Macrocefalo in neonato e bambino: sintomi, cure e ritardo psicomotorio

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Occhi a “sole calante”

Con “macrocefalo” in medicina si intende un anomalo ingrossamento del cranio, che può essere già presente alla nascita o svilupparsi nei primi mesi di vita, quando la causa scatenante – generalmente un idrocefalo – si verifica prima della saldatura fisiologica delle suture craniche ed il cranio è ancora “elastico”. Malattie riguardanti l’osteogenesi del cranio possono inoltre provocare macrocefalia con diversi meccanismi, solitamente congeniti ed ereditari: le più note sono Continua a leggere

Idrocefalo nel feto e neonatale: conseguenze e cura

MEDICINA ONLINE IDROCEFALO IDROCEFALIA MACROCEFALIA TESTA CRANIO BABY NEWBORN NEONATO LATTANTE BIMBO BAMBINO CONSEGUENZE CURE AIUTO MAMMA DRAMMATICO GRAVIDANZA NASCITA PARTO MALFORMAZIO.jpgCon “idrocefalo” in medicina ci si riferisce ad una condizione in cui si ha un accumulo di liquido cefalorachidiano (anche chiamato “liquor”) a livello dei ventricoli cerebrali che si dilatano. La conseguenza della presenza anomala di tale liquido in un comparto inestensibile com’è il cranio dell’adulto è un Continua a leggere

Idrocefalo: cause, terapia, conseguenze, aspettativa di vita

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Differenza idrocefalo iperteso, normoteso, comunicante, ostruttivo

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Emiplegia destra, sinistra, spastica, flaccida: significato e riabilitazione

MEDICINA ONLINE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS SANGUE EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPLEGIA MORTE COMA PROFONDO STATO VEGETATIVODECUBITO RECUPERO SUBARACNOIDEA PARALISI.jpgLa emiplegia è un deficit motorio che interessa un solo emilato, cioè solo un lato del corpo, il lato destro o il sinistro. La causa è un danno cerebrale controlaterale al deficit, ciò significa che un danno cerebrale destro determina una emiplegia sinistra e viceversa. In genere, viene lesionato il 1° motoneurone che trasporta gli input motori al midollo spinale. Il deficit assume caratteristiche di recupero diverse in base al periodo della vita in cui insorge.

Emiplegia nel bambino

L’emiplegia nel bambino

Nei primi mesi di vita si evidenzia una asimmetria negli schemi motori del bambino; deambulazione in lieve ritardo poi vistosamente asimmetrica, difficoltà nell’uso della mano paretica nell’esecuzione di prassie fini e nella presa con forza. Nel caso di emiparesi destra è frequente il mancinismo vicariante e si possono associare problemi dello sviluppo linguistico. L’emiparesi spastica può essere la conseguenza di errori commessi in prossimità del parto dal ginecologo e/o dall’ostetrica e/o dal rianimatore e/o dal neonatologo. E’ di importanza cruciale che il medico effettui un monitoraggio molto accurato del bambino e della madre durante il parto, e che tratti correttamente i fattori di rischio come infezioni e complicazioni dovute alla mancanza di ossigeno. Se l’emiparesi spastica è stata causata da tali comportamenti negligenti, sia i medici che hanno prestato assistenza al parto che la struttura ospedaliera dovranno risarcire il conseguente danno (patrimoniale e non patrimoniale) subito dal bambino e dalla sua famiglia.

Fattori di rischio nell’emiplegia nel bambino

Tra i fattori di rischio di emiparesi e paralisi cerebrale evidenziati nella ricerca sono inclusi:

  • prima gravidanza;
  • bambino nato da mamma con una storia di preeclampsia o infertilità;
  • parto cesareo d’emergenza;
  • rottura prematura delle membrane;
  • secondo stadio del travaglio prolungato;
  • utilizzo della ventosa ostetrica.

Condizioni associate all’emiplegia nel bambino

I bambini affetti da emiplegia hanno i seguenti problemi:

  • compromissione delle capacità fino-motorie come scrivere od usare le forbici;
  • difficoltà a camminare e rimanere in equilibrio;
  • irrigidimento debolezza dei muscoli di un lato del corpo;
  • convulsioni;
  • difficoltà nel raggiungere tappe dello sviluppo quali rotolare, sedersi, strisciare e gattonare, ridere, afferrare un oggetto, voltarsi verso il luogo di provenienza di un rumore;
  • circa un quarto dei bambini con emiplegia spastica, secondo la Children’s Hemiplegia and Stroke Association, hanno un quoziente intellettivo inferiore al 70;
  • Inoltre, alcuni bambini con emiplegia spastica sviluppano un’anormale curvatura della spina dorsale. Ciò si verifica in conseguenza della tendenza del bambino a camminare con il tallone della gamba affetto da paralisi sollevato (dorsiflessione).

