Come aprire lo spumante evitando i traumi da tappo

MEDICINA ONLINE COME APRIRE SPUMANTE CHAMPAGNE ALCOL FESTE BUON NATALE CAPODANNO BERE BRINDISI AUGURI TRAUMI OCCHIO ALCOLICI TAPPO SUGHERO DANNO DOLORE COLPO.jpgGià mi immagino le risate di alcuni lettori nel leggere il titolo eppure non molti sanno che i traumi oculari da tappo di bottiglia sono purtroppo molto più diffusi di quanto si pensi durante questo periodo e potenzialmente molto gravi, come giustamente avvertono gli oculisti di IAPB Italia onlus (Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità), che ricordano come evitare incidenti al momento dei brindisi, quando si stappano milioni di bottiglie di bollicine, oltre che durante fuochi artificiali e petardi.

Tappo “velocissimo”

Gli occhi sono la “terza parte del corpo a subire più traumi dopo le mani e i piedi”, premettono gli esperti che invitano a “stappare con cautela. Quando si aprono le bottiglie di spumante, champagne o vino frizzante, come quando si esplodono petardi e fuochi d’artificio, si corrono diversi rischi da non sottovalutare mai”. Si stima, infatti, che il tappo possa viaggiare fino a 80 chilometri orari e, se colpisce l’occhio, può persino provocare lo scoppio del bulbo e mettere seriamente a rischio la vista. Secondo la Società americana di oftalmologia, solo negli Stati Uniti ogni anno si verificano oltre 9.000 incidenti, di cui quasi il 30% riguarda gli occhi.

Attenzione al brindisi

Gli esperti raccomandano, dunque, di assicurarsi che la bottiglia sia ben fredda (a temperatura ambiente è invece più facile che il tappo salti a causa dell’anidride carbonica); non agitare mai la bottiglia prima dell’uso; aprire la bottiglia con la massima cautela, tenendo sempre il tappo ben pressato con la mano, meglio se coperto da un panno; non lasciare mai sul tavolo la bottiglia priva della gabbietta di protezione perché il tappo potrebbe saltare da solo e provocare danni; direzionare la bottiglia a 45 gradi puntando lontano da chiunque, e ovviamente non utilizzare il cavatappi per aprire lo spumante, lo champagne né, in alcuni casi, il vino frizzante.

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Differenza tra cornea, sclera, congiuntiva, retina, iride, vitreo e cristallino

MEDICINA ONLINE OCCHIO EYE EYES ANATOMY RETINA FOVEA CORPO VITREO CORNEA VISTA VISION SCLERA COROIDE MACULA CRISTALLINO LIMBUS NEO MELANOMA NEVO MIOPIA DALTONISMO PRESBIOPIA STRABISMO OCL’occhio è una struttura apparentemente semplice, ma in realtà molto complessa. Cerchiamo oggi di fare un po’ di chiarezza, anche aiutandoci con l’immagine proposta qui in alto.

CORNEA

La cornea è la parte trasparente dell’occhio in diretto contatto col mondo esterno, ha uno spessore medio di 530/540 microns con una variabilità fisiologica piuttosto importante  ( dai 420 a oltre i 600 microns); non ha solo la funzione di permettere alle luce ( e quindi alle immagini ) di “arrivare” sulla retina, ma è anche la lente dell’occhio con il maggior potere diottrico. Per permettere e mantenere la sua trasparenza, è un tessuto avascolare, cioè non è direttamente raggiunta dai vasi sanguigni, nella sua quasi totalità ( fa eccezione il limbus cioè la sua la periferia ); ma dato che come tutti i tessuti viventi consuma energia e produce “sostanze di rifiuto”, a questo compito principale è deputata la lacrimazione, che non ha quindi il solo compito di lubrificare, ma anche di nutrire. La lacrimazione ha poi anche il compito di “difendere” la cornea dall’azione di batteri,  virus e funghi, e così al suo interno si trovano sostanze deputate a questo scopo.

