Le 20 curiosità che ancora non conosci su Blade Runner

MEDICINA ONLINE Blade Runner film fantascienza 1982 Ridley Scott Harrison Ford Rutger Hauer Sean Young WALLPAPER SFONDO HD PICTURE SET PHOTO HI RES CINEMA MOVIEQuanto ne sapete sul film Blade Runner? Ecco le venti cose che forse non sapete su questo bellissimo film di fantascienza!

1 – Partiamo dal titolo: le unità Blade Runner sono squadre speciali della polizia che si occupano di “ritirare” i replicanti, lo sappiamo, ma perché hanno quel nome? Di che tipo di lama si sta parlando? Di un bisturi. Il titolo del film deriva infatti da uno script realizzato dallo scrittore beat William S. Burroughs – “Blade Runner (a movie)” – tratto a sua volta da un romanzo di Alan E. Nourse, The Bladerunner (tutto attaccato). La versione molto breve è che Scott e la produzione comprarono solo i diritti di quel titolo, fregandosene del resto, e che si arrivò a utilizzarlo dopo aver scartato una serie pressoché infinita di altre proposte, tra cui AndroidMechanismoGotham City e soprattutto Dangerous Days. Nel romanzo di Nourse, a ogni modo, i bladerunner erano per l’appunto trafficanti di attrezzi chirurgici.

2 – Tra le tante fonti d’ispirazione usate da Scott per dar corpo alla sua visione del mondo di Blade Runner, c’erano anche alcuni lavori di Moebius, in particolare la storia breve “The Long Tomorrow”. Scott tentò quindi di coinvolgere l’autore francese nella produzione della pellicola, ma Moebius rifiutò, perché impegnato con il film d’animazione Les maîtres du temps. L’industrial designer Syd Mead, invece, avrebbe dovuto occuparsi solo dei veicoli, ma i suoi bozzetti includevano sfondi e scenari che colpirono molto Scott, che gli chiese così di occuparsi anche del design degli ambienti.

3 – La geisha che ingoia una pillola sul cartellone pubblicitario gigante? Secondo il supervisore degli effetti speciali del film, David Dryer, si trattava di una pillola anticoncezionale. In sottofondo, si sente una frase di uno spettacolo del teatro Nō: “Iri Hi Katamuku,” il sole tramonta.

4 – Il primo script del film fu realizzato dall’attore Hampton Fancher: tra i fautori del progetto, fu lui a convincere personalmente Dick a opzionare il suo romanzo per una trasposizione cinematografica. Una volta ingaggiato dalla produzione, Scott non gradì però il lavoro di Fancher, gli fece rimetter mano allo script almeno dieci volte, tra i due non nacque esattamente l’ammmore, e alla fine il regista tirò dentro al suo posto David Webb Peoples (poi premio Oscar nel ’93 per Gli Spietati, sceneggiatore anche de L’esercito delle 12 scimmie e LadyHawke, e regista di Giochi di Morte, sempre con Rutger Hauer). Il povero Fancher rischiò seriamente a quel punto di darsi fuoco. Subtrivia: il termine “replicante”, non presente nel romanzo di Dick, è stato suggerito a Peoples dalla figlia, che stava studiando in biologia la teoria della replicazione delle cellule. O qualcosa del genere. Alcuni spunti bocciati per Blade Runner, come una scena iniziale che Peoples aveva previsto in una colonia extramondo, sono stati riciclati dallo sceneggiatore per Soldier (1998), film che Peoples considera ambientato nello stesso universo di Blade Runner.

5 – Scott litigò ferocemente in pratica con tutte le persone impegnate nella realizzazione del film. Le condizioni estreme delle riprese – come 33 giorni consecutivi di riprese notturne trascorsi a ingoiare il fumo sparato sul set – e gli atteggiamenti del regista gli alienarono praticamente da subito le simpatie della crew. Un’intervista rilasciata alla stampa inglese, in cui Scott dichiarava di preferire le maestranze inglesi, perché abituate ad eseguire gli ordini senza far storie, rispondendo solo un “Yes, gov’nor”, fece il resto. Gli uomini della troupe, capeggiati dal responsabile del trucco Marvin G. Westmore, che aveva letto l’intervista, si fecero stampare delle magliette con la scritta “Yes, gov’nor, my ass” sul davanti e altre robe goliardiche sul retro, e le indossarono sul lavoro. Scott reagì facendosene realizzare una con su scritto “Xenophobia sucks”. La tensione si tagliava ogni giorno sul set e molti membri della crew presero a chiamare il film Blood Runner.

6 – Quella scena in cui Deckard spinge Rachael contro il muro, per impedirle di lasciare il suo appartamento? Non era prevista dal copione. Scott la suggerì ad Harrison Ford per ottenere una reazione di sorpresa da Sean Young, ma l’attore ci mise un po’ troppo zelo e la Young si fece male sul serio e subito dopo si mise a piangere.

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7 – Lo splendido monologo finale di Roy Batty è molto diverso da come l’aveva pensato David Webb Peoples. Hauer lo trovò poco drammatico perché troppo lungo, perciò decise di usarne solo un pezzo e di aggiungere le ultime due frasi, scritte da lui: E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire. Anche la colomba era un’idea di Hauer, solo che il pennuto era talmente zuppo di pioggia che anziché volare come previsto, nel momento in cui Batty lo lascia andare si limitò a zompettare via varie volte prima di spiccare il volo che si vede nel film.

8 – Quella specie di esperanto parlato nella Los Angeles del 2019, il Cityspeak, è invece un’idea di Edward James Olmos, all’epoca molto colpito dal melting pot culturale in cui si stava trasformando la sua Los Angeles. Per interpretare al meglio Gaff, il futuro comandante Adama ha seguito dei corsi alla Berlitz Language School. Quanto alla città, Scott aveva in mente di ambientare il film in una San Angeles, mega agglomerato urbano esteso tra le attuali San Francisco e Los Angeles. L’idea sarebbe stata riciclata dieci anni più tardi dai film Demolition Man e Double Dragon.