Trattamento dell’emiplegia nel bambino

  • Fisioterapia e terapia occupazionale;
  • Supporti meccanici, come stampelle e sedia a rotelle;
  • Supporti per la comunicazione come computer o sintetizzatori vocali;
  • Logoterapia;
  • Terapia comportamentale;
  • Terapia familiare;
  • Farmaci volti alla riduzione degli episodi convulsivi e degli spasmi muscolari, antidolorifici;
  • Interventi chirurgici, come la rizotomia dorsale selettiva.

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Emiplegia nell’adulto

Cause di emiplegia nell’adulto

L’emiplegia nell’adulto può essere dovuta a lesione cerebrale da varie cause:

  • vascolare (ictus ischemico o emorragia cerebrale);
  • traumatiche;
  • tumorali;
  • degenerative;
  • infettive;
  • malformazioni.

Sintomi motori di emiplegia nell’adulto

I segni e sintomi si possono manifestare all’improvviso oppure in modo graduale. le fasi dello sviluppo dell’emiplegia sono sostanzialmente due:

  • fase acuta, in cui prevale una paralisi flaccida e dura mediamente dalle 2 alle 6 settimane. Nella paralisi flaccida si assiste alla perdita totale o parziale del tono dei tessuti unita a riflessi tendinei ridotti o assenti negli arti interessati
  • fase sub-acuta, in cui prevale la paralisi spastica e i segni vanno incontro a stabilizzazione. In questa fase si manifestano sincinesie o sinergie, reazioni associate ed è possibile un recupero motorio funzionale.

I segni secondari che caratterizzano l’emiplegia sono:

  • deficit di forza con problemi di reclutamento delle unità motorie;
  • spasticità con iperreflessia con compara di schemi patologici in genere estensori all’arto inferiore e flessorio all’arto superiore;
  • comparsa dei riflessi primitivi per mancata inibizione di questi (riflesso di Babinski, riflessi tonici del collo, estensione crociata…);
  • lentezza delle risposte muscolari dovuta ad una prevalenza delle fibre muscolari toniche rispetto a quelle fasiche.

Cos’è la spasticità?

Il progresso delle scienze neurocognitive permette di identificare all’interno del complesso fenomeno della spasticita, un insieme di fenomeni e di elementi patologici più facilmente trattabili attraverso l’esercizio terapeutico conoscitivo. In conclusione il fenomeno della spasticità è l’insieme dei seguenti componenti di motilità elementare:

  • reazione abnorme allo stiramento;
  • abnorme irradiazione;
  • deficit di reclutamento di unità motorie;
  • schemi elementari di movimento.

Comprendiamo questo elemento della spasticità attraverso un esempio. Sappiamo che quando picchiamo con un martelletto il nostro ginocchio, questo si muove per riflesso, questo avviene per lo stiramento “veloce” dei recettori muscolari e tendinei, ma nel soggetto emiplegico con spasticità è diverso: il riflesso da stiramento dei recettori, è abnorme ed avviene anche con stiramenti di lieve entità e “lenti”Se in seguito ad un trattamento riabilitativo inadeguato, la persona si trova con il braccio piegato al gomito e si prova ad estenderlo manualmente, si otterrà non altro che una risposta riflessa di ulteriore flessione. Nella valutazione del paziente emiplegico, il dato più rilevante da osservare, non è tanto l’entità della spasticità, ma la capacità del paziente di tenerla sotto controlloInfatti, se invece di estendere il gomito senza preparazione chiediamo al paziente di dirigere la sua attenzione sull’articolazione che verrà mossa, in questo caso il gomito, e lo si fa preparare al movimento, utilizzando anche il confronto con il gomito opposto, è possibile verificare una risposta diversa: il gomito infatti, mostrerà delle possibilità diverse di movimento.