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IRIDE

L’iride è quella parte dell’occhio che ne definisce il colore, visibile dietro la cornea data la trasparenza di quest’ultima; il suo compito è regolare la quantità di luce che deve entrare nell’occhio e funziona come il diaframma delle  macchine fotografiche ( o forse sarebbe meglio dire il contrario!) e questo diaframma in genere è indicato col nome di PUPILLA, cioè il foro centrale dell’iride che per l’appunto varia nel suo diametro in funzione della luce che deve entrare nell’occhio.

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SCLERA

La sclera è una sorta di guscio esterno dell’occhio, che ha la forma di una pallina da ping-pong, che nella sua parte anteriore si continua nella cornea, e nella parte posteriore ha un foro attraverso cui passa il nervo ottico; di colore bianco nell’età adulta, nei bambini ha spesso tendenza al bluastro perché più sottile ed in trasparenza si vede la sottostante coroide, mentre in età avanzata ha colore giallastro.

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CONGIUNTIVA

La congiuntiva è una sottile membrana che riveste la sclera nella sua parte esposta e le palpebre: ricca di vasi e ghiandole che concorrono alla produzione della lacrima, ha il compito di proteggere le parti esterne dell’occhio e di lubrificare i movimenti del bulbo.

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CRISTALLINO

Il cristallino, o lente, è posizionato subito dietro l’iride, è una lente di ingrandimento e in pazienti senza difetti visivi associando il suo potere diottrico con quello della cornea (l’altra lente presente nell’occhio) permette all’immagine percepita di andare perfettamente a fuoco sulla retina e quindi avere una visione nitida e a fuoco; fino a circa 45 anni è poi in grado di modificare la sua forma e permettere una visione limpida  anche per vicino, funzionando come uno zoom. Intorno a quell’età inizia una progressiva facosclerosi ( irrigidimento del cristallino) e un’azione meno potente del muscolo ciliare che su di esso agisce: la sinergia di questi due fattori fa si che sempre più si perde la capacità di “zoomare” per vicino, è la presbiopia che ci obbliga all’uso di occhialini per poter leggere.  Quando poi il cristallino si opacizza per “ossidazione” della sua struttura dovuta al processo di invecchiamento (ma può anche succedere in età giovanile per traumi, terapie mediche o per alcuni tipi di patologie o può anche essere congenita) abbiamo la cataratta che aumentando progressivamente fa sempre  più calare la vista fino a dover estrarre il cristallino opacizzato (= la cataratta) e sostituirlo con uno artificiale.

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VITREO

Il vitreo è una sostanza gelatinosa che riempie la maggior parte del volume interno dell’occhio ( circa i quattro quinti), in condizioni fisiologiche  è perfettamente trasparente e aderente alla retina  in alcuni punti elettivi ( ora serrata, papilla ottica,..) e al cristallino; i suoi compiti sono di tipo diottrico ( trasmissione della luce), di protezione della retina e del cristallino dai traumi bulbari e dai movimenti del bulbo stesso per la loro rapidità, ha funzioni metaboliche, ecc. Coll’avanzare dell’età ( ma anche in età giovanile nei miopi e in seguito a stati flogistici ) il vitreo va incontro a fluidificazione con l’alterazione delle fibre collagene che divengono “visibili” come puntini grigi o fili o capelli o “mosche volanti” e si dicono miodesopsie:possono essere molto fastidiose all’inizio soprattutto se si posizionano centralmente alla retina e in genere allarmano il paziente: in realtà raramente questa manifestazione sfocia in complicazioni retiniche, ma può succedere, soprattutto se alla miodesopsie si associano le fotopsie cioè la visione di luci come lampi interni all’occhio: le due cose associate sono spesso la manifestazione clinica del distacco posteriore di vitreo; in queste situazioni è consigliabile una visita presso il proprio  oculista di fiducia per escludere complicanze retiniche.

