Iper-reattività bronchiale: significato, sintomi, diagnosi e cure

MEDICINA ONLINE ASMA BRONCHIALECon “iper-reattività bronchiale” (o “iper-responsività bronchiale”) in medicina si indica una condizione tipica dei soggetti asmatici che consiste in un’alterata ed eccessiva Continua a leggere

I polmoni fanno male: i sintomi di una malattia polmonare

MEDICINA ONLINE POLMONI RESPIRO ARIA OSSIGENO CUORE INFARTO CORONARIE MORTE TORACE DOLORE SATURAZIONE O2 INSUFFICIENZA RESPIRATORIA POLMONARE POLMONI TRACHE NASO MORTE RISCHIO ACUTA CRONICA TRISTE.jpgLe funzioni dei polmoni sono estremamente varie e – al contrario di quello che comunemente si pensa – non servono solo al trasporto dell’ossigeno. Oltre alla funzione respiratoria, i polmoni svolgono anche numerose funzioni non respiratorie. Continua a leggere

Esaminare il polmone con le prove di funzionalità respiratoria

MEDICINA ONLINE POLMONI LUNGS APPARATO RESPIRATORIO SISTEMA DIFFERENZA TRACHEA VIE AEREE SUPERIORI INFERIORI TRACHEA BRONCHI BRONCHILI TERMINALI ALVEOLI POLMONARI RAMIFICAZIONI LOBI ANATOMIA FUNZIONILe “prove di funzionalità polmonare”, più correttamente chiamate “prove di funzionalità respiratoria” (PFR), sono un gruppo di indagini strumentali che permettono di valutare la funzione dell’apparato respiratorio nelle sue multiple e complesse componenti, sia in pazienti sani (ad esempio atleti o soggetti a rischio di sviluppare Continua a leggere

Si può vivere senza uno o entrambi i polmoni?

MEDICINA ONLINE POLMONI LUNGS APPARATO RESPIRATORIO SISTEMA DIFFERENZA DRENAGGIO TORACE GABBIA TRACHEA VIE AEREE SUPERIORI INFERIORI TRACHEA BRONCHI BRONCHILI TERMINALI ALVEOLI POLMONARI RAMIFICAZIO LOBI ANATOMIA VERSAMENTOLa pneumoctomia è l’asportazione di un intero polmone, un intervento molto più invasivo della lobectomia e della resezione atipica che invece determinano la resezione solo di una parte del polmone. Entrambe le tipologie di intervento, totale e parziale, sono effettuate in presenza di patologie che interessano il polmone, in parte o Continua a leggere

Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO): cause, sintomi, diagnosi, cura e consigli

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO FUMO SIGARETTA NICOTINA TABAGISMO TOSSICODIPENDENZA UOMOLa BPCO, acronimo di “broncopneumopatia cronica ostruttiva” (in inglese “COPD” acronimo di Chronic obstructive pulmonary disease) è una malattia infiammatoria cronica dell’apparato respiratorio caratterizzata da un’ostruzione irreversibile delle vie aeree, di entità variabile a seconda della gravità. La BPCO è solitamente progressiva ed è associata a uno stato di infiammazione cronica del tessuto polmonare. La conseguenza a lungo termine è un vero e proprio rimodellamento dei bronchi, che provoca una riduzione consistente della capacità respiratoria. La malattia provoca disabilità, riduce la qualità della vita e – nei casi più gravi – è potenzialmente mortale.
Ad aggravare questo quadro clinico è l’aumento della predisposizione alle infezioni respiratorie di origine virale, batterica o fungina. Non esiste al momento una cura efficace, ma sono disponibili diversi trattamenti per controllare i sintomi, rallentare la progressione della malattia e per evitare pericolose complicanze. Fondamentale è invece la prevenzione, per ridurre al minimo i fattori di rischio, principalmente rappresentati dal fumo di sigaretta. Tra le prime descrizioni di probabili casidi BPCO ricordiamo quelle del grande medico ed anatomista italiano Giovanni Battista Morgagni nel 1769, che annota polmoni “turgidi in particolare nell’inspirio”.

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Cause

La causa principale di una BPCO è il processo infiammatorio cronico relativo alle vie respiratorie, che dura anni: ciò comporta una graduale perdita della funzionalità dei polmoni con una disfunzione non completamente reversibile anche se viene trattata. Il processo infiammatorio è promosso, nella maggioranza dei casi, dal fumo di sigaretta, ed in misura minore da esposizione professionale a sostanze irritanti e l’inquinamento ambientale. In genere, queste esposizioni avvengono diversi decenni prima che i sintomi si manifestino.

Fattori di rischio

Esistono diversi fattori di rischio, alcuni individuali, altri di origine ambientale. Tra i fattori individuali, ci sono molti geni che si ritiene possano essere associati all’insorgenza della BPCO. Al momento, i dati più significativi in proposito sono quelli relativi al deficit di alfa1-antitripsina, una condizione ereditaria piuttosto rara caratterizzata dalla carenza di questa proteina epatica che normalmente protegge i polmoni. Ci sono poi alcune patologie respiratorie complesse che possono contribuire allo sviluppo della malattia, in particolare l’asma e l’ipersensibilità bronchiale.
Tra i fattori ambientali, numerosi studi indicano che il principale fattore di rischio per lo sviluppo della BPCO è il fumo di tabacco, in particolare quello di sigaretta (meno quello di sigaro e pipa), che accelera e accentua il decadimento naturale della funzione respiratoria. Anche il fumo passivo e terziario può contribuire parzialmente allo sviluppo della malattia, in quanto favorisce l’inalazione di gas e particolato. Gioca un ruolo determinante anche l’esposizione a polveri, sostanze chimiche, vapori o fumi irritanti all’interno dell’ambiente di lavoro (per esempio silice o cadmio).
Altri fattori di rischio, seppure meno influenti, associati allo sviluppo della BPCO sono l’inquinamento dell’aria: non solo quello atmosferico causato da smog e polveri sottili, ma anche quello presente all’interno degli ambienti chiusi (provocato dalle emissioni di stufe, apparecchi elettrici, impianti di aria condizionata ecc.). Infezioni respiratorie come bronchiti, polmoniti e pleuriti possono predisporre infine al deterioramento dei bronchi. Altri possibili fattori di rischio sono: la povertà, la malnutrizione per difetto, un peso alla nascita inferiore alla media, alcune malattie infettive come quelle da HIV e la tubercolosi.