Sintomi non motori di emiplegia nell’adulto

Le lesioni cerebrali raramente sono selettive del sistema motorio, nella maggior parte dei casi si associano a lesione di aree cerebrali con altre competenze:

  • sensitivi: vi è un’alterata sensibilità superficiale, discriminativa e profonda.
  • aumento della rigidità muscolare non solo dovuta alla risposta neurologica allo stiramento, ma anche all’accorciamento del muscolo e all’aumento della stifness passiva.
  • deficit delle funzioni corticali superiori (afasia, aprassia, neglect, anosognosia…)

L’emiplegia può produrre complicanze che esitano in un danno terziario, ad esempio:

  • come piaghe da decubito;
  • retrazioni muscolo-tendinee;
  • ipostenia muscolare.

Riabilitazione

La riabilitazione, secondo la letteratura medica, è importante, e consiste nel favorire il reclutamento dell’emilato leso in tutti i possibili schemi motori, mediante terapia psicomotoria, fisioterapia individuale e terapia occupazionale. La riabilitazione deve avere un’adeguata intensità e precocità ed è differente se l’emiplegia interessa il lato destro. Come già accennato, in seguito ad un ictus dell’emisfero sinistro, è possibile che oltre ai disturbi legati alla paresi del lato destro del corpo, ci siano disturbi del linguaggio e che in seguito ad un ictus dell’emisfero destro, ci siano deficit di attenzione come il neglect e disturbi della coscienza del proprio stato patologico come l’anosognosia: quindi non è corretto trattare allo stesso modo un paziente emiplegico destro ed un paziente emiplegico sinistro, perché gli ictus che li hanno determinati, hanno alterato i processi cognitivi in modo diverso.

La riabilitazione di una emiplegia è un cammino spesso lungo e tortuoso, composto da diversi fattori (emotivi, muscolari, neurologici…) quindi è importante affidarsi ad un team altamente specializzato, specie se il paziente è anziano, depresso e/o demotivato.

1) RIABILITAZIONE MOTIVAZIONALE

In principio si pensava che il movimento fosse solo il risultato della volontà di muoversi, a questo livello scientifico si basano tutte le tecniche riabilitative che usano la sola motivazione come strumento per il recupero. In realtà se dopo un ictus giustamente ci sono delle difficoltà nel camminare, sforzarsi a camminare il più possibile non farà recuperare il cammino, anzi verranno potenziati gli aspetti patologici come spasticità ed ipertono. Adesso crederai che questo modo di fare riabilitazione sia vecchio e non si faccia più, mi dispiace dirti che ti sbagli, tutt’oggi la riabilitazione motivazionale viene utilizzata. È chiaro che anche gli aspetti psicologici come volontà e motivazione siano importanti per costruire una condotta terapeutica, ma non si può basare il completo recupero dell’emiplegia solo sull’aspetto motivazionale.

2) RIABILITAZIONE MUSCOLARE

Risalgono alla metà dell’ottocento gli studi che mettevano il muscolo al centro del movimento, e fanno riferimento a questo periodo le tecniche riabilitative, che per recuperare il movimento in seguito ad un ictus cerebrale, propongono il rinforzo dei muscoli paralizzati. Gli studi sul movimento si sono evoluti, dalla sola motivazione del punto precedente e dalla sola capacità contrattili dei muscoli, sono stati fatti molti passi in avanti, rimane il fatto che la riabilitazione dell’emiplegia passa anche da un efficace rinforzo muscolare.

3) RIABILITAZIONE NEUROMOTORIA

La scienza riabilitativa, ha fatto un balzo in avanti quando anche ai riflessi venne affidata importanza per la costruzione del movimento, a questo periodo dell’evoluzione scientifica fanno capo tecniche riabilitative come Bobath, Kabat, e Vojta, secondo queste metodiche per recuperare il movimento bisogna passare per l’evocazione e l’inibizione di alcuni riflessi. Lo studio dei riflessi è stata una tappa fondamentale per la scienza riabilitativa ed ancora oggi in molti adottano ancora tali metodiche per il recupero dell’emiplegia.

4) RIABILITAZIONE NEUROCOGNITIVA

Negli ultimi decenni la tecnica per studiare il movimento si è nettamente evoluta, infatti gli studiosi del movimento sono stati in grado di studiare soggetti svegli, e si accorsero che il movimento non poteva essere studiato senza considerare tutti quei processi coscienti come:

  • attenzione;
  • memoria;
  • apprendimento;
  • percezione;
  • problem solving.

