Emiplegia destra, sinistra, spastica, flaccida: significato e riabilitazione

MEDICINA ONLINE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS SANGUE EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPLEGIA MORTE COMA PROFONDO STATO VEGETATIVODECUBITO RECUPERO SUBARACNOIDEA PARALISI.jpgLa emiplegia è un deficit motorio che interessa un solo emilato, cioè solo un lato del corpo, il lato destro o il sinistro. La causa è un danno cerebrale controlaterale al deficit, ciò significa che un danno cerebrale destro determina una emiplegia sinistra e viceversa. In genere, viene lesionato il 1° motoneurone che trasporta gli input motori al midollo spinale. Il deficit assume caratteristiche di recupero diverse in base al periodo della vita in cui insorge.

Emiplegia nel bambino

L’emiplegia nel bambino

Nei primi mesi di vita si evidenzia una asimmetria negli schemi motori del bambino; deambulazione in lieve ritardo poi vistosamente asimmetrica, difficoltà nell’uso della mano paretica nell’esecuzione di prassie fini e nella presa con forza. Nel caso di emiparesi destra è frequente il mancinismo vicariante e si possono associare problemi dello sviluppo linguistico. L’emiparesi spastica può essere la conseguenza di errori commessi in prossimità del parto dal ginecologo e/o dall’ostetrica e/o dal rianimatore e/o dal neonatologo. E’ di importanza cruciale che il medico effettui un monitoraggio molto accurato del bambino e della madre durante il parto, e che tratti correttamente i fattori di rischio come infezioni e complicazioni dovute alla mancanza di ossigeno. Se l’emiparesi spastica è stata causata da tali comportamenti negligenti, sia i medici che hanno prestato assistenza al parto che la struttura ospedaliera dovranno risarcire il conseguente danno (patrimoniale e non patrimoniale) subito dal bambino e dalla sua famiglia.

Fattori di rischio nell’emiplegia nel bambino

Tra i fattori di rischio di emiparesi e paralisi cerebrale evidenziati nella ricerca sono inclusi:

  • prima gravidanza;
  • bambino nato da mamma con una storia di preeclampsia o infertilità;
  • parto cesareo d’emergenza;
  • rottura prematura delle membrane;
  • secondo stadio del travaglio prolungato;
  • utilizzo della ventosa ostetrica.

Condizioni associate all’emiplegia nel bambino

I bambini affetti da emiplegia hanno i seguenti problemi:

  • compromissione delle capacità fino-motorie come scrivere od usare le forbici;
  • difficoltà a camminare e rimanere in equilibrio;
  • irrigidimento debolezza dei muscoli di un lato del corpo;
  • convulsioni;
  • difficoltà nel raggiungere tappe dello sviluppo quali rotolare, sedersi, strisciare e gattonare, ridere, afferrare un oggetto, voltarsi verso il luogo di provenienza di un rumore;
  • circa un quarto dei bambini con emiplegia spastica, secondo la Children’s Hemiplegia and Stroke Association, hanno un quoziente intellettivo inferiore al 70;
  • Inoltre, alcuni bambini con emiplegia spastica sviluppano un’anormale curvatura della spina dorsale. Ciò si verifica in conseguenza della tendenza del bambino a camminare con il tallone della gamba affetto da paralisi sollevato (dorsiflessione).

Trattamento dell’emiplegia nel bambino

  • Fisioterapia e terapia occupazionale;
  • Supporti meccanici, come stampelle e sedia a rotelle;
  • Supporti per la comunicazione come computer o sintetizzatori vocali;
  • Logoterapia;
  • Terapia comportamentale;
  • Terapia familiare;
  • Farmaci volti alla riduzione degli episodi convulsivi e degli spasmi muscolari, antidolorifici;
  • Interventi chirurgici, come la rizotomia dorsale selettiva.

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Emiplegia nell’adulto

Cause di emiplegia nell’adulto

L’emiplegia nell’adulto può essere dovuta a lesione cerebrale da varie cause:

  • vascolare (ictus ischemico o emorragia cerebrale);
  • traumatiche;
  • tumorali;
  • degenerative;
  • infettive;
  • malformazioni.