Sintomi e segni

Prima della diagnosi, i due sintomi e segni principali della BPCO sono la tosse e la dispnea, qualche volta accompagnati da respiro sibilante. Spesso la tosse è cronica, più intensa al mattino e caratterizzata dalla produzione di muco. La dispnea compare gradualmente nell’arco di diversi anni e nei casi più gravi può arrivare a limitare le normali attività quotidiane. In genere, queste persone sono soggette a infezioni croniche dell’apparato respiratorio, che occasionalmente provocano ricadute accompagnate da una sintomatologia aggravata. Con il progredire della malattia questi episodi tendono a divenire sempre più frequenti.

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Diagnosi

Gli esami utili alla diagnosi ed a determinare gravità e prognosi, sono:

  • Spirometria;
  • Saturazione arteriosa; se inferiore al 94% è utile eseguire:
    • Emogasanalisi
    • 6 Minutes Walking Test
    • Calcolo dell’indice di massa corporea (BMI)
    • Calcolo del grado di dispnea

Per la diagnosi differenziale potrebbero essere usati vari strumenti, tra cui esami di diagnostica per immagini (radiografia, TC, broncoscopia…) e/o indagini di laboratorio (tampone faringeo, esame del sangue venoso…). I segni caratteristici alla radiografia del torace sono polmoni iper-espansi, diaframma appiattito, aumento dello spazio aereo retrosternale e la presenza di bolle. La presenza di tali segni può aiutare a escludere altre malattie polmonari, come la polmonite, l’edema polmonare o uno pneumotorace. Nella TC del torace si possono notare le localizzazioni dell’enfisema nei polmoni e ciò può essere utile per escludere altre malattie polmonari, tuttavia, se non è previsto l’intervento chirurgico, tale segno raramente può influenzare il trattamento. Un’analisi del sangue arterioso (emogasanalisi) viene richiesta per determinare l’eventuale necessità di ossigeno supplementare. Questo esame è consigliato in coloro che presentano una FEV1 inferiore al 35% del normale, in coloro che presentano una saturazione arteriosa periferica inferiore al 92% e in coloro che hanno sintomi di insufficienza cardiaca congestizia. Nelle zone del mondo in cui è comune il deficit di alfa 1-antitripsina, si consiglia di effettuare questo esame a chi soffre di BPCO (in particolare in coloro con una età inferiore ai 45 anni e con un enfisema che interessa le porzioni inferiori dei polmoni). La misurazione del picco di flusso espiratorio, comunemente utilizzata nell’asma, non è sufficiente per la diagnosi di BPCO. Il principale strumento diagnostico per la BPCO rimane comunque la spirometria, che permette di misurare la capacità polmonare residua.

Spirometria

Le valutazioni spirometriche vengono effettuate allo scopo di stimare il grado di ostruzione delle vie aeree; generalmente seguono l’assunzione di un broncodilatatore. Per raggiungere una diagnosi vengono indagate due componenti principali: il volume espiratorio forzato in un secondo (VEMS o FEV1), che è il massimo volume di aria emesso nel primo secondo di un’espirazione forzata, e la capacità vitale forzata (FVC), il massimo volume d’aria che può essere emesso con un unico grande respiro. Normalmente, nel primo secondo si espira tra il 75% e l’80% della FVC; in un individuo che presenta sintomi di BPCO, un rapporto FEV1/FVC (chiamato “indice di Tiffeneau”) inferiore al 70% è indice di malattia. Sulla base di questi soli parametri, però, nei soggetti anziani la spirometria porterebbe a un eccesso di diagnosi di BPCO. La misurazione spirometrica viene ripetuta, dopo la somministrazione di 400 µg di β2 agonista (un broncodilatatore), a distanza di 40 minuti.

  • Se non migliorano i risultati, ma solo la sintomatologia, è possibile la diagnosi di BPCO: indice di Tiffeneau (FEV1/FVC) ridotto.
  • Un incremento di FEV1 di 200 ml o del 12%, rispetto al valore pre-broncodilatatore, è considerato un indice prognostico favorevole.
  • Se il valore di FEV1 torna nella norma, si esclude diagnosi di BPCO: è verosimile una diagnosi di asma.

Non vi è una evidenza certa che consigli di utilizzare la spirometria, nel tentativo di diagnosticare la malattia, in coloro che non presentano sintomi; pertanto tale pratica non è raccomandata. Per approfondire, leggi: Spirometria diretta ed indiretta: come si esegue ed a cosa serve

Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale si pone principalmente nei confronti di asma, di insufficienza cardiaca, di tubercolosi, di embolia polmonare di polmonite e di pneumotorace.

Gravità

La BPCO è stata classificata in quattro diversi livelli di gravità:

  • stadio 0: soggetto a rischio, che presenta tosse cronica e produzione di espettorato. La funzionalità respiratoria risulta ancora normale alla spirometria
  • stadio I: malattia lieve, caratterizzata da una leggera riduzione della capacità respiratoria
  • stadio II: malattia moderata, caratterizzata da una riduzione più consistente della capacità respiratoria e da dispnea in caso di sforzo
  • stadio III: malattia severa caratterizzata da una forte riduzione della capacità respiratoria oppure dai segni clinici di insufficienza respiratoria o cardiaca.

Leggi anche: Broncoscopia polmonare con biopsia: a cosa serve, fa male, è pericolosa?

Terapia

Non esiste una cura efficace per la BPCO che consenta di ripristinare la funzionalità respiratoria perduta. Esistono comunque tutta una serie di trattamenti per gestire la malattia e consentire di raggiungere i seguenti obiettivi:

  • prevenire la progressione della malattia;
  • ridurre i sintomi;
  • migliorare la capacità sotto sforzo;
  • migliorare lo stato di salute generale;
  • prevenire e trattare le complicanze;
  • prevenire e trattare l’aggravarsi della malattia;
  • ridurre la mortalità.

