Differenza tra TURP, TURV e TURB

MEDICINA ONLINE BIOPSIA PROSTATICA TRANSURETRALE prostate biopsy transurethral

Cos’è la TURV

Con “resezione vescicale transuretrale” (da cui l’acronimo “TURV“) in medicina si intende un intervento chirurgico endoscopico eseguito solitamente dopo la diagnosi di un tumore della vescica. Prevede l’utilizzo di uno strumento endoscopico inserito nella vescica attraverso il meato uretrale (l’apertura dell’uretra, attraverso cui l’urina fuoriesce) e pertanto non comporta alcuna incisione cutanea. Lo strumento con cui si esegue questo intervento endoscopico si chiama resettore: si tratta di un tubo rigido metallico del diametro di circa 8-9 mm che viene inserito attraverso l’uretra fino ad arrivare all’interno della vescica.
Nella sua estremità endovescicale il resettore è dotato di una piccola ansa metallica che con il passaggio della corrente elettrica consente di tagliare (o “resecare”) piccole fette di tessuto tumorale.

Cos’è la TURB

La “resezione vescicale transuretrale” (“TURV“) viene anche chiamata “TURB“, acronimo dall’inglese “trans-urethral resection of bladder”. TURV e TURB quindi sono due acronimi che indicano la stessa identica cosa e possono essere usati come sinonimi.

Cos’è la TURP

Con “resezione transuretrale della prostata” (anche chiamata “TURP“) si intende invece un intervento chirurgico endoscopico per mezzo del quale si provvede alla rimozione parziale della prostata, eseguito solitamente negli uomini con ipertrofia prostatica benigna e problemi urinari associati a tale ipertrofia (bisogno frequente di urinare, difficoltà nell’iniziare la minzione, nicturia…). Il chirurgo accede alla prostata per mezzo del resettoscopio (in inglese “resectoscope”), il quale viene inserito attraverso l’apertura dell’uretra presente nel pene (vedi immagine in alto). Ovviamente, l’estremità dello strumento che viene spinta a livello prostatico è quella dotata di luce, telecamera e gancio metallico a emissione di scariche elettriche. Grazie alla luce e alla telecamera del resettoscopio, il medico curante è in grado di vedere, su un monitor esterno opportunamente collegato, l’esatta posizione dello strumento. Ciò gli permette di “muoversi” con estrema disinvoltura e di individuare la porzione di prostata in eccesso, che è necessario eliminare. Individuato il tessuto prostatico anomalo, mette in funzione la corrente elettrica attraverso il gancio metallico e comincia a “sezionare” le parti di prostata in eccesso. Per approfondire: Biopsia prostatica: preparazione, rischi, convalescenza, risultati

In entrambi i tipi di intervento si procede quindi in modo endoscopico (senza tagli, senza chirurgia “a cielo aperto”, con tutti i vantaggi che ne conseguono) con strumenti che raggiungono i rispettivi bersagli dopo essere stati inseriti nell’uretra tramite il meato uretrale. Nel caso della TURP l’obiettivo è l’asportazione di parte di una prostata ipertrofica, mentre nel caso del TURB l’obiettivo è la rimozione di una formazione tumorale della vescica.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Resezione vescicale transuretrale (TURB): quando si fa ed effetti collaterali

MEDICINA ONLINE CHIRURGO CHIRURGIA OPERAZIONE CHIRURGICA TERAPIA ASPORTAZIONE BISTURI SALA OPERATORIA TUMORE CANCRO SUTURA MASSA TUMORALE STADIAZIONE MAMMELLA POLMONI TECNICA GENERALE ADDOMINALE BIOPSIA AGOASPIRATOCon “resezione vescicale transuretrale” (o “TURV”) in medicina si intende un intervento chirurgico endoscopico eseguito solitamente dopo la diagnosi di un tumore della vescica. Prevede l’utilizzo di uno strumento endoscopico inserito nella vescica attraverso il meato uretrale (l’apertura dell’uretra, attraverso cui l’urina fuoriesce) e pertanto non comporta alcuna incisione cutanea. Questo intervento viene spesso chiamato anche con i termini di TURB (“trans-urethral resection of bladder), TURBT (“trans-urethral resection of bladder tumor”) o TURBC (“trans-urethral resection of bladder cancer”).

I tumori della vescica rappresentano una patologia abbastanza frequente e originano dalle cellule epiteliali che costituiscono il rivestimento interno della vescica (epitelio vescicale o urotelio). Essi vengono distinti in due diversi gruppi in base alla profondità della loro crescita all’interno della parete vescicale:

  1. tumori superficiali: si estendono solo nei primi strati della parete;
  2. tumori infiltranti: sono in grado di crescere negli strati più profondi dove è presente il tessuto muscolare vescicale.

