La “policitemia vera” (chiamata anche “PV” o panmielosi o policitemia rubra vera o morbo di Osler-Vaquez o malattia di Di-Guglielmo o eritremia o eritrocitosi primitiva acquisita o Malattia di Vaquez) è una emopatia mieloproliferativa cronica a carico delle cellule staminali del midollo emopoietico che si dividono in modo incontrollato provocando un aumento totale delle cellule del sangue. Il nome policitemia significa appunto “più corpi cellulari sanguigni” rispetto al normale ed è stato adottato per evidenziare la principale caratteristica di questa malattia, l’aumento nel sangue periferico degli eritrociti, dei globuli bianchi e delle piastrine. Nella policitemia vera l’aumento riguarda principalmente i globuli rossi, mentre i leucociti e le piastrine possono essere aumentati ma anche relativamente normali (anche se l’aumento del numero dei soli globuli rossi prende il nome di “eritrosi”). Esistono tipi misti in cui le manifestazioni possono essere molto variabili: in alcuni soggetti aumentano tutti i tipi di cellule, invece in altri aumenta un solo tipo di cellule oppure due. A causa di questo “mosaicismo” è difficile a volte eseguire una corretta diagnosi clinica, soprattutto contro patologie similari come la mielofibrosi idiopatica e la trombocitemia essenziale.
Diffusione
La policitemia vera è la più diffusa tra le malattie mieloproliferative; negli Stati Uniti l’incidenza è pari a 1,9/100 000 ed aumenta con l’età (specie tra i 50 ed i 60 anni). La policitemia vera è lievemente più comune negli uomini, specie oltre i 60 anni, mentre è rara nei bambini pur potendo insorgere a qualsiasi età.
Cause
Una caratteristica della policitemia vera è l’ematopoiesi clonale, ciò suggerisce che la causa di questa proliferazione sia una mutazione delle cellule staminali ematopoietiche. La mutazione JAK2 V617F (o una delle altre numerose ma più rare mutazioni di JAK2) è presente nella quasi totalità di pazienti affetti da policitemia vera, tuttavia, esistono 1 o più mutazioni differenti che possono causare la patologia. Queste mutazioni portano a un’attivazione costitutiva della proteina JAK2, che provoca un’eccessiva proliferazione cellulare, indipendente dai livelli di eritropoietina.
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Complicanze
Nella policitemia vera, il volume ematico si espande e si sviluppa iperviscosità e ciò espone i pazienti a sviluppare eventi trombotici. La trombosi può interessare la maggior parte dei vasi sanguigni, provocando ictus cerebrali, attacchi ischemici transitori (TIA), trombosi venosa profonda, infarto del miocardio, occlusione venosa o dell’arteria retinica, infarto splenico (spesso con rumori da sfregamento), o sindrome di Budd-Chiari. L’anomalia riscontrata nella funzionalità piastrinica potrebbe predisporre ad un rischio più alto di sanguinamento. L’elevato turnover cellulare può causare iperuricemia, aumentando il rischio di gotta e calcoli renali di urato. In rari pazienti possono insorgere tardivamente la mielofibrosi, la leucemia acuta o la sindrome mielodisplastica.
Sintomi
La PV di solito viene scoperta casualmente dato che i sintomi cardine sono talmente comuni a tante altre patologie, da poter creare dubbio in quasi tutti i casi. È stato riportata la scoperta della malattia persino in soggetti che avevano fatto un normale emocromo come controllo periodico e che risultavano ancora del tutto asintomatici. I pazienti riferiscono più comunemente:
- vertigini;
- cefalea;
- ipertensione arteriosa;
- astenia (mancanza di forza);
- rossore del volto (da cui l’aggettivo “rubra” dal latino ruber che vuol dire rosso).
Altri segni della malattia sono rossore con dolore e formicolio (eritromelalgia), che però scompare con l’assunzione di aspirina, e prurito che compare specialmente dopo un bagno. Come già anticipato, a causa dell’elevata densità cellulare sanguigna, la maggior parte dei soggetti può anche sviluppare una sindrome da ipercoagulabilità che può portare a trombosi a carico delle strutture cerebrali (ictus cerebrale), cardiache (infarto del miocardio), polmonari e degli arti inferiori.
Diagnosi
La policitemia vera si diagnostica in base al’anamnesi, all’esame obiettivo, agli esami di laboratorio ed eventuali altri esami come biopsia o agoaspirato midollare. Tra gli esami di laboratorio, la parte essenziale è ovviamente lo studio dell’emocromo, ottenibile tramite un semplice esame del sangue venoso.
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Emoglobina nella policitemia vera
All’emocromo si nota generalmente un aumento dell’emoblobina (Hb > 18,5 g/dL negli uomini e > 16,5 g/dL nelle donne). Sebbene il dato non sia costante in tutti i pazienti, neutrofili e piastrine sono spesso aumentati; in pazienti che, come singolo reperto, mostrano solo valori aumentati di Hb con globuli bianchi e piastrine normali, può certamente riscontrarsi policitemia vera, ma deve essere in prima istanza considerata la diagnosi di eritrocitosi secondaria, causa di elevata Hb certamente statisticamente più probabile e frequente rispetto alla policitemia vera. La policitemia vera deve anche essere sospettata nei rari casi di pazienti con livello normale di Hb che presentano microcitosi e carenza di ferro.
