Il medico e il paziente terminale: supporto, fasi di elaborazione, problemi spirituali e culturali

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“Noi crediamo che tu non debba pagare per le cose essenziali”

MEDICINA ONLINE Stadio di calcio Anfield Liverpool Inghilterra bagni femminili assorbenti Noi crediamo che tu non debba pagare per le cose essenziali. Per piacere usali se ne hai bisogno.jpgStadio di calcio Anfield, Liverpool, Inghilterra, alcuni giorni fa. Nei bagni femminili trovi un cestino con vari tipi di assorbenti e sopra un Continua a leggere

Il filo rosso del destino: significato e leggenda dell’amore predestinato

Your Name. (君の名は。 Kimi no na wa., lett. Il tuo nome.) è un film d'animazione giapponese del 2016 scritto e diretto da Makoto Shinkai. Prodotto da CoMix Wave Films e distribuit

Your Name, bellissimo film d’animazione giapponese del 2016 scritto e diretto da Makoto Shinkai

Come ben sanno gli appassionati di manga ed anime (fumetti ed animazione giapponesi) il “filo rosso del destino” (運命の赤い糸 Unmei no akai ito) è una leggenda popolare di origine cinese diffusissima in Giappone, secondo la quale ogni persona – fin dalla nascita – è legata ad una determinata anima gemella tramite un invisibile ed indistruttibile filo rosso, legato al mignolo della mano sinistra.

Il filo rosso (a volte “scarlatto”) è quindi alla base del concetto di predestinazione delle anime gemelle, in modo simile alla metafora della “mezza mela“, per cui due persone destinate a stare insieme sono complementari come le due parti ottenute tagliando di netto una mela a metà. Il filo rosso non ammette eccezioni: è il destino che ha deciso che due persone sono destinate, prima o poi, ad incontrarsi ed a sposarsi, girando per il mondo fino a che le loro strade si intersecano. L’eventuale rottura del filo rosso è un evento considerato estremamente sfortunato.

Alla base del filo rosso del destino, c’è la leggenda di Wei. Wei era un uomo che, rimasto orfano di entrambi i genitori in tenera età, desiderava sposarsi e avere una grande famiglia; nonostante i suoi sforzi era giunto all’età adulta senza essere riuscito a trovare una donna che volesse diventare sua moglie. Durante un viaggio Wei incontrò, sui gradini di un tempio, un anziano appoggiato con la schiena a un sacco che stava consultando un libro. Wei chiese all’uomo cosa stesse leggendo; l’anziano rispose di essere il Dio dei matrimoni e, dopo aver guardato il libro, disse a Wei che sua moglie ora era una bimba di tre anni e che avrebbe dovuto attendere altri quattordici anni prima di conoscerla. Wei, deluso dalla risposta, chiese cosa contenesse il sacco; l’uomo rispose che lì dentro c’era del filo rosso che serviva per legare i piedi di mariti e mogli. Quel filo è invisibile e impossibile da tagliare, per cui una volta che due persone sono legate tra loro saranno destinate a sposarsi indipendentemente dai loro comportamenti o dagli eventi che vivranno. Queste parole non convinsero Wei che, per sentirsi libero di scegliere da solo la donna da sposare, ordinò al suo servo di uccidere la bambina destinata a diventare sua moglie. Il servo pugnalò la bambina ma non la uccise: riuscì soltanto a ferirla alla testa e Wei, dopo quegli eventi, continuò la sua solita vita alla ricerca della moglie.

Quattordici anni dopo Wei, ancora celibe, conobbe una bellissima ragazza diciassettenne proveniente da una famiglia agiata e si sposò con lei. La ragazza portava sempre una pezzuola sulla fronte e Wei, dopo molti anni, le chiese per quale motivo non se la togliesse nemmeno per lavarsi. La donna, in lacrime, raccontò che quando aveva tre anni fu accoltellata da un uomo e che le rimase una cicatrice sulla fronte; per vergogna la nascondeva con la pezzuola. A quelle parole Wei, ricordandosi dell’incontro con il Dio dei matrimoni e dell’ordine che dette al suo servo, confidò alla donna di essere stato lui a tentare di ucciderla. Una volta che Wei e la moglie furono a conoscenza della storia si amarono più di prima e vissero sereni e felici.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Muore davvero solo chi smette di…

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MUORE DAVVERO SOLO CHI SMETTE DI IMPARARERiabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgMai smettere di migliorare la nostra conoscenza delle cose, della natura e dell’universo: muore davvero solo chi dà tutto per scontato, chi smette di imparare, chi non ha più curiosità.