Dopo la diagnosi di un tumore vescicale (che di solito avviene mediante la cistoscopia ambulatoriale), il passo successivo per tutti i pazienti in buone condizioni di salute è rappresentato dall’intervento endoscopico di TURV. La TURV ha un duplice scopo:

  1. rimuovere il tumore in modo completo (quando possibile);
  2. stadiare il tumore: ovvero indicare l’entità della crescita all’interno della parete – permettendo quindi di capire se il tumore è superficiale o infiltrante – e identificare il grado di differenziazione cellulare (o grading).

In presenza di un tumore vescicale superficiale la TURV ha un ruolo terapeutico e il paziente – salvo alcune eccezioni – viene considerato guarito e può essere avviato al follow up senza ricorrere ad ulteriori interventi. In questi casi vengono spesso eseguite successive terapie mediche endovescicali con lo scopo di ridurre il rischio di recidive tumorali.

Al contrario, se in seguito alla TURV la stadiazione del tumore ha consentito di individuare una neoplasia infiltrante, il paziente dovrà essere valutato per eseguire un successivo intervento chirurgico a “cielo aperto” con rimozione completa della vescica (cistectomia radicale). In questo caso la TURV non ha un valore curativo ma consente la precisa stadiazione del tumore.

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Gli strumenti utilizzati:

Lo strumento con cui si esegue questo intervento endoscopico si chiama resettore: si tratta di un tubo rigido metallico del diametro di circa 8-9 mm che viene inserito attraverso l’uretra fino ad arrivare all’interno della vescica.
Nella sua estremità endovescicale il resettore è dotato di una piccola ansa metallica che con il passaggio della corrente elettrica consente di tagliare (o “resecare”) piccole fette di tessuto.
La parte del resettore che rimane all’esterno del paziente presenta:

  • l’impugnatura per l’operatore (con la quale si può manovrare l’ansa),
  • la zona di ingresso e uscita dei liquidi di lavaggio,
  • i raccordi per l’ingresso della fonte luminosa e della corrente elettrica,
  • un oculare al quale viene collegata la telecamera che proietterà le immagini della vescica su un monitor.

Come avviene l’intervento di TURV?

L’intervento di TURV può essere eseguito in anestesia generale o in anestesia loco-regionale (spinale o peridurale). Il paziente è posto sul lettino operatorio a gambe divaricate sorrette da appositi supporti. L’urologo si posiziona tra le gambe del paziente. Lo strumento endoscopico appositamente lubrificato viene inserito sotto controllo visivo nell’uretra e fatto risalire fino a raggiungere l’interno della vescica. La vescica viene quindi distesa da un’ apposita soluzione irrigante e si procederà quindi all’identificazione e alla resezione del tumore vescicale (che può essere unico o multiplo). Il materiale asportato viene recuperato e inviato per l’esame istologico. Al termine della resezione si possono eseguire biopsie della base d’impianto del tumore o di altre zone vescicali di aspetto dubbio. Successivamente si procede all’elletrocoagulazione delle aree vescicali dove è stata eseguita la resezione in modo da cauterizzare i vasi sanguigni e ridurre il rischio di successivi sanguinamenti. Questa fase (chiamata emostasi) può essere eseguita mediante l’impiego di particolari anse del resettore a forma sferica o a forma di rullo. Al termine dell’intervento viene sempre posizionato un catetere vescicale. In casi particolari – in cui il tumore vescicale si trovi a livello di uno degli osti ureterali (ovvero il punto in cui l’uretere raggiunge la vescica) – può essere necessario posizionare anche un catetere ureterale o uno stent a doppia J.

Quanto dura una TURV?

La durata di questo intervento è variabile in relazione alle dimensioni e al numero delle neoformazioni: può richiedere solo alcuni minuti cosi come avere una durata superiore all’ora.

Il decorso postoperatorio:

Spesso nelle prime 24 ore dopo l’intervento si esegue un lavaggio continuo della vescica con soluzione fisiologica introdotta attraverso il catetere vescicale. Questo lavaggio riduce il rischio della formazione di coaguli di sangue all’interno della vescica. Il catetere viene solitamente rimosso nella seconda o terza giornata postoperatoria e successivamente – dopo aver verificato la normale ripresa della minzione e controllato il colore delle urine – il paziente potrà essere dimesso.

Quali sono le complicanze più comuni?