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RETINA

La retina è la struttura che permette la trasmissione dell’immagine giunta nell’occhio alle zone del cervello deputate alla visione, e questa trasmissione la effettua trasformando lo stimolo luminoso in stimolo elettrico e convogliando il tutto attraverso il nervo ottico; funzionalmente la zona di gran lunga più importante è il cosiddetto polo posteriore dove si concentrano la maggioranza delle cellule deputate alla percezione della luce e dei colori:  i coni e i bastoncelli : hanno una distribuzione differente avendo anche compiti differenti: i bastoncelli sono in numero molto superiore rispetto ai coni , ci permettono la visione scotopica (con bassa illuminazione) in bianco e nero e sono periferici al polo posteriore,  i coni sono numericamente inferiori, concentrati al centro del polo posteriore in una zona detta fovea e permettono la visione distinta delle immagini e dei colori e sono i responsabili dell’acuità visiva ( i famosi 10/10 ) del nostro occhio.

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Cheratocono: cause, sintomi, diagnosi e terapie

CHERATOCONO IMMAGINI CAUSE SINTOMI TERAPIE FOTO OCCHI OCCHIO PUPILLA IRIDE VEDERE DEFORME CORNEA CONICO CONO.jpgIl cheratocono (in inglese “keratoconus”) è una malattia progressiva non infiammatoria della cornea, che si assottiglia e si deforma progressivamente, assumendo una caratteristica forma conica. Di profilo la superficie oculare diventa, quindi, più sporgente. Nel cheratocono la cornea si indebolisce e, quindi, inizia a cedere (nei casi più gravi si arriva alla perforazione). Lo strato oculare esterno e trasparente, che si trova in corrispondenza dell’iride, si assottiglia a causa di un processo degenerativo delle fibre collagene. Semplificando si può dire che la cornea in un punto perde la capacità di resistenza meccanica e, a causa della pressione interna dell’occhio, avviene lo sfiancamento (zona centrale o paracentrale). È bene ricordare che il cheratocono non è sinonimo di astigmatismo: chi ha un astigmatismo elevato non è detto che abbia anche questa patologia. A causa di un’anormalità strutturale delle fibre di collagene che compongono lo stroma corneale, la cornea si deforma progressivamente, assottigliandosi ed allungandosi verso l’esterno (una distrofia corneale detta ectasia) per via della sua ridotta robustezza sotto pressione intraoculare. Si verifica quindi una curvatura corneale irregolare con perdita di sfericità che presenta il tipico apice di forma conica. Nei casi più gravi la cornea può mostrare inoltre alcune opacità, dovute ad un’alterata disposizione delle proteine corneali, che causano delle micro-cicatrici che distorcono le immagini e – in taluni casi – riducono il passaggio della luce, dando un fastidioso senso di abbagliamento.

Epidemiologia

Il cheratocono colpisce circa una persona ogni 2000. Il cheratocono si può presentare sin da bambini. L’età a cui la malattia si presenta è molto varia, ma in genere esordisce clinicamente tra i venti e i trenta anni. La sua velocità di progressione è legata all’età d’insorgenza: se si presenta precocemente ha una progressione molto rapida. Tale progressione tende a rallentare dopo i 30 anni.

Cause e fattori di rischio

Le cause non sono note con certezza, tuttavia sembra che la genetica giochi un ruolo chiave nella patogenesi del cheratocono. Sei geni sono associati alla condizione: BANP-ZNF469, COL4A4, FOXO1, FNDC3B, IMMP2L e RXRA-COL5A1. Probabilmente esistono anche altri geni implicati nella condizione. I pazienti con un genitore, fratello o figlio che ha il cheratocono hanno un rischio da 15 a 67 volte maggiore di sviluppare ectasia corneale rispetto ai pazienti senza parenti affetti. Sembra infine che ci siano possibili legami con malattie generali dell’organismo e che possano essere considerati fattori di rischio piccoli traumi oculari ripetuti nel tempo e problemi al nervo trigemino.