Sintomi motori di emiplegia nell’adulto

I segni e sintomi si possono manifestare all’improvviso oppure in modo graduale. le fasi dello sviluppo dell’emiplegia sono sostanzialmente due:

  • fase acuta, in cui prevale una paralisi flaccida e dura mediamente dalle 2 alle 6 settimane. Nella paralisi flaccida si assiste alla perdita totale o parziale del tono dei tessuti unita a riflessi tendinei ridotti o assenti negli arti interessati
  • fase sub-acuta, in cui prevale la paralisi spastica e i segni vanno incontro a stabilizzazione. In questa fase si manifestano sincinesie o sinergie, reazioni associate ed è possibile un recupero motorio funzionale.

I segni secondari che caratterizzano l’emiplegia sono:

  • deficit di forza con problemi di reclutamento delle unità motorie;
  • spasticità con iperreflessia con compara di schemi patologici in genere estensori all’arto inferiore e flessorio all’arto superiore;
  • comparsa dei riflessi primitivi per mancata inibizione di questi (riflesso di Babinski, riflessi tonici del collo, estensione crociata…);
  • lentezza delle risposte muscolari dovuta ad una prevalenza delle fibre muscolari toniche rispetto a quelle fasiche.

Cos’è la spasticità?

Il progresso delle scienze neurocognitive permette di identificare all’interno del complesso fenomeno della spasticita, un insieme di fenomeni e di elementi patologici più facilmente trattabili attraverso l’esercizio terapeutico conoscitivo. In conclusione il fenomeno della spasticità è l’insieme dei seguenti componenti di motilità elementare:

  • reazione abnorme allo stiramento;
  • abnorme irradiazione;
  • deficit di reclutamento di unità motorie;
  • schemi elementari di movimento.

Comprendiamo questo elemento della spasticità attraverso un esempio. Sappiamo che quando picchiamo con un martelletto il nostro ginocchio, questo si muove per riflesso, questo avviene per lo stiramento “veloce” dei recettori muscolari e tendinei, ma nel soggetto emiplegico con spasticità è diverso: il riflesso da stiramento dei recettori, è abnorme ed avviene anche con stiramenti di lieve entità e “lenti”Se in seguito ad un trattamento riabilitativo inadeguato, la persona si trova con il braccio piegato al gomito e si prova ad estenderlo manualmente, si otterrà non altro che una risposta riflessa di ulteriore flessione. Nella valutazione del paziente emiplegico, il dato più rilevante da osservare, non è tanto l’entità della spasticità, ma la capacità del paziente di tenerla sotto controlloInfatti, se invece di estendere il gomito senza preparazione chiediamo al paziente di dirigere la sua attenzione sull’articolazione che verrà mossa, in questo caso il gomito, e lo si fa preparare al movimento, utilizzando anche il confronto con il gomito opposto, è possibile verificare una risposta diversa: il gomito infatti, mostrerà delle possibilità diverse di movimento.

Sintomi non motori di emiplegia nell’adulto

Le lesioni cerebrali raramente sono selettive del sistema motorio, nella maggior parte dei casi si associano a lesione di aree cerebrali con altre competenze:

  • sensitivi: vi è un’alterata sensibilità superficiale, discriminativa e profonda.
  • aumento della rigidità muscolare non solo dovuta alla risposta neurologica allo stiramento, ma anche all’accorciamento del muscolo e all’aumento della stifness passiva.
  • deficit delle funzioni corticali superiori (afasia, aprassia, neglect, anosognosia…)

L’emiplegia può produrre complicanze che esitano in un danno terziario, ad esempio:

  • come piaghe da decubito;
  • retrazioni muscolo-tendinee;
  • ipostenia muscolare.

Riabilitazione

La riabilitazione, secondo la letteratura medica, è importante, e consiste nel favorire il reclutamento dell’emilato leso in tutti i possibili schemi motori, mediante terapia psicomotoria, fisioterapia individuale e terapia occupazionale. La riabilitazione deve avere un’adeguata intensità e precocità ed è differente se l’emiplegia interessa il lato destro. Come già accennato, in seguito ad un ictus dell’emisfero sinistro, è possibile che oltre ai disturbi legati alla paresi del lato destro del corpo, ci siano disturbi del linguaggio e che in seguito ad un ictus dell’emisfero destro, ci siano deficit di attenzione come il neglect e disturbi della coscienza del proprio stato patologico come l’anosognosia: quindi non è corretto trattare allo stesso modo un paziente emiplegico destro ed un paziente emiplegico sinistro, perché gli ictus che li hanno determinati, hanno alterato i processi cognitivi in modo diverso.