La TURV è un intervento generalmente associato a un basso rischio di complicanze. Le complicanze più frequenti sono:

  • Infezioni delle vie urinarie, prostatiti, orchi-epididimiti, febbre.
  • Sanguinamento vescicale (ematuria). In alcuni casi può richiedere trasfusioni di sangue; molto raramente può rendere necessario un secondo intervento endoscopico per coagulare la fonte del sanguinamento.
  • Perforazione della vescica. In alcuni casi può essere voluta nell’intento di rimuovere tumori profondi. Di solito si risolve spontaneamente mantenendo qualche giorno in più il catetere vescicale. In casi moto rari (soprattutto quando la perforazione avviene verso la cavità peritoneale) può richiedere un intervento chirurgico a cielo aperto con la sutura della breccia vescicale ed eventuale riparazione delle lesioni di altri organi coinvolti.
  • Lesioni uretrali: in genere si risolvono spontaneamente. I casi rari possono avere come esito tardivo una stenosi uretrale.
  • Lesioni degli osti ureterali: si verificano quando il tumore è localizzato in tale sede. In casi rari possono causare reflusso vescico-ureterale o stenosi ureterale con conseguente dilatazione della via urinaria a monte (“idro-uretero-nefrosi”).
  • Ritenzione urinaria: può essere causata dalla presenza di coaguli vescicali oppure da preesistenti cause ostruttive, come l’ipertrofia della prostata. SI risolve in genere spontaneamente.
  • Sindrome da riassorbimento: è una complicanza molto rara, possibile soprattutto per interventi di lunga durata, superiore all’ora. E’ dovuta al riassorbimento del liquido di lavaggio e può portare a complicanze anche severe come l’edema polmonare, l’insufficienza renale e l’edema cerebrale, che possono richiedere il trasferimento nel reparto di rianimazione.

Come per qualsiasi tipo di intervento chirurgico, esistono infine anche le complicanze relative all’anestesia e alle manovre ad essa collegate.

Il rischio di recidiva del tumore vescicale:

I tumori della vescica si distinguono dalla maggior parte delle altre forme tumorali per un’elevata tendenza a recidivare (ovvero a ripresentarsi a distanza di tempo) anche dopo un’asportazione completa. Questo evento non deve essere in alcun modo considerato una complicanza dell’intervento e non significa che il precedente intervento sia stato eseguito in modo errato o non completo. Questa tendenza alla recidiva deriva dal fatto che l’urotelio dei pazienti affetti da neoplasia vescicale presenta diffusamente delle alterazioni che predispongono la nascita del tumore.

Quando è necessario eseguire una seconda TURV?

In certe situazioni è utile eseguire un secondo intervento di TURV a distanza di poche settimane dal primo: si parla in questi casi di “TURV second-look”. Questo accade quando la prima TURV ha evidenziato la presenza di tumori con determinate caratteristiche:

  • neoplasie vescicali superficiali con infiltrazione dei tessuti sottoepiteliali (si definiscono di categoria T1),
  • neoplasie vescicali superficiali formate da cellule paricolarmente maligne (di grado G3).

Queste forme tumorali un po’ più pericolose richiedono pertanto una seconda resezione endoscopica per avere un’ulteriore conferma che il tumore sia stato asportato in modo completo.

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Sangue nelle urine (ematuria): iniziale, terminale, microscopica e macroscopica asintomatica

MEDICINA ONLINE URINA SCURA CHIARA COLORE MALATTIE RENI SALUTECon “ematuria” in medicina si intende la presenza di sangue nelle urine. A seconda della quantità di sangue si distinguono due tipi principali di ematuria:

Macroematuria (o ematuria macroscopica)

L’ ematuria è macroscopica quando il quantitativo di sangue eliminato è così elevato da modificare macroscopicamente il colore delle urine, le quali tendono ad assumere un aspetto da francamente rosso a marrone, a seconda della quantità di sangue presente.

  • Un’ematuria franca (color rosso) indica un considerevole sanguinamento in atto,
  • l’ematuria “a lavatura di carne” indica un lieve sanguinamento,
  • l’ematuria color “marsala” o “coca-cola” può indicare un sanguinamento pregresso oltre che alla emoglobinuria.

Sono sufficienti 2 millilitri si sangue in un litro di urina per causare un cambiamento visibile del colore.

Microematuria (o ematuria microscopica)

L’ematuria è microscopica quando il quantitativo di sangue eliminato è modesto e non modifica il colore delle urine, che rimangono del loro classico colore giallastro. Dal momento che la microematuria non porta a tracce di sangue visibili ad occhio nudo, viene diagnosticata solo con un esame delle urine, effettuabile con le strisce reattive o con l’esame microscopico del sedimento urinario dopo centrifugazione. In quest’ultimo caso per parlare di microematuria è necessaria la presenza di almeno 5 globuli rossi per campo microscopico all’ingrandimento di 40X.

L’ematuria può inoltre essere:

  • sintomatica: quando determina sintomi nel paziente.
  • asintomatica: quando non determina sintomi nel paziente.

