Fare palestra da giovani blocca la crescita? A che età iniziare?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO BAMBINO TRISTE PIANGE DOLORE STRADA ABBANDONO DEPRESSIONESono domande che mi vengono spesso poste da genitori in ansia perché il figlio più giovane ha deciso di andare in palestra o perché vogliono che lui faccia uno sport ma sono indecisi su quale.
Prima di entrare a fondo nell’argomento è importante chiarire subito un concetto: l’attività sportiva non può in alcun modo influenzare negativamente la crescita di un adolescente, nessun esercizio ginnico-sportivo, se praticato correttamente, può impedire lo sviluppo scheletrico. Ognuno raggiungerà la statura geneticamente trasmessa dai genitori. Non ci sono sport che bloccano la crescita, anzi qualsiasi sport aiuta lo sviluppo generale di un individuo in età evolutiva ed impedisce che vostro figlio diventi… così. Dato per assodato questo, si evince che non è vero che allenarsi con i pesi può compromettere la lunghezza delle ossa, bloccandone la crescita o addirittura accorciandole: sono affermazioni prive di ogni fondamento.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Potenzia il tuo cervello e batti l’Alzheimer con libri, cruciverba ed una chitarra

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La cultura tiene in vita il nostro cervello

Secondo uno studio pubblicato su Human Brain Mapping dai ricercatori italiani della Fondazione Santa Lucia di Roma, un aiuto per un cervello in forma arriva da cultura, libri e anni di istruzione, che rappresenterebbero il «mix» vincente per tenere il più lontano possibile l’invecchiamento cerebrale e le malattie neurodegenerative. Diretto da Fabrizio Piras e coordinato da Gianfranco Spalletta – responsabile del Laboratorio di Neuropsichiatria – e da Carlo Caltagirone – direttore scientifico della Fondazione – lo studio ha visto coinvolti 150 soggetti sani tra i 18 e i 65 anni sottoposti a una nuova tecnologia di risonanza magnetica in grado di misurare le variazioni strutturali dei tessuti cerebrali: «Per la prima volta siamo riusciti a determinare il luogo all’interno del cervello in cui una più ricca attività mentale avvia dei meccanismi protettivi nei confronti della neurodegenerazione», spiega Spalletta. Dai risultati è anche emersa una correlazione tra gli anni di istruzione scolastica e il movimento delle molecole d’acqua all’interno del cervello, indice qualitativo – spiegano gli autori dello studio – della struttura cerebrale.

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Suonare la chitarra (ma va bene anche un qualsiasi altro strumento musicale!)

Suonare uno strumento musicale tiene allenato il nostro cervello. Io parteggio per la chitarra, ma solo perchè è il principale strumento che suono fin da piccolo e di cui sono molto appassionato, ma in verità va bene anche qualsiasi altro strumento! Molti studi confermano questa tesi, ad esempio ho apprezzato molto questo interessante articolo della ricercatrice canadese Krista Hyde, in cui viene riportato uno studio fatto su 15 bambini “musicisti” e 16 bambini del gruppo di controllo. All’inizio dello studio tutti i bambini, di circa 6 anni, ignari di qualsiasi nozione musicale, sono stati invitati a una sessione di risonanza magnetica. Poi, per 15 mesi i bambini del gruppo dei “musicisti” hanno seguito lezioni settimanali di pianoforte. Alla fine di questo periodo, tutti i bambini sono stati nuovamente invitati a fare la risonanza. Hyde e colleghi hanno utilizzato una nuova tecnica, chiamata Deformation Based Morphometry, che permette di studiare le deformazioni in grandezza o forma dei voxel, le unità di misura delle immagini di risonanza, estrapolando così i cambiamenti cerebrali non legati al normale sviluppo evolutivo del bambino. I risultati delle risonanze dei “musicisti” mostrano l’ingrandimento della corteccia motoria primaria destra, responsabile del controllo dei movimenti della mano sinistra, del corpo calloso, cioè le fibre nervose che connettono un emisfero all’altro, e della corteccia uditiva primaria destra, responsabile dell’elaborazione dei suoni musicali. Questi cambiamenti nel cervello corrispondono all’abilità di esecuzioni di compiti motori (per la corteccia motoria e il corpo calloso) e musicali (per la corteccia uditiva). L’aspetto che trovo più sorprendente in questa ricerca è la plasticità del nostro cervello dopo solo 15 mesi di lezioni di musica!

Parole crociate e sudoku

Il segreto per mantenere il più a lungo possibile il cervello giovane? È allenarlo sin da giovani. A spiegarlo i ricercatori dell’Università di Berkeley (Usa) in uno studio pubblicato su Archives of Neurology: per portare avanti la loro ricerca hanno intervistato 65 anziani sulle loro abitudini, nel corso della vita, alla lettura, alla scrittura e ai giochi che impegnano la mente come parole crociate, sudoku e brain games elettronici. Ognuno dei partecipanti è stato poi sottoposto a una risonanza magnetica al cervello per valutare la presenza della proteina amiloide, i cui accumuli sono tra i responsabili dello sviluppo della malattia d’Alzheimer. Ed è emerso che tanto più i soggetti manifestavano una maggiore attività cerebrale, tanto più il livello degli accumuli della proteina era basso: «I nostri dati suggeriscono che una vita trascorsa a impegnarsi in queste attività ha un effetto cruciale nel mantenersi cognitivamente attivi in età avanzata», spiega Susan Landau, una degli autori dello studio. Nel dubbio, quindi, passare del tempo con le parole crociate non guasta.

