Con l’acronimo “PMA” in medicina riproduttiva si intende la Procreazione Medicalmente Assistita (anche chiamata “procreazione assistita” oppure “procreazione artificiale”), cioè un insieme di tecniche che hanno come obiettivo aiutare le coppie con difficoltà ad avere figli in modo naturale e a esaudire questo desiderio con un’assistenza ospedaliera specializzata. Secondo le linee guida dell’American Society for Reproductive Medicine, gli accertamenti per determinare la presenza di uno o più ostacoli al concepimento dovrebbero essere svolti dopo almeno 12 mesi di rapporti liberi e non protetti (infertilità).
Questo limite si abbassa a 6 mesi per le donne di età oltre 35 anni ed anche in presenza di fattori di rischio come precedenti interventi sugli organi pelvici, infezioni utero ovariche, endometriosi, e altre patologie dell’apparato riproduttivo.
Una diagnosi tempestiva di eventuali patologie, quali insufficiente produzione di spermatozoi o assenza di ovulazione, consente spesso di intervenire sull’infertilità con trattamenti mirati, sia farmacologici sia chirurgici, ma, dove ciò non fosse possibile, la PMA può essere una valida opzione per concepire.
I cicli di PMA
Tutti gli esami a cui si sottopongono sia la donna che l’uomo prima, durante e dopo un ciclo di PMA vengono effettuati all’interno della struttura. In base alle cause di infertilità della coppia possono essere utilizzate differenti tecniche che, per legge, devono essere applicate con gradualità, cioè cominciando sempre dalle meno invasive, quindi partendo dal primo livello fino al terzo:
- primo livello: inseminazione intrauterina (IUD);
- secondo e terzo livello: fecondazione in vitro FIVET o ICSI.
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Inseminazione intrauterina
L’inseminazione intrauterina (IUI) è una metodica di primo livello del percorso PMA nella quale gli spermatozoi del partner vengono inseriti direttamente in cavità uterina, al fine di favorire l’incontro con i gameti femminili (ovociti). Si induce una blanda crescita follicolare multipla (massimo 3-4 follicoli) attraverso l’iniezione sottocutanea di basse dosi di gonadotropine (ormone follicolo-stimolante) o, in casi selezionati, l’assunzione orale di citrato di clomifene. Dopo alcuni giorni di terapia, la donna inizia un monitoraggio ecografico dell’ovulazione che ha lo scopo di valutare il numero e le dimensioni dei follicoli e ove ritenuto indispensabile un dosaggio di estradiolo e progesterone plasmatico. Dopo aver raggiunto un diametro follicolare corretto (intorno ai 18 mm), si induce l’ovulazione mediante l’iniezione sottocutanea od intramuscolare di HCG e si procede (circa 36 ore dopo) alla inseminazione, ossia al trasferimento in utero degli spematozoi, precedentemente trattati in laboratorio al fine di renderli più idonei al raggiungimento dell’ovocita.
- L’inseminazione avviene in ambulatorio, attraverso l’utilizzo di un catetere morbido introdotto attraverso la vagina e il collo dell’utero.
- Avvenuta l’inseminazione, la donna rimane sdraiata sul lettino ginecologico qualche minuto, poi si alza e può riprendere le normali attività.
In genere, dalla sera dell’inseminazione si inizia una terapia di supporto della fase luteale mediante l’assunzione di progesterone per i 14 giorni successivi all’inseminazione stessa. L’assunzione del progesterone ha lo scopo di sostenere l’endometrio (la mucosa di rivestimento della cavità uterina) e renderlo maggiormente adatto all’eventuale impianto di una gravidanza.
Dopo 14 giorni dall’esecuzione della procedura, viene richiesto alla donna di eseguire un prelievo ematico per la rilevazione dell’HGG e valutare quindi un eventuale stato di gravidanza. In caso di negatività del test di gravidanza, la procedura può essere ripetuta più volte, senza pausa tra un ciclo di stimolo ed il successivo, purché si esegua un’ecografia di controllo che verifichi l’assenza di ostacoli a procedere.
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Fecondazione in vitro (IVF)
Con secondo e terzo livello del percorso PMA si intende la fecondazione in vitro (anche chiamata IVF acronimo dall’inglese In Vitro Fertilisation). È la tecnica in cui le cellule della donna (ovociti) vengono aspirate fuori dall’involucro che le contiene (follicolo) e vengono fatte fecondare in vitro cioè “fuori dal corpo” con gli spermatozoi dell’uomo, ossia in laboratorio. Le opzioni di fecondazione in vitro sono diverse:
- FIVET: con questa metodica ovociti e spermatozoi vengono posti insieme in una piastra con terreno di coltura adatto e si lascia che gli spermatozoi penetrino l’ovocita in modo naturale;
- ICSI: è la microiniezione di un singolo spermatozoo direttamente all’interno della cellula uovo. È riservata ai casi in cui si teme che, con la semplice inseminazione dell’ovocita, ci possano essere problemi nell’ottenere la fecondazione, ed è considerata PMA di III livello quando è necessario l’utilizzo di spermatozoi prelevati chirurgicamente dal testicolo.
Fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione (FIVET)
La fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione (“FIVET“) è una tecnica di procreazione assistita tra le più comuni al mondo: si tratta di una fecondazione in vitro dell’ovulo con successivo trasferimento dell’embrione così formato nell’utero della donna. La FIVET comporta l’ottimizzazione del processo ovarico, e non è influenzata da alcuna malformazione dell’apparato genitale femminile, fornendo i medesimi risultati in tali casi. Ha una probabilità di gravidanza di circa il 28% dei cicli ovulatori femminili e tre quarti di queste arrivano al parto.
La FIVET è sempre più utilizzata per l’infertilità maschile, associata all’inseminazione artificiale con sperma di donatore. Permette di congelare gli embrioni in eccesso che, una volta soddisfatto il desiderio procreativo della coppia genitrice, possono essere donati ad altra coppia sterile. La procedura non è esente da rischi. Le emorragie e le infezioni sono rare. La somministrazione di ormoni alla donna comporta effetti quali aumento ponderale, vertigini, nausea, vomito, dolori addominali, nel breve periodo. Può indurre una sindrome di iperstimolazione, che necessita a volte il ricovero. Possono inoltre essere possibili effetti tumorigeni precipitosi, qualora sia presente una formazione tumorale sensibile. Nel lungo periodo si suppone possa aver ruolo nella comparsa di menopausa precoce. Infine, gli ormoni utilizzati possono dare effetti collaterali, non legati, cioè, alla risposta medesima. Si considera l’impianto di non più di tre embrioni, per un giusto equilibrio tra probabilità di gravidanza e rischio di gravidanza multipla.Le gravidanze multiple sono il 28% delle gravidanze con FIVET e sono da considerarsi patologiche per madre e prole. La procedura di una FIVET si divide nelle seguenti fasi:
- Alla donna vengono somministrati per via intramuscolare o sottocutanea dei farmaci (gonadotropine) finalizzati all’iperovulazione cioè allo sviluppo di più follicoli e quindi di un numero maggiore di cellule uovo (nel ciclo spontaneo ne viene prodotta di solito una sola), di modo che possa essere prelevato un numero maggiore di ovociti. La paziente viene sottoposta ad un monitoraggio teso a individuare il momento adatto a condurre a maturazione gli ovociti (ad esempio con la somministrazione di gonadotropine corioniche). Si procede quindi all’aspirazione ecoguidata dei follicoli, al fine di recuperare gli ovociti maturati;
- Il liquido follicolare viene esaminato in laboratorio e ne vengono recuperati gli ovociti ritenuti idonei alla fecondazione in base alla sola osservazione morfologica degli stessi, eseguita al microscopio. I gameti, cioè il seme maschile e l’ovocita della donna, vengono collocati insieme in un apposito recipiente affinché uno spermatozoo penetri nell’ovocita. Vengono a volte utilizzate delle tecniche di fertilizzazione assistita come l’ICSI (Intracytoplasmatic Sperm Injection, o iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo), tramite la quale lo spermatozoo viene iniettato direttamente nel citoplasma dell’ovocita;
- L’embrione così formatosi viene introdotto in utero per via vaginale, normalmente entro 72 ore, nella speranza che si annidi, cioè che “metta radici” nella mucosa uterina (endometrio) e possa ricevere dalla donna alimento, calore ed energie per continuare a svilupparsi.
Le percentuali di successo sono influenzate da molti fattori:
- la risposta da parte della donna alle terapie: in molti casi non viene prodotto un numero sufficiente di follicoli ed è quindi necessario ripetere la terapia con dosaggi diversi;
- la presenza di ovociti nel liquido follicolare: in alcuni casi gli ovociti non sono maturi e fecondabili o sono assenti;
- il grado di maturazione degli ovociti prelevati;
- la fertilità della paziente, che è molto influenzata dall’età;
Le percentuali di successo di questa metodica sono, pertanto, estremamente variabili.
Iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI)
L’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (“ICSI”, acronimo dell’inglese IntraCytoplasmatic Sperm Injection) consiste nella microiniezione di un singolo (spermatozoo), o di un suo precursore, direttamente nel (citoplasma) ovocitario.
