Le allergopatie professionali comprendono forme cliniche diverse (rinite, asma bronchiale, pneumopatie da ipersensibilità, dermatiti da contatto…), in cui gli allergeni sono rappresentati da sostanze (di natura chimica, vegetale, fungina o animale) prodotte o comunque presenti negli ambienti di lavoro. Il rilievo socio-economico di queste affezioni, legato alla loro elevata frequenza nell’ambito di particolari categorie di lavoratori, implica complessi problemi di prevenzione ambientale.
Epidemiologia
Mancano dati statistici di carattere generale per quanto concerne la frequenza delle sindromi allergiche professionali, anche se appare indubbio che queste allergopatie abbiano un notevole rilievo socio-economico, in quanto ricorrono in elevate percentuali nell’ambito di diverse categorie di lavoratori. Basti pensare, ad esempio, per quanto riguarda l’asma bronchiale professionale, che il 5% circa dei lavoratori esposti agli isocianati, il 10-45% di quelli esposti ad enzimi proteolitici ed il 5-30% degli addetti alle
lavorazioni di cereali e farine vanno incontro, dopo un periodo di esposizione più o meno lungo, a sindromi asmatiche.
Cause e patogenesi
Le sostanze che possono diventare allergeni professionali sono assai numerose: vedi tabella in alto nell’articolo. Tali allergeni possono essere suddivisi in gruppi secondo il criterio della loro origine anche se, per motivi di praticità, tale criterio non risulta sempre applicato in modo ineccepibile sotto il profilo sistematico:
- sostanze chimiche;
- sostanze fungine;
- sostanze vegetali;
- sostanze animali.
Sostanze chimiche
Tra tutte queste sostanze, quelle di maggiore interesse allergologico sono rappresentate, nel gruppo delle sostanze chimiche, dagli isocianati, largamente impiegati nella produzione del poliuretano espanso, che trova vaste applicazioni nel campo dei materiali plastici (imbottiture, isolanti termoacustici, adesivi), nonché nella produzione di vernici, schiume e fibre. I più comuni sono il toluene diisocianato (TDI), il metilene diisocianato (MDI) e l’esametilene diisocianato (HDI). Si tratta di composti a basso peso
molecolare, che si comportano come apteni e si devono legare ad una proteina carrier per indurre sensibilizzazione. Gli isocianati esercitano, tra l’altro, una notevole azione irritante. Nel 15% circa dei soggetti con asma da isocianati comprovato da test di esposizione si riscontrano IgE specifiche verso uno o più isocianati (tra queste sostanze esiste, infatti, una parziale cross-reattività). Indagini sperimentali su modelli animali sembrano indicare che gli isocianati sono in grado di indurre reazioni immunitarie specifiche, incluse quelle IgE-mediate. Altre sostanze chimiche in grado di provocare allergopatie professionali sono:
- l’ossido di etilene, impiegato per la sterilizzazione di apparecchiature sanitarie (ad esempio, per emodialisi) e di strumenti sanitari “a perdere” come siringhe, guanti e cateteri;
- le anidridi ftalica, maleica, trimellitica e tetracloroftalica, utilizzate nella trasformazione di resine sintetiche in materiali plastici e nella produzione di coloranti. Anche queste sostanze, tutte a basso peso molecolare, possono indurre sensibilizzazione solo se legate ad un carrier proteico;
- la formaldeide, una delle più semplici molecole organiche, largamente usata in varie lavorazioni industriali (è stato calcolato che negli Stati Uniti più di un milione di lavoratori sia esposto ai vapori di tale sostanza), può legarsi a componenti proteiche e dar luogo a sensibilizzazione.
Nel gruppo delle sostanze chimiche rientrano, infine, alcuni farmaci: ad esempio, sono stati segnalati casi di manifestazioni cutanee e/o respiratorie in operai dell’industria farmaceutica addetti alla produzione della ranitidina e della bromelina.
Sostanze fungine
Per quanto riguarda le sostanze fungine, occorre distinguere tra:
- allergeni derivanti da funghi microscopici (muffe e lieviti);
- allergeni derivanti da funghi commestibili.
I primi comportano un elevato rischio di sensibilizzazione per il personale dell’industria farmaceutica impiegato nella produzione di antibiotici (penicilline, cefalosporine, etc.), per gli addetti alla produzione di enzimi (nel settore caseario ed in quello cartario, nei panifici, etc.), per gli addetti alla produzione della birra e – ancora – per gli agricoltori (soprattutto nel periodo della mietitura o della fienazione e nelle mansioni correlate allo
stallatico), per i manipolatori di cereali, frutta e malto, per gli addetti ai salumifici, per i lavoratori del sughero e del legno, etc.