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I venti cibi più disgustosi del mondo

Ragni fritti, frittelle di sangue, occhi di tonno, zuppa di pipistrello con contorno di bruchi… No, non sto parlando del menù della cena offerta da Zalim Singh ad Indiana Jones nel celebre film “Indiana Jones e il tempio maledetto“, sto parlando di cibi veri, diffusi in varie parti del nostro pianeta. Non saranno probabilmente i più disgustosi del mondo – i gusti sono soggettivi – ma probabilmente sono quelli più “assurdi”, almeno per quel che riguarda noi italiani!

1. Occhi di tonno – Giappone

Nei negozi giapponesi spesso si trovano degli strani pacchetti, che “osservano” il cliente con i loro grandi occhi da pesce. E in molti bar, dove preparano anche il sushi, si possono gustare gli occhi di tonno già cucinati, in umido o leggermente scottati. Di buono, a nostro avviso, hanno poco: sotto un involucro “gommoso” si trova una sostanza morbida e grassa, il cui gusto ricorda quello dei calamari o del polpo.

Глаза тунца, ЯпонияFoto: Kenneth Berger, CC BY-NC 2.0

2. Huitlacoche – Messico

L’huitlacoche o “tartufo del mais” è un fungo parassita dei chicchi di mais. Le spore penetrano nello spadice, crescono al suo interno e lo trasformano in qualcosa di terrbile. Immaginare cosa possa passare per la testa di chi assaggia per la prima volta qualcosa di così brutto e non appetitoso è molto difficile, ma rimane il fatto che l’huitlacoche in Messico è un cibo molto costoso e moltissimi piatti che lo contengono sono considerati vere e proprie prelibatezze.

Уитлакоче, МексикаFoto: International Maize and Wheat Improvement Center, CC BY-NC-SA 2.0

3. Shiokara – Giappone

La cucina giapponese e i frutti di mare sono praticamente sinonimi, per questo non c’è nulla da meravigliarsi se la maggior parte delle “schifezze” del posto vengano dalle profondità del mare. Lo shiokara non è un piatto conosciuto e diffuso come il sushi. Probabilmente perché sono dei calamari (di solito) marinati nelle loro viscere e “dimenticati” per un mese in un contenitore ermetico. Noi non sappiamo come sia il gusto di questo piatto ma, tenendo conto di quello che c’è nelle interiora dei pesci, possiamo indovinare che nella versione fermentata di certo non migliorano.

Шиокара, Япония

Foto: tami_chan, CC BY-NC-SA 2.0

Шиокара, ЯпонияFoto: Okona CC BY-SA 2.5, Wikimedia Commons

4. Ragni fritti – Cambogia

Nel Sud-Est asiatico si frigge e si mangia tutto quello che cammina, vola o nuota. Si possono trovare grilli, scarafaggi, scorpioni e cavallette e – perché no? – anche provarli nel centro di Bankok. Ecco però che gli abitanti della Cambogia si sono spinti oltre e, non più solo per una particolarità asiatica ma per la fame durante la dittatura dei Khmer rossi, hanno iniziato a friggere i ragni. I commercianti che vendono tarantole nere grandi come il palmo della mano fritte si possono incontrare facilmente nella zona della città di Skuon, sulla strada che da Siem Reap porta a Phnom Penh.

Жареные пауки, Камбоджаfoto: Gusjer, CC BY 2.0

5. Muktuk – Canada, Groenlandia, Chukotka – Russia

Il piatto tradizionale degli Inuit e degli Eschimesi è la pelle, completa di grasso sottocutaneo, di balena, narvalo o beluga congelata. Di solito è un cibo che viene consumato senza cottura, ma talvolta può anche essere fritta o impanata. Dal punto di vista della sopravvivenza nel clima secco e rigido del nord è una grande fonte di vitamine C e D. Dal punto di vista culinario no – il gusto non è di certo come pollo.