Leggi anche: Differenza tra BPCO ed asma: terapia e sintomi comuni e diversi

Terapia farmacologica

I farmaci più indicati per la BPCO sono i broncodilatatori, somministrati per via inalatoria, che sono in grado di dilatare le vie aeree e garantire così il maggior flusso possibile di aria. In caso di forme gravi o acute, si possono usare antinfiammatori potenti come cortisone e suoi derivati, evitandone però l’uso prolungato a causa dei pesanti effetti collaterali. Esistono due tipologie principali di broncodilatatori: gli agonisti β2 e gli anticolinergici; entrambi esistono sia in forma a lunga durata sia a breve durata d’azione. Il loro utilizzo riduce la mancanza di respiro, limita il respiro sibilante e rende più facile compiere attività, migliorando conseguentemente la qualità della vita. Non è chiaro se vi sia anche un cambiamento nel decorso della malattia di base. In quelli che presentano una malattia lieve, farmaci a breve durata d’azione sono raccomandati in base alle necessità. In quelli con una condizione più grave si raccomandano invece agenti a lunga durata. Se i broncodilatatori a lunga durata appaiono insufficienti, vengono aggiunti anche corticosteroidi sempre per via inalatoria. Per quanto riguarda gli agenti a lunga durata d’azione non è chiaro se il tiotropio (un anticolinergico a lunga azione) o i beta-agonisti a lunga azione (LABA) portino a risultati migliori, e può essere indicato provarli entrambi per capire quelli che funzionano meglio. Entrambi gli agenti sembrano ridurre il rischio di riacutizzazioni del 15-25%. Vi sono diversi β2 agonisti a breve azione disponibili, tra cui il salbutamolo (Ventolin) e la terbutalina. Essi forniscono un sollievo dai sintomi per 4-6 ore. β2 agonisti a lunga durata, come il salmeterolo e il formoterolo, sono spesso usati come terapia di mantenimento. Alcuni ritengono che i benefici dal loro utilizzo siano limitati, mentre altri sostengono il contrario. L’uso a lungo termine appare sicuro nella BPCO, gli effetti collaterali includono tremori e palpitazioni. Quando vengono utilizzati insieme a steroidi inalatori aumentano il rischio di polmonite. Sebbene gli steroidi e i LABA possano lavorare meglio insieme, non è chiaro se questo leggero vantaggio superi i maggiori rischi. Ci sono due anticolinergici principali utilizzati nella BPCO, l’ipratropio e il tiotropio. L’ipratropio è un agente a breve durata d’azione, mentre il tiotropio a lunga. Il tiotropio è associato a una diminuzione delle riacutizzazioni e una migliore qualità della vita. Non sembra tuttavia influenzare la mortalità il tasso di ospedalizzazione. Gli anticolinergici possono causare secchezza alla bocca e sintomi del tratto urinario. Essi sono anche associati a un aumentato del rischio di malattie cardiache e ictus.

Altre terapie e consigli

Accanto ai farmaci, esistono altre possibilità di gestione della malattia, come per esempio l’ossigenoterapia, ovvero la somministrazione di ossigeno puro, e la ventilazione meccanica, che supplisce all’insufficiente attività respiratoria. Ai pazienti si raccomanda di vaccinarsi regolarmente contro malattie come l’influenza o la polmonite da pneumococchi, che potrebbero aggravare una funzionalità polmonare già fortemente compromessa. Un consiglio utile è quello di praticare giornalmente una serie di esercizi specifici per tenere in attività i muscoli del respiro. Non ci sarebbe neanche bisogno di specificarlo: il paziente deve smettere di fumare e dovrebbe evitare l’esposizione a smog, inquinanti ambientali e sostanze chimiche irritanti. Importante controllare il peso corporeo, per non affaticare ulteriormente il sistema respiratorio: il paziente sovrappeso od obeso dovrebbe seguire una dieta ipocalorica e svolgere regolarmente attività fisica adeguata. In ogni caso viene consigliato al paziente di seguire un’alimentazione equilibrata e ricca di vitamine e sali minerali, ad esempio ricca di frutta e verdura di stagione. Utile è anche assumere ogni giorno un integratore multivitaminico multiminerale completo, come questo: https://amzn.to/3Xz3PNY

Ossigenoterapia

La somministrazione di ossigeno supplementare è raccomandato nei soggetti con bassi livelli di ossigeno a riposo (pressione parziale di ossigeno inferiore a 50-55 mmHg o saturazione arteriosa inferiore all’88%). In questo gruppo di persone diminuisce il rischio di insufficienza cardiaca e di morte, se utilizzato per 15 ore al giorno. In persone con livelli normali o lievemente bassi di ossigeno, può essere necessario valutare il livello di saturazione sotto sforzo, ad esempio con il test del cammino 6 minuti, in tal caso la supplementazione di ossigeno può migliorare la dispnea e migliorare la capacità di esercizio. Vi è il rischio di incendi e di scarsi benefici in coloro che continuano a fumare nonostante la condizione. In questa situazione spesso si sconsiglia l’ossigeno. Durante le riacutizzazioni, è importante non somministrare alte concentrazioni di ossigeno senza tenere conto dei valori di saturazione sanguigna, ciò può portare a un aumento dei livelli di anidride carbonica, peggiorando la prognosi. In coloro che sono ad alto rischio di livelli di biossido di carbonio, una saturazione di ossigeno tra l’88% e il 92% è raccomandata, mentre per coloro senza questo rischio, i livelli corretti dovrebbero essere tra il 94% e il 98%.

Chirurgia

In coloro che presentano una condizione estremamente grave, è possibile prendere in considerazione la chirurgia e questa può includere un trapianto polmonare o la riduzione del volume polmonare. La chirurgia di riduzione del volume polmonare consiste nel rimuovere le parti del polmone più danneggiate da enfisema permettendo alla porzione restante di espandersi relativamente meglio. Il trapianto polmonare è talvolta eseguita per casi di BPCO molto severa e soprattutto negli individui più giovani.