Leggi anche: L’occhio quando fissa è fermo? Cosa sono i movimenti saccadici?

Sintomi e segni

Il paziente con cheratocono può soffrire di un astigmatismo che non si riesce a correggere con le lenti normali; il più delle volte è associato a miopia, mentre raramente lo è a ipermetropia. Dunque i sintomi iniziali sono legati a questi difetti refrattivi. Il cheratocono normalmente non dà dolore a meno che non avvenga un rapido sfiancamento della cornea e la sua perforazione. Spesso il cheratocono è associato a una congiuntivite allergica.

Leggi anche: Differenza tra miopia, astigmatismo, ipermetropia e presbiopia

Diagnosi

Il cheratocono si diagnostica con l’oftalmometria (misurazione della curvatura corneale).  Lo strumento principale per la sua diagnosi e per la valutazione della gravità è la topografia corneale, esame strumentale con cui si misura il raggio della cornea punto per punto; ad esso deve essere sempre associata la misurazione dello spessore corneale. Il primo sospetto di cheratocono è solitamente quello di una miopia associata ad un astigmatismo progressivo o irregolare. Le tecniche diagnostiche si avvalgono inoltre di:

  • oftalmoscopia diretta;
  • retinoscopio a striscia: evidenzia il riflesso a forbice;
  • lampada a fessura o biomicroscopio;
  • pachimetria;
  • aberrometria;
  • microscopia confocale (Confoscan di Nidek);
  • ecografia ad alta frequenza.

Gravità

Una volta che il cheratocono è stato diagnosticato, il suo grado può essere classificato in base a diverse metriche:

  • Pendenza della massima curvatura:
    • “lieve” (< 45 D),
    • “avanzata” (fino a 52 D)
    • “grave” (> 52 D);
  • Morfologia del cono:
    • a capezzolo‘ (piccolo: 5 mm e quasi centrale),
    • ovale‘ (più grande, al di sotto del centro e spesso cascante),
    • a globo‘ (più del 75% della cornea colpita);
  • Spessore corneale:
    • lieve (> 506 μm)
    • avanzato (< 446 μm).

L’uso crescente della topografia corneale ha portato a un declino nell’uso di questi termini.

Leggi anche: Congiuntivite ed allergia congiuntivale: cause, sintomi e cure

Trattamento

Va eliminato o corretto al meglio il difetto visivo causato dal cheratocono: questo è inizialmente possibile con occhiali ma, col progredire della patologia, solo le lenti a contatto possono dare il risultato sperato. In questo caso la lente a contatto non ha solo uno scopo refrattivo, ma contiene meccanicamente la protrusione corneale, rendendo più regolare la forma della cornea stessa. Fondamentali sono i controlli oculistici annuali. Nei casi più gravi si dovrà ricorrere al trapianto di cornea (è un atto dovuto se si è verificata un perforazione corneale).

Cross-linking

Il cross-linking è una metodica che ha come risultato finale quello di rendere la cornea più rigida ed evitare, quindi, lo sfiancamento. Questo avviene tramite la creazione di legami tra le fibre collagene stromali. Il trattamento è minimamente invasivo: si fa reagire una sostanza fotosensibile (la riboflavina ovvero la vitamina B2) – che viene somministrata in forma di collirio – con i raggi ultravioletti. Questo processo lega meglio tra loro le fibre collagene, rinforzando la superficie oculare. In questo modo si può bloccare o almeno limitare la deformazione patologica della cornea.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Xeroftalmia e ulcerazione della cornea: cause, sintomi e terapie

MEDICINA ONLINE OCCHIO EYE MIOPIA ASTIGMATISMO IPERMETROPIA PRESBIOPIA VISTA VEDERE DIOTTRIA CONI BASTONCELLI CERVELLO SENSOLa xeroftalmia è una grave patologia dell’occhio, causata da una carenza di vitamina A, il cui aspetto caratteristico è la secchezza oculare. Può degenerare in ulcerazione della cornea (cheratomalacia).