Se la microematuria è asintomatica (cioè il paziente non prova alcun sintomo, ad esempio il dolore) accade spesso che la microematuria venga diagnosticata per puro caso, durante una analisi delle urine effettuata per altri motivi. L’ematuria microscopica può essere accompagnata dai sintomi irritativi urinari (frequenza, urgenza, nicturia, ovvero quelli della cistite), nel qual caso suggerisce un’origine infiammatoria, oppure essere l’unico sintomo, per cui viene detta ematuria “a ciel sereno”.

In base alla frequenza di ematuria (distanza tra diversi episodi di ematuria), si distinguono:

  • ematurie continue: l’ematuria si verifica ad ogni emissione di urina;
  • ematurie periodiche: a comparsa in parte prevedibile;
  • ematurie intermittenti: a comparsa imprevedibile.

Infine l’ematuria può essere distinta in base al momento di comparsa durante la minzione:

  • ematuria iniziale: il sangue è presente solo nella fase iniziale della minzione (poi l’urina torna normale), il che suggerisce un’origine prostatica o uretrale del sanguinamento;
  • ematuria terminale: il sangue è presente solo nella fase terminale della minzione (l’urina era inizialmente normale);
  • ematuria totale (od omogenea): il sangue è presente in modo omogeneo durante tutta la minzione.

Se il sangue durante la minzione è presente solo all’inizio (ematuria iniziale) o alla fine (ematuria terminale) è probabile che il sanguinamento abbia un’origine bassa: dall’uretra, dalla prostata o dal collo vescicale. Quando invece il sangue è presente in modo omogeneo durante la minzione (ematuria “totale”) abbiamo verosimilmente a che fare con un problema con sede più alta: reni, ureteri o vescica.

La presenza o l’assenza di coaguli (ovvero di grumi di sangue) può aiutare nella diagnosi differenziale: . Non sono mai presenti nelle ematurie renali di pertinenza nefrologica e quando hanno una forma filiforme posso indicare un’origine alta del sanguinamento.

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Cause di ematuria

Dal momento che il sanguinamento che determina l’ematuria può avvenire virtualmente in qualsiasi parte del vasto apparato urinario, le cause di ematuria sono pertanto molteplici e le manifestazioni possono essere diverse a seconda del tessuto interessato. In caso di causa urologica, i tratti del sistema renale potenzialmente interessati sono:

  • rene;
  • pelvi/ureteri (cioè i collegamenti tra rene e vescica);
  • vescica;
  • prostata;
  • uretra.

Esistono anche delle cause non urologiche di ematuria:

  • Terapie con farmaci anticoagulanti o antiaggreganti.
  • Malattie sistemiche (patologie emorragiche, anemia falciforme, policitemia vera e poliglobulie in genere, emopatie a decorso acuto).
  • Cause extraurogenitali: per presenza di neoplasie intestinali o ginecologiche con infiltrazione delle vie urinarie; molto raramente durante forme infiammatorie intestinali (appendicite, diverticolite, morbo di Crohn, colite ulcerosa).
  • Ematuria da esercizio fisico: tipica dei giovani.
  • Ematuria idiopatica: è un sanguinamento in cui semplicemente non è possibile identificare la causa.

Sanguinamento renale

I globuli rossi possono provenire dai glomeruli renali. In questo caso essi subiscono delle modificazioni durante il passaggio nei tubuli renali e all’esame microscopico del sedimento urinario essi risulteranno essere globuli rossi mal conservati. In tal caso si parla di ematuria glomerulare ed essa è di norma conseguenza di un danno glomerulare o di una glomerulonefrite. I globuli rossi provenienti dal rene possono aggregarsi e formare dei cilindri ematici patognomonici (cioè caratteristici) di ematuria glomerulare e quindi di glomerulonefrite. La diagnosi si pone in base all’anamnesi che rileva le caratteristiche del sanguinamento, alla ecografia renale, che esclude altre cause, alle caratteristiche dei globuli rossi all’esame microscopico del sedimento urinario. Una diagnosi più approfondita richiede la biopsia renale. La presenza di macroematuria glomerulare è un sintomo da considerare accuratamente in quanto può essere segno di attivazione di una glomerulonefrite che può sfociare in insufficienza renale acuta ed altri sintomi gravi. Più raramente il sanguinamento renale è causato dalla rottura di una cisti. Ciò accade specie nei soggetti affetti da rene policistico e, seppur raramente, il sanguinamento in tal casi può essere molto abbondante. Il sanguinamento renale può anche essere dovuto a un tumore renale. In questo caso l’ematuria è spesso microscopica. Una rara causa di sanguinamento renale è la necrosi papillare, cioè la necrosi di una delle papille renali. Le cause più frequenti di necrosi papilare sono l’abuso di farmaci analgesici e l’anemia drepanocitica, detta anche drepanocitosi o anemia a cellule falciformi. Nei casi di rottura di cisti, tumore renale e necrosi papillare, i globuli rossi non subiscono modificazioni durante il passaggio attraverso i tubuli renali e pertanto saranno di norma visibili al microscopio come globuli rossi ben conservati. Esistono altre cause rare di ematuria di provenienza renale. Fra questa la sindrome dello schiaccianoci (nutcracker syndrome). In questa condizione, malformativa e frequentemente benigna, la vena renale sinistra viene “schiacciata” fra l’aorta addominale e la arteria mesentericasuperiore. L’aspetto dei vasi alla arteriografia, con un po’ di fantasia, può ricordare uno schiaccianoci. La diagnosi si sospetta con l’ecografia renale e si conferma con la venografia o con la Angio-Risonanza Magnetica Nucleare (angio RMN) addominale. Solo in rari casi questa sindrome si associa ad ematurie frequenti, dolori lombari e, a volte, proteinuria: in tali casi la terapia è chirurgica