Prognosi e mortalità

La BPCO solitamente peggiora nel tempo, e in ultima analisi, può portare alla morte. Si stima che il 3% di tutte le disabilità siano legate alla BPCO. La sopravvivenza a 10 anni dall’insorgenza è del 40%. La percentuale di invalidità da BPCO a livello mondiale è diminuita tra il 1990 e il 2010, grazie al miglioramento della qualità dell’aria all’interno delle abitazioni. La velocità con cui la condizione peggiora varia a seconda della presenza di fattori negativi, quali una grave ostruzione del flusso d’aria, la scarsa capacità di compiere sforzi, la mancanza di respiro, un significativo sottopeso o sovrappeso (una importante perdita di peso è un indice molto negativo), la presenza di insufficienza cardiaca congestizia, il continuare a fumare e il verificarsi di frequenti riacutizzazioni. Gli esiti a lungo termine nella BPCO possono essere stimati utilizzando l’indice BODE (o BODE index), che fornisce un punteggio da 0 a 10 a seconda dei valori di FEV1, dell’indice di massa corporea, della distanza percorsa in sei minuti e tramite la scala di dispnea mMRC. I risultati della spirometria possono essere un buon indice predittivo per la prognosi della malattia, ma mai quanto l’indice BODE.

Prevenzione

Eliminare il fumo di sigaretta, gli inquinanti ambientali e l’esposizione a sostanze chimiche irritanti, prevengono la BPCO e rallentano la sua progressione. Le vaccinazioni antinfluenzali annuali in coloro che soffrono di BPCO riducono le probabilità delle riacutizzazioni, di incorrere in ospedalizzazioni e di decesso.

I migliori prodotti per il fumatore che vuole smettere di fumare

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, pensati per il fumatore che vuole smettere di fumare o che ha smesso da poco:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Asma bronchiale: spirometria e diagnosi differenziale

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ASMA BRONCHIALE SPIROMETRIA DIFFERENZIALE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari An Pene.jpgPrima di continuare la lettura di questo articolo, ti consiglio di leggere: Asma bronchiale in bambini e adulti: cause, sintomi e cura

La spirometria nel paziente affetto da asma bronchiale
L’esame fondamentale per lo studio dell’asma è la spirometria, che consiste nel soffiare in uno strumento (spirometro) che misura sia la quantità di aria emessa sia la velocità con cui viene emessa, e fornisce informazioni sullo stato di ostruzione delle vie aeree. Un test semplice quanto importante è il cosiddetto “test di reversibilità” eseguibile nei pazienti in cui la spirometria abbia evidenziato la presenza di ostruzione bronchiale. Il test consiste nell’eseguire due spirometrie di cui una prima e una dopo la somministrazione di un farmaco broncodilatatore spray. Negli asmatici tale somministrazione provoca una broncodilatazione significativa che consente la diagnosi. Nei soggetti con spirometria nella norma (la maggior parte degli asmatici in periodo intercritico) la diagnosi può essere posta identificando l’iperreattività bronchiale mediante test alla metacolina. L’esame consiste nell’esecuzione di una spirometria basale e successivamente varie altre spirometria dopo inalazione di concentrazioni crescenti di metacolina (sostanza broncocostrittrice). Nei soggetti asmatici il test è in grado di determinare una broncostenosi che invece non si verifica nei soggetti normali. Il monitoraggio giornaliero della malattia può essere eseguito mediante misurazione del picco di flusso (misurazione approssimativa ma praticabile dal paziente stesso, munito di un semplice strumento). In caso di patologia asmatica mostrerà un aumento del morning gap ovvero una riduzione dei valori mattutini più consistente che nelle persone sane.

Vi sono poi altre malattie che possono provocare alterazione della respirazione che non hanno nulla a che fare con l’asma quali: diabete scompensato, insufficienza renale scompensata, intossicazioni, lesioni cerebrali ecc.

Diagnosi differenziale: l’asma ed altre patologie che provocano dispnea
Le patologie in grado di provocare dispnea sono molte e non interessano sempre il polmone o i bronchi. Quando si indaga su malattie che provocano sintomi simili si parla quindi di diagnosi differenziale. La diagnosi differenziale per l’asma bronchiale va quindi posta con:

  • Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO): simile all’asma per sintomatologia ma con patogenesi ed eziologia assolutamente differenti. Nel caso della BPCO la causa principale è il fumo di sigaretta, l’ostruzione bronchiale è irreversibile o solo parzialmente reversibile (test di reversibilità negativo e test alla metacolina in genere negativo). Il trattamento è sostanzialmente basato su farmaci broncodilatatori piuttosto che sullo steroide inalatorio.
  • Asma cardiaco: dato da scompenso cardiaco, l’insufficiente forza di contrazione del cuore determina il raccogliersi di liquidi nelle vie aeree (edema polmonare), con conseguente difficoltà respiratoria per meccanismi riflessi di broncocostrizione.
  • Bronchite acuta: infiammazione passeggera dei bronchi abitualmente su base infettiva.
  • Attacco di panico: il paziente respira velocemente accusando una difficoltà respiratoria che non è dovuta a malattia di organo ma a uno stato ansioso (tale diagnosi va posta con prudenza per non sottovalutare malattie di organo più importanti).
  • Sindrome da ipersensibilità dei recettori della tosse o SIRT.

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Asma bronchiale in bambini e adulti: cause, sintomi e cura

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ASMA BRONCHIALE BAMBINI ADULTI SINTOMI CURE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Pene.jpgL’asma bronchiale è una patologia infiammatoria cronica dei bronchi, caratterizzata da ostruzione generalmente reversibile delle vie aeree inferiori spesso in seguito a sensibilizzazione da parte di allergeni, il cui sintomo principale è rappresentato da episodi di respiro sibilante e fischiante associato a dispnea (difficoltà respiratoria), senso di costrizione toracica e tosse. In alcuni casi l’ostruzione bronchiale può essere irreversibile. E’ una patologia conosciuta fin dai tempi dell’Antico Egitto, anche se è stato Ippocrate di Coo intorno al 450 a.C. a studiarla a fondo per primo: a lui si deve l’etimologia di “asma” che deriva da “ansimante”.

