Cartilagini, tendini e altri scarti triturati finiscono nel pink slime del tuo hamburger

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO HAMBURGER PATATINE FRITTE PATATE PANINO FAST FOOD JUNK FOOD FRITTI DIETA DIMAGRIRE GRASSI (9)Non leggete questo articolo se state per pranzare o cenare!

Gli Stati Uniti sono tra i principali consumatori di carne bovina al mondo e da alcune settimane il mercato delle carni è in agitazione, con i produttori che cercano di rassicurare i clienti, alla ricerca di garanzie e maggiore trasparenza, sulla genuinità dei loro prodotti. Nei primi giorni dello scorso marzo l’emittente televisiva ABC News ha mandato in onda una serie di servizi sull’utilizzo da parte dell’industria della carne bovina del cosiddetto pink slime (letteralmente “melma rosa”), una poltiglia a basso costo ottenuta con gli scarti di lavorazione delle carni bovine che viene poi aggiunta in percentuali variabili alla carne macinata – per aumentarne peso e volume – e venduta nei supermercati e nei ristoranti. Il sistema viene impiegato già da diversi anni ma l’esistenza del pink slime non era particolarmente nota, anche perché i produttori non sono obbligati a segnalare sulle confezioni la presenza dell’additivo. Per produrre il pink slime vengono utilizzate le carni di scarto degli altri processi produttivi. Gli scarti, che possono anche comprendere cartilagini, tendini e altri tessuti connettivi, vengono triturati molto finemente e separati dal grasso grazie al calore e a particolari centrifughe.

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La crosticina della carne alla griglia fa male al tuo cuore

MEDICINA ONLINE MANGIARE DIETA CIBO DIMAGRIRE PROTEINE CARNE SALUMIAlla fine è sempre così: le cose più buone spesso fanno male. Questa volta sotto osservazione ci va a finire addirittura la crosticina che si forma sulla carne quando viene cucinata alla griglia. Perché? E’ colpa degli AGE, gli Advanced Glication End products o “prodotti avanzati della glicazione”: un acronimo che dovremo purtroppo imparare a conoscere, se i dati raccolti da alcuni ricercatori americani saranno confermati come pare probabile. La responsabile dello studio in questione è Karen Chapman-Novakofski, una nutrizionista dell’Università dell’Illinois a Urbana; la dottoressa ha analizzato dieta e rischio cardiovascolare di 65 persone, sia messicani che bianchi, scoprendo che all’aumentare dell’introito di AGE cresce la probabilità di eventi cardiovascolari (per ogni “unità” arbitraria di AGE in più il rischio quadruplica quasi).

Chapman-Novakofski ha affermato: «Mangiare meno grassi saturi e più frutta, verdura e fibre in generale è sicuramente fondamentale per i diabetici, ma questi dati indicano che conta molto anche il modo in cui prepariamo i cibi. Per anni i nutrizionisti hanno raccomandato ai diabetici di cuocere gli alimenti al forno o alla griglia, senza friggerli; i nostri dati indicano che questo è vero, ma che con la griglia bisogna fare attenzione perché gli AGE si formano proprio durante la cottura “asciutta” ad alte temperature. E gli AGE, è noto, si associano a un incremento della formazione di placche aterosclerotiche».

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Vuoi vivere fino a 140 anni? Fai come il popolo degli Hunza

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Vivono ai piedi della catena dell’Himalaya, in una valle al nord del Pakistan, al confine con la Cina, e sono famosi in tutto il mondo per la loro longevità e il loro perfetto, quanto singolare, stato di salute: sembra non si ammalino mai. Vivono in media ben oltre i 100 anni, secondo alcune fonti arrivando perfino a 140 anni, gli uomini lavorano nei campi anche quando sono ultracentenari, hanno figli oltre i 70 anni, godono di un’ottima salute che li rende praticamente immuni da malattie, dalle semplici febbri fino ad arrivare a quelle degenerative, neurologiche o al cancro.

Sono gli Hunza, popolo misterioso, già oggetto di studi fin dal periodo della colonizzazione inglese di questa porzione di Asia. Un medico scozzese, Mec Carrison, accettò il posto di medico nelle Indie britanniche proprio per conoscere questa popolazione e il suo segreto di lunga vita, rimanendo sbalordito di fronte alla capacità degli Hunza di lavorare senza stancarsi, coltivando la terra o arrampicando in montagna, con carichi di pesi sulle spalle, o ancora di percorrere fino a 200 km in un solo giorno senza apparentemente affaticarsi. Tutte doti che li hanno resi famosi e particolarmente ricercati come portatori di carichi pesanti durante le spedizioni sull’Himalaya.

Il loro segreto? Nel suo libro “Gli Hunza” Ralph Bircher cerca di spiegare i motivi di tale longevità, da attribuirsi soprattutto allo stile di vita, basato su un’alimentazione vegetariana, frutto solo delle proprie coltivazioni. Questo popolo himalayano sembra infatti aver rifiutato il progresso tecnologico: si cibano (a volte molto poco, specie nel periodo invernale, quando il cibo scarseggia e arrivano a fare anche digiuni di una settimana) prevalentemente di miglio, orzo, grano saraceno, frutta, germogli di piselli, noci, legumi lessati, verdure come spinaci, rape e pomodori. Nella loro dieta rientrano anche formaggi (ma solo freschi o fermentati), pochissima carne e praticamente nessun condimento.

Tra i segreti della longevità degli Hunza ci sarebbe anche la particolare acqua alcalina che bevono: diversi studi hanno appurato che l’acqua bevuta da questa popolazione ha un elevato pH, con notevole potere antiossidante e un elevato contenuto di minerali colloidali, che renderebbero più sopportabile anche il digiuno.

Anche ai piedi dell’Himalaya, però, sta arrivando il progresso e, nonostante il rifiuto da parte del popolo Hunza, qualcuno ha iniziato ad introdurre anche tipici prodotti industriali, dalla farina 0 impoverita, allo zucchero bianco raffinato, al sale sbiancato chimicamente. Secondo alcuni esperti, i primi segni di questa “globalizzazione” si starebbero già vedendo, dalla comparsa della carie alle prime patologie cardiovascolari. Colpa di quello che qualcuno chiama “inquinamento evolutivo”?

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Carne creata in vitro con cellule staminali di mucca: la mangeranno anche i vegetariani?

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO MEDICINA ONLINE LABORATORIO RICERCA OSPEDALE SCIENZA SCIENZIATO MICROSCOPIO VETRINO FARMACI CHIMICA TEST ESPERIMENTO ANALISI CLINICHE BIOLOGIA MICROBIOLOGIA VIRUS LABORATORYUn hamburger creato a partire da cellule staminali bovine sarà presto servito nei ristoranti di Londra: è il risultato di anni di ricerche dirette dal Dott. Mark Post in Olanda, che spera così di mostrare al mondo che la “carne in vitro” può divenire a breve una fonte di nutrimento.
Una “carne in vitro”, per definizione, è una carne artificiale. Nella fattispecie questo hamburger è stato concepito utilizzando cellule del collo di una mucca grazie a tecniche sviluppate per la creazione di organi. Le cellule staminali hanno la capacità di trasformarsi in una moltitudine di altre cellule, comprese quelle muscolari necessarie alla carne di hamburger.

Niente grasso

L’équipe del Dott. Post ha utilizzato alcune decine di miliardi di cellule muscolari per creare 20.000 fibre di tessuti muscolari molto fini. Per cui questo hamburger in vitro non è composto di nessuna materia grassa, assicura il Dott. Post al quotidiano New York Times, precisando che il gusto è ragionevolmente buono.
Lo scienziato stima che il costo della carne in vitro dovrebbe in futuro considerevolmente abbassarsi. Ma precisa che ci sono ostacoli maggiori che dovranno essere risolti dagli scienziati prima che cominci la produzione in massa.

Ostacoli

L’ostacolo principale a cui la comunità scientifica deve far fronte non è tanto scientifico ma culturale: non solo dovrà convincere la società che la carne coltivata in un laboratorio non presenta alcun pericolo, ma dovrà anche persuaderla a cambiare alcune abitudini alimentari, una difficoltà non di poco conto.
Un primo passo per smettere l’allevamento intensivo, che porta anche a danni ecologici ambientali? Come si comporteranno i vegetariani e le persone che preferiscono non mangiare carne o pesce per scopi culturali e religiosi?

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Kebab: che carni contiene? Sai quanto fa male alla salute?

DIstrazione

kebab fa male alla saluteUna moda spopolata in tutta Europa, il kebab è diventato il fast food più diffuso, da Londra a Barcellona, Roma, Berlino, Parigi, milioni di persone lo mangiano ogni giorno, senza sapere che cos’è e quanto pericoloso è per la salute.

Il sapore del grasso
Mahmut Aygun, emigrato in Germania dalla Turchia negli anni Settanta è stato uno dei primi fautori della diffusione di questo alimento nel nostro continente. Pare che, originariamente, nei paesi arabi dove è nato, il kebab fosse un piatto artigianale e rustico di carne, anche abbastanza fresco e nutriente, servito con verdure e salse speziate. Il Doner Kebab (ovvero la versione “da passeggio”, diffusa dalla Germania in tutta Europa, ndr), invece, non ha niente di nutriente, né di buono, purtroppo. Quel sapore anche “non male” e a volte appetitoso, che chiunque abbia mangiato un kebab conosce, non è nient’altro il risultato della lavorazione della carne con quantità spropositate di grasso animale e spezie: questo è quello che inganna il palato. Chi è abituato a mangiare hamburger da McDonald od altre schifezze del genere, sa bene che il panino sembra buono: questo è solo un sapore indotto dal grasso utilizzato nel processo di lavorazione della carne.

Cosa contiene un kebab?
Vi propongo i risultati di un’analisi condotta in Inghilterra da un equipe di scienziati e nutrizionisti (il testo integrale della ricerca è in questo link) e spero che vi facciano cambiare idea al momento di decidere se entrare in un “ristorante” che offre kebab.

  • più del 50% dei Doner Kebab contiene carne diversa da pollo o vitello, la maggioranza dei kebab sono un miscuglio di carni diverse, tra cui quella di pecora e di maiale;
  • a parte nei kebab realizzati con un’amalgama di carni di vitello, pollo, tacchino, pecora, maiale, in circa il 9% dei casi non si è potuta individuare con chiarezza la natura della carne utilizzata nel processo di triturazione;
  • un kebab contiene tra il 98% (nel migliore dei casi analizzati) ed il 277% della quantità giornaliera di sale accettabile, oltre la quale la salute di un essere umano è a rischio;
  • un singolo kebab contiene tra le 1.000 e le 1.990 calorie (senza considerare le verdure e le salse);
  • un altro dato scandaloso è che ogni kebab contiene tra il 148% ed il 346% della quantità di grassi saturi assimilabili giornalmente da un essere umano (sempre considerando solo la carne);

La totalità dei kebab diffusi dalla Germania in tutta Europa, contengono una quantità elevatissima di conservanti ed additivi chimici, necessari per poter assicurare la conservazione del prodotto per mesi. Inoltre, durante il loro trasporto ed all’interno degli stessi stabilimenti dove sono venduti al pubblico, questi rotoloni di “carne” sono soggetti a gravi interruzioni della catena del freddo, in seguito a continui e ripetuti congelamenti e descongelamenti.

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