Китовая кожаFoto: Magalie L’Abbé, CC BY-NC 2.0

6. Hákarl – Islanda

Ancora un altro piatto nordico, in questo caso è stato ideato dai Vichinghi ed è toccato in eredità all’Islanda. In passato le acque del luogo erano popolate da squali polari, la cui carne però non era buona da mangiare a causa dell’alto contenuto di acidi urici. Per questo motivo gli squali catturati venivano sfilettati e appesi sotto una collinetta di pietre per un paio di mesi, durante i quali perdevano l’urina e gli altri acidi urici. Poi venivano lasciati ancora per 2-4 mesi all’aria aperta. Vengono preparati esattamente allo stesso modo anche nell’Islanda dei giorni nostri; ma ora si possono giustificare solo come rispetto per la tradizione, visto che sia il gusto che l’odore del piatto ricordano lo squalo putrefatto.

Хаукарль, ИсландияFoto: Chris Wronski, CC BY-ND 2.0

7. Uovo centenario – Cina

Uno degli antipasti cinesi più popolari si prepara molto semplicemente: le uova vengono mischiate ad una soluzione alcalina ( di solito è una miscela di calce, cenere e sale) e chiuse in un contenitore ermetico. Non per cento anni, come suggerisce il nome, ma per un periodo che va dai 15 giorni ai 4 mesi. Dopo questo rimane solo da sbucciare le uova e tagliarle a spicchi: l’albume assume una consistenza gelatinosa, mentre il tuorlo diventa di un colorito grigio-verde. Ad onor del vero dobbiamo dire che l’unica cosa disgustosa delle uova centenarie è solo il loro aspetto: la consistenza, ovviamente, è strana; ma il gusto e il sapore sono molto neutri, a parte il tuorlo che acquista un retrogusto di ammoniaca.

Столетние яйца, Китайfoto: Reforma.imufomot Wikimedia Commons

Столетние яйца, КитайFoto: Jo del Corro, CC BY 2.0

8. Biscotti con le vespe – Giappone

A proposito di novità della cucina giapponese, una cosa incredibile sono i biscotti con le vespe, diventati popolari già nel XXI secolo. Immaginatevi un cracker di farina di riso con una farcitura di vespe selvatiche precedentemente scottate. Rispetto ai biscotti normali qui c’è un altissimo contenuto di insetti proteine.

Печенье с осами, ЯпонияFoto: Foodfanatic83 CC BY-SA 3.0, Wikimedia Commons

9. Beondegi – Corea del Sud

Un popolare antipasto coreano sono le crisalidi dei bachi da seta bollite o in umido: si possono trovare sia sui banchetti dei venditori ambulanti, sia sugli scaffali dei negozi e anche sui menu dei bar. I beondegi si mangiano con salse e spezie o si utilizzano per cucinare altri piatti. Gli esperti sono ancora in dubbio su che sapore ricordano i beondeghi: alcuni sostengono sia il legno, altri dicono sia più simile alla resina.

Беондеги, КореяFoto: Clément Gault, CC BY-NC-SA 2.0

10. Zuppa di nidi di uccelli – Sud Est Asiatico

Per noi i “nidi di uccelli” non suonano come qualcosa di commestibile, ma i gourmand asiatici sono pronti a sborsare fino a 2000 dollari per un chilo di questi! Non abbiate fretta di organizzare un pranzo di lavoro con la famiglia di rondini che ha appena fatto il nido sotto il vostro tetto: per questo piatto si utilizzano solo nidi di rondini-salangana, che vivono nel Sud Est Asiatico. In pratica, i loro nidi sono composti da saliva secca di uccelli e la famosa zuppa ricorda come consistenza il muco o un budino molto denso. Non sappiamo che gusto abbia la saliva, non l’abbiamo provata, ma magari, questa zuppetta vale i soldi che costa.

Суп из птичьих гнездfoto: Janine Cheung, CC BY-NC-SA 2.0

11. Escamoles – Messico

Alla base di questo tradizionale piatto messicano ci sono le uova delle formiche nere giganti. Si mangiano sia crude che fritte, o anche con tacos e guacamole oppure in umido con cipolla e peperoncino. Le escamoles non sono economiche e non è una sorpresa: le uova si trovano all’interno del formicaio, brulicante di formiche molto aggressive, pronte a pungere molto dolorosamente. Tuttavia, se siete in Messico, vale la pena almeno una volta di provare le escamoles: questo cibo è considerato una prelibatezza e non solo è molto salutare, ma anche, dicono, molto buono!