DIFFUSIONE

La xeroftalmia risulta essere la maggiore causa di cecità infantile nei Paesi in via di sviluppo. Si calcola che:

  • 250 milioni di bambini in età prescolare soffrono di carenza di vitamina A;
  • ogni anno 350.000 bambini diventano ciechi (complessivamente, secondo l’OMS, sono 1,4 milioni i piccoli non vedenti per diverse cause);
  • annualmente muoiono 2 milioni di bambini per la carenza di vitamina A (ipovitaminosi).

CAUSE

La xeroftalmia è dovuta alla perdita di cellule della congiuntiva (caliciformi e mucosecernenti) e a un’alterazione delle cellule epiteliali congiuntivali (metaplasia squamosa). Tali alterazioni causano la cheratinizzazione dell’epitelio congiuntivale, che conferisce a questo tessuto un aspetto secco: è la “xerosi congiuntivale”. Quest’ultima si manifesta a livello della congiuntiva bulbare: le caratteristiche tipiche includono la mancanza di umidità della mucosa, un suo ispessimento, un raggrinzimento, una perdita della pigmentazione e della trasparenza. L’instabilità del film lacrimale causa un aspetto ruvido e opaco della cornea (xerosi corneale). La secchezza corneale e congiuntivale può portare a difetti dell’epitelio corneale, ulcerazione e cheratomalacia, con una conseguente perdita della vista nel 50% dei pazienti non trattati. L’ulcerazione corneale sembra essere dovuta al trauma e alla mancanza di proteine associata a una carenza di vitamina A.

DIAGNOSI

L’apporto di vitamina A dovrebbe essere adeguato. Il livello plasmatico di vitamina A è l’elemento principale per la diagnosi. La citologia ad impressione congiuntivale è una tecnica utile per identificare la xeroftalmia. I metodi di raccolta, fissazione e colorazione del campione sono adatti ad essere usati nei paesi in via di sviluppo, a differenza dell’altra metodica (misurazione dei livelli sierici della vitamina).
Invece le macchie di Bitot (lesioni superficiali bianche o grigiastre della congiuntiva bulbare vicino al limbus corneale, spesso bilaterali) non possono essere un’adeguata spia di uno stato d’ipovitaminosi A: possono essere legate ad uno stato di malnutrizione generalizzata.

TRATTAMENTO

L’integrazione di vitamina A dà di solito buoni risultati nella regressione della cecità notturna, della xerosi congiuntivale e delle macchie di Bitot, ma è meno efficace nel trattamento delle complicanze corneali. La profilassi è sempre preferibile alla terapia: può essere somministrata oralmente o mediante iniezione intramuscolare.
Con pochissime risorse si potrebbe ridurre la mortalità dei bambini del 34% nelle aree con questa deficienza vitaminica. Il programma Vision 2020 puntava ad identificare le aree a maggior rischio e ad incoraggiare misure preventive attraverso immunizzazioni, educazione a una corretta alimentazione e all’assunzione di complementi di Vitamina A.

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Ulcera corneale (lesione della superficie oculare trasparente): cause, sintomi e cure

MEDICINA ONLINE OCCHIO EYE MIOPIA ASTIGMATISMO IPERMETROPIA PRESBIOPIA VISTA VEDERE DIOTTRIA CONI BASTONCELLI CERVELLO SENSOL’ulcera corneale consiste in una lesione della superficie oculare trasparente: è un’emergenza medica che deve essere trattata tempestivamente per evitare gravi danni oculari. Si tratta di un danno alla cornea che avviene in seguito a un processo infettivo: assume l’aspetto di un cratere, con perdita di tessuto corneale; l’ulcera, se trascurata, si può ampliare e divenire più profonda. È caratterizzata da una difficoltà nella cicatrizzazione, che tuttavia si riduce con adatto trattamento farmacologico.

QUALI SONO LE CAUSE?