Loin pain-hematuria syndrome

La Loin pain-hematuria syndrome è una sindrome caratterizzata da microematuria o a volte macroematuria con globuli rossi mal conservati e dolori al fianco (di norma all’angolo costo-vertebrale). Essa è tipica delle donne giovani e le cause sono ignote. La diagnosi è per lo più per esclusione di altre patologie. L’ipercalciuria (cioè l’eccessiva eliminazione di calcio con le urine) e l’iperuricosuria (cioè l’eccessiva eliminazione di acido urico con le urine) possono causare una micorematuria di provenienza renale, ma con globuli rossi ben conservati. La diagnosi si pone con il dosaggio del calcio o dell’acido urico nelle urine emesse nelle 24 ore, dopo aver escluso altre patologie con appropriate indagini.

Sanguinamento pelvico e ureterale

Il più delle volte esso è dovuto a un calcolo. Se il calcolo è nella pelvi renale può non dare alcun sintomo, anche se di grandi dimensioni, ma il suo attrito con la parete pelvica spesso determina piccole perdite di sangue evidenziabili come microematuria, o più raramente, con episodi di macroematuria senza dolori colici. Se invece il calcolo si impegna nell’uretere di norma compare il dolore tipico della colica renale e questo può associarsi a micro o macroematura dovuta alla lesione della parete ureterale da parte del calcolo. Se il calcolo ostruisce l’uretere in maniera completa il dolore e l’ematuria possono cessare in quanto l’urina non defluisce dal rene “ostruito” dal calcolo. Questa condizione, a volte insidiosa, può essere evidenziata con una ecografia renale, di norma è necessario completare le indagini con una urografia o una uroTAC. Ematuria pelvica od ureterale può essere dovuta a tumori della pelvi o dell’uretere, che tuttavia sono relativamente rari.

Sanguinamento vescicale

La maggior parte delle ematurie originano dalla vescica, specie nelle donne e nelle persone anziane. Poiché le ematurie vescicali possono comportare la formazione di coaguli eliminati durante la minzione, una ematuria con coaguli orienta la diagnosi verso un sanguinamento vescicale. Fra le cause di sanguinamento vescicale la più frequente è la cistite, di solito dovuta a infezione batterica (soprattutto nel sesso femminile e nelle donne giovani). Esistono tuttavia altre cause di cistite e fra tutte la più importante è la sindrome della cistite interstiziale. Seguono le cistiti da farmaci e da radiazioni. Nella cistite all’ematuria possono associarsi stranguria (minzione dolorosa), disuria (minzione lenta e difficile), pollachiuria (necessità di urinare frequentemente anche piccoli volumi di urina) e a volte minzione imperiosa e incontinenza vescicale. La diagnosi si pone con l’esame delle urine e l’urinocoltura che consente una terapia antibiotica mirata. Segue come frequenza la presenza di neoformazioni vescicali, benigne polipo o papilloma o maligne. La loro frequenza aumenta con l’età ed è maggiore nel sesso maschile. La diagnosi si pone con l’ecografia vescicale cui segue di norma la cistoscopia finalizzata anche al prelievo bioptico che consente una più definita diagnosi del tipo di lesione. L’esame citologico delle urine può orientare la diagnosi. Più rara la calcolosi vescicale, più frequente nei pazienti che non svuotano correttamente la vescica per ipertrofia prostatica o per danni neurologici. Il calcolo presente in vescica può accrescersi notevolmente e determinare sanguinamento per lesioni alle pareti. Anche in questo caso la diagnosi si effettua con l’ecografia vescicale. Successivamente una cistoscopia consente la rimozione del calcolo.

Sanguinamento prostatico

Il sanguinamento prostatico può essere dovuto a prostatiti, ipertrofia prostatica benigna e neoplasie della prostata. Nel primo caso si associa a dolore o senso di peso pelvico. La diagnosi si pone con l’esplorazione rettale e l’ecografia, che oltre che con la tradizionale tecnica transaddominale, per un maggiore approfondimento diagnostico può essere eseguita con particolari sonde rettali.