Эскамолес, МексикаFoto: Kent Wang, CC BY-SA 2.0

12. Sannakji – Corea

Mangiare pesce o carne cruda è una cosa di cui ormai non si meraviglia più nessuno, ma cosa faremmo se il cibo addirittura scappasse dal piatto? In Corea si può assaggiare come antipasto il sannakji: un piatto composto da tentacoli appena tagliati di polipo che ancora si muovono, conditi con olio di sesamo. Nonostante l’aspetto orribile e la possibilità che scappi, il sannakji è molto popolare non solo tra gli abitanti del luogo, ma anche tra i turisti che dicono sia molto buono.

13. Gamberi ubriachi – Cina

Dal nostro punto di vista, questo piatto cinese è ancora più pauroso dei tentacoli che si muovono del polpo già morto, perché è stato ideato per poter mangiare i gamberetti ancora vivi. Proprio come dice il nome, prima di essere messi in tavola questi gamberi di fiume vengono marinati nell’alcool così che, “Ubriacandosi”, diventano meno agili e praticamente non fanno nessuna resistenza mentre vengono puliti e mangiati. Brr.

Пьяные креветки, Китайfoto: Vinnie, CC BY 2.0

14. Cuy – Perù, Equador, Colombia

In pratica il cuy non è altro che il porcellino d’India. A quanto pare gli abitanti della regione andina non li regalano ai loro bambini come animali domestici e nemmeno li usano per esperimenti in laboratorio, ma li allevano nelle fattorie e li mangiano. Normalmente li cucinano fritti o stufati con le verdure. Dicono che sia molto buono e che somigli molto al coniglio.

Куй - жареная морская свинкаFoto Irina Callegher, CC BY-NC-SA 2.0

Жареные морские свинки, Южная АмерикаFoto: Nestor Lacle, CC BY 2.0

15. Tepa – Alaska

È il piatto tradizionale degli Eschimesi in Alaska. La seconda denominazione del Tepa – “teste puzzolenti” – spiega piuttosto bene di cosa si tratta. Le teste dei salmoni vengono chiuse in una botte (talvolta anche con le interiora) e sepolte sotto la terra per una o più settimane. Le “teste puzzolenti” si mangiano crude e non vengono considerate come prelibatezze, ma sono soprattutto un modo per utilizzare interamente il pesce, non disdegnando nessuna sostanza nutritiva che si riesce ad ottenere.

Рыбьи головыFoto: eye dropper, CC BY-NC-ND 2.0

16. Sangue e latte – Africa

Se in Russia dire che una persona è “sangue e latte” significa che è in ottima salute, in Africa questo modo di dire viene preso alla lettera. In alcune tribù, in particolare fra i Masai, è sempre molto importante trovare dei modi per sopravvivere. La mucca in Africa è una risorsa importantissima per essere uccisa solo per la carne, allora viene estratto il sangue in modo che non ci siano danni per l’animale. Viene mescolato con il latte e questo sangue da alle tribù africane tutto il nutrimento necessario per la vita durante la siccità e nei periodi in cui non c’è possibilità di trovare altro cibo.

"Добыча" крови, ЭфиопияFoto: Dietmar Temps, CC BY-NC-SA 2.0

Кровь с молоком, ЭфиопияFoto: Dietmar Temps, CC BY-NC-SA 2.0

17. Frittelle di sangue – Svezia, Finalndia

In pratica si tratta di semplici frittelle, solo che al posto del latte c’è del sangue fresco. Talvolta si mangiano con carne di maiale o di renna arrosto. In realtà questo piatto è strano più che disgustoso, sia alla vista che al gusto somiglia molto al sanguinaccio.

Кровяные блиныFoto: Lapplänning Wikimedia Commons

18. Tofu di sangue – Cina

Generalmente il sangue finisce nelle preparazioni di molti cibi in moltissimi paesi del mondo, ma dal punto di vista dell’originalità gli asiatici battono tutti. In Cina e a Hong Kong è molto diffuso il cosiddetto tofu di sangue, preparato cuocendo a fuoco lento il sangue di animali (in genere maiale o anatra). Come risultato si hanno dei panetti gelatinosi che vengono tagliati a pezzi e consumati nelle zuppe o stufati con le verdure.

Суп с кровяным тофу, КитайFoto: Amy Ross, CC BY-ND 2.0

19. Bruchi Mopane – Africa

Grossi e verde scuro, i bruchi delle farfalle Saturnidi sono molto preziosi e, ancora più importante, sono una fonte gratuita di proteine per gli abitanti di molti stati africani. I bruchi vengono raccolti sugli alberi Mopane e bolliti o essiccati al sole. Nell’Africa del Sud, dove i bruchi sono considerati una prelibatezza, vengono allevati in fattorie e spesso vengono serviti anche nei ristoranti.

Гусеницы мопане, АфрикаFoto:: Greg Willis, CC BY-SA 2.0

20. Zuppa di pipistrello – Indonesia, Palau

Questo piatto non si differenzia molto dalle zuppe tipiche asiatiche, anche perché si cucina con il pipistrello, che ha un gusto molto neutro. Ma la particolarità della ricetta è che si cucina con il pipistrello intero, completo di ali, denti, peli e artigli. Anche in alcuni paesi del Sud Est Asiatico e nelle regioni americane affacciate sull’Oceano Pacifico la carne di pipistrello è usata per numerosi piatti, ma non in modo così brutale, visto che viene privata dei peli e delle altre parti.

Суп из летучей лисицы, ПалауФото: tobze, CC BY-NC-ND 2.0

E come dessert il gelato Royal Baby Gaga dall’Inghilterra

E, come bonus, qualcosa che non ha nulla di realmente terribile. In effetti l’abbiamo provato tutti (si, anche voi!), ma forse sotto un’altra forma. Nella primavera del 2015 la fabbrica londinese The Licktators ha prodotto una partita di gelato fatto di latte materno. In ogni senso, un vero e proprio “gusto dell’infanzia”, prodotto in occasione della nascita del secondo figlio del Principe William e di Kate Middleton. Non estremo come gli altri nella lista, ma di sicuro insolito. Voi lo provereste?

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Il modo per rivoluzionare tutto il Sistema

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO BAMBINA NATURA PRATO ESTATE LEGGE LIBRO STUDIA STUDIOSA STUDENTE CULTURA PACE RELAX TRANQUILLITACon gli occhi lucidi un giorno racconterai a tuo figlio che questa povera disastrata Italia è allo sfascio e quando lui ti chiederà qual è il modo per rivoluzionare tutto il Sistema, tu mettigli un libro in mano e digli questa semplice parola: STUDIA!

“Studia, studia, studia, anche quando gli altri penseranno a divertirsi, anche quando gli altri ti prenderanno in giro, anche quando gli altri ti diranno che sei un perdente. Studia, studia, studia, se vuoi affrontare la vita a testa alta e senza paura, se vuoi migliorare il tuo Paese, se vuoi rendere meravigliosa la tua esistenza. Studia, studia, studia, senza risparmiarti mai, senza rimandare a domani, senza pensare che sia tutto una perdita di tempo; perché il mondo è crudele e non vede l’ora di trovare del morbido dove affondare il colpo, e quel morbido è chiamato ignoranza. Fatti trovare pronto, renditi inattaccabile: studia, studia, studia”

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E’ vero che ogni popolo ha il suo odore caratteristico?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO BAMBINO DI COLORE NERO AFROAMERICANO MELATONINA FELICE SORRISO RELAXQuante volte ci siamo ritrovati vicino ad una persona indiana, filippina, africana (o di qualsiasi altra etnia) e abbiamo notato che il suo odore era completamente diverso dal proprio? E quante volte ci siamo chiesti se tutto ciò era solo derivato da una sorta di “razzismo olfattivo” o se davvero quell’odore era effettivamente diverso? Ebbene si: ogni etnia ha un proprio odore dovuto alle diverse condizioni ambientali e culturali del luogo in cui vive.

Sudore

Le diverse popolazioni non differiscono nel numero o nella conformazione delle ghiandole sudoripare, da cui deriva l’odore del corpo, ma nella quantità del sudore: per esempio nei climi caldi servono secrezioni più abbondanti per raffreddare la temperatura corporea e proteggere la pelle dai raggi solari: ciò porta una persona di colore ad avere un odore molto intenso. Quando si cambia il luogo in cui si vive, le caratteristiche del sudore (quantità, composizione ecc.) si adattano subito alle nuove condizioni ambientali, senza differenze tra stranieri e autoctoni: chi vive in montagna può avere un odore diverso da chi sta al mare. Infine, con il sudore si eliminano sostanze di scarto dell’organismo, perciò le sue caratteristiche dipendono anche da ciò che viene introdotto nel corpo con l’alimentazione. Non in tutte le culture l’odore del corpo è considerato sgradevole e viene coperto con profumi.

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Potenzia il tuo cervello e batti l’Alzheimer con libri, cruciverba ed una chitarra

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La cultura tiene in vita il nostro cervello

Secondo uno studio pubblicato su Human Brain Mapping dai ricercatori italiani della Fondazione Santa Lucia di Roma, un aiuto per un cervello in forma arriva da cultura, libri e anni di istruzione, che rappresenterebbero il «mix» vincente per tenere il più lontano possibile l’invecchiamento cerebrale e le malattie neurodegenerative. Diretto da Fabrizio Piras e coordinato da Gianfranco Spalletta – responsabile del Laboratorio di Neuropsichiatria – e da Carlo Caltagirone – direttore scientifico della Fondazione – lo studio ha visto coinvolti 150 soggetti sani tra i 18 e i 65 anni sottoposti a una nuova tecnologia di risonanza magnetica in grado di misurare le variazioni strutturali dei tessuti cerebrali: «Per la prima volta siamo riusciti a determinare il luogo all’interno del cervello in cui una più ricca attività mentale avvia dei meccanismi protettivi nei confronti della neurodegenerazione», spiega Spalletta. Dai risultati è anche emersa una correlazione tra gli anni di istruzione scolastica e il movimento delle molecole d’acqua all’interno del cervello, indice qualitativo – spiegano gli autori dello studio – della struttura cerebrale.

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Suonare la chitarra (ma va bene anche un qualsiasi altro strumento musicale!)

Suonare uno strumento musicale tiene allenato il nostro cervello. Io parteggio per la chitarra, ma solo perchè è il principale strumento che suono fin da piccolo e di cui sono molto appassionato, ma in verità va bene anche qualsiasi altro strumento! Molti studi confermano questa tesi, ad esempio ho apprezzato molto questo interessante articolo della ricercatrice canadese Krista Hyde, in cui viene riportato uno studio fatto su 15 bambini “musicisti” e 16 bambini del gruppo di controllo. All’inizio dello studio tutti i bambini, di circa 6 anni, ignari di qualsiasi nozione musicale, sono stati invitati a una sessione di risonanza magnetica. Poi, per 15 mesi i bambini del gruppo dei “musicisti” hanno seguito lezioni settimanali di pianoforte. Alla fine di questo periodo, tutti i bambini sono stati nuovamente invitati a fare la risonanza. Hyde e colleghi hanno utilizzato una nuova tecnica, chiamata Deformation Based Morphometry, che permette di studiare le deformazioni in grandezza o forma dei voxel, le unità di misura delle immagini di risonanza, estrapolando così i cambiamenti cerebrali non legati al normale sviluppo evolutivo del bambino. I risultati delle risonanze dei “musicisti” mostrano l’ingrandimento della corteccia motoria primaria destra, responsabile del controllo dei movimenti della mano sinistra, del corpo calloso, cioè le fibre nervose che connettono un emisfero all’altro, e della corteccia uditiva primaria destra, responsabile dell’elaborazione dei suoni musicali. Questi cambiamenti nel cervello corrispondono all’abilità di esecuzioni di compiti motori (per la corteccia motoria e il corpo calloso) e musicali (per la corteccia uditiva). L’aspetto che trovo più sorprendente in questa ricerca è la plasticità del nostro cervello dopo solo 15 mesi di lezioni di musica!

Parole crociate e sudoku

Il segreto per mantenere il più a lungo possibile il cervello giovane? È allenarlo sin da giovani. A spiegarlo i ricercatori dell’Università di Berkeley (Usa) in uno studio pubblicato su Archives of Neurology: per portare avanti la loro ricerca hanno intervistato 65 anziani sulle loro abitudini, nel corso della vita, alla lettura, alla scrittura e ai giochi che impegnano la mente come parole crociate, sudoku e brain games elettronici. Ognuno dei partecipanti è stato poi sottoposto a una risonanza magnetica al cervello per valutare la presenza della proteina amiloide, i cui accumuli sono tra i responsabili dello sviluppo della malattia d’Alzheimer. Ed è emerso che tanto più i soggetti manifestavano una maggiore attività cerebrale, tanto più il livello degli accumuli della proteina era basso: «I nostri dati suggeriscono che una vita trascorsa a impegnarsi in queste attività ha un effetto cruciale nel mantenersi cognitivamente attivi in età avanzata», spiega Susan Landau, una degli autori dello studio. Nel dubbio, quindi, passare del tempo con le parole crociate non guasta.

«Esercitarsi con le parole crociate, anche per poco tempo al giorno, mette in gioco le funzioni cognitive superiori: pensiero astratto, attenzione, nessi logici, memoria», dice lo psichiatra Pietro Pietrini, direttore del dipartimento di medicina di laboratorio dell’Azienda ospedaliero universitaria Santa Chiara di Pisa. Gli inglesi sintetizzano con l’espressione “use it or lose it”: «Gli studi di risonanza magnetica hanno mostrato che si attivano parti distinte del cervello, che dialogano tra loro per portare a termine compiti come quelli richiesti dal cruciverba».
Ogni volta che si prova a completare uno schema si favorisce la formazione di nuovi contatti tra i neuroni (sinapsi) e dunque si mantiene il cervello più giovane. Conferma Petrini: «Esperimenti e misurazioni eseguite tramite la Pet (tomografia a emissione di positroni) mostrano che, a pari età, il decadimento cognitivo tra i malati di Alzheimer è più lento in quelle persone che hanno tenuto in esercizio l’intelletto».

Internet fa la sua parte

Sono soprattutto i motori di ricerca ad aiutare i neuroni a rimanere «scattanti»: da una ricerca della University of California di Los Angeles (UCLA) coordinata da Gary Small è emerso che cercare informazioni e curiosità su browser come Google consente di allenare in una sola azione la memoria (del termine da cercare), l’elasticità (nella scelta delle parole chiave da inserire) e il ragionamento (tramite la comprensione e l’analisi dei risultati ottenuti), e aiuterebbe il cervello a mantenersi giovane rallentando l’insorgenza della demenza. Il segreto è nella continua stimolazione dei neuroni e delle connessioni cerebrali che l`esercizio mentale di ricerca sui browser in internet garantirebbe.

L’importanza della dieta

Secondo i ricercatori dell’Oregon Health & Science University di Portland (Usa) una certa dieta può aiutare ad allontanare il deterioramento cognitivo, mentre certi cibi possono accelerarne l’insorgenza. Lo studio, pubblicato su Neurology, ha messo in evidenza che le persone a rischio di declino cognitivo che seguono una dieta a base di pesce, frutta e verdura, e quindi ad alto contenuto di vitamine C, D ed E e di acidi grassi omega3, ottengono punteggi più alti nei test cognitivi e risultano più protette dal declino rispetto a coloro che, invece, consumano molti grassi trans – presenti nei cibi confezionati, nei prodotti da fast food, nelle fritture, nei piatti pronti e nella margarina.
Il ruolo della vitamina B12 come «carburante per il cervello» è stato invece messo in evidenza da uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition dai ricercatori dell`Università di Oxford (Regno Unito), secondo cui la vitamina B12 preserva dal restringimento cerebrale e dal declino cognitivo che da questo consegue. In particolare a fare la differenza sarebbe l’assunzione di latte: gli studiosi hanno infatti rilevato che ben il 55% della vitamina contenuta in questo alimento entra nel flusso sanguigno. Il pesce rappresenta invece la seconda fonte della vitamina, mentre al terzo posto si attestano i prodotti lattiero-caseari.

L’immancabile contributo dell’attività fisica

Un po’ di movimento non guasta mai – Un po’ di moto quotidiano non serve solo a mantenersi in linea e a preservarsi dal rischio cardiovascolare: uno studio condotto dal Beckam Institute dell’Università dell’Illinois (Usa) mostra, infatti, come l`esercizio aerobico contribuisca a rallentare il processo di invecchiamento delle cellule cerebrali. La ricerca, pubblicata sulla rivista British Journal of Sports Medicine, ha esplorato le potenzialità dell’attività fisica sui neuroni mostrando che l’attività fisica quotidiana eseguita costantemente contribuisce effettivamente a migliorare il funzionamento dei cervelli più anziani. «La nostra ricerca illustra l`effetto benefico di un moderato esercizio fisico sulle funzioni cerebrali – spiega Art Kramer, neuropsichiatra esperto in scienze cognitive e autore dello studio -. La ginnastica quotidiana migliora l’afflusso di sangue al cervello ed è in grado di bloccare l’invecchiamento neuronale che si riscontra tra gli anziani».

Spegni facebook e vediti coi tuoi amici

Fare uno sforzo per restare in contatto e trascorrere del tempo con altre persone, di persona piuttosto che virtualmente. La ricerca mostra che l’isolamento e la solitudine aumentano il rischio di sviluppare demenza.

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