Può essere causata da infezioni batteriche (più frequentemente Stafilococco, Pseudomonas o Streptococcus pneumoniae) oppure virali (tipo l’herpes simplex), da traumi o lesioni per la presenza di corpi estranei o per uso errato delle lenti a contatto (soprattutto quelle morbide). In quest’ultimo caso, infatti, l’infezione può essere indotta da un’inadeguata manutenzione o dall’abitudine di dormire non togliendole. Inoltre, possono essere indotte da una anomalia palpebrale tipo l’entropion (rotazione verso l’interno del margine palpebrale), la trichiasi (ciglia che sono rivolte verso la cornea, graffiandola) e l’esposizione corneale da incompleta chiusura delle palpebre tipo l’esoftalmo (protrusione del globo oculare oltre l’apertura palpebrale). Si possono presentare, anche in caso di carenza di vitamina A o di malnutrizione proteica, deficienze che inducono un alterato trofismo (nutrimento) della cornea.

QUALI SONO I SINTOMI?

I principali sintomi riferiti sono: dolore oculare, fotofobia (maggiore sensibilità alla luce intensa), sensazione di corpo estraneo (come se ci fossero sabbia o sassolini nell’occhio), lacrimazione e arrossamento oculare (soprattutto della parte bianca detta sclera). Quando i portatori di lenti a contatto notano questi sintomi devono sospenderne immediatamente l’uso: è consigliabile buttare le lenti a contatto in uso e il contenitore in cui vengono conservate nonché il liquido di conservazione: potrebbero essere contaminati.

QUALI SONO LE COMPLICANZE?

A seconda della profondità dell’ulcera corneale si possono verificare complicanze più o meno gravi. Infatti, il processo di riparazione della lesione comporta la formazione di tessuto cicatriziale (fibroso), che rende opaca la cornea, con diminuzione della capacità visiva (se avviene nella zona corneale centrale, di fronte alla pupilla). Inoltre si possono associare irite (infiammazione dell’iride), iridociclite (infiammazione che colpisce sia l’iride che dei corpi ciliari), perforazione del tessuto corneale (con eventuale prolasso dell’iride), ipopion (raccolta di pus in camera anteriore, lo spazio compreso tra cornea e iride), panoftalmite (infiammazione dell’intero bulbo oculare, con elevato rischio di perdita dell’occhio).
Inoltre, vi è l’eventualità della formazione di nuovi vasi sanguigni che si infiltrano nel tessuto corneale a partire dal limbus (zona di confine tra cornea e sclera) fino alla sede dell’ulcera: ciò comporta una diminuzione della trasparenza corneale persino dopo la fine del processo infiammatorio.

COME SI ESEGUE LA DIAGNOSI?

L’ulcera corneale può essere diagnosticata con l’esame obiettivo eseguito con la lampada a fessura; può richiedere il ricovero. In ogni caso, la lesione viene resa più evidente con l’utilizzo della luce blu-cobalto dopo l’instillazione di fluoresceina (che colora di verde la lesione). Dopodiché è necessario eseguire un tampone corneale, che permette di individuare il possibile agente patogeno, con una coltura batterica mirata e un antibiogramma per valutare le eventuali resistenze agli antibiotici. L’analisi infettivologica può essere anche effettuata sui liquidi di conservazione delle lenti a contatto.

COME SI PUÒ CURARE?

Il trattamento di base prevede l’utilizzo di un antibiotico a largo spettro, al quale si associa un collirio cicloplegico che riduce l’infiammazione e allevia il dolore. Nei casi gravi è consigliabile recarsi al pronto soccorso oftalmico. Spesso va usato un collirio definito ‘rinforzato’, che ha una percentuale di principio attivo maggiore rispetto a quella normalmente in commercio; può essere necessario ricorrere agli antidolorifici per bocca. Nei casi refrattari alle terapie, oppure in caso di opacità permanenti che invalidano notevolmente la vista, può essere eseguito un trapianto di cornea.

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