Da queste considerazioni e dalle successive che continuarono nella stessa direzione, nasce e si sviluppa la riabilitazione Neuocognitiva, conosciuta anche come Esercizio Terapeutico Conoscitivo (E.T.C) e metodo Perfetti. L’intuizione geniale che sta dietro a questo modo di fare riabilitazione è che il recupero del movimento passi necessariamente dal recupero dei processi cognitivi alterati dalla lesione cerebrale. Gli esercizi del metodo Perfetti inoltre tengono conto anche delle considerazioni scientifiche precedenti come motivazionereclutamento muscolare e riflessi.

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Emorragia cerebrale da caduta e trauma cranico: sintomi, diagnosi e cure

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L’emorragia cerebrale (in inglese conosciuta come intracranial hemorrhage, intracranial bleed o ICH), corrisponde ad una fuoriuscita più o meno abbondante di sangue da un vaso arterioso o venoso dell’encefalo. La fuoriuscita di sangue ha la principale conseguenza di un danno alle cellule celebrali, a causa sia della privazione del nutrimento garantito dal flusso sanguigno, che della compressione dell’ematoma sul tessuto cerebrale che si crea all’interno del cranio dal momento che quest’ultimo è inespandibile. Tale fuoriuscita di sangue è provocata dalla rottura di un vaso sanguigno che può essere sia il risultato di un picco ipertensivo che è andato a rompere un vaso cerebrale già dilatato (aneurisma cerebrale), oppure la conseguenza di un trauma, ad esempio una caduta o un incidente stradale in cui la testa viene sottoposta ad una forte decelerazione ed impatto.

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Tutti i traumi cranici determinano emorragia cerebrale?

Fortunatamente no. Non tutti i traumi cranici hanno come conseguenza una emorragia cerebrale: ciò dipende principalmente dal tipo di trauma e dalla presenza o meno di alcuni fattori di rischio che possono favorire la rottura del vaso sanguigno, come ad esempio la presenza di:

  • malformazioni vascolari (aneurismi, malformazioni artero-venose);
  • depositi di sostanza amiloide all’interno delle pareti vasali (angiopatia amiloide);
  • neoplasiecerebrali.

Inoltre il trauma ha un maggior rischio di determinare un maggior danno emorragico, in caso di:

  • presenza di coagulopatie (malattie della coagulazione del sangue);
  • impiego di alcuni farmaci (come gli anticoagulanti);
  • paziente con pregresso ictus cerebrale o infarto del miocardio;
  • uso cronico di sostanze stupefacenti;
  • presenza di ipertensione arteriosa;
  • paziente già debilitato (anziano, con altre patologie come il diabete).

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Quali sono i sintomi dell’emorragia cerebrale?

I sintomi di norma compaiono all’improvviso subito dopo il trauma e possono evolvere anche molto rapidamente. Essi sono:

  • cefalea intensa ed improvvisa (descritta spesso come un colpo di pugnale alla nuca);
  • vomito;
  • nausea;
  • compromissione dello stato di coscienza e del controllo degli sfinteri;
  • emiparesi o emiplegia;
  • disturbi del linguaggio (disartria o afasia);
  • disturbi della sensibilità;
  • disturbi della coordinazione.

In alcuni casi tuttavia l’emorragia da traumi può essere lieve e rimanere asintomatica, cioè non determinare alcun sintomo, motivo per cui, in caso di urti alla testa, è comunque importante tenere sotto controllo medico il soggetto.

Il decorso poi può essere complicato da:

  • crisi comiziali
  • irregolarità respiratorie
  • instabilità o aumento della pressione arteriosa
  • anomalie della temperatura corporea che peggiorano la prognosi del paziente.

Vi può poi essere la comparsa di edema cerebrale che determina un peggioramento del quadro neurologico fino al coma.

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Diagnosi

Per la diagnosi di emorragia cerebrale vengono utilizzati – in emergenza – i seguenti esami diagnostici per immagini:

  • tomografia computerizzata (TC) cerebrale, che in fase di urgenza può essere eseguita anche senza mezzo di contrasto, che permette di visualizzare il sanguinamento e permette la diagnosi differenziale nei confronti di un ictus ischemico;
  • la risonanza magnetica dell’encefalo, con gadolinio come mezzo di contrasto, viene utilizzata per escludere la presenza di malformazioni sottostanti, pregresse emorragie e microsanguinamenti (che possono suggerire la presenza di angiopatia amiloide);
  • lo studio angiografico con angio-TCangio-RM permette infine di evidenziare eventuali malformazioni vascolari.