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Quanto è frequente l’asma bronchiale tra i bambini?
In età prescolare è purtroppo molto frequente (fino al 45% dei bambini sotto i sei anni) riscontrare la sua caratteristica principale, cioè il respiro sibilante, anche nei bambini non allergici, caratterizzato da tosse e sibilo o affanno solo in occasione di un comune raffreddore; si dice in gergo che “il raffreddore scende nel petto del bambino nell’arco di uno-due giorni“. Questi bambini hanno un diametro piccolo dei bronchi, sono in genere destinati a non ripresentare il sibilo in età scolare, con la crescita dei bronchi, pertanto non vengono definiti asmatici.
Viceversa, quando gli episodi di ostruzione bronchiale e di sibili espiratori continuano o iniziano dopo i 5 anni di età e si manifestano anche al di fuori dei raffreddori (ad es. durante lo sforzo o in ambienti polverosi), si può parlare di una vera e propria asma bronchiale che, nella grande maggioranza dei casi, è di origine allergica. L’asma bronchiale è una patologia molto diffusa: in Italia colpisce il 10% dei bambini sopra i sei anni.

Leggi anche: Apparato respiratorio: anatomia in sintesi, struttura e funzioni

Quanto è frequente l’asma bronchiale tra gli adulti
Attualmente si stima che circa 300 milioni di persone siano affette da asma nel mondo, e che circa 250.000 persone muoiano ogni anno a causa di tale malattie. Le cifre variano tra una nazione all’altra con una prevalenza tra l’1% e il 18%. È più comune nei paesi sviluppati ed industrializzati rispetto ai paesi in via di sviluppo.

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Chiarezza dei termini
Capita spesso che nel linguaggio comune la parola “asma” venga utilizzata come sinonimo di “dispnea” o “mancanza di respiro”, anche se di origine completamente diversa dal vero asma bronchiale: ad esempio nella vecchia definizione dello scompenso cardiaco acuto si parlava appunto di “asma cardiaco” che nulla ha a che fare con l’infiammazione dei bronchi. Pertanto, a differenza della definizione riportata nei testi degli anni settanta e ottanta, che facevano riferimento unicamente alle modificazioni funzionali e quindi al broncospasmo, l’attuale definizione sottolinea il ruolo determinante dell’infiammazione nella genesi dei sintomi e delle alterazioni funzionali. Questo dato ha un risvolto terapeutico importante ponendo i farmaci antinfiammatori come cardine della terapia dell’asma.

Asma bronchiale: cenni di fisiopatologia
L’asma può essere una conseguenza della sindrome rinobronchiale delle alte vie aeree. La principale alterazione fisiopatologica che determina lo stato funzionale e la sintomatologia del paziente asmatico è la riduzione del calibro delle vie aeree indotta da sei meccanismi fondamentali:

  1. contrazione della muscolatura liscia bronchiale,
  2. edema (gonfiore della mucosa che riveste i bronchi) e infiammazione con conseguente congestione della parete bronchiale,
  3. ipersecrezione di muco (catarro bronchiale),
  4. rimodellamento delle vie aeree,
  5. perdita dell’epitelio,
  6. iperreattività bronchiale.

In presenza di asma, a livello bronchiale si verifica un’iperreattività della muscolatura liscia, regolata dall’azione del sistema nervoso parasimpatico attraverso il nervo vago. Nel corso dell’infiammazione bronchiale, i mastociti, gli eosinofili ed i linfociti T rilasciano mediatori chimici che agiscono direttamente su: muscolatura, ghiandole e capillari. Durante una crisi asmatica, l’aria inspirata raggiunge gli alveoli, ma la presenza di ostruzione bronchiale ne impedisce la fuoriuscita con l’espirazione. Quindi, l’aria può entrare, ma non può uscire dagli alveoli.

Leggi anche: Tumore al polmone in chi non fuma: da cosa viene causato?

Asma bronchiale: cosa avviene quando viene inalato un allergene?
Quando un allergene viene inalato, induce nei bronchi una serie di reazioni in sequenza che portano alla crisi asmatica. Quali sono queste tappe? Leggi questo articolo per scoprirlo: Cosa avviene quando viene inalato un allergene?

Quali sono le cause di asma bronchiale in bambini ed adulti?
Tra le cause d’asma, le principali sono:

  • Sensibilizzazione allergica a polvere, muffe, pelo di alcuni animali (gatto, cane, cavallo), pollini, graminacee, parietaria, olivo. Raramente causano episodi asmatici alcuni alimenti (es. latte vaccino, l’uovo, il pesce) e additivi alimentari.
  • Infezioni, soprattutto nei bimbi più piccoli. Le infezioni, in particolare quelle virali, sono la causa principale di asma nei primi anni di vita. La maggior parte dei bambini asmatici presenta i sintomi prevalentemente durante il periodo autunnale e invernale, quando la diffusione delle infezioni delle vie respiratorie è particolarmente elevata.
  • Condizioni ambientali avverse. I bambini che frequentano ambienti particolarmente inquinati, non puliti, polverosi, o che hanno uno o entrambi i genitori fumatori, sono maggiormente esposti all’asma.
  • L’attività fisica. Più della metà dei bambini sofferenti di asma bronchiale può presentare tosse o affanno durante l’attività fisica (asma da sforzo). Il bambino affetto da asma da sforzo non ha controindicazioni ad eseguire l’attività sportiva: in molti casi è sufficiente raggiungere un buon controllo dei sintomi asmatici per ottenere la scomparsa della tosse da sforzo. Esistono inoltre farmaci che, somministrati alcuni minuti prima dell’attività fisica, consentono un idoneo controllo dell’asma da sforzo.

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Fattori di rischio ambientali e genetici per l’asma bronchiale
A tale proposito vi consiglio la lettura di questo articolo: Asma bronchiale: fattori di rischio ambientali e genetici

Quali sono i sintomi di asma bronchiale?
In genere il bambino comincia a presentare attacchi di tosse secca e stizzosa, a riposo o durante il gioco o la corsa. In alcuni casi la sintomatologia è marcata a causa dello spasmo dei bronchi, si percepiscono fischi e sibili durante l’espirazione dell’aria ed il bambino avverte difficoltà respiratoria. Sintomi simili sono presenti in età adulta. Durante il recupero da un attacco asmatico, può apparire pus come causa del coinvolgimento di alti livelli di globuli bianchi chiamati eosinofili.

