestazionale, il materiale prende il nome di chelifolithopedion.
PATOLOGIA RARISSIMA E NON SEMPRE DIAGNOSTICATA
E’ comunque un fenomeno rarissimo: la letteratura riporta circa 300 documentati negli ultimi 400 anni, che ovviamente fanno sensazione, l’ultimo – prima della colombiana di 82 anni a cui facevo riferimento all’inizio dell’articolo – ha riguardato una cinese di 92 anni (Huang Yijun,nell’immagine sopra) alla quale ne è stato trovato uno vecchio di 60 anni. La presenza del lithopedion, che un processo naturale provvede a mummificare e che non è rigettato dal corpo in quanto non riconosciuto come elemento estraneo, spesso rimane sconosciuta per decenni alle portatrici, come nei casi ricordati, e viene rilevata solo per caso nel corso di esami per altre patologie.
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