La riabilitazione di una emiplegia è un cammino spesso lungo e tortuoso, composto da diversi fattori (emotivi, muscolari, neurologici…) quindi è importante affidarsi ad un team altamente specializzato, specie se il paziente è anziano, depresso e/o demotivato.

1) RIABILITAZIONE MOTIVAZIONALE

In principio si pensava che il movimento fosse solo il risultato della volontà di muoversi, a questo livello scientifico si basano tutte le tecniche riabilitative che usano la sola motivazione come strumento per il recupero. In realtà se dopo un ictus giustamente ci sono delle difficoltà nel camminare, sforzarsi a camminare il più possibile non farà recuperare il cammino, anzi verranno potenziati gli aspetti patologici come spasticità ed ipertono. Adesso crederai che questo modo di fare riabilitazione sia vecchio e non si faccia più, mi dispiace dirti che ti sbagli, tutt’oggi la riabilitazione motivazionale viene utilizzata. È chiaro che anche gli aspetti psicologici come volontà e motivazione siano importanti per costruire una condotta terapeutica, ma non si può basare il completo recupero dell’emiplegia solo sull’aspetto motivazionale.

2) RIABILITAZIONE MUSCOLARE

Risalgono alla metà dell’ottocento gli studi che mettevano il muscolo al centro del movimento, e fanno riferimento a questo periodo le tecniche riabilitative, che per recuperare il movimento in seguito ad un ictus cerebrale, propongono il rinforzo dei muscoli paralizzati. Gli studi sul movimento si sono evoluti, dalla sola motivazione del punto precedente e dalla sola capacità contrattili dei muscoli, sono stati fatti molti passi in avanti, rimane il fatto che la riabilitazione dell’emiplegia passa anche da un efficace rinforzo muscolare.

3) RIABILITAZIONE NEUROMOTORIA

La scienza riabilitativa, ha fatto un balzo in avanti quando anche ai riflessi venne affidata importanza per la costruzione del movimento, a questo periodo dell’evoluzione scientifica fanno capo tecniche riabilitative come Bobath, Kabat, e Vojta, secondo queste metodiche per recuperare il movimento bisogna passare per l’evocazione e l’inibizione di alcuni riflessi. Lo studio dei riflessi è stata una tappa fondamentale per la scienza riabilitativa ed ancora oggi in molti adottano ancora tali metodiche per il recupero dell’emiplegia.

4) RIABILITAZIONE NEUROCOGNITIVA

Negli ultimi decenni la tecnica per studiare il movimento si è nettamente evoluta, infatti gli studiosi del movimento sono stati in grado di studiare soggetti svegli, e si accorsero che il movimento non poteva essere studiato senza considerare tutti quei processi coscienti come:

  • attenzione;
  • memoria;
  • apprendimento;
  • percezione;
  • problem solving.

Da queste considerazioni e dalle successive che continuarono nella stessa direzione, nasce e si sviluppa la riabilitazione Neuocognitiva, conosciuta anche come Esercizio Terapeutico Conoscitivo (E.T.C) e metodo Perfetti. L’intuizione geniale che sta dietro a questo modo di fare riabilitazione è che il recupero del movimento passi necessariamente dal recupero dei processi cognitivi alterati dalla lesione cerebrale. Gli esercizi del metodo Perfetti inoltre tengono conto anche delle considerazioni scientifiche precedenti come motivazionereclutamento muscolare e riflessi.

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Emorragia cerebrale: conseguenze, riabilitazione e recupero

MEDICINA ONLINE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS SANGUE EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPLEGIA MORTE COMA PROFONDO STATO VEGETATIVO PARALISI DECUBITO RECUPERO SUBARACNOIDEA.jpgSi ha una emorragia cerebrale in conseguenza alla rottura di un vaso sanguigno che trasporta sangue al tessuto cerebrale, con la conseguenza che le cellule celebrali deperiscono e muoiono a causa sia della privazione del nutrimento garantito dal flusso sanguigno, che della compressione dell’ematoma sul tessuto cerebrale che si crea all’interno del cranio dal momento che quest’ultimo è inespandibile. Tale rottura può essere sia il risultato di un picco ipertensivo che è andato a rompere un vaso cerebrale già dilatato (aneurisma cerebrale), oppure la conseguenza di un trauma, ad esempio una caduta o un incidente stradale.