L’ICSI è una tecnica che risolve casi di infertilità dovuti soprattutto a un fattore maschile di grado severo, ma che trova indicazione anche in caso di precedenti fallimenti con tecnica FIVET ed in caso di limitazioni nel numero di uova disponibili per l’inseminazione. Non esistono sostanziali differenze nella preparazione di un ciclo di ICSI rispetto alla tradizionale FIVET, tranne per ciò che riguarda le procedure di laboratorio. Questa tecnica consiste nel rimuovere meccanicamente tutte le barriere ovocitarie, costituite dalle cellule del cumulo e della corona radiata, ed ad introdurre un singolo spermatozoo selezionato direttamente all’interno del citoplasma ovocitario. Per questa procedura è necessario uno strumento di laboratorio che prende il nome di micromanipolatore. La ICSI offre l’enorme vantaggio di poter osservare e selezionare i gameti (ovociti e spermatozoi) prima del loro utilizzo, in modo da selezionare i “candidati” migliori. La ICSI è simile per procedimento alla FIVET ma con la sostanziale differenza che nel caso dell’ICSI si superano gli ostacoli della fecondazione dell’ovocita: infatti, mentre nella FIVET l’ovocita viene messo a contatto con gli spermatozoi, di cui uno penetra spontaneamente in vitro nell’ovocita, nella ICSI lo spermatozoo è micro-iniettato sotto guida microscopica all’interno dell’ovocita, tramite il micromanipolatore.
FIVET o ICSI?
Non c’è una risposta univoca a questa domanda, che ha una risposta diversa in base al caso specifico e soggettivo. La scelta fra la FIVET e la ICSI dipende non solo dalle caratteristiche del liquido seminale ma da diversi fattori come:
- l’età della donna;
- il numero di ovociti recuperati;
- il fatto che il problema riguardi più la donna, l’uomo o entrambi;
- la richiesta della coppia di criopreservare gli ovociti.
Sarà ovviamente il medico a valutare la situazione ed a consigliarvi il metodo specifico migliore per voi. Le procedure chirurgiche necessarie prevedono interventi minimamente invasivi e poco dolorosi e sono considerate a basso rischio chirurgico (le complicanze gravi sono, infatti, molto rare). Per permettere alla donna di affrontare un ciclo di PMA in tutta serenità, l’equipe consiglia di condurre una vita normale prima, durante e anche dopo il trattamento.
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Surrogazione di maternità (“utero in affitto”)
Qualora la PMA fallisca, altre due opzioni sono l’adozione (legale in Italia) o la surrogazione di maternità (illegale in Italia). La surrogazione di maternità (anche chiamata gestazione per altri o surrogazione gestazionale o gestazione d’appoggio o impropriamente utero in affitto) è una tecnica di procreazione assistita in cui una donna, detta gestante per altri, portatrice gestazionale o gestante d’appoggio, provvede alla gestazione per conto di una o più persone, che saranno il genitore o i genitori del nascituro. Il ricorso a tale tecnica di solito viene sancito attraverso un contratto di surrogazione gestazionale; in esso, il futuro genitore o i futuri genitori e la gestante per altri dettagliano il procedimento, le sue regole, le sue conseguenze, il possibile contributo alle spese mediche della gestante e l’eventuale retribuzione della gestante stessa per il servizio offerto. La fecondazione può essere effettuata con spermatozoo (gamete) e ovuli sia della coppia sterile sia di donatori e donatrici attraverso concepimento in vitro. La surrogazione in pratica si ha quando una donna si presta a portare a termine un’intera gravidanza, fino al parto, su commissione di single o coppie incapaci di generare o concepire un bambino/a.
IMPORTANTE: In Italia la surrogazione di maternità costituisce una pratica medica vietata dalla legge. Qualora si optasse di usufruire di questa pratica in Paesi esteri che lo permettono, si pongono alcuni problemi. Le norme italiane consentono il riconoscimento automatico dei genitori biologici e ammettono quindi la trascrizione dell’atto di nascita del neonato. Non sussistendo nell’ordinamento una norma che permetta il riconoscimento automatico del rapporto di genitorialità, si pone il problema del riconoscimento del legame familiare tra il/la figlio/a e il genitore non biologico (o genitore sociale); situazione che si verifica allorché l’ovulo o lo spermatozoo siano donati da un soggetto terzo. L’ipotesi è tipica delle coppie eterosessuali, quando la madre non è in grado di fornire l’ovulo alla donna portatrice, e delle coppie omosessuali. In assenza di una disciplina che permetta l’instaurarsi del legame parentale tra il neonato e il genitore sociale, alcune famiglie si sono rivolte alla magistratura evidenziando come il quadro normativo precluda il diritto del minore a vedere riconosciuto il suo rapporto con il genitore sociale.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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