I secondi comportano un rischio di sensibilizzazione non meno elevato soprattutto per gli addetti alla funghicoltura, alle lavorazioni per la conservazione dei funghi eduli ed alla vendita al dettaglio di questi funghi.
Sostanze vegetali
Tra le sostanze vegetali, le polveri e farine di cereali (polveri della mietitura, polveri di granaglie e di mulino, farine) sono le più importanti sotto il profilo allergologico. Del resto, è nota da tempo l’asma dei mugnai e dei panettieri, da allergia alla farina di frumento o di altri cereali. E ben nota anche l’elevata allergenicità del ricino (particolarmente esposti sono gli addetti alla sua coltivazione ed all’estrazione dell’olio). Anche pollini o altre sostanze derivanti da piante entomofile (Ficus benjamina, Acacia dealbata, cactus di Natale, etc.) possono dar luogo a sensibilizzazione in individui esposti ad essi per motivi professionali (merita ricordare che la scuotitura delle piante facilita la dispersione dei pollini). Esistono vari segnalazioni di allergopatie respiratorie (oltre alle già descritte dermatiti da contatto) da lattice in lavoratori della gomma, ma
anche in medici e paramedici, in casalinghe e in addetti alle pulizie, per l’uso di guanti di gomma.
Sostanze animali
La più diffusa e conosciuta allergia a sostanze animali è quella dovuta a sensibilizzazione verso forfore ed altri derivati epidermici di vari mammiferi: soprattutto di cavallo, ma anche di coniglio, capra, bovini, etc., oltre che – ovviamente – del gatto e del cane. Particolarmente esposti a questi allergeni sono, per motivi professionali, allevatori, stallieri, fantini, veterinari ed agricoltori in genere.
Un’altra non rara evenienza è rappresentata dall’ipersensibilità verso animali di laboratorio (cavie, ratti, etc.), che si manifesta in ricercatori e in addetti agli stabulari: in questo caso gli allergeni sono rappresentati principalmente dalle proteine presenti nei materiali urinari e fecali che si depositano sul fondo delle gabbie, per andare poi incontro ad essiccazione e diffondere nell’aria ambientale degli stabulari.
A sostanze di origine animale sono dovute anche le dermatiti da contatto, in genere professionali, che si osservano con una certa frequenza in biologi, in addetti agli stabulari, in lavoratori di industrie alimentari, in macellai ed in cuochi.
Rientrano nel gruppo delle sostanze di origine animale anche gli allergeni da inalazione cui si devono, soprattutto in agricoltori, vari casi di allergopatie respiratorie professionali da acari fitofagi iPanonychus ulmi o ragnetto rosso degli alberi da frutta, Tetranychus macdanieli o ragnetto giallo della vite, Tetranychus urticae o ragnetto rosso comune, etc.).
Menzioniamo a parte le più comuni allergopatie professionali da enzimi. La più nota è l’asma bronchiale causata dagli enzimi proteolitici del Bacillus subtilis (subtilisina, subtilopeptidasi), ormai quasi del tutto sostituiti nelle lavorazioni industriali proprio per il loro elevatissimo potere sensibilizzante.
Una sensibilizzazione all’α-amilasi è relativamente frequente negli addetti alla panificazione. Le alte temperature necessarie per la cottura del pane e dei prodotti di pasticceria comportano la perdita delle proprietà allergeni che dell’enzima, il che spiega perché i soggetti sensibilizzati all’amilasi possano ingerire senza conseguenze il pane e gli altri prodotti da forno.
Va segnalato che un numero non trascurabile di casi di asma bronchiale professionale, come – ad esempio – quelli dovuti ad inalazione di polveri di legni esotici (cedro rosso, noce di mansonia ed altri), non riconosce un’etiopatogenesi allergica ma è da ascrivere all’azione fortemente irritante di queste polveri.
Deve essere ricordato, infine, che alcuni casi di rinite allergica e/o di asma bronchiale provocati dalle sostanze sopra elencate possono manifestarsi anche in soggetti non esposti ad esse per motivi professionali. È il caso, ad esempio, delle reazioni da ipersensibilità all’ossido di etilene, all’anidride ftalica o alla formaldeide che si osservano con relativa frequenza in pazienti sottoposti a emodialisi cronica.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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