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Quando sono più frequenti i sintomi di asma bronchiale?
Solitamente i sintomi tendono a peggiorare di notte e alla mattina presto. Alcune persone asmatiche sperimentano i tipici sintomi in risposta a determinati fattori causali, mentre altri possono presentarli in modo persistente.

Diagnosi di asma bronchiale
Molti genitori non riescono ad individuare subito la presenza dell’asma nel loro bambino. A volte riportano di avere sentito il fischio, ma più frequentemente la diagnosi viene dalla visita del pediatra che riscontra la presenza di sibili in un bambino condotto dai genitori per via di una tosse secca e insistente. Una conferma clinica del sospetto di asma è data dal riscontro di un immediato miglioramento della respirazione che si verifica con la somministrazione di farmaci dilatatori dei bronchi. Spesso, se sollecitati i genitori riferiscono che il bambino presenta la tosse quando ride o gioca o fa attività fisica (asma da sforzo).  Una conferma ulteriore della diagnosi è possibile tramite l’esecuzione di un esame che analizza la quantità di aria che il bambino riesce a emettere con un forte soffio. In termini più tecnici l’esame è noto con il nome di spirometria e in generale è eseguibile intorno ai 5-6 anni. L’esecuzione delle prove allergiche consente di verificare la presenza di eventuali sensibilità del bambino asmatico verso sostanze (dette allergeni) contenute nell’ambiente o più raramente negli alimenti. Continua la lettura sulle tecniche di diagnosi per l’asma bronchiale con questo articolo: Asma bronchiale: spirometria e diagnosi differenziale

Come si cura l’asma bronchiale?
La terapia per curare l’asma è farmacologica. Tuttavia è indispensabile tenere sotto controllo i fattori ambientali. È inoltre indispensabile che la tecnica di assunzione dei farmaci somministrati per inalazione sia spiegata e verificata alle visite di controllo. Sono infatti numerosi gli errori tecnici nella somministrazione. Per il successo della terapia è indispensabile che il bambino e i genitori conoscano la malattia, seguano il percorso terapeutico che il medico ha prescritto ed eseguano dei regolari controlli dal medico curante.

  • La terapia farmacologica. I medicinali vanno somministrati soltanto dopo aver consultato un medico. I farmaci anti-asmatici in commercio sono impiegati sia per la cura della crisi asmatica, sia per la prevenzione dei successivi episodi. Esistono diverse categorie di farmaci anti-asmatici in commercio. Negli ultimi decenni abbiamo progressivamente assistito alla sostituzione della via di somministrazione dei farmaci per l’asma da quella classica (orale), a quella inalatoria. Gli stessi farmaci che vengono somministrati per bocca infatti possono raggiungere direttamente le vie aeree tramite la tecnica inalatoria che consente di ottenere un’azione più mirata e minori effetti secondari. Gli strumenti per l’inalazione dei farmaci sono rappresentati dagli apparecchi nebulizzatori, dagli spray dosati e dalle polveri.
  • La immunoterapia desensibilizzante. L’obiettivo della immunoterapia desensibilizzante (ITS) è quello di eliminare o attenuare la sensibilizzazione allergica verso una specifica sostanza (allergene) attraverso la periodica somministrazione dello stesso allergene. La somministrazione può essere effettuata per bocca o per via iniettiva, sottocutanea: l’applicazione sottocutanea non è esente da rischi di reazioni avverse. Non esistono a tutt’oggi prove scientifiche tali da consigliarne un largo impiego, specie in età pediatrica. Attualmente il ricorso alla immunoterapia va preso in considerazione solo nei casi di allergia verso una sola sostanza oppure quando si osservi una stretta correlazione fra esposizione ad un allergene e comparsa dei sintomi respiratori.

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Obiettivo del trattamento dell’asma bronchiale
L’obiettivo del trattamento dell’asma è quello di raggiungere e mantenere il controllo delle manifestazioni cliniche della malattia, per periodi prolungati. Cioè soddisfare i seguenti punti:

  • Nessun (o minimi) sintomo/i cronico/i.
  • Nessuna (o al massimo rare) riacutizzazione/i.
  • Nessuna visita di emergenze o ricovero per asma.
  • Nessun (o minimo) bisogno di uso addizionale di ß2 – agonisti per il sollievo dei sintomi.
  • Nessuna limitazione durante l’esercizio fisico.
  • Variazione giornaliera del PEF < del 20%.
  • Funzione polmonare normale o al meglio possibile.
  • Nessuno (o minimi) effetto/i collaterale/i dei farmaci.

Per raggiungere questo obiettivo le linee guida raccomandano di sviluppare un piano di assistenza organizzato in modo da raggiungere alcuni traguardi:

  1. Sensibilizzare il paziente a sviluppare uno stretto rapporto di collaborazione con il medico.
  2. Identificare e ridurre l’esposizione ai fattori di rischio.
  3. Gestire una riacutizzazione di asma.
  4. Assumere correttamente i farmaci.
  5. Capire la differenza che c’è tra i farmaci antiasmatici “di fondo”, da assumere continuamente, e i farmaci “al bisogno”, da prendere solo dinanzi ad una reale necessità.
  6. Monitorare lo stato di salute interpretando i sintomi e, se possibile, misurare il picco di flusso espiratorio (PEF).
  7. Riconoscere i segni premonitori delle crisi asmatiche e prendere i dovuti provvedimenti.
  8. Ricorrere prontamente al medico in caso di necessità.

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Agenti che possono causare esacerbazione dell’asma
Alcuni individui presentano asma stabile per settimane o mesi e poi improvvisamente sviluppano un episodio di asma acuto. Individui diversi reagiscono in modo diverso a diversi fattori. La maggior parte delle persone sviluppano grave esacerbazione per via di un certo numero di agenti scatenanti. Gli agenti che possono portare alla riacutizzazione dell’asma includono principalmente:

  • polvere,
  • peli di animali (in particolare di gatto e cane),
  • allergeni,
  • scarafaggi,
  • muffa,
  • profumi.