«Esercitarsi con le parole crociate, anche per poco tempo al giorno, mette in gioco le funzioni cognitive superiori: pensiero astratto, attenzione, nessi logici, memoria», dice lo psichiatra Pietro Pietrini, direttore del dipartimento di medicina di laboratorio dell’Azienda ospedaliero universitaria Santa Chiara di Pisa. Gli inglesi sintetizzano con l’espressione “use it or lose it”: «Gli studi di risonanza magnetica hanno mostrato che si attivano parti distinte del cervello, che dialogano tra loro per portare a termine compiti come quelli richiesti dal cruciverba».
Ogni volta che si prova a completare uno schema si favorisce la formazione di nuovi contatti tra i neuroni (sinapsi) e dunque si mantiene il cervello più giovane. Conferma Petrini: «Esperimenti e misurazioni eseguite tramite la Pet (tomografia a emissione di positroni) mostrano che, a pari età, il decadimento cognitivo tra i malati di Alzheimer è più lento in quelle persone che hanno tenuto in esercizio l’intelletto».

Internet fa la sua parte

Sono soprattutto i motori di ricerca ad aiutare i neuroni a rimanere «scattanti»: da una ricerca della University of California di Los Angeles (UCLA) coordinata da Gary Small è emerso che cercare informazioni e curiosità su browser come Google consente di allenare in una sola azione la memoria (del termine da cercare), l’elasticità (nella scelta delle parole chiave da inserire) e il ragionamento (tramite la comprensione e l’analisi dei risultati ottenuti), e aiuterebbe il cervello a mantenersi giovane rallentando l’insorgenza della demenza. Il segreto è nella continua stimolazione dei neuroni e delle connessioni cerebrali che l`esercizio mentale di ricerca sui browser in internet garantirebbe.

L’importanza della dieta

Secondo i ricercatori dell’Oregon Health & Science University di Portland (Usa) una certa dieta può aiutare ad allontanare il deterioramento cognitivo, mentre certi cibi possono accelerarne l’insorgenza. Lo studio, pubblicato su Neurology, ha messo in evidenza che le persone a rischio di declino cognitivo che seguono una dieta a base di pesce, frutta e verdura, e quindi ad alto contenuto di vitamine C, D ed E e di acidi grassi omega3, ottengono punteggi più alti nei test cognitivi e risultano più protette dal declino rispetto a coloro che, invece, consumano molti grassi trans – presenti nei cibi confezionati, nei prodotti da fast food, nelle fritture, nei piatti pronti e nella margarina.
Il ruolo della vitamina B12 come «carburante per il cervello» è stato invece messo in evidenza da uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition dai ricercatori dell`Università di Oxford (Regno Unito), secondo cui la vitamina B12 preserva dal restringimento cerebrale e dal declino cognitivo che da questo consegue. In particolare a fare la differenza sarebbe l’assunzione di latte: gli studiosi hanno infatti rilevato che ben il 55% della vitamina contenuta in questo alimento entra nel flusso sanguigno. Il pesce rappresenta invece la seconda fonte della vitamina, mentre al terzo posto si attestano i prodotti lattiero-caseari.

L’immancabile contributo dell’attività fisica

Un po’ di movimento non guasta mai – Un po’ di moto quotidiano non serve solo a mantenersi in linea e a preservarsi dal rischio cardiovascolare: uno studio condotto dal Beckam Institute dell’Università dell’Illinois (Usa) mostra, infatti, come l`esercizio aerobico contribuisca a rallentare il processo di invecchiamento delle cellule cerebrali. La ricerca, pubblicata sulla rivista British Journal of Sports Medicine, ha esplorato le potenzialità dell’attività fisica sui neuroni mostrando che l’attività fisica quotidiana eseguita costantemente contribuisce effettivamente a migliorare il funzionamento dei cervelli più anziani. «La nostra ricerca illustra l`effetto benefico di un moderato esercizio fisico sulle funzioni cerebrali – spiega Art Kramer, neuropsichiatra esperto in scienze cognitive e autore dello studio -. La ginnastica quotidiana migliora l’afflusso di sangue al cervello ed è in grado di bloccare l’invecchiamento neuronale che si riscontra tra gli anziani».

Spegni facebook e vediti coi tuoi amici

Fare uno sforzo per restare in contatto e trascorrere del tempo con altre persone, di persona piuttosto che virtualmente. La ricerca mostra che l’isolamento e la solitudine aumentano il rischio di sviluppare demenza.

