L’eritrocitosi (o eritrocitemia) è un aumento del numero di globuli rossi (anche chiamati “eritrociti”) nel sangue. L’eritrocitosi può essere di due tipi:
- eritrocitosi relativa (falsa eritrocitosi): quando è causata da una riduzione del volume del plasma (ad esempio in caso di ustioni o disidratazione grave legata a scarso apporto di liquidi o vomito e diarrea prolungati. In questo caso il numero dei globuli rossi è normale ma appare aumentato solo in rapporto alla diminuzione del volume del plasma;
- eritrocitosi assoluta: quando è causata da un vero e proprio aumento del numero dei globuli rossi. In questo caso i globuli rossi sono realmente aumentati, ad esempio a causa di un aumento di produzione da parte del midollo osseo.
Eritrocitosi primaria e secondaria
A seconda delle cause, l’eritrocitosi può essere distinta in due tipologia:
- eritrocitosi primaria: l’aumento del numero dei globuli rossi è direttamente determinato da alterazione nella produzione dei globuli rossi (a causa di problemi che interessano direttamente o indirettamente il midollo osseo che li produce);
- eritrocitosi secondaria: dipende da altri fattori o problemi di salute che indirettamente influenzano la produzione dei globuli rossi. Ad esempio un tumore renale secernente eritropoietina può determinare una eritrocitosi secondaria.
Differenza tra eritrocitosi e policitemia
Relativamente ai globuli rossi, mentre – come abbiamo visto – l’eritrocitosi è caratterizzata da un aumento del numero di globuli rossi, la policitemia corrisponde invece all’aumento del volume percentuale di globuli rossi nel sangue (oltre al possibile aumento anche di globuli bianchi e piastrine).
Cause di eritrocitemia
L’eritrocitosi si verifica in varie condizioni e patologie, in modo cronico o acuto, reversibile o non reversibile. Ad esempio nei fumatori si verifica un’eritrocitosi assoluta reversibile dovuta all’ipossia tissutale causata dall’aumento della concentrazione di carbossiemoglobina nel sangue; quando il fumatore smette di fumare, il numero di globuli rossi torna normale. Lo stesso accade quando il soggetto risiede per lunghi periodi in alta quota dove l’ossigeno è rarefatto ed il midollo osseo compensa fisiologicamente producendo un numero di globuli rossi più elevati, che tornano normali se il soggetto torna a livello del mare. Una eritrocitosi assoluta che può assumere connotati cronici si verifica anche in caso di:
- malattie polmonari croniche;
- shunt intracardiaco destro-sinistro;
- trapianto renale;
- sindrome da ipoventilazione.
Appare quindi chiaro che qualsiasi situazione – patologica o non – che determini ipossia prolungata o cronica (con concentrazione arteriosa di HbO2< 92%) possa spingere il midollo a produrre più eritrociti e delineare un quadro di eritrocitosi. Ricordiamo che l’ipossia è quella condizione caratterizzata da una carenza di ossigeno nell’intero organismo (ipossia generalizzata) o in una sua regione (ipossia tissutale). Cause meno comuni di eritrocitosi comprendono alcune malattie congenite come le emoglobinopatie ad alta affinità per l’ossigeno.
L’eritrocitosi può essere inoltre secondaria a policitemia vera ed a diversi tumori, tra cui:
- emangiomi cerebellari;
- tumori epatici;
- leiomiomi uterini;
- tumori renali secernenti eritropoietina.
Ricordiamo che l’eritropoietina (EPO) è un ormone prodotto principalmente dai reni, che determina un aumento dell’eritropoiesi, cioè del processo che porta il midollo a produrre nuovi globuli rossi: qualsiasi situazione che porta il rene a produrre troppa eritropoietina (come nel caso di un tumore secernente) determina una iperstimolazione del midollo osseo e conseguente eritrosi. Anche una emorragia (evidente o occulta, determinata da varie cause, come spesso avviene nei tumori del tratto digerente che portano alla presenza di sangue occulto nelle feci) può determinare un aumento, in questo caso fisiologico, della secrezione di EPO e una conseguente eritrocitosi compensatoria. L’eritrocitemia può essere determinata anche da una malattia genetica che altera il recettore dell’eritropoietina: in questo caso – nonostante l’eritropoietina sia normale – il recettore per l’eritropoietina è più sensibile del normale, il che determina un aumento esagerato dell’eritropoiesi e, di conseguenza, la eritrocitemia.
Infine, si può verificare un’eritrocitosi relativa in seguito a grave disidratazione dovuta a:
- scarsa introduzione di liquidi nell’organismo;
- ustioni gravi;
- diarrea cronica;
- vomito cronico.
In generale qualsiasi condizione che porti a diminuzione del plasma circolante, e quindi emoconcentrazione, può determinare una eritrocitosi relativa. In questi casi, come già prima anticipato, i globuli rossi non sono aumentati numericamente in senso assoluto, ma solo in termini relativi (per unità di sangue), mentre il loro numero totale è normale.
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Diagnosi
L’eritrocitosi si diagnostica in base al’anamnesi, all’esame obiettivo, agli esami di laboratorio ed eventuali altri esami fatti per studiare la causa specifica a monte che l’ha determinata. Tra gli esami di laboratorio, la parte essenziale è ovviamente lo studio dell’emocromo, ottenibile tramite un semplice esame del sangue venoso. All’emocromo si nota generalmente:
- ematocrito aumentato al 55-60% o oltre;
- emoglobina aumentata a 22 g/dl o oltre;
- aumento dei reticolociti;
- eritropoietina elevata (se bassi, suggerisce invece diagnosi di policitemia vera).