E’ importante ricordare che sia le infezioni virali che batteriche del tratto respiratorio superiore possono peggiorare la malattia. Lo stress psicologico può peggiorarne i sintomi, si pensa che lo stress alteri il sistema immunitario e quindi aumenta la risposta infiammatoria delle vie aeree agli allergeni e agli irritanti.

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Asma bronchiale: l’importanza di eseguire controlli periodici
È di fondamentale importanza che ai genitori venga ben chiarito che un corretto trattamento dell’asma, farmacologico e ambientale, consente al bambino di stare bene, di non sentirsi diverso dai coetanei potendo svolgere le loro stesse attività con i migliori risultati. È dimostrato che il successo viene raggiunto in particolare dai pazienti che eseguono regolari controlli clinici, non solo in occasione della ricomparsa dei sintomi, concordati con il pediatra.

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Parametri della spirometria: capacità, volumi, rapporti e flussi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PARAMETRI SPIROMETRIA VOLUMI RAPPORTI    Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgSono molti i parametri che possono essere misurati durante un esame spirometrico, i più frequenti sono:

  • la Capacità Vitale (VC);
  • la Capacità Vitale Forzata (FVC);
  • il Volume Espiratorio Forzato (FEV) all’intervallo di 0.5, 1 (FEV1), 2, e 3 secondi;
  • il Flusso Espiratorio Forzato al 25–75% (FEF 25–75);
  • la Massima Ventilazione Volontaria (MVV), anche conosciuta come Massima Capacità Respiratoria.

Altri test possono essere eseguiti in situazioni particolari. I risultati sono generalmente forniti sia come dati grezzi (litri, litri al secondo) ed in percentuale rispetto ai valori predetti o attesi per i pazienti che hanno caratteristiche simili (altezza, età, sesso e, talvolta, razza e peso). L’interpretazione dei risultati può variare a seconda del medico e della fonte dei valori previsti. In generale, i risultati prossimi al 100% del valore predetto sono assolutamente normali, e spesso risultati oltre l’80% del valore atteso sono considerati normali. Tuttavia i risultati devono essere sempre correlati dal medico con anamnesi ed esame obiettivo del paziente, oltre ad altri eventuali esami come un RX torace.

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Grado di reversibilità della broncocostrizione
Spesso, in determinate circostanze, si deve somministrare un broncodilatatore per via inalatoria e si esegue un confronto tra la prova ed il relativo grafico pre e post stimolo broncodilatatorio, per verificare l’efficacia del broncodilatatore ed il cosiddetto grado di reversibilità della broncocostrizione.

Altre tecniche
La capacità funzionale residua (FRC) non può essere misurata mediante la spirometria, ma può comunque essere misurata con un pletismografo oppure con un test di diluizione (ad esempio, la prova di diluizione dell’elio).

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Capacità vitale forzata (FVC)

La capacità vitale forzata (FVC) è il volume di aria che può essere espirato con uno sforzo massimale, dopo che il paziente ha eseguito una piena ispirazione, misurata in litri.[20] La FVC è una manovra fondamentale nei test di spirometria.

Volume espiratorio massimo in 1 secondo (VEMS o FEV1)

Il FEV1 è il volume di aria che può essere espirato con uno sforzo massimale in un secondo, dopo che il paziente ha eseguito una piena ispirazione. I valori medi di FEV1 in persone sane dipendono principalmente dal sesso e dall’età. Valori compresi tra 80% e 120% del valore medio sono considerati normali. I valori normali previsti per il FEV1 possono essere calcolato online, dipendono da età, sesso, altezza, massa corporea ed etnia, e presentano anche alcune variazioni in base allo studio di ricerca.

Rapporto FEV1/FVC (FEV1%)

Il FEV1/FVC (FEV1% o Indice di Tiffeneau) è il rapporto tra il FEV1 e la FVC. In adulti sani questo rapporto dovrebbe essere di circa il 75-80%. Nelle malattie ostruttive (asma bronchiale, BPCO, bronchite cronica, enfisema) il FEV1 è diminuito a causa della maggiore resistenza delle vie aeree al flusso espiratorio. Nelle medesime malattie anche la FVC può essere diminuita, a causa della chiusura prematura della vie aeree durante l’espirazione, ma non nella stessa proporzione del FEV1. Tipicamente in queste malattie sia la FEV1 che la FVC sono ridotti, ma il primo è più colpito, a causa della maggiore resistenza delle vie aeree.

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Flusso espiratorio forzato (FEF)

Il flusso espiratorio forzato (FEF) è il flusso (o velocità) con cui l’aria esce dal polmone durante la parte centrale di una espirazione forzata. Può essere misurato ad intervalli discreti (definiti) della capacità vitale forzata (FVC). Gli intervalli usuali sono 25%, 50% e 75% (FEF25, FEF50 e FEF75), o il 25% e il 50% della FVC. Può anche essere misurato come media del flusso durante un intervallo, generalmente delimitato da quante specifiche frazioni rimangono della FVC, di solito 25-75% (FEF25-75%). La gamma delle medie nella popolazione sana dipendono principalmente dal sesso e dall’età. Valori compresi tra 50-60% e fino al 130% della media sono considerati normali. I valori normali previsti per il FEF può essere calcolato online e dipendono dall’età, dal sesso, da altezza, massa ed etnia nonché da alcune variabili da studio di ricerca a studio di ricerca. MMEF o MEF è sinonimo di massimo (a metà) flusso espiratorio ed è il picco di flusso espiratorio, ricavato dalla curva flusso-volume e misurato in litri al secondo. Dovrebbe essere teoricamente identico al picco di flusso espiratorio (PEF), che è, invece, generalmente valutato con l’ausilio di un misuratore di picco e misurato in litri al minuto. Ricerche recenti suggeriscono che il FEF25 -75 % o FEF25 -50 % possa essere un parametro più sensibile rispetto al FEV1 (VEMS) nell’evidenziare la malattia ostruttiva a carico delle piccole vie aeree.Comunque, in assenza di concomitanti variazioni di altri marcatori standard, il rilevare alcune discrepanze nel flusso espiratorio centrale (il FEF 25-75%) potrebbe non essere sufficientemente specifico per parlare di malattia ostruttiva e, pertanto, le attuali indicazioni sottolineano l’opportunità di continuare ad utilizzare altri parametri (FEV1, VC, e FEV1/VC) come indicatori di malattia ostruttiva.

Flusso inspiratorio forzato 25–75% o 25–50%

Il flusso inspiratorio forzato 25–75% o 25–50% (FIF 25–75% o 25–50%) è per molti aspetti simile al FEF 25–75% or 25–50%, tranne, ovviamente, per il fatto che la misura viene presa durante la fase inspiratoria.

Flusso di picco espiratorio (PEF)

Il flusso di picco espiratorio (PEF) è il flusso (o la velocità) massima che può essere raggiunta durante l’esecuzione di una espirazione forzata che viene iniziata dopo una inspirazione completa, misurata in litri al minuto oppure in litri al secondo.

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Volume corrente (VC)

Il volume corrente (in inglese tidal volume – TV) corrisponde al totale di aria inalata ed esalata normalmente con l’attività respiratoria.

Capacità polmonare totale (CPT)

La capacità polmonare totale (in inglese total lung capacity – TLC) equivale alla quantità (volume) massima d’aria presente nei polmoni.

Capacità di diffusione (DLCO)

La capacità di diffusione (o DLCO) equivale all’assorbimento di monossido di carbonio (CO) a seguito di un singolo respiro che viene effettuato per un tempo standard (in genere 10 secondi). Poiché l’aria è costituita da una quantità estremamente ridotta (tracce) di CO, è stato assunto il tempo di 10 secondi come tempo standard per l’inalazione, la quale deve essere poi seguita da una rapida espirazione. Il gas esalato dal paziente viene poi testato per determinare in quale quantità il gas tracciante sia stato assorbito durante il singolo respiro di 10 secondi. Questa prova è in grado di evidenziare eventuali alterazioni della capacità di diffusione come, ad esempio, può avvenire in caso di fibrosi polmonare. Si deve ricordare che questo parametro non ha un valore assoluto ma che deve essere correlato a determinate condizioni cliniche del paziente. In caso di anemia, ad esempio, il valore ottenuto necessita di essere corretto. L’anemia infatti altera il parametro in quanto la rapida diffusione del monossido di carbonio (CO) dipende dalla concentrazione di emoglobina contenuta nei globuli rossi: in caso di bassa concentrazione di emoglobina (ovvero in caso di anemia) si avrà una alterata e falsa riduzione del valore di DLCO). Nel caso, invece, di emorragia polmonare, si verifica un eccesso di eritrociti nell’interstizio o negli alveoli: queste cellule, dato l’alto contenuto di emoglobina, sono ovviamente in grado di assorbire la CO e artificiosamente dare un valore aumentato della capacità DLCO). La pressione atmosferica e/o l’altitudine sul livello del mare possono influire sulla misura di DLCO che viene registrata: si rende quindi necessario un fattore di correzione che tenga conto di questi valori. Sono disponibili online dei calcolatori che correggono le misure sulla base dei livelli di emoglobina e di altitudine e/o pressione con i quali è stata rilevata la misura.

Massima ventilazione volontaria (MVV)

La massima ventilazione volontaria (MVV) è una misura della quantità massima di aria che può essere inspirata ed espirata nell’arco temporale di un minuto. Una simile massima ventilazione può determinare discomfort nel paziente esaminato. Al fine di rendere più agevole l’esame per il paziente, la prova viene fatta eseguire per una durata massima di 15 secondi. I valori ottenuti vengono quindi estrapolati ad un valore per una prova di durata di un minuto ed espressi in litri/minuto. I valori medi per soggetti di sesso maschile sono pari a 140-180 litri/minuto e si riducono a valori di 80-120 litri/minuto in soggetti di sesso femminile.

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Compliance polmonare statica (Cst)

Quando l’obiettivo è stimare la compliance polmonare statica, è necessario che alle canoniche misurazioni di volume effettuate attraverso lo spirometro si associno delle misurazioni simultanee della pressione transpolmonare effettuate grazie alla integrazione dello spirometro con dei trasduttori di pressione. Una volta costruita la curva con le relazioni tra le variazioni di volume e le relative variazioni di pressione transpolmonare, la Cst si ottiene valutando la pendenza della curva ad un dato volume, oppure, matematicamente, si ottiene dal differenziale ΔVolume/Δpressione. La compliance polmonare statica è probabilmente il parametro più sensibile per mettere in evidenza una meccanica polmonare anormale. È considerato nei limiti di norma se è compreso tra il 60% ed il 140% del valore medio della popolazione per una persona di simile età, sesso e composizione corporea.Nei soggetti in insufficienza respiratoria acuta ed in ventilazione meccanica, “la compliance statica del sistema respiratorio totale viene convenzionalmente ottenuta dividendo il volume corrente con la differenza tra il plateau di pressione, misurato all’apertura delle vie aeree (PaO) durante una occlusione a fine ispirazione e la pressione positiva di fine espirazione (PEEP) così come è stata impostata sul ventilatore”.

Capacità vitale lenta (SVC)

La capacità vitale lenta (SVC) è il volume massimo di aria che può essere espirata lentamente dopo aver eseguito una lenta inspirazione massimale.

Tempo espiratorio forzato (FET)

Il tempo di espirazione forzata (FET) misura la durata di una espirazione massimale, in secondi.

Pressione massima (Pmax e Pi)

Pmax è la pressione che tende ad avvicinarsi (asintotica) a quella massima che può essere sviluppata dai muscoli respiratori a qualsiasi volume polmonare. Pi è la pressione massima di inspirazione che può essere sviluppata a volumi polmonari specifici.[27] Questa misura richiede anche il contemporaneo utilizzo di trasduttori di pressione. È considerata normale se è compresa tra il 60% ed il 140% del valore medio della popolazione per qualsiasi persona della stessa età, sesso e composizione corporea. Un parametro derivato è il cosiddetto coefficiente di retrazione (CR), che è il rapporto tra Pmax/TLC.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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