Sanguinamento uretrale

È dovuto ad uretriti o a stenosi dell’uretra ed è pressoché esclusivo del sesso maschile. Molto rari i tumori dell’uretra. La diagnosi si pone con una uretrografia (radiografia dell’uretra con mezzo di contrasto preventivamente iniettato in vescica).

Diagnosi e terapia

È sempre necessario rivolgersi ad un medico che accerterà che si tratta di ematuria (con un esame delle urine) e potrà programmare gli esami successivi. L’età ed il sesso del paziente orientano verso particolari diagnosi, tuttavia come per ogni malattia il primo elemento è l’anamnesi in cui si indagheranno eventuali malattie associate, eventuali terapie assunte (con particolare riferimento a farmaci anti-aggreganti e anti-coagulanti), recenti traumi, sforzi intensi, manovre o interventi urologici. All’anamnesi segue l’esame obiettivo (cioè la visita vera e propria) e da eventuali analisi di laboratorio e di diagnostica per immagini (ad esempio ecografia o cistoscopia). In base alla diagnosi, verrà impostata la giusta terapia specifica che risolverà a monte il problema della presenza di sangue nelle urine.

Le analisi maggiormente usate dal medico per indagare dal medico, sono:

  • Emocromo con piastrine e assetto coagulativo.
  • Esame urine completo con valutazione del sedimento: è importante per confermare e quantificare la presenza di sangue nelle urine. Esistono infatti delle situazioni in cui le urine possono assumere un colore che può essere interpretato come ematuria ma in realtà non c’è sangue: questo può succedere dopo l’assunzione di particolari alimenti, farmaci o in presenza di determinate condizioni patologiche (emoglobinuria, mioglobinuria e porfiria). L’esame urine può fornire altre indicazioni importanti nel tentativo di individuare la causa del sanguinamento: la presenza di globuli bianchi o batteri può suggerire una causa infiammatoria, la presenza di proteine o cilindri può suggerire un problema renale.
  • Urinocoltura e antibiogramma: per escludere la presenza di un’infezione.
  • Esame citologico urinario: permette di valutare al microscopio che tipo di cellule sono presenti nelle urine oltre ai globuli rossi. E’ un esame che può essere utile per riconoscere la presenza di neoformazioni di tipo uroteliale e andrebbe sempre eseguito su 3 campioni diversi. In presenza di ematuria associata a severa sintomatologia irritativa (ovvero quando si ipotizza una causa infiammatoria o infettiva del sanguinamento) è meglio differire questo esame ed eseguirlo solo dopo adeguata terapia anti-infiammatoria o antibiotica.
  • Ecografia dell’apparato urinario a vescica piena: è l’unico esame strumentale che andrebbe sempre fatto in tutti i pazienti con ematuria (data la sua non invasività e la facile accessibilità). Consente di individuare o escludere una buona parte delle condizioni più spesso responsabili del sanguinamento come la calcolosi urinaria, l’ingrandimento della prostata (IPB), i tumori della vescica e del rene.

Una volta completata questa prima parte del percorso diagnostico, sulla base degli esiti di questi esami, si deciderà di caso in caso se approfondire la situazione con esami di secondo livello come:

  • Tecniche di immagine avanzate: la TAC senza e con mezzo di contrasto (uro-TC) e / o la risonanza magnetica.
  • Procedure endoscopiche con eventuali biopsie (uretroscopia, cistoscopia, ureteroscopia).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Video di una cistoscopia femminile

Il seguente video mostra strumenti e tecnica di esecuzione di una uretrocistoscopia femminile:

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Video di una cistoscopia maschile

Il seguente video mostra quello che è possibile osservare tramite una uretrocistoscopia maschile. Nel percorso del cistoscopio flessibile osserviamo inizialmente l’uretra, successivamente la sonda si sposta a livello del verumontanum e dei lobuli prostatici, per giungere infine nella vescica. All’interno della vescica è possibile osservare due casi di calcoli vescicali ed un caso di tumore vescicale.

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Collicolo seminale, uretra e sindrome del verumontanum

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In alto la vescica, al centro la prostata attraversata dall’ureta prostatica

La sindrome del verumontanum è un insieme di sintomi causati da uretrite posteriore con infiammazione del collicolo seminale (anche chiamato “colliculus seminalis”, “veru montanum” o “verumontanum”) e si manifesta attraverso dolori durante l’erezione e eiaculazioni precoci. La cura della sindrome del verumontanum ha quindi l’obiettivo di curare l’infiammazione, fatto questo che dovrebbe portare alla remissione dei sintomi dolorosi fino alla loro scomparsa.