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Ringiovanisci la pelle e combatti l’alopecia con la tecnica del “plasma ricco di piastrine”

MEDICINA ONLINE DONNA CAPELLI BELLEZZAL’utilizzo del plasma ricco di piastrine o PRP  (Platelet Rich Plasma)   è una tecnica medica che soprattutto a causa degli alti costi era finora riservata solo all’ambito ospedaliero per le patologie importanti. Visti i risultati clinici ottenuti, e i progressi della ricerca biomedica negli ultimissimi anni, siamo ora in grado di estendere al campo della chirurgia e della medicina estetica l’applicazione di questa metodica che permette, con l’uso di apposita strumentazione dal costo abbordabile, di ottenere risultati fino a poco tempo fa inimmaginabili.

Grazie alle sue proprietà rigeneranti, il PRP viene impiegato da più di dieci anni in moltissimi ambiti della medicina, tra i quali l’odontoiatria, la chirurgia maxillofaciale, la cardiochirurgia, l’ortopedia, l’oftalmologia, l’urologia, il trattamento di ulcere e piaghe, e così via. Ormai correntemente utilizzato in ambito estetico ultraspecialistico, il PRP  trova le sue principali indicazioni nella rigenerazione dei tessuti cutanei e sottocutanei per migliorare l’aspetto di aree quali:

  • guance
  • pieghe naso-labiali
  • zona oculare e perioculare ( palpebre, zampe di gallina, occhiaie)
  • labbra
  • fronte
  • collo e pieghe cutanee del collo
  • esiti delle cicatrici da acne
  • décolleté
  • dorso delle mani
  • alopecia androgenetica (calvizie)

Il plasma ricco di piastrine (PRP)

Il plasma è il componente liquido del sangue costituito soprattutto da siero (acqua, sali e altre sostanze), e agisce da vettore delle cellule. Oltre al plasma, il sangue è costituito dai globuli rossi – che trasportano l’ossigeno dai polmoni alle altre cellule del corpo, i globuli bianchi – che combattono le infezioni e uccidono i germi, e le piastrine, responsabili dell’omeostasi, della costruzione di nuovo tessuto connettivo, e della neovascolarizzazione. Il plasma ricco di piastrine o PRP è un potente e concentratissimo cocktail di fattori di crescita che stimolano la rigenerazione dei tessuti e la neoangiogenesi (formazione di nuovi vasi sanguigni). Proprio quest’ultima è una delle proprietà più importanti del PRP per le applicazioni in chirurgia e in medicina estetica, dove il corretto apporto di nutrimento ai tessuti è alla base dei loro processi rigenerativi.

Un campione di sangue è composto in media al 93% di globuli rossi, al 6% di piastrine, e all’1% di globuli bianchi. Il vantaggio della concentrazione di piastrine che si ottiene con il PRP è evidente: i rapporti vengono rovesciati, riducendo al 5% la quantità di globuli rossi, poco utili nel processo di guarigione, e aumentando la quantità di piastrine fino al 94%.

Presenti tra le altre cellule che l’organismo concentra nelle zone del corpo che devono guarire, le piastrine svolgono molte funzioni importanti, tra le quali il rilascio dei cosiddetti “fattori di crescita”. I fattori di crescita derivati dalle piastrine assistono il corpo nel fisiologico processo di riparazione, in quanto stimolano le cellule staminali a generare nuovo tessuto. In linea generale, maggiore è il numero di fattori di crescita coinvolti nel ringiovanimento cellulare, maggiore è il numero di cellule staminali stimolate a produrre tessuto; ecco perché il PRP rende il processo di stimolazione e rigenerazione tissutale più efficiente e più naturale rispetto a qualsiasi farmaco o filler iniettato.

Grazie alla sua straordinaria concentrazione di piastrine, l’uso del PRP migliora i processi cellulari a molti livelli, che vanno dalla rigenerazione del derma alla formazione di collagene, fino alla produzione della matrice cellulare. Il risultato è una pelle che riguadagna vitalità: più liscia, più elastica, e decisamente più giovane.

Plasma ricco di piastrine (PRP): la preparazione

La procedura per produrre il PRP è stata enormemente semplificata con l’adozione di un protocollo che prevede l’impiego di speciali kit e di una apposita centrifuga. É infatti sufficiente una piccola quantità di sangue (10-15 cc) che il medico preleva al paziente per ottenere la concentrazione ideale, che si raggiunge introducendo il sangue nelle apposite provette che vengono centrifugate per alcuni minuti. Con questo metodo otteniamo, per separazione, il plasma contenente in alta concentrazione piastrine che, una volta attivate, produrranno i fattori di crescita. Il composto può essere iniettato sottopelle sia con tecnica mesoterapica, sia con la classica infiltrazione diretta nelle rughe o nelle pieghe cutanee. A differenza da qualsiasi filler di sintesi, il PRP è prodotto a partire da componenti provenienti dal paziente stesso, a garanzia della massima biocompatibilità e naturalità del trattamento, e senza rischi di intolleranza, allergia o altra reazione immunitaria.

Precauzioni: un’eventuale terapia con antinfiammatori non steroidei deve essere sospesa nella settimana precedente il trattamento, e può essere ripresa a una settimana di distanza.

Controindicazioni: piastrinopenia o altra patologia della coagulazione, infezione attiva, anemia o altra malattia ematologica.

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