Altri dati usati per la diagnosi
I pazienti con sospetto di policitemia vera devono effettuare il test per le mutazioni di JAK2, mentre fortunatamente l’esame del midollo osseo o l’agoaspirato non sempre sono necessari. Quando effettuato, l’esame del midollo osseo mostra tipicamente panmielosi, megacariociti aumentati di volume ed a grappolo, talvolta fibre reticolari. Tuttavia, non vi è alcun reperto specifico che possa permettere la differenziazione della policitemia vera da altri disturbi di eritrocitosi grave, come la policitemia congenita familiare. La determinazione della massa dei globuli rossi, attraverso globuli rossi marcati con cromo, può aiutare a distinguere la policitemia vera da quella relativa (in cui la % di volume degli eritrociti appare aumentata solo perché è diminuito il volume ematico) e può anche differenziare la policitemia vera da altri disordini mieloproliferativi. Le altre anomalie di laboratorio che possono verificarsi nella policitemia vera sono:
- livelli di eritropoietina sierica bassi (livelli elevati suggeriscono invece un’eritrocitosi secondaria);
- elevati valori di vitamina B12;
- elevati valori della capacità legante la vitamina B12;
- iperuricemia e iperuricosuria (presente in ≥ 30% dei pazienti);
- aumento dell’espressione del gene PRV-1 nei leucociti;
- ridotta espressione di C-MPL (il recettore trombopoietina) nei megacariociti e nelle piastrine.
Trattamento
La forma di terapia più frequentemente usata è la flebotomia (cioè i salassi), con cui si sottraggono periodicamente piccole quantità di sangue per riportare l’ematocrito verso la norma. Si associano farmaci anticoagulanti come l’aspirina e la terapia mielosoppressiva con idrossiurea, interferone alfa-2b, inibitori della via JAK2, fosforo radioattivo o agenti alchilanti. È stato dimostrato che le basse dosi di aspirina riducono il rischio di trombosi nei pazienti che non presentano controindicazioni specifiche. Può essere proposto il trattamento con interferone alfa nelle pazienti gravide. Si può somministrare anagrelide per ridurre il numero delle piastrine.
Aspirina
L’aspirina 81-100 mg PO 1 volta/die riduce l’incidenza di complicanze trombotiche. Quindi, salvo controindicazioni, pazienti sottoposti a sola fleboterapia o a fleboterapia più mielosoppressione devono essere trattati con aspirina. Dosi più elevate di aspirina possono essere associate a un aumento del rischio emorragico.
Flebotomia (salasso)
La flebotomia è stata il cardine della terapia sia per i pazienti ad alto che a basso rischio. Le comuni soglie per la pratica di flebotomia sono un ematocrito > 45% negli uomini e > 42% nelle donne. La citoriduzione dovrebbe essere presa in considerazione nei pazienti che presentano un aumento del rischio di trombosi e che hanno un’età superiore ai 60 anni, con pregresse trombosi, malattie dei vasi periferici o ipertensione. Inizialmente, vengono prelevati 300-500 mL di sangue a giorni alterni. Nei pazienti anziani e in quelli con malattie cardiache o cerebrovascolari viene prelevata una minor quantità di sangue (ossia 200-300 mL 2 volte/settimana). Una volta che l’ematocrito è al di sotto del valore obiettivo, va ricontrollato mensilmente e mantenuto a tale livello con ulteriori flebotomie a seconda delle necessità.
Trattamento delle complicanze
L’eventuale iperuricemia deve essere trattata con allopurinolo al dosaggio di 300 mg PO 1 volta/die se è sintomatica o se i pazienti sono sottoposti a simultanea terapia mielosoppressiva. Il prurito può essere trattato con antistaminici, ma spesso è di difficile controllo. Possono essere efficaci la colestiramina, la ciproeptadina, la cimetidina o la paroxetina. Dopo il bagno la pelle deve essere asciugata delicatamente. L’aspirina placa i sintomi dell’eritromelalgia; potrebbero essere necessarie dosi più elevate ma chiaramente ciò tende ad accrescere il rischio di emorragia.
Prognosi
Generalmente, la policitemia vera è associata a una ridotta aspettativa di vita. La sopravvivenza media dei pazienti è di circa 15 anni dalla diagnosi, sebbene molti pazienti vivano più a lungo. Il motivo principale di tale riduzione è la frequente trombosi, che rappresenta la causa di morte più frequente nel paziente con policitemia veri, seguita dallo sviluppo di complicanze come mielofibrosi e leucemia. L’elevato rischio trombotico per i pazienti può essere contrastato con dieta bilanciata, attività fisica, cessazione del tabagismo e controllando l’eventuale ipertensione arteriosa.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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