Il collicolo seminale dell’uretra prostatica (il segmento dell’uretra che attraversa la prostata nell’uomo) è il punto presso cui i dotti eiaculatori di entrambi i lati (provenienti dal testicolo destro e sinistro) sboccano nell’uretra. A livello della prostata e internamente a essa, le vescicole seminali si uniscono con la parte ampollare del dotto deferente proprio a formare il dotto eiaculatore. Il collicolo seminale è chiaramente visibile, tramite cistoscopia, come un rilievo il cui asse maggiore è parallelo a quello dell’uretra.

Il collicolo seminale – oltre ad essere all’origine del sindrome del verumontanum se infiammato – è anche un importante punto di riferimento anatomico per la patologia del difetto congenito delle valvole uretrali posteriori, caratterizzato da un’interruzione dello sviluppo dell’uretra nei neonati maschi.

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Differenza tra cistoscopia e uretroscopia

MEDICINA ONLINE CISTOSCOPIA CISTOSCOPIO RIGIDO FLESSIBILE TUBO URETRA BLADDER ANO PROSTATA VAGINA PENE MEATO ORIFIZIO GLANDE CLITORIDE SEDAZIONE ANESTESIA PREZZI MASCHILE FEMMINILE DIFFERENZA RENI PREPARAZIONE RISCHICistoscopia

Con “endoscopia” in medicina si indica in generale una tecnica diagnostica/terapeutica che usa un particolare strumento chiamato “endoscopio” (un tubo flessibile e mobile dotato di videocamera all’estremità che restituisce l’immagine su un monitor) per osservare tessuti dall’interno del corpo, raggiungibili dall’esterno tramite strutture anatomiche (bocca, naso, ano…) o piccole incisioni. Più specificatamente la “cistoscopia”  è un tipo particolare di endoscopia nella quale l’endoscopio – in questo caso chiamato cistoscopio o uretrocistoscopio – viene inserito attraverso il meato uretrale esterno (cioè lo sbocco dell’uretra alle sterno, che permette la fuoriuscita dell’urina proveniente dalla vescica). Il cistoscopio può essere rigido o flessibile e restituire l’immagine sia direttamente all’operatore, sia tramite monitor esterno. Una volta inserito, il cistoscopio risale a ritroso nell’uretra fino ad arrivare alla vescica: in questo modo può indagare l’interno dell’uretra e della vescica; proprio in virtù degli organi che indaga la cistoscopia prende anche il nome di “uretrocistoscopia“.

Perché si fa una cistoscopia?

La cistoscopia viene effettuata con lo scopo di diagnosticare, monitorare e trattare malattie che colpiscono la vescica e l’uretra. Può essere prescritta per risalire alla causa di sintomi a livello delle vie urinarie, nel percorso diagnostico per identificare o escludere la presenza di infiammazioni (cistiti), calcoli alla vescica, tumori alla vescica o iperplasie prostatiche. Inoltre la possibilità di inserire appositi strumenti nel cistoscopio permette di utilizzare la cistoscopia anche per diagnosticare (tramite biopsia) ed eventualmente trattare malattie alla vescica, ad esempio per rimuovere tumori molto piccoli. Può infine essere usata per la diagnosi di una stenosi (restringimento) dell’uretra.

Uretroscopia

L’uretroscopia è una endoscopia che indaga l’uretra. Salvo casi specifici, difficilmente l’indagine endoscopica si limita, però, all’osservazione della sola uretra: l’uretrocistoscopio raggiunge quasi sempre la vescica come completamento dell’esame, che diventa quindi una “uretrocistoscopia“.

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Cistoscopia maschile e femminile: preparazione, rischi, anestesia, prezzo

MEDICINA ONLINE CISTOSCOPIA CISTOSCOPIO RIGIDO FLESSIBILE TUBO URETRA BLADDER ANO PROSTATA VAGINA PENE MEATO ORIFIZIO GLANDE CLITORIDE SEDAZIONE ANESTESIA PREZZI MASCHILE FEMMINILE DIFFERENZA RENI PREPARAZIONE RISCHI.jpgCon “endoscopia” in medicina si indica in generale una tecnica diagnostica/terapeutica che usa un particolare strumento chiamato “endoscopio” (un tubo flessibile e mobile dotato di videocamera all’estremità che restituisce l’immagine su un monitor) per osservare tessuti dall’interno del corpo, raggiungibili dall’esterno tramite strutture anatomiche (bocca, naso, ano…) o piccole incisioni. Più specificatamente la “cistoscopia”  è un tipo particolare di endoscopia nella quale l’endoscopio – in questo caso chiamato cistoscopio o uretrocistoscopio – viene inserito attraverso il meato uretrale esterno (cioè lo sbocco dell’uretra alle sterno, che permette la fuoriuscita dell’urina proveniente dalla vescica). Il cistoscopio può essere rigido o flessibile e restituire l’immagine sia direttamente all’operatore, sia tramite monitor esterno. Una volta inserito, il cistoscopio risale a ritroso nell’uretra fino ad arrivare alla vescica: in questo modo può indagare l’interno dell’uretra e della vescica; proprio in virtù degli organi che indaga la cistoscopia prende anche il nome di “uretrocistoscopia“.

