Nel 1967 esce un’opera fondamentale per lo studio e l’interpretazione dei meccanismi interattivi fra le persone: Pragmatica della comunicazione umana, scritta da Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin e Don Jackson. Fra le parti più interessanti dell’opera spicca la formulazione degli assiomi della comunicazione. Gli assiomi sono verità di per sé evidenti e indiscutibili, che stanno alla base di ogni dimostrazione. Nel caso della pragmatica comunicazionale si tratta di alcune semplici proprietà della comunicazione che hanno fondamentali implicazioni interpersonali. Vediamoli nello specifico:
Primo assioma. Impossibilità di non comunicare
E’ impossibile non comunicare.
Il comportamento non ha un suo opposto, non esiste qualcosa che sia un non comportamento. In altre parole, è impossibile non avere un comportamento. E poiché tutto il comportamento umano è comunicativo, si desume che non si può non comunicare. Noi siamo a tutti gli effetti comunicazione, qualsiasi nostro gesto comunica qualcosa di ben preciso, compresa la decisione di non comportarsi in alcun modo (l’apatia, l’inattività, l’indifferenza, il silenzio). Se è impossibile “non comportarsi”, e se ogni comportamento è comunicazione, allora si deve per forza concludere che noi comunichiamo sempre qualcosa, anche quando pensiamo di non farlo. Una ragazza che si isola non è una ragazza non comunicativa: sta comunicando, al contrario, la propria timidezza e il proprio disagio, che a loro volta determineranno altri comportamenti nei suoi compagni di classe (la emargineranno, cercheranno di entrare in contatto con lei, la prenderanno in giro ecc).
Secondo assioma. Metacomunicazione
Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione, in modo che il secondo classifica il primo ed è quindi “metacomunicazione”.
Ogni messaggio trasmette un’informazione, ha cioè un aspetto di notizia (per l’appunto, il contenuto), e un aspetto di “comando”, o di relazione, che riguarda la forma del messaggio, il modo in cui è comunicato. Con l’aspetto di comando definiamo il tipo di relazione che intendiamo istituire con il nostro interlocutore (e implicitamente definiamo anche noi stessi): in questa relazione i dati informativi dell’aspetto di notizia trovano la loro giusta collocazione e possono venire correttamente intesi. Per esempio, una stessa frase può essere pronunciata in molti modi diversi, intendendo significati anche opposti e innescando dunque diverse reazioni. Una signora che dice a suo figlio: «Ieri non mi hai telefonato» può farlo in tono interrogativo, risentito, preoccupato,
indifferente, incuriosito, persino minaccioso, e ciò determinerà comportamenti e risposte diverse da parte dell’interlocutore. In ogni situazione comunicativa non, si trasmette mai semplicemente un’informazione o un indizio, ma anche istruzioni precise su come trattare quest’informazione, come interpretarla, su quale piano comunicativo, se prenderla sul serio o meno. Si tratta di indicazioni informali che il discorso dà su se stesso: ecco perché si parla di metacomunicazione. La meta comunicazione si attiva attraverso elementi non verbali e impliciti, che definiscono il contesto specifico dell’interazione. La metacomunicazione, inoltre, è strettamente collegata al problema della consapevolezza del sé e di come viene comunicato agli altri. Ogni scambio comunicativo, infatti, deve innanzitutto mostrare l’atteggiamento relazionale dell’emittente e implica che le persone stabiliscano la relazione che le lega. A un livello superiore, quindi, il tema principale alla base di ogni comunicazione è sempre: «Ecco come mi vedo in relazione a te in questo contesto». La relazione si basa proprio sul come ci poniamo, come comunichiamo, come rappresentiamo noi stessi.
Terzo assioma. Punteggiatura della sequenza
La natura della comunicazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione fra i comunicanti.
È la negazione più evidente della teoria di Shannon e Weaver, secondo cui lo scambio comunicativo è unidirezionale: in realtà, la comunicazione è sempre bidirezionale e caratterizzata da continui scambi di turno di parola. Le sequenze d’azione, infatti, devono essere considerate non isolate, ma concatenate. È essenziale stabilire chi agisce e chi reagisce, chi trasferisce informazione e chi la riceve: questo significa punteggiare la comunicazione. Può avvenire che gli interlocutori si trovino in disaccordo su come punteggiare le sequenze, anche perché non esiste una punteggiatura oggettivamente giusta: è uno dei meccanismi tipici del litigio. Una coppia in disaccordo su come gestire l’economia familiare spesso cade nell’avvicendamento ripetitivo di messaggi di questo tipo: «Lui è uno spilorcio e non mi regala mai niente, quindi appena ho un po’ di soldi vado a comprarmi qualcosa da sola» e «Lei ha le mani bucate e appena ha un po’ di soldi li sperpera, quindi io cerco di risparmiare e limitare le spese». È la versione dello stesso evento, ma con disaccordi sulla punteggiatura: i due interlocutori non sono d’accordo su quale sia la causa e quale l’effetto. Il problema della punteggiatura è solo un esempio di un problema più vasto, quello delfeedback o retroazione. Il feedback è l’effetto di reazione prodotto da un messaggio su chi lo ha emesso, e secondo Watzlawick è un elemento fondamentale della comunicazione. «La scoperta della retroazione», scrive, «ha reso possibile questo nuovo modo di vedere le cose. Una catena in cui l’evento a produce l’evento b, e poi b produce c, e c a sua volta causa d ecc. può sembrare che abbia le proprietà di un sistema lineare deterministico. Ma se d riconduce ad a, il sistema è circolare e funziona in modo completamente diverso». Si giunge infatti all’omeostasi, cioè allo stato stazionario. Un sistema omeostatico è un sistema in grado di mantenere un equilibrio stabile auto correggendo le variazioni accidentali attraverso interazioni fra tutti i suoi sottosistemi: il feedback gioca quindi un ruolo fondamentale nel far raggiungere e mantenere la stabilità di tutte le relazioni interne al sistema. Il feedback è molto usato anche in campo meccanico o ingegneristico: nei sistemi regolati automaticamente, è l’operazione del rinviare all’entrata di un processo un’informazione sull’andamento del processo stesso, per controllarlo ed eventualmente correggerlo. In questo modo, il sistema si autoregola. Per Watzlawick la famiglia e, in genere, i gruppi sociali sono sistemi omeostatici.
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Quarto assioma. Comunicazione numerica e analogica
Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico sia con quello analogico.
La distinzione fra i due canali di comunicazione può essere spiegata con la differenza fra comunicazione verbale (numerica) e non verbale (analogica). Analogico è uno strumento che mantiene un rapporto di somiglianza e di causalità diretta con il fenomeno che intende rappresentare: si pensi all’orologio a lancette che rappresenta visivamente il movimento in avanti del tempo che scorre. Uno strumento numerico, o digitale, rappresenta invece i suoi oggetti in forma di cifre: continuando l’esempio, l’orologio digitale, che “interpreta” il tempo “spezzettandolo” in insiemi numerici ben definiti. L’uomo può comunicare attraverso la lingua, utilizzando precise regole imposte dalla grammatica, ma anche attraverso la comunicazione non verbale: sguardi, mimica, abbigliamento, abbracci, baci ecc. Il linguaggio numerico presenta una sintassi complessa e molto efficace, poiché è regolata da norme precise, ma è spesso meno adatto a esprimere emozioni o a definire la relazione che esiste fra due persone. Per questo motivo si dice che manca di una semantica adeguata nel settore della relazione. Il linguaggio analogico, invece, ha la semantica, ma non ha alcuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la natura delle relazioni: non esiste una “grammatica delle emozioni”; non esistono, cioè, norme costanti e codificate in grado di decifrare univocamente i comportamenti umani: non è detto che “ridere” corrisponda sempre a “felicità”. Gli uomini sono animali prevalentemente analogici.
NOTA: la sintassi è la parte della grammatica che studia le regole che presiedono alla
struttura della frase, la combinazione delle parole nella loro successione sequenziale. La semantica è invece la disciplina linguistica che studia i significati delle parole.
Quinto assioma. Interazione simmetrica e complementare
Gli scambi comunicativi sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza.
Ciò dipende dal grado gerarchico dei soggetti coinvolti. Uno scambio simmetrico
si verifica fra interlocutori che sono sullo stesso piano, con ruoli sociali e comunicativi simili (per esempio, due compagni di classe). Uno scambio complementare,
invece, si svolge fra persone che non si trovano sullo stesso piano per potere, ruolo comunicativo o autorità sociale (come lo studente e l’insegnante). È importante stabilire di che tipo è la comunicazione. Se un interlocutore in una comunicazione complementare si illude (o illude l’altro) che sia simmetrica, facilmente il rapporto diventerà difficile, scorretto o perfino patologico.
I paradossi di Watzlawick
Watzlawick definisce il paradosso come «una contraddizione che deriva da una deduzione corretta da premesse coerenti». Non c’è fraintendimento, né errore di comprensione, né premessa sbagliata, e per questo il paradosso diventa irrisolvibile, come un circolo vizioso. Un paradosso è la contraddizione resa concreta: i Greci li ritenevano paralogismi, cioè questioni “oltre la logica”, nel Medioevo divennero insolubilia, cioè “problemi insolubili”. Oggi li consideriamo antinomie, casi “contro le regole” oppure “oltre l’opinione corrente”. I paradossi, secondo Watzlawick, sono di tre tipi:
- Paradossi logico-matematici. Il primo e più antico è il celebre paradosso di Zenone: Achille Piè Veloce sfida in una gara di velocità la tartaruga, è le accorda un vantaggio di partenza: così facendo, tuttavia, non riuscirà mai a raggìungerla. Quando egli avrà colmato il vantaggio che le ha concesso, infatti, essa avrà percorso un nuovo tratto. E quando Achìlle avrà percorso quel nuovo tratto essa ne avrà percorso un altro, e così via all’infinito.
- Paradossi semantici. Il classico esempio è la frase «Io sto mentendo», Se l’affermazione è vera, allora non è vero che sto mentendo; se l’affermazione è falsa, allora sto dicendo la verità: in qualunque modo giriamo la frase, essa appare contraddittoria e, appunto, paradossale.
- Paradossi pragmatici. Sono quei messaggi contenenti ingiunzioni che, nell’imporre di fare una cosa, la negano. Il prototipo è la frase «Sii spontaneo». La spontaneità, per definizione, è qualcosa di volontario e personale, qualcosa che parte dall’intimo e che quindi non può essere imposta da altri.
Per approfondire:
- Comunicazione non verbale in psicologia: esempi, gesti, postura, funzioni, percentuale
- Cinesica, espressione del volto, sguardo, gestualità e postura in psicologia
- Prossemica, distanza, territorio e linguaggio non verbale in psicologia
- Pragmatica della comunicazione e teoria degli atti linguistici in psicologia
- Comunicazione, principi conversazionali e teoria sistemico-relazionale in psicologia
- Scena e retroscena di Goffman e teoria del doppio legame di Bateson
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Lo Staff di Medicina OnLine
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