Il paziente ha bassi livelli di saturazione arteriosa di O2. Altri esami utili sono la biopsia o l’agoaspirato midollare, i test genetici o i test della diagnostica per immagini. Alla biopsia midollare si registra generalmente iperplasia eritroide; in alcuni casi è possibile dimostrare la presenza della mutazione del gene che codifica per il recettore dell’eritropoietina. L’esame obiettivo, l’ecografia e la TAC spesso evidenziano epatomegalia e splenomegalia (aumento delle dimensioni di fegato e milza) ed altri segni legati alla causa a monte dell’eritrocitosi (ad esempio massa tumorale renale). I pazienti con elevati livelli di eritropoietina o ematuria microscopica devono quindi essere sottoposti a esami di imaging della regione addominale (in alcuni casi anche del sistema nervoso centrale) allo scopo di cercare una lesione renale o altri tumori che possono secernere eritropoietina. Infine la P50 misura l’affinità dell’Hb per l’O2; un normale valore esclude la presenza di Hb ad alta affinità (un’anomalia familiare) quale causa di eritrocitosi.
Sintomi
Fra i sintomi associati direttamente alla eritrocitosi, vi sono:
- astenia (debolezza);
- facile affaticabilità;
- nausea e vomito;
- malessere generale;
- mal di testa;
- prurito;
- lividi;
- dolori articolari;
- dolori addominali;
- vertigine.
A tali sintomi abbastanza aspecifici, si legano i sintomi legati direttamente alla causa a monte che ha determinato l’eritrocitosi. Se ad esempio è causata da un tumore renale secernente eritropoietina, il paziente proverà i sintomi specifici legati alla presenza della neoplasia renale.
Rischi
Un’eccessiva produzione di eritrociti fa aumentare la viscosità sanguigna, pericolosa quando raggiunge percentuali elevate di ematocrito (> 55%) per conseguente rischio trombotico e insufficienza renale da disidratazione. Il paziente dovrà essere quindi particolarmente attento all’aumentato rischio di trombi (che porta ad aumentata incidenza di infarto del miocardio ed ictus cerebrale).
Terapie
La terapia dell’eritrocitosi è subordinata alla causa a monte che l’ha determinata: curare tale causa, ove sia possibile, determina una progressiva scomparsa dell’eritrocitosi. Rimuovere un tumore renale secernente eritropoietina dovrebbe ad esempio determinare un progressivo ritorno alla normalità del numero dei globuli rossi. nei casi di ipossia, curare la malattia polmonare o cardiologica, smettere di fumare e/o tornare ai livelli del mare (nei casi di malattia da altitudine), dovrebbero determinare la progressiva scomparsa dell’eritrocitosi. Il trattamento primario consiste quindi nella risoluzione della condizione sottostante, anche se certamente in alcuni casi più gravi l’O2-terapia può essere di aiuto, ed in una certa misura i salassi (flebotomia) quando l’ematocrito supera il 55%, possono diminuire la pericolosa elevata viscosità ematica e migliorare la sintomatologia. Poiché in alcuni casi l’ematocrito elevato è fisiologico, la flebotomia potrebbe tuttavia risultare dannosa in quanto diminuisce l’ossigenazione dei tessuti.
Eritrocitosi: cosa fare?
La gravità di una eritrocitosi non dipende solo dal valore assoluto del numero di eritrociti, ma anche da altri fattori come ad esempio:
- la sua durata (la condizione può essere acuta o cronica);
- l’eventuale presenza di, leucopenia, piastrinopenia, pancitopenia, leucocitosi o trombocitosi;
- l’eventuale presenza di altre patologie o condizioni (ad esempio patologie delle pareti dei vasi sanguigni, della coagulazione, tumori, diabete, ipertensione arteriosa, traumi, malnutrizione, malassorbimento, gravidanza);
- l’età del paziente.
Ogni caso di alterazione della conta dei globuli rossi è altamente soggettivo e la sua gravità non deve essere sovrastimata, ma neanche sottostimata. Quando l’alterazione è molto lieve, magari anche transitoria, non recidivante ed in assenza di sintomi, generalmente non deve preoccupare. Un’alterazione dei globuli rossi che invece recidiva, che dura nel tempo e che arriva a determinare sintomi, necessita senza dubbio di ulteriori e rapidi accertamenti medici, perché potrebbe indicare patologie anche gravi. In caso di eritrocitosi è quindi sempre bene rivolgersi ad un medico per identificarne le cause e – se necessario – predisporre un iter terapeutico adeguato.
Prognosi
La prognosi dipende da molti fattori come età e stato di salute del paziente (eventuale presenza di obesità, diabete o ipertensione aggravano la malattia). Quando la malattia è trattata ed il paziente non ha altre patologie importanti, la prognosi è generalmente buona. Soprattutto l’eritrocitosi secondaria è un fenomeno nella maggioranza dei casi reversibile: nel momento in cui l’individuo scende a bassa quota, viene meno la causa dell’ipossia o il tumore viene rimosso, il numero di globuli rossi si ristabilizza in breve tempo, determinando per il paziente una aspettativa di vita assolutamente normale.
Contrastare il rischio trombotico
L’elevato rischio trombotico per i pazienti può essere contrastato tramite salasso periodico ed associando dieta bilanciata, attività fisica, cessazione del tabagismo (in questo caso doppiamente utile per il diminuito rischio cardiovascolare associato alla diminuita ipossia) e controllando l’eventuale ipertensione arteriosa.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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