Meato uretrale nell’uomo

Il meato (od “orifizio”) uretrale, cioè l’apertura attraverso cui fuoriesce l’urina durante la minzione, è posizionato in zone anatomiche diverse nell’uomo e nella donna. L’orifizio nell’uomo è posizionato sul pene, all’apice del glande, ed oltre all’urina permette anche l’espulsione dello sperma durante l’eiaculazione. In caso di ipospadia, il meato uretrale maschile può essere situato in zone diverse, come lungo il pene, sullo scroto o sul perineo, a tal proposito leggi anche: Ipospadia nel bambino e nell’adulto: sintomi, diagnosi e cure

Meato uretrale nella donna

Nelle donne l’orifizio uretrale è situato invece nel vestibolo vulvare, tra il clitoride (posto superiormente) e l’apertura della vagina (posta inferiormente) e permette solo l’espulsione dell’urina.

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Cistoscopia: a cosa serve e quali malattie può indagare?

La cistoscopia viene utilizzata per diagnosticare, monitorare e trattare malattie che colpiscono la vescica e l’uretra. Può essere prescritta per risalire alla causa di sintomi a livello delle vie urinarie, nel percorso diagnostico per identificare o escludere la presenza di infiammazioni (cistiti), calcoli alla vescica, tumori alla vescica o iperplasie prostatiche. Inoltre la possibilità di inserire appositi strumenti nel cistoscopio permette di utilizzare la cistoscopia anche per diagnosticare (tramite biopsia) ed eventualmente trattare malattie alla vescica, ad esempio per rimuovere tumori molto piccoli. Può infine essere usata per la diagnosi di una stenosi (restringimento) dell’uretra.

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Come si svolge la cistoscopia?

A seconda dei casi l’esame può essere effettuato in ospedale o in ambulatorio e può richiedere l’uso di un gel per anestesia locale, una sedazione o un’anestesia generale. Comunemente una cistoscopia effettuata in ambulatorio dura anche meno di 5 minuti e viene eseguita mediante uno strumento che si chiama “cistoscopio flessibile“. Il cistoscopio flessibile è uno strumento con un diametro molto piccolo che permette di essere inserito in uretra senza che il paziente percepisca dolore. Quando la cistoscopia richiede una sedazione, può durare da 10 a 30 minuti.
Prima di iniziare l’esame è necessario svuotare la vescica. Dopo che il paziente si sarà sdraiato supino sul lettino, con le ginocchia piegate e i piedi a staffa, il medico applicherà il gel anestetizzante o somministrerà, se previsto, il sedativo o l’anestetico iniettandolo in vena. Procederà quindi all’inserimento del cistoscopio, esaminerà l’uretra e la vescica e inietterà una soluzione sterile per osservare meglio l’interno della vescica ed eseguirà eventuali biopsie o altre procedure previste nel corso dell’esame.

Chi può effettuare cistoscopia?

La cistoscopia è controindicata in caso di infezione acuta, stenosi uretrale (in questo caso l’esame sarà limitato all’uretra) o ipersensibilità al lattice o alla lidocaina.

La cistoscopia è un esame doloroso?

Una delle domande più frequenti è: “la cistoscopia fa male?” Nel caso in cui vengano utilizzati i cistoscopi flessibili di ultima generazione la cistoscopia maschile e femminile sono certamente fastidiose ma il paziente NON avverte dolore. Il dolore associato alla cistoscopia, nel caso in cui esso renda la procedura non tollerabile, viene contrastato con l’uso di anestetici.

Cistoscopia: quali sono i rischi e gli effetti collaterali?

L’esame non è pericoloso, ma può avere effetti collaterali come irritazioni, emorragie, infezioni, dolore addominale, bruciori durante la minzione, ematuria (urina con tracce ematiche, sangue nell’urina). In genere questi sintomi sono lievi e sono destinati a scomparire gradualmente.

Come ci si prepara alla cistoscopia?

In preparazione a una cistoscopia potrebbe essere necessario assumere degli antibiotici. Meglio inoltre aspettare a svuotare la vescica prima dell’esame: potrebbe essere richiesto un prelievo per un test delle urine. Nel caso in cui sia prevista un’anestesia è necessario attenersi alle indicazioni fornite dal medico.

Cistoscopia: prezzo

Il prezzo di una biopsia effettuata privatamente varia molto a seconda dello studio medico, del professionista che la esegue, alla presenza di sedazione ed eventuale biopsia. Generalmente i prezzi di una cistoscopia oscillano tra 150 ed i 300 euro.

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