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Trattamenti

L’intervento chirurgico di riduzione dell’ematoma è solitamente richiesto per i pazienti con ematoma lombare e deterioramento progressivo delle condizioni neurologiche e per i pazienti con ematoma del cervelletto (cerebellare) di dimensioni superiori ai tre centimetri.
Nei pazienti per i quali non è necessario l’intervento chirurgico è fondamentale un attento e continuo monitoraggio dello stato neurologico e dei parametri vitali: particolare attenzione deve essere rivolta al controllo dell’ipertensione arteriosa. In caso di importante edema cerebrale può essere richiesta la somministrazione di diuretici osmotici. In caso di emorragia cerebrale in concomitanza con una terapia anticoagulante si fa solitamente uso di preparati in grado di ripristinare la normale coagulazione del sangue (vitamina K, protamina, concentrati piastrinici).

Leggi anche: Coma da emorragia cerebrale: quanto può durare?

Conseguenze dell’emorragia cerebrale

L’emorragia cerebrale è un evento grave, in alcuni casi gravissimo, che mette a rischio la sopravvivenza di chi lo subisce e le sue conseguenze possono essere irreversibili o solo lievemente reversibili e rappresentare il motivo di serie disabilità per il resto della vita. In alcuni casi, purtroppo, il paziente colpito da emorragia cerebrale, può entrare in coma e rimanere in stato di incoscienza fino alla morte, che può sopraggiungere in tempi estremamente variabili in base all’età, alla gravità del danno cerebrale ed allo stato di salute generale del paziente. In altri casi il paziente rimane cosciente, ma può avere dei danni molto variabili, che riflettono la zona e la gravità del danno cerebrale, come ad esempio disturbi del linguaggio (afasie), anosognosia, disturbi del movimento, della vista… Sono comunque disponibili dei trattamenti riabilitativi che riducono, per quanto possibile, le invalidità del paziente.

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Emorragia cerebrale: operazione e tempi di riassorbimento

ChirurgiaL’emorragia cerebrale (in inglese conosciuta come intracranial hemorrhage, intracranial bleed o ICH), corrisponde ad una fuoriuscita più o meno abbondante di sangue da un vaso arterioso o venoso dell’encefalo. La fuoriuscita di sangue ha la principale conseguenza di un danno alle cellule celebrali, a causa sia della privazione del nutrimento garantito dal flusso sanguigno, che della compressione dell’ematoma sul tessuto cerebrale che si crea all’interno del cranio dal momento che quest’ultimo è inespandibile. Tale fuoriuscita di sangue è provocata dalla rottura di un vaso sanguigno che può essere sia il risultato di un picco ipertensivo che è andato a rompere un vaso cerebrale già dilatato (aneurisma cerebrale), oppure la conseguenza di un trauma, ad esempio una caduta o un incidente stradale in cui la testa viene sottoposta ad una forte decelerazione ed impatto.

L’intervento chirurgico in caso di emorragia cerebrale

Le reazioni dell’organismo ad una emorragia sono estremamente variabili e vanno da lievi alterazioni motorie fino al come ed alla morte. Ciò dipende non solo dallo stato di salute generale del paziente e dal danno nervoso (luogo di insorgenza, tipo di vaso coinvolto…), ma anche molto dalla tempestività in cui si effettuano i trattamenti medici. L’intervento chirurgico effettuato in tempi rapidi ha lo scopo di interrompere l’emorragia e di ridurre dell’ematoma che, come prima accennato, comprime il tessuto cerebrale contribuendo al danno sia direttamente, con la compressione, sia indirettamente perché determina un aumento della pressione intracranica che impedisce a nuovo sangue in arrivo dal cuore, di raggiungere il cervello.

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Dopo l’intervento chirurgico

Dopo l’intervento chirurgico è fondamentale un attento e continuo monitoraggio  dello stato neurologico e dei parametri vitali: particolare attenzione deve essere rivolta al controllo dell’ipertensione arteriosa. Può essere richiesta la somministrazione di diuretici osmotici per ridurre l’edema (riassorbimento dell’ematoma) e ridurre la possibilità di danni al tessuto cerebrale. In caso di emorragia cerebrale in concomitanza con una terapia anticoagulante si fa solitamente uso di preparati in grado di ripristinare la normale coagulazione del sangue (vitamina K, protamina, concentrati piastrinici).

Tempi di riassorbimento dell’ematoma

I tempi del riassorbimento di un ematoma non sono purtroppo prevedibili: ogni paziente fa letteralmente storia a sé. Il sangue tende a riassorbirsi rientrando e defluendo nella circolazione locale e poi generale, ma la velocità con cui il processo avviene è strettamente collegato alla quantità della lesione ed allo stato generale di salute del paziente. L’ematoma va tenuto sotto controllo con TC (tomografia computerizzata o TAC) ripetute che possono dare indicazioni al medico sui possibili tempi di riassorbimento.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Emorragia cerebrale: conseguenze, riabilitazione e recupero

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Conseguenze dell’emorragia cerebrale

L’emorragia cerebrale è un evento grave, in alcuni casi gravissimo, che mette a rischio la sopravvivenza di chi lo subisce e le sue conseguenze possono essere irreversibili o solo lievemente reversibili e rappresentare il motivo di serie disabilità per il resto della vita. In alcuni casi, purtroppo, il paziente colpito da emorragia cerebrale, può entrare in coma e rimanere in stato di incoscienza fino alla morte, che può sopraggiungere in tempi estremamente variabili in base all’età, alla gravità del danno cerebrale ed allo stato di salute generale del paziente. In altri casi il paziente rimane cosciente, ma può avere dei danni molto variabili, che riflettono la zona e la gravità del danno cerebrale.

Emiplegia

Una delle più frequenti conseguenze di emorragia cerebrale nei pazienti che sopravvivono ad episodi emorragici cerebrali, è l’emiplegia, ovvero la paralisi di una metà laterale del corpo, per il fatto che la lesione cerebrale avviene frequentemente a carico di uno dei due emisferi cerebrali, che come sappiamo controllano i movimenti del lato opposto del corpo. Danni all’emisfero destro determinano paralisi del lato sinistro del corpo e viceversa. Inoltre ciascun emisfero possiede diverse specializzazioni, quindi un danno in un dato emisfero può andare ad intaccare un data funzione e non altre.

Disturbi del linguaggio e dell’attenzione

La conseguenza di una emorragia cerebrale a carico dell’emisfero sinistro del cervello, potrebbe determinare, oltre ad emiparesi destra, anche disturbi del linguaggio (afasie), mentre le conseguenze di una emorragia cerebrale che colpisce l’emisfero destro del cervello, oltre a determinare una emiplegia sinistra, causerà probabilmente alterazioni dell’attenzione, come il neglect, e della consapevolezza, come l’anosognosia.

Riabilitazione

L’emorragia cerebrale determina una lesione cerebrale, ed il cervello è quell’organo che ci permette di organizzare attraverso i processi cognitivi, il nostro comportamento e movimento, oltre alle nostre facoltà di linguaggio e di ragionamento.  Pertanto tutte le conseguenze di una emorragia cerebrale, vanno analizzate considerando l’alterazione dei processi cognitivi causata dall’emorragia stessa. Ho ritenuto necessario fare questa ovvia precisazione, perché comprendere al meglio le conseguenze di emorragia cerebrale, significa scegliere la migliore riabilitazione per il recuperoInfatti purtroppo spesso, le conseguenze di una emorragia cerebrale vengono individuate nei soli effetti visibili quali emiparesi e spasticità (condizione di ipertono dei muscoli), tralasciando gli aspetti cognitivi prima citati, questo non fa altro che indurre a scegliere una riabilitazione incentrata sui muscoli.  La riabilitazione post emorragia cerebrale deve coincidere con il reale problema che ha determinato le conseguenze appena descritte, dovrà quindi coinvolgere e riattivare i processi cognitivi alterati dell’emorragia cerebrale.  Attualmente la riabilitazione cognitiva, conosciuta anche come Metodo Perfetti è la risposta riabilitativa post emorragia cerebrale più adatta e corente con le reali problematiche e conseguenze. 

Prognosi e complicanze

La prognosi dell’emorragia cerebrale è molto variabile in base alla tipologia di sanguinamento, dalle dimensioni dello stesso e dalla causa che lo ha provocato. Inoltre, le condizioni cliniche morbose preesistenti nel paziente possono influire in maniera negativa sulla prognosi. Molto temibili sono le problematiche di natura non neurologica che si possono sovrapporre in un paziente affetto da emorragia cerebrale. Le più frequenti sono di ordine infettivo (infezione delle vie urinarie e polmoniti in prima battuta). Seguono complicanze di ordine cardiaco in particolar modo aritmie cardiache, problematiche legate alla formazione di lesioni da decubito nei pazienti in coma o parzialmente immobilizzati, e non dimentichiamo la possibilità di un ulteriore episodio di sanguinamento cerebrale durante la degenza.

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