Conseguenze dell’emorragia cerebrale

L’emorragia cerebrale è un evento grave, in alcuni casi gravissimo, che mette a rischio la sopravvivenza di chi lo subisce e le sue conseguenze possono essere irreversibili o solo lievemente reversibili e rappresentare il motivo di serie disabilità per il resto della vita. In alcuni casi, purtroppo, il paziente colpito da emorragia cerebrale, può entrare in coma e rimanere in stato di incoscienza fino alla morte, che può sopraggiungere in tempi estremamente variabili in base all’età, alla gravità del danno cerebrale ed allo stato di salute generale del paziente. In altri casi il paziente rimane cosciente, ma può avere dei danni molto variabili, che riflettono la zona e la gravità del danno cerebrale.

Emiplegia

Una delle più frequenti conseguenze di emorragia cerebrale nei pazienti che sopravvivono ad episodi emorragici cerebrali, è l’emiplegia, ovvero la paralisi di una metà laterale del corpo, per il fatto che la lesione cerebrale avviene frequentemente a carico di uno dei due emisferi cerebrali, che come sappiamo controllano i movimenti del lato opposto del corpo. Danni all’emisfero destro determinano paralisi del lato sinistro del corpo e viceversa. Inoltre ciascun emisfero possiede diverse specializzazioni, quindi un danno in un dato emisfero può andare ad intaccare un data funzione e non altre.

Disturbi del linguaggio e dell’attenzione

La conseguenza di una emorragia cerebrale a carico dell’emisfero sinistro del cervello, potrebbe determinare, oltre ad emiparesi destra, anche disturbi del linguaggio (afasie), mentre le conseguenze di una emorragia cerebrale che colpisce l’emisfero destro del cervello, oltre a determinare una emiplegia sinistra, causerà probabilmente alterazioni dell’attenzione, come il neglect, e della consapevolezza, come l’anosognosia.

Riabilitazione

L’emorragia cerebrale determina una lesione cerebrale, ed il cervello è quell’organo che ci permette di organizzare attraverso i processi cognitivi, il nostro comportamento e movimento, oltre alle nostre facoltà di linguaggio e di ragionamento.  Pertanto tutte le conseguenze di una emorragia cerebrale, vanno analizzate considerando l’alterazione dei processi cognitivi causata dall’emorragia stessa. Ho ritenuto necessario fare questa ovvia precisazione, perché comprendere al meglio le conseguenze di emorragia cerebrale, significa scegliere la migliore riabilitazione per il recuperoInfatti purtroppo spesso, le conseguenze di una emorragia cerebrale vengono individuate nei soli effetti visibili quali emiparesi e spasticità (condizione di ipertono dei muscoli), tralasciando gli aspetti cognitivi prima citati, questo non fa altro che indurre a scegliere una riabilitazione incentrata sui muscoli.  La riabilitazione post emorragia cerebrale deve coincidere con il reale problema che ha determinato le conseguenze appena descritte, dovrà quindi coinvolgere e riattivare i processi cognitivi alterati dell’emorragia cerebrale.  Attualmente la riabilitazione cognitiva, conosciuta anche come Metodo Perfetti è la risposta riabilitativa post emorragia cerebrale più adatta e corente con le reali problematiche e conseguenze. 

Prognosi e complicanze

La prognosi dell’emorragia cerebrale è molto variabile in base alla tipologia di sanguinamento, dalle dimensioni dello stesso e dalla causa che lo ha provocato. Inoltre, le condizioni cliniche morbose preesistenti nel paziente possono influire in maniera negativa sulla prognosi. Molto temibili sono le problematiche di natura non neurologica che si possono sovrapporre in un paziente affetto da emorragia cerebrale. Le più frequenti sono di ordine infettivo (infezione delle vie urinarie e polmoniti in prima battuta). Seguono complicanze di ordine cardiaco in particolar modo aritmie cardiache, problematiche legate alla formazione di lesioni da decubito nei pazienti in coma o parzialmente immobilizzati, e non dimentichiamo la possibilità di un ulteriore episodio di sanguinamento cerebrale durante la degenza.

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Diagnostica per immagini nell’aneurisma cerebrale

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica Roma MAL DI TESTA VIVEVA CERVELLO Verme HD Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Luce Pulsata Peeling Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaPer meglio comprendere l’argomento, leggi prima: Aneurisma cerebrale rotto e non rotto: cause, sintomi, diagnosi e cura

Nella maggior parte dei casi gli aneurismi cerebrali vengono scoperti solo quando già si sono rotti e quindi vanno trattati come emergenze, tuttavia l’aneurisma può essere anche scoperto per caso quando ci si sottopone ad esami di diagnostica per immagini alla testa per altri motivi. Se all’improvviso il paziente inizia ad avere un forte mal di testa o altri sintomi collegabili alla rottura di un aneurisma, dovrà sottoporsi a una serie di esami per capire se ha avuto un’emorragia nello spazio tra il cervello e i tessuti circostanti (emorragia subaracnoidea) o un altro tipo di problema. Se c’è stata emorragia il personale sanitario capirà se la causa è da imputare alla rottura di un aneurisma. Gli stessi esami andranno svolti anche se si soffre dei sintomi di un aneurisma silente, ad esempio di male dietro all’occhio, di anomalie nella visione e di paralisi in un lato del volto.

Tra gli esami diagnostici ricordiamo:

  • Tomografia computerizzata (TAC). Di solito è il primo esame radiografico usato per capire se si è verificata o meno un’emorragia cerebrale. L’esame produce immagini a due dimensioni di sezioni del cervello. Durante l’esame, può essere iniettato un mezzo di contrasto che facilita l’osservazione della circolazione nel cervello e può indicare la posizione dell’aneurisma. Questa variante dell’esame è detta TAC angiografia.

  • Puntura lombare. Intervento di estrazione del liquido cefalorachidiano dalla colonna vertebrale con una siringa. Se si ha avuto un’emorragia subaracnoidea, con ogni probabilità ci saranno dei globuli rossi nel liquido che circonda il cervello e il midollo spinale (liquido cefalorachidiano).

  • Angiogramma o arteriogramma cerebrale. Durante quest’intervento, il medico inserisce un tubicino flessibile (catetere) in una delle arterie principali (di solito nella zona inguinale) e lo guida verso il cuore e poi nelle arterie cerebrali. Uno speciale mezzo di contrasto iniettato nel catetere attraversa le arterie e raggiunge il cervello. La serie di radiografie che vengono scattate, poi, può scoprire dettagli relativi alla condizione delle arterie e alla posizione dell’aneurisma che si è rotto. Questo esame è più invasivo rispetto ai precedenti e di solito è eseguito quando gli altri non sono sufficienti.

  • Risonanza magnetica (MRI). La risonanza magnetica usa un campo magnetico e le onde radio per creare immagini dettagliate del cervello, in due o in tre dimensioni. La risonanza magnetica con mezzo di contrasto (angiografia con mezzo di contrasto) migliora la qualità delle immagini dei vasi sanguigni e del sito in cui l’aneurisma si è rotto. Con questa tecnica diagnostica, le immagini possono risultare migliori rispetto a quelle della TAC.

In generale gli esami di diagnostica per immagini non sono consigliati quando si tratta di prevenire e tenere sotto controllo gli aneurismi silenti, ma sono necessari degli esami di screening se in passato si è verificata la rottura di un aneurisma in un genitore o fratello e/o se si soffre di un disturbo congenito che fa aumentare il rischio di aneurisma cerebrale. Lo screening dell’aneurisma può essere definito come screening iniziale (ad es. di un gruppo di pazienti considerati ad alto rischio) o di follow-up di screening in soggetti selezionati. Lo scopo ultimo dello screening non è soltanto quello di individuare o curare le lesioni, ma piuttosto quello di aumentare il numero di anni con una buona qualità della vita per il paziente.

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Cosa si prova e cosa succede quando si rompe un aneurisma cerebrale?

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Benessere Dietologia Sessuologia Ecografie Tabagismo Smettere di fumare Perchè è così difficile smettere di fumare Perchè mi sento depresso dopoPer meglio comprendere l’argomento, leggi prima: Aneurisma cerebrale rotto e non rotto: cause, sintomi, diagnosi e cura

Un aneurisma cerebrale può:

  • essere asintomatico, e quindi scoperto per caso in corso di accertamenti neuroradiologici eseguiti per altri motivi (es. mal di testa). Si stima che circa l’1% della popolazione abbia almeno un aneurisma cerebrale senza saperlo. La maggior parte degli aneurismi non si rompe e non crea problemi né sintomi per tutta la vita. In alcuni casi può essere necessaria una terapia per un aneurisma che è stato scoperto ma che non si è rotto, per prevenirne un’eventuale futura rottura;
  • causare sintomi aspecifici e segni neurologici per compressione meccanica di strutture adiacenti (es. vertigini, sguardo doppio, mal di testa etc.);
  • rompersi e causare emorragia cerebrale e subaracnoidea.

Cosa succede quando si rompe un aneurisma?
Il mal di testa forte e improvviso, descritto spesso come il colpo di un pugnale affilato in testa, è il principale sintomo della rottura di un aneurisma. Al mal di testa si associano:

  • nausea e vomito;

  • malessere generale;
  • irrigidimento del collo;

  • visione offuscata o doppia;

  • fotosensibilità;

  • convulsioni;

  • ptosi palpebrale (abbassamento eccessivo della palpebra superiore);

  • perdita di coscienza;

  • confusione.

Quando l’aneurisma cerebrale si rompe, l’emorragia di solito dura per un tempo molto variabile. Il sangue può danneggiare direttamente le cellule circostanti o addirittura causarne la morte, nonché aumentare la pressione all’interno del cranio. Se la pressione aumenta troppo può interrompersi la fornitura di sangue e ossigeno al cervello: si può perdere conoscenza e persino morire.

Tra le complicazioni che possono nascere dopo la rottura di un aneurisma ricordiamo:

  • Seconda emorragia. Un aneurisma che già si è rotto o fissurato rischia una seconda emorragia, in grado di provocare ulteriori danni alle cellule cerebrali.

  • Vasospasmo. Quando l’aneurisma si rompe i vasi sanguigni cerebrali possono iniziare a restringersi e allargarsi in modo anomalo (vasospasmo). In questo modo le cellule cerebrali ricevono meno sangue (ischemia): si verificano ulteriori danni e perdite di funzionalità.

  • Idrocefalo. Se, come avviene nella maggior parte dei casi, la rottura dell’aneurisma provoca un’emorragia nello spazio tra il cervello e il tessuto circostante (emorragia subaracnoidea), il sangue può bloccare la circolazione del liquido che circonda il cervello e il midollo spinale (liquido cefalorachidiano). Come risultato si può verificare l’idrocefalo, cioè un accumulo di liquido cefalorachidiano che aumenta la pressione sul cervello e può danneggiare i tessuti.

  • Iponatremia. L’emorragia subaracnoidea provocata dalla rottura di un aneurisma cerebrale può causare uno squilibrio dei livelli sodio nel sangue, dovuto alla lesione dell’ipotalamo, una zona vicino alla base del cervello. Se i livelli di sodio si abbassano (iponatremia) le cellule cerebrali si ingrossano e subiscono danni permanenti.

In caso di rottura o sospetta rottura di aneurisma è necessario recarsi IMMEDIATAMENTE al pronto soccorso, dal momento che maggiore rapidità equivale a migliore prognosi.

Purtroppo circa il 15% dei pazienti muore prima di raggiungere l’ospedale, e più del 50% muore entro i primi 30 giorni dall’evento.

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Tipi e grandezza degli aneurismi cerebrali

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma TIPI E GRANDEZZA ANEURISMI CEREBRALI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgPer meglio comprendere l’argomento, leggi prima: Aneurisma cerebrale rotto e non rotto: cause, sintomi, diagnosi e cura

Comunemente gli aneurismi vengono classificati in base alla loro dimensione e alla loro morfologia. La classificazione riveste un ruolo importante per il neurochirurgo e il neuroradiologo per valutare il trattamento.

  • Aneurisma sacciforme miliare: aneurisma di piccole dimensioni e rotondeggiante, il suo diametro tipico è inferiore ai 2 cm. Si tratta del tipo più comune di aneurisma dovuto ad un difetto nello sviluppo anatomico della parete del vaso.

  • Aneurisma gigante: simile a quello miliare, ma di dimensioni maggiori (diametro superiore a 3 cm) e agisce come una lesione occupante spazio.

  • Aneurisma fusiforme: dilatazione irregolare della parete arteriosa di tutta la circonferenza, solitamente consegue ad aterosclerosi diffusa. Raramente va incontro a rottura.

  • Aneurisma traumatico: aneurisma che solitamente deriva dallo stiramento dell’arteria, ma che può essere causato anche da una lesione diretta. Si forma più comunemente a livello del circolo carotideo.

  • Aneurisma micotico: aneursma conseguente ad un’infezione fungina in cui emboli settici determinano linsorgenza di arterite.

  • Aneurisma di Charcot-Bouchard: aneurisma microscopico dovuto ad un’ipertensione, solitamente localizzato ai gangli della base o del tronco encefalico.

  • Aneurisma dissecante: si forma quando il sangue passa tra le pareti dell’arteria, separando la tonaca intima dello strato muscolare. Comunemente dovuto ad aterosclerosi.

Le dimensioni dell’aneurisma sono tradizionalmente segnalate come

  • piccolo se inferiore a 15 mm,
  • grande se 15-25 mm,
  • gigante se 25-50 mm,
  • supergigante se maggiore a 50 mm.

La maggior parte degli aneurismi riscontrati appartengono alla prima categoria, che è stata ulteriormente suddivisa in due sottocategorie: piccolo se inferiore a 5 mm e medio se 5-15 mm.

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Differenza tra ictus cerebrale ed attacco ischemico transitorio (TIA)

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MALFORMAZIONI ARTERO VENOSE CEREBRALI SINTOMIRiabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari PeneL’attacco ischemico transitorio (o TIA) è un deficit neurologico temporaneo e reversibile, causato da una riduzione transitoria del flusso di sangue al cervello. Il TIA è molto simile, per cause, sintomi e segni, all’ictus cerebrale ischemico, con la sola differenza che il deficit neurologico non è permanente (come nell’ictus) ma transitorio e reversibile. Se i sintomi durano meno di una o due ore, l’episodio viene chiamato attacco ischemico transitorio (TIA).

I segni e i sintomi di un ictus e di un TIA possono sovrapporsi e comprendono tipicamente:

  • l’incapacità di muoversi o di percepire un lato del corpo,
  • problemi alla comprensione o all’esprimere parole
  • o la perdita di visione di una parte del campo visivo.

Un attacco ischemico transitorio, pur non causando danni permanenti al cervello, non va mai trascurato; esso, infatti, potrebbe essere il primo indizio di una predisposizione all’ictus, il cui esito può essere letale.

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Differenza tra emorragia cerebrale ed ictus

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma EMORRAGIA CEREBRALE CUSE SINTOMI PREMONITORI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari PeneCon “emorragia cerebrale” si indica una fuoriuscita più o meno abbondante di sangue da un vaso arterioso o venoso dell’encefalo.

Con “ictus cerebrale” (anche chiamato “colpo apoplettico” o semplicemente “ictus”) si intende invece quella situazione in cui una scarsa perfusione sanguigna al cervello (ischemia) provoca la morte delle cellule celebrali (necrosi). La scarsa perfusione può essere determinata da:

  • una ostruzione a livello di un vaso cerebrale (tipicamente un trombo o un embolo) e prende il nome di ictus ischemico;
  • una emorragia a livello di un vaso cerebrale (tipicamente da rottura di aneurisma, ipertensione arteriosa o traumi) e prende il nome di ictus emorragico.

Si comprende quindi il legame tra i due termini: una emorragia cerebrale è una delle possibili cause che può determinare un ictus cerebrale. L’ictus da emorragia cerebrale determina non solo ischemia e necrosi del tessuto cerebrale da mancata perfusione ematica, ma anche indirettamente un danno alle strutture nervose vicine a causa dell’ematoma (la raccolta di sangue che si forma al di fuori dei vasi sanguigni) che determina compressione delle strutture cerebrali ed aumento della pressione intracranica.

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Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra emorragia cerebrale ed aneurisma

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica Roma MAL DI TESTA VIVEVA CERVELLO Verme HD Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Luce Pulsata Peeling Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaL’emorragia cerebrale corrisponde ad una fuoriuscita più o meno abbondante di sangue da un vaso arterioso o venoso dell’encefalo.

L’aneurisma è invece un termine che indica una dilatazione progressiva di un vaso sanguigno (che deve essere almeno pari al 50%, altrimenti si parla di ectasia). Gli aneurismi possono localizzarsi in vari punti del nostro sistema circolatorio, ma si verificano soprattutto a livello dell’aorta (aneurisma aortico) e a livello cerebrale (aneurisma cerebrale) specie nei vasi che compongono il Poligono o Circolo di Willis.

Un aneurisma cerebrale, rispetto ad un vaso sanguigno normale, può più facilmente rompersi, specie nei soggetti che soffrono di ipertensione arteriosa. La rottura di un aneurisma determina la fuoriuscita del sangue nell’encefalo e quindi una emorragia cerebrale.

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