9 – Nell’interpretare la replicante Zhora, Joanna Cassidy si portò il pitone da casa. Il serpente con cui la vediamo nel film era infatti suo, e si chiamava Darling. Nei piani originali di Scott, Zhora si sarebbe dovuta esibire in una danza nel fango con il suo pitone, con tanto di trasformazione alla Manimal. Ma costava troppo, e ciao. La Cassidy è tornata a indossare il costumino di Zhora 25 anni più tardi per girare delle nuove riprese per la Final Cut di Blade Runner: nella pellicola originale, infatti, quando Zhora sfonda le vetrate si vede chiaramente che si tratta di una stunt double. Le nuove riprese realizzate con blue screen hanno permesso di sostituire i due volti, e voilà, George Lucas non sei nessuno.

10 –  L’idea per Il cacciatore di androidi/Ma gli androidi sognano pecore elettriche? venne a Dick nel 1962, mentre cercava del materiale per La svastica sul sole/L’uomo nell’alto castello. Scavando tra dei documenti della Gestapo conservati all’università di Berkley, Dick lesse i racconti disumani delle SS di stanza in alcuni campi di concentramento. Lo scrittore si chiese come potessero degli uomini all’apparenza come gli altri essere talmente spietati, sembrare esseri umani solo esteriormente. Prima dell’uscita del film, fu proposto a Dick un contratto da 400mila dollari per realizzarne la novelization. L’autore rifiutò, le case editrici che detenevano i diritti del suo romanzo si fregarono le mani, e presero a ripubblicarlo come Blade Runner e con la locandina del film in copertina. E tante grazie.

11 – Nel 1969, Philip K. Dick venne contattato da Martin Scorsese e dallo sceneggiatore Jay Cocks per discutere una trasposizione cinematografica del romanzo. Non se ne fece niente. In seguito, neanche Dick gradiva lo script originale di Hampton Fancher. In un’intervista pubblicata su una guida TV nel febbraio del 1981, lo definì un incrocio tra Phillip Marlowe e La fabbrica delle mogli, e già che c’era se la prese con Ridley Scott e il suo Alien. In seguito la Warner cercò di coinvolgere lo scrittore, ignorato fino a quel momento dalla compagnia che stava sviluppando il progetto, Filmways Inc, tenendolo aggiornato sui suoi sviluppi. Dick, che ebbe modo di incontrare Scott solo al termine delle riprese, riuscì a vedere soltanto i primi 20 minuti della pellicola prima della sua scomparsa (marzo 1982), e ne fu entusiasta. “Hanno catturato perfettamente il mio mondo interiore”, dichiarò. La cosa incredibile è che né Ridley Scott né lo sceneggiatore David Webb Peoples avevano letto il romanzo di Dick, limitandosi all’adattamento di Fancher.

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12 – Anche il coinvolgimento dello stesso Ridley Scott è stato piuttosto travagliato. Quando gli venne offerto per la prima volta il progetto, rifiutò, perché aveva iniziato a occuparsi di Dune. Poi la scomparsa improvvisa di suo fratello Frank lo spinse ad abbandonare quella regia (in seguito affidata a Lynch). Alla fine delle riprese di Blade Runner, Scott e il produttore Michael Deeley vennero inoltre LICENZIATI dalla produzione, perché si era sforato sul budget e i piani alti si erano incazzati. In seguito i powers-that-be Warner tornarono sui propri passi, Scott e Deeley furono richiamati, ma i nuovi produttori esecutivi Jerry Perenchio e Bud Yorkin rimasero al loro posto, imponendo le proprie scelte. Furono proprio loro a pretendere il voiceover di Harrison Ford e il finale bucolico, dopo che due screening della pellicola erano andati malissimo e molti spettatori avevano dichiarato di non aver capito il film. Scott non era contrario di per sé alla voce narrante di Deckard, come molti credono, solo che non voleva una roba spiegona di quel tipo. È stato Ford a odiare il voiceover sin dall’inizio, anche se l’attore ha negato di aver interpretato quella parte così dimmerda di proposito.

13 – Per molto tempo nessuno seppe che una copia con il montaggio originale del film era ancora in circolazione. Solo nel 1989 un dipendente della Warner trovò una copia su 70mm della pellicola mentre cercava dell’altro in archivio. L’autore della scoperta, Michael Arick, e la stessa Warner pensavano si trattasse semplicemente della versione internazionale del film, nessuno controllò il contenuto della pizza e la stessa fu spedita a un festival dedicato al 70mm qualche mese dopo. Immaginate la faccia degli spettatori, quando si trovarono di fronte un Blade Runner differente. Scott si fece avanti a quel punto per apportare alcune modifiche al film e farlo uscire in una nuova versione, ma non c’era voglia di aspettare i suoi tempi perché c’era il decennale da sfruttare per farci il soldo, e perciò Warner buttò fuori quella cut originale così com’era, ribattezzandola Director’s Cut. Non soddisfatto, Scott restò lì a rimuginare fino al 2007, quando, dopo una lunga battaglia legale sui diritti del film, è arrivata sul mercato home video la SUA versione definitiva, la Final Cut. L’elenco delle differenze rispetto alla Director’s Cut, chi volesse, lo trova qui.

14 – La prima scelta di Scott per la parte di Deckard era, tenetevi,Dustin Hoffman. L’attore si disse interessato, ma non era molto convinto di risultare adatto a un ruolo del genere, propose dei cambi, gli risposero Guarda, già qui è un casino che non ti dico, grazie lo stesso. Per il ruolo di Rachel, invece, Philip K. Dick avrebbe voluto Victoria Principal: sì, la Pamela di Dallas.

15 – Rutger Hauer fu scelto invece da Scott direttamente, senza alcun provino, dopo averlo visto in film come Fiore di carne e Soldato d’Orange. Quando si incontrarono per la prima volta, però, Hauer ci fece lo scherzone: si presentò con una tuta di nylon con la zip, una felpa bianca con una volpe e un paio di enormi occhiali da sole alla Elton John. A detta della produttrice esecutiva Katherine Haber, al regista per poco non prese un coccolone.

16 – La piramide della Tyrell che si vede nel film era un modellino in scala 1:750. Alla fine delle riprese andò a fuoco e si sciolse.

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17 – A dirci che Deckard è un replicante non è solo la faccenda dell’origami, ma anche alcuni particolari. Tutti i replicanti durante il film presentano dei bagliori rossi negli occhi in qualche scena: a Deckard succede qui, mentre parla con Rachael. Harrison Ford era assolutamente contrario all’idea che Deckard non fosse umano e si fece assicurare da Scott che non l’avrebbe fatto diventare un replicante. Credici. Anche a Rutger Hauer la cosa non è mai andata giù: in una sua autobiografia scrisse che la natura da replicante di Deckard sminuiva tutto il concetto di lotta, anche e soprattutto filosofica, uomo-macchina alla base del film.

18 – La replicante Pris, si legge su un monitor, è stata attivata il 14 febbraio del 2016. Viste le funzioni del suo modello, doveva essere tipo il regalo di San Valentino per qualcuno. Fu Daryl Hannah a convincere Ridley Scott a imbottire il suo combattimento con Deckard di numeri acrobatici. Ma la ginnasta assunta come sua stuntwoman si ritrovò priva di forze dopo la millemillesima volta che il PdF Scott (sarà il nome) le aveva fatto ripetere daccapo la scena. Si dovette così trovare in fretta e furia una sostituta, solo che l’unica persona disponibile era un ginnasta UOMO. Ora sapete perché quello scontro sembra montato da uno schizofrenico ed è illuminato così male.

19 – Sullo spinner, l’auto volante della polizia usata da Deckard e Gaff, si vede lo schermo di un computer. È lo stesso schermo apparso in Alien quando Ripley fugge dalla Nostromo: è un altro chiaro segno del fatto che i due film siano ambientati nello stesso universo, messo lì trent’anni prima.

20 – Vuole la leggenda che una terribile sfortuna si sia abbattuta su tutte le aziende i cui marchi sono stati piazzati nel film per bieco product placement. Beh, è vero. L’Atari venne venduta a tranci dalla Warner nel 1984: l’Atari Inc smise di esistere e al suo posto nacquero la branca Atari Games Inc. (divisione giochi arcade, chiusa nel 2003) e la Atari Corporation (defunta nel 1996). Il gigante dell’elettronica RCA chiuse i battenti nel 1986. La Cuisinart è fallita nel 1989, la Pan Am nel 1991, la Bell System nel 1984 ed è stata ristrutturata per ordine del dipartimento di giustizia americano.

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Le 38 curiosità che ancora non conosci su Ritorno al Futuro

MEDICINA ONLINE RITORNO AL FUTURO 1 Back to the Future 1985 American science-fiction Robert Zemeckis Bob Gale Michael J. Fox Marty McFly  Christopher Lloyd Dr. Emmett Doc Brown FILM CINEMA WALLPAPER SFONDO HD HI RES PHOTO.jpgQuante curiosità ancora non conosci sul primo film della trilogia “Ritorno al futuro”? Eccone alcune!

38 – Il nome del personaggio di Doc (Emmett) viene dalla parola “time” (tempo), con spelling inverso e pronunciata per sillabe (em-it).

37 – Quando Jennifer e Marty escono dalla scuola e discuno sull’insuccesso del provino, si vede di sfondo una macchina con scritto sulla targa “FOR MARY”, dedicato a Mary Radford. Assistente personale del direttore Frank Marshall.

36 – La giornalista che appare in TV durante la sequenza di apertura è Deborah Harmon, apparsa nel film del 1980 diretto da Robert Zemeckis “la fantastica sfida”.

35 – Nella scena della fattoria quando Marty arriva per la prima volta nel 1955, il nome del figlio del vecchio Peabody è Sherman. Sherman era il nome del bambino viaggiatore del tempo in uno spezzone dello show di cartoni di Jay Ward, “Lo show di Bullwinkle” (1961). Il cane che possedeva la sua macchina del tempo inoltre, si chiamava Signor Peabody.

34 – La data in cui Marty arriva nel 1955, il 5 novembre, è la stessa data del viaggio in ” Time After Time”, diretto da Nicolas Meyer nel 1979

33 – Il liceo di Hill Valley è la Whittier High School a Whittier, in California appena fuori da Los Angeles. E’ la scuola frequentata da Richard Nixon.

32 – Marty, tornato dal passato saluta un barbone chiamandolo Red. Il motivo per cui lo conosce è perché trattasi dell’uomo che nel 1955 faceva il sindaco: Red Thomas.

31 – Quando Marty torna nel 1985 e va a tentare di salvare Doc si può notare che il parcheggio non si chiama più “Twin Pines Mall” ma “Lone Pine Mall”, visto che nel passato uno dei due pini nella fattoria l’ha buttato giù passando con la macchina.

30 – Il generatore di fusione “Mr. Fusion” visibile alla fine del film, è in realtà un macina caffè prodotto dalla Krups.

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29 – Alla fine del film, quando stanno per partire per il 2015 Marty dice la famosa frase “Non c’è abbastanza strada per arrivare a 88”. Curioso che la sera prima Doc sulla stessa strada e nella stessa direzione ci abbia messo pochi secondi per partire. Inoltre si vede benissimo nell’inquadratura prima che la strada è lunga, dritta e senza ostacoli. Chiaramente la battuta serve per giustificare il decollo dell’auto.

28 – Quando la DeLorean fa retromarcia per prepararsi a portare Marty e Jennifer nel futuro alla fine del film, si vede la videocamera dello staff riflessa nella targa.

27 – “Chuck, Chuck! È Marvin! Tuo cugino, Marvin Berry! Sai quel nuovo sound che stai cercando? Bene, senti questo!” Da questa scena si intuisce come l’ispirazione per comporre Johnny B. Goode, Chuck Berry l’ha avuta proprio grazie a Marty che però la suona in virtù del fatto che Berry l’aveva già composta… un bel paradosso!

26 – All’inizio del film si vedono inquadrati gli orologi del laboratorio di Doc. Tra questi ce n’è uno con un omino appeso alla lancetta dei minuti. SI tratta di una citazione di quello che succederà alla fine del film.

25 – Per buona parte del film, Doc Brown cammina incurvato: non sono gli anni. Per compensare la differenza d’altezza tra lui e Marty (più di venti centimetri), Zemeckis impiegò tutta una serie di rialzi e di altri escamotage, ma quando Christopher Lloyd e Michael J. Fox dovevano apparire nella stessa inquadratura, il primo era costretto a piegarsi.

24 – Quando Marty si finge un alieno per spaventare il padre nel sonno (“Silenzio terrestre! Il mio nome è Darth Vader. Sono un extra-terrestre e vengo dal pianeta Vulcano!”), lo sveglia con una cassetta con su scritto “Van Halen”. Si tratta di un brano senza titolo scritto da Edward Van Halen per il film The Wild Life, in cui appariva anche Lea Thompson.

23 – Il capo della Universal, Sid Sheinberg, impose a Zemeckis, il regista, una quantità di modifiche spaventosa. Chiese ad esempio al regista di cambiare il titolo in Spaceman from Pluto e di rimpiazzare con “I am a spaceman from Pluto”, la gag dell’alieno con la tuta antiradiazioni. Sheinberg era convinto che nessuno sarebbe mai andato a vedere nel 1985 un film con la parola “futuro” nel titolo, ma non aveva fatto i conti con Spielberg: il produttore rispose alla richiesta di Sheinberg ringraziandolo per la deliziosa battuta. Tutti ci si fecero sopra una bella risata, Sheinberg non ebbe il coraggio di dire che la sua era una richiesta seria e ingoiò il rospo. Non andò così per le ALTRE sue richieste: il professor Brown divenne Doc Brown, la madre di Marty (nei primi script indicata come Meg e poi Eileen) divenne Lorraine come la moglie di Sheinberg, ed Einstein un cane. Nelle intenzioni di Zemeckis e Gale, Einstein doveva essere uno scimpanzé: Sheinberg disse che nessun film con una scimmia aveva mai fatto del grano e pretese il cane.

22 – Quando Doc spedisce Einstein per un minuto nel futuro, il cane e la DeLorean tornano indietro dopo un minuto e 21 secondi. Il numero 121 doveva piacere a qualcuno, perché i due riappaiono all’1,21 di notte e il flusso canalizzatore richiedeva come noto 1.21 gigowatt di elettricità per funzionare.

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21 – Doc sostiene che ci vogliano 1.21 gigowatt di elettricità per far viaggiare nel tempo ma l’unità di misura corretta è il “gigawatt” non il “gigowatt”.

20 – Da anni circola su internet una voce secondo cui, prima di tirar dentro Robert Zemeckis, Spielberg e la Universal abbiano offerto la regia del film a Leonard Nimoy; questi, raccontano le leggende, avrebbe declinato perché già alle prese con Star Trek IV/Rotta verso la Terra. Bene, qualche anno fa, rispondendo alle domande degli appassionati sul sito bttf.com, Bob Gale (produttore e sceneggiatore del film) ha bollato tale voce come priva di fondamento.

19 – La parte di Marty McFly è stata pensata sin dal primo momento per Michael J. Fox. Come tutti i fan di Ritorno al Futuro sanno, però, la produzione iniziò a girare il film senza di lui, affidando il ruolo a Eric Stoltz. Era successo che Meredith Baxter, collega di Michael J. Fox nel telefilm Casa Keaton, era rimasta incinta: per colmare il vuoto lasciato dalla sua assenza, gli autori del serial avevano affidato molte più scene del solito a Fox, che non poteva quindi lasciare il set. Bob Gale e Robert Zemeckis ingaggiarono perciò Stoltz e iniziarono le riprese. Dopo quattro settimane, però, si resero conto che non andava e ricontattarono Fox, che riuscì a portare avanti entrambi gli impegni lavorando come un pazzo: di giorno girava Casa Keaton, la sera dopo le 18 il grosso del film (ora sapete perché ci sono così tante scene in notturna), nel week-end gli esterni di giorno. Universal spese circa 3 milioni di dollari extra per rigirare tutte le scene già realizzate con Stoltz. Fox – che per l’impegno con Casa Keaton non ebbe modo di partecipare in seguito ai tour promozionali del film – dormì in quel periodo solo cinque ore per notte.

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18 – Nella scena in cui c’è l’audizione per i gruppi a scuola, Marty e la sua band (i Pinheads) vengono interrotti dal giudice, che dice loro: “Mi dispiace, ragazzi, ma siete troppo rumorosi!”. Il brano era una versione più rockeggiante della theme song “The Power of Love” ed il giudice è proprio Huey Lewis, cioè l’autore per la colonna sonora del film proprio di quel pezzo e di “Back in Time”. In quella scena è interessante notare come le azioni del batterista non corrispondono per nulla con la canzone suonata; quando la musica si interrompe si sente uno stacco di batteria, mentre lui non sta facendo nulla.

17 – Anche Christopher Lloyd era stato la prima scelta per Doc Brown (su pressione del produttore Neil Canton, che aveva lavorato con lui ne Le avventure di Buckaroo Banzai nella quarta dimensione) ma in un primo momento aveva rifiutato la parte. Fu la moglie a convincerlo. Lea Thompson fu scelta come Lorraine perché aveva recitato già con Eric Stoltz in The Wild Life, e sempre Stoltz fu indirettamente l’artefice del casting di Biff. L’attore scelto inizialmente, J.J. Cohen, venne considerato non abbastanza alto per fare il bullo con Stoltz e perciò è finito a interpretare uno dei membri della gang di Biff. Sempre parlando di casting, pare che tra i sostituti di Fox, prima di arrivare a Stoltz, sia stato preso in considerazione Ralph Macchio. Il ragazzo del karate rifiutò, considerando il film “solo una storia su un ragazzino, un’auto e delle pillole di plutonio”. Bell’errore di valutazione!

16 – Michael J. Fox è nato solo dieci giorni dopo Lea Thompson (nel film sua madre, con parecchio trucco in faccia) e tre anni PRIMA di Crispin Glover (nel film, suo padre). Non è finita. Wendie Jo Sperber, che interpreta Linda McFly, la sorella di Marty, passa tre anni alla Thompson e sei a Glover.

15 – All’inizio del film c’è un omaggio a Stanley Kubrick voluto da Spielberg. Presente la scena in cui Marty va a casa di Doc e collega la chitarra al superampli? Quando gira la manopola, si vede un’etichetta fatta col dymo: “CRM 114”. È il nome di un accrocchio radio ne Il Dottor Stranamore, sigla poi riutilizzata da Kubrick in altri suoi film (il sedativo durante il trattamento curativo in Arancia Meccanica, un taxi in Eyes Wide Shut). Sempre a proposito di citazioni, il George McFly del 1955 è un patito del telefilm fantascienzo Science Fiction Theatre: in quella serie apparve anche Michael Fox, attore americano classe 1921 per distinguersi dal quale – la Screen Actors Guild non permetteva di registrare due tizi con lo stesso nome – il giovane Michael Fox aveva adottato la J puntata. Relativamente a quando Marty sta per suonare la chitarra, c’è da dire un fatto che non sarà certo sfuggito ai chitarristi: MAI accendere un amplificatore, specie al massimo di volume e gain, senza aver prima attaccato il jack del cavo alla chitarra! Ciò produrrebbe un rumore fortissimo nel momento del tentativo di inserimento del jack, ancor prima di suonare una nota (cosa che invece nel film non accade).

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14 – Nelle innumerevoli versioni dello script (40, si narra) continuamente rigettate dalla produzione, la macchina del tempo ha assunto forme diverse. All’inizio doveva essere un accrocchio laser montato in una stanza apposita, poi un frigorifero finito in un’area di test per ordigni nucleari nel Nevada, e Zemeckis raccontò in seguito che l’idea era stata scartata perché Spielberg aveva paura che i ragazzini finissero per rinchiudersi nel frigo di casa per emulazione. A un certo punto saltò fuori la DeLorean:, ci avete fatto caso che quando l’auto torna da un viaggio temporale, ha la carrozzeria ghiacciata? E’ una citazione proprio del fatto che nella sceneggiatura iniziale la macchina del tempo era costruita con un frigo.
I produttori cambiarono il frigo con l’auto e l’esplosione atomica con i fulmini: questi ultimi erano molto più economici da fare come effetto speciale.
Spielberg, 23 anni dopo avrebbe cambiato idea su quella storia dei frigoriferi e delle esplosioni nucleari: utilizzò l’idea del frigorifero e del sito per i test nucleari del Nevada nel suo film Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo del 2008.

13 – Quando venne girato il film, non erano in cantiere dei seguiti. Zemeckis spiegò che altrimenti non avrebbe lasciato salire Jennifer sulla DeLorean con Marty e Doc alla fine. Non a caso, all’inizio del secondo film Jennifer – Claudia Wells non era disponibile perché sua madre si era ammalata, ed era stata sostituita da Elizabeth Shue – viene tolta di mezzo con un escamotage. La scritta “To Be Continued” che molti ricordano prima dei titoli di coda venne inserita nell’edizione in VHS, uscita quando il seguito era già in lavorazione. A proposito sei seguiti: i due sequel, pur avendo molto successo, non hanno sbancato i botteghini come il primo film. Ritorno al Futuro ha incassato negli USA nel primo anno 197 milioni di dollari, Parte II (costato più del doppio) si è fermato a 118, Parte III a 87. Il quarto film, quello che Cristopher Lloyd sognava venisse ambientato nell’Antica Roma, non si è mai concretizzato.

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12 – L’idea di un film del genere balenò nella mente di Bob Gale quando si ritrovò tra le mani l’annuario scolastico del padre. Il futuro autore di Batman e Daredevil si ritrovò a fantasticare su come sarebbe stato frequentare il papà quando era un giovincello e magari diventare suo amico.

11 – Il cognome di Biff, Tannen, è una presa in giro di Gale e Zemeckis all’ex boss della Universal Ned Tanen (una N), che aveva apprezzato talmente tanto lo script del loro 1964: allarme a New York arrivano i Beatles da buttarlo via, accusandoli di essere due antisemiti, nonostante Gale sia ebreo. L’attore che interpreta Biff, Thomas F. Wilson, raccontò di averci quasi rimesso una clavicola nella scena in cui litiga con Marty nel bar. Eric Stoltz lo colpì infatti con troppa foga, in TUTTI i ciak della scena e nonostante Wilson gli avesse raccomandato di andarci piano. L’attore meditava di vendicarsi nella scena del parcheggio durante il ballo, ma quando si arrivò a girarla Stoltz era stato già mandato via.

10 – Il cognome della famiglia di Marty era in un primo momento McDermott: solo che aveva troppe sillabe, e così Zemeckis se n’è uscito con McFly. Peccato. “Non ci cascare tutte le volte, McDermott” suonava troppo tanto benissimo.

9 – Nella prima versione dello script, la schitarrata di Marty (eseguita con una Gibson ES-335, entrata in commercio solo tre anni dopo, nel ’58, e in cui Fox cita, oltre ovviamente a Hendrix, la mimica di Angus Young degli AC/DC, la scalciata alle casse da concerto degli Who e i saltelli su una gamba di Chuck Berry) provocava una rivolta degli studenti, con tanto di ingresso in scena della polizia. Questo, e la scoperta di un “ingrediente segreto” per far funzionare la macchina del tempo, cambiavano il corso della storia, trasformando il presente di Marty, il 1985, in un mondo in cui il rock non era mai stato inventato e tutto era carburato a… Coca Cola. La Coca Cola e la polizia sono poi spariti dalla versione finale della storia, per lasciare posto… alla Pepsi. I film degli anni 80 sono stati sempre ricolmi di pubblicità e pur non arrivando al grande tripudio di loghi del suo primo seguito, anche: il primo Ritorno al Futuro venne imbottito di product placement da un apposito ufficio appena creato dalla Universal. Tra le tante offerte ricevute c’era anche l’interessamento della Coca Cola e della Shell, ma si preferirono Pepsi e Texaco perché i loro loghi nel 1955 erano molto diversi rispetto ai rispettivi loghi degli anni 80 e ciò avrebbe generato confusione. In totale i riferimenti alla Pepsi nel corso del film sono 9: il fatto che Fox fosse allora uno dei testimonial della bibita ha sicuramente influito nella scelta di tale marchio.

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8 – Nel 1955 Marty chiede a un barista una Pepsi Free, cioè una versione senza caffeina lanciata nel 1982, quello capisce che vuole da bere gratis (“free in inglese significa “senza” ma anche “gratis”) e gli risponde che non si fa credito nel suo locale. Nella versione italiana lo stesso gioco di parole non esiste e viene cambiato: McFly chiede una “Pepsi Senza”, e il barista Lou risponde “…senza che? Se vuoi dire senza pagare hai sbagliato porta”. La traduzione è abbastanza fedele, a differenza di un paio di altri scambi di battute resi oggetto di un adattamento piuttosto disinvolto. Sempre nel bar del ’55, pochi secondi prima, Marty chiede una Tab (altra bibita senza zucchero, ma della Coca Cola), il barista capisce che vuole il “conto” e gli chiede di ordinare prima qualcosa; nella versione italiana ovviamente il gioco di parole non si può fare uguale e il dialogo diventa: “Dammi una Fanta” e il barista risponde “Fanta che? Vuoi della fantascienza da bere?”.
L’altro famigerato cambio di marca italico riguarda gli slip. Lorraine chiama Marty Calvin Klein, perché legge il logo sulle mutande, ma in Italia Calvin Klein ancora nonlo conosceva nessuno, perciò si optò per un Levi Strauss, marca già famosissima in Italia.

7 – Tra le aziende che avevano pagato la produzione per inserire pubblicità del suo prodotto nel film, c’era anche una specie di “consorzio delle prugne” della California, il California Raisin Board. 50mila cucuzze per promuovere le prugne nel film. Ma l’idea di piazzare da qualche parte durante il ballo Incanto sotto il mare una tazza piena di prugne faceva lo stesso effetto delle prugne, perciò la produzione non trovò di meglio che piazzare il logo della California Raisin Board su una panchina. La panchina su cui dorme Red il barbone quando Marty torna dal 1955. Quelli delle prugne si sono leggermente arrabbiati ed hanno voluto i soldi indietro. Con John DeLorean invece tutto andò bene: era ovviamente felicissimo di vedere la sua auto co-protagonista del film e scrisse una lettera di ringraziamento a Gale e Zemeckis.

6 – Lo scambio di battute tra Marty e Doc su Reagan (“Ronald Reagan! L’attore! Eh. E il vice-presidente chi è? Jerry Lewis?”) doveva essere approvato dalla Casa Bianca, pare. Sembra che alla fine al presidente degli Stati Uniti Reagan la battuta e il film siano piaciuti parecchio, tanto che nel suo discorso annuale al congresso del 1986 citò la pellicola di Zemeckis: “Never has there been a more exciting time to be alive, a time of rousing wonder and heroic achievement. As they said in the film Back to the Future, Where we’re going, we don’t need roads”. In un making of del film, sull’edizione in DVD, si raccontava come durante una proiezione privata, arrivati a quella scena Reagan abbia chiesto di riavvolgere la pellicola per rivederla.

5 – Prima di approdare alla Universal, l’idea di Gale e Zemeckis venne rifiutata da numerose compagnie. Ma per ragioni diverse. Disney considerò troppo oscena per i suoi standard l’idea di un tizio che viene corteggiato dalla madre. Molte altre compagnie, invece, considerarono il film troppo poco osceno: ricordatevi che quelli erano gli anni de La Rivincita dei Nerds, Scuola di Polizia e Fuori di Testa.

4 – Durante le riprese del film sono state usate tre diverse DeLorean: una per le scene di guida (una DeLorean DMC-12 del 1982 taroccata con un motore Porsche per renderla più scattante), una con gli interni modificati per le riprese in cui gli attori scendevano o salivano dal veicolo, e una tutta smontata per le riprese all’interno dell’abitacolo. Nell’edizione speciale in DVD della trilogia uscita nel 2002 si parlava di un motore 4 cilindri, ma le DeLorean avevano tutte un motore V6 da 130 cavalli. Quella usata su strada era un veicolo regolarmente registrato all’equivalente americano del PRA, con targa 3CZV657 e vanity plate (la targa personalizzata ottenibile pagando un extra alla motorizzazione) “OUTATIME”. La DeLorean venne scelta perché aveva un look sufficientemente fantascientifico, specie per quelle porte ad ali di gabbiano. Quella cosa che Marty ci sbatte ripetutamente la testa contro non era prevista dal copione: uno degli sportelli era difettoso.

3 – Doc non dice mai “Grande Giove!”: il suo“Great Scott!” fu tradotto così solo nei due seguiti, mentre nel primo film è diventato “Bontà Divina!”. “Great Scott” era una espressione di sorpresa diffusa nel 19° ed in parte del 20° secolo, riferendosi a allo scrittore scozzese sir Walter Scott e successivamente al generale statunitense Winfield Scott.

2 – La scena in cui Lorraine segue Marty di nascosto a casa di Doc e il dottor Brown la saluta timidamente è l’unica volta in cui Cristopher Lloyd e Lea Thompson hanno interagito davanti ad una cinepresa, pur essendo apparsi insieme in cinque film e un film per la TV: i tre Ritorno al FuturoDennis la Minaccia (1993), il corto Haunded Lighthouse (2003) e The Right to Remain Silent (1996).

1 – Ritorno al Futuro è stato il film di debutto per Billy Zane: è Match, uno degli sgherri di Biff. Un anno prima di Critters gli extraroditori e dodici prima di fare la parte del cattivo nel film Titanic di James Cameron con Leonardo DiCaprio.

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Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso

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Citando Walt Whitman, “O me o vita, domande come queste mi perseguitano. Infiniti cortei di infedeli. Città gremite di stolti. Che v’è di nuovo in tutto questo, o me o vita.”

Risposta: “Che tu sei qui, che la vita esiste, e l’identità, che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso. Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso.”

Quale sarà il tuo verso?

Prof. John Keating, L’Attimo Fuggente

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Trainspotting (1996): trama, recensione e curiosità del film di Danny Boyle

MEDICINA ONLINE FILM  MOVIE Trainspotting is a 1996 British black comedy directed by Danny Boyle, and starring Ewan McGregor, Ewen Bremner, Jonny Lee Miller, Kevin McKidd, Robert Carlyle, and Kelly MacdonaldUn film di Danny Boyle. Con Ewan McGregor, Robert Carlyle, Ewen Bremner, Kelly MacDonald, Jonny Lee Miller. Titolo originale Trainspotting. Drammatico, durata 115 min. – Gran Bretagna 1996.

Scegliete la buona salute, il colesterolo basso, la polizza a vita. Io ho scelto di non scegliere la vitacosì recita l’inizio dello straordinario monologo di Mark Renton, protagonista ed antieroe di Trainspotting, capolavoro visionario di ironia underground, tratto dall’omonimo splendido libro di Irvine Welsh del 1993, diretto da Danny Boyle nel 1996 e presentato fuori concorso al 49º Festival di Cannes del 1996. Ad oltre vent’anni di distanza ha avuto un seguito, T2 Trainspotting del 2017, sicuramente un fil interessante ma che ha diviso gli affezionati: l’unica certezza è che il sequel letteralmente scompare di fronte all’epicità del primo, ma di questo ci occuperemo un’altra volta.

Poche volte riportare la trama di un lungometraggio è così riduttivo come per Trainspotting: ventenne di Edimburgo, il vegetariano Mark Renton ha scelto per sé “un’onesta e sincera tossicodipendenza” in modo da non doversi preoccupare del sesso, del lavoro o dei rapporti sociali. Ha degli amici o meglio dei compari con cui rubacchiare, parlare a vuoto, bere birra e bucarsi le vene dimenticandosi del mondo attorno a loro: sono Sick Boy, tutto provocazioni e capelli ossigenati, Begbie, dalla imprevedibile violenza nonsense e alcolizzato, Tommy, che cerca di star fuori dal giro dell’eroina tenendosi in forma, e Spud, completamente fuori di testa ma forse l’unico di cui può fidarsi. Tra tentativi di disintossicazione, ricadute, corse all’ospedale ed un inatteso – improbabile – colpo che può cambiare la vita a tutti, l’irresponsabile Mark forse entrerà a far parte dell’odiata, ma rispettabile società… ma riuscirà a rimanerci dentro?

Quale migliore dichiarazione di nichilismo esistenziale e complessità concettuale: il bisticcio scegliere di non scegliere del famoso monologo di Mark denota il drammatico determinismo di fronte ad una vita e ad una società non-scelte (può bastare il conforto della buona salute, il colesterolo basso e lo scrupolo della polizza a vita?). Renton nega l’imposizione e preferisce l’eroina, come il suo amico Spud, goffo ma dall’animo candido; come Sick Boy, ossessionato dal mito di Sean Connery, del quale non perde occasione per citare i film (ironico contrappunto di conoscenza) ed il pacifico Tom, il più puro del gruppo al quale spetterà, tremenda nemesi, la sorte peggiore.

Tutto è più semplice, quando si ha un’onesta dipendenza dall’eroina. Al contrario di quanto si può credere il film non denuncia né tanto meno prende posizioni moralistiche nei confronti del mondo della droga. Basta il tema. Film realistico: non ti dice che l’eroina fa schifo, ti dice che l’eroina ti fa stare bene per un po’ ma la tua vita diventa uno schifo ed uscirne è durissima. I “giovani” sono molto meno stupidi di quello che si vuole credere ed è più facile che siano convinti a non drogarsi da un film come questo piuttosto che dal sentirsi dire le solite cose trite e ritrite su quanto la droga faccia schifo. Almeno con il sottoscritto a suo tempo funzionò così. Alla sua uscita nelle sale era stato criticato per un suo presunto compiacimento verso l’eroina e per le sue immagini crude e troppo dettagliate, quali la preparazione e somministrazione di dosi di droga. In realtà non manca la condanna, ma è espressa in maniera ellittica rispetto alle normali prassi drammaturgiche.

I chose not to choose life: I chose somethin’ else. And the reasons? There are no reasons. Who needs reasons when you’ve got heroin?

Nella casa dello spacciatore chiamato Madre Superiora (per l’età della sua dipendenza), punto di riferimento logistico di Renton e compagni, una bambina di cui si conosce la madre Alison (una delle ragazze drogate) ma non il padre, si muove a gattoni in mezzo ai drogati abbandonati tra i materassi. In seguito, contemporaneamente ad uno dei momenti in cui tutto il gruppo è alienato dall’effetto della droga, la bambina viene trovata morta nella sua culla. La cosa porta alla disperazione la madre e soprattutto Sick Boy, che si rivela essere il padre. Tutto verrà risolto con altra eroina, per cancellare tutti i dolori e le colpe. Questa scena, uno dei cardini del film, mostra la dipendenza e l’annebbiamento totale di chi gira a vuoto nel circolo vizioso di una tossicodipendenza – non solo quella dell’eroina – che porta alla colpa primigenia: l’assassinio di un figlio. Per quanto non volontario. La bimba morta appare piena di lividi, e non per caso: sembra che in una scena – poi cancellata – del film, i nostri “eroi” sotto effetto della droga, si fossero messi a giocare a calcio usando la povera bimba coma pallone

Il mondo di Trainspotting è colto nei suoi più fervidi e striscianti meandri figurativi. Esemplare è la scena di Renton che si tuffa nel lurido water di un locale per recuperare delle supposte di oppio, vendutegli dallo spacciatore Mikey Forrester, impersonificato da Irvine Welsh, l’autore del romanzo da cui è tratto il fim. Supposte che dovrebbero servire a placare i dolori dell’astinenza da eroina, visto che Mark si è messo in testa di “smettere con quella roba”. Astrazione e lirismo alludono grottescamente a un parossistico quanto teatralmente contraddittorio tentativo di salvezza: al suono di un arrangiamento della Carmen, il drogato si getta tra la sua stessa merda e manifesta una scelta diversa da quella di infilarsi l’ago in vena. La scena è tratta esplicitamente da un brano del libro di Thomas PynchonL’arcobaleno della gravità (il protagonista del romanzo si immerge nel gabinetto di un bar per recuperare la fisarmonica perduta imbattendosi in varie tipologie di escrementi di cui elabora una vera e propria tassonomia), e ciò dimostra quanto il regista abbia voluto evidenziare il canone di un tentativo di trascendenza che sfida le leggi della superficie (terrena). Mark si immerge nel mare, e nel mare si nuota, sgravati da imposizioni e condizionamenti. Il nuotatore è essere sovrano che libera il proprio corpo (persona) dai lacci del dover essere (compreso il laccio emostatico). Non c’è altra rarefazione e indipendenza per il drogato.

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Trainspotting è un film che sottende una sottile critica politica che in italiano si perde (preferibile vederlo in lingua originale: lo scozzese, non l’inglese) come se Mery per sempre di Marco Risi fosse recitato dai giovani detenuti in perfetto italiano e non in siciliano, anzi in palermitano per essere precisi. Mark ed i suoi colleghi si muovono nella Edimburgo della fine del secolo scorso. L’identità nazionale sembra non bastare a creare un tessuto sociale forte; avere come unico riferimento Sean Connery dimostra la mancanza di fondamentali modelli comportamentali. Quando Tommy passeggia con gli amici in montagna, glorificando la natura scozzese, Spud dissente dai prestigi nazionali, mentre Renton urla che…

è una merda essere scozzesi. Siamo il peggio, i più disgraziati, i più servili, patetici avanzi che siano stati cagati nella civiltà

Per la cronaca: nonostante il film sia ambientato ad Edimburgo, quasi tutte le scene sono state girate a Glasgow tranne la scena di apertura, girata realmente ad Edimburgo, e quella finale, girata a Londra. La famosissima scena di apertura che vede Renton e Spud inseguiti da due store detective è stata girata lungo Princes Street, ad Edimburgo. La scena in cui termina l’inseguimento è invece stata girata a Calton Road, sempre ad Edimburgo, vicino all’entrata posteriore della Waverley Station.

Un discorso a parte merita l’amicizia. Mark Renton chiama i suoi compagni cosiddetti amici. Misura relativa. Tommy (un giovane Kevin McKidd, ora dottor Owen Hunt in Grey’s Anatomy) cade in depressione in seguito alla rottura con la fidanzata perché una videocassetta con delle riprese dei due che fanno sesso è stata da Mark indegnamente scambiata con dei filmati di calcio; Begbie è più temuto per la sua violenza che considerato per la sua amicizia. Non c’è un vero legame tra questi ragazzi se non quello sotteso creato dalla dipendenza dalla droga. E anche quando Mark, finalmente disintossicato, scapperà a Londra per iniziare una nuova vita si ritroverà tra i piedi tutti i cosiddetti amici: saranno loro ad impedirgli un’esistenza normale ed a trascinarlo nuovamente verso l’illegalità. In Trainspotting non c’è compiacimento né romanticismo. La dipendenza dalla droga viene rappresentata come puro atto narrativo, l’ironia impedisce alla vicenda toni insistentemente drammatici, o melodrammatici. Non occorre né il disgusto né una troppa didascalica morale: i personaggi sono rappresentati, non descritti, vale la narrazione non la spiegazione.

L’eroina distrugge tutto ciò che di bello ed innocente che tocca. Si è già citata la bambina, ma è il caso di ricordare l’innocenza traviata di Tommy, si fumatore ma comunque sportivo ed in forma, che in seguito all’abbandono da parte della fidanzata decide di provare l’eroina, unico alla fine a morire di AIDS. A parte la bambina si tratta di vittime assolutamente consapevoli del loro destino: HANNO SCELTO DI NON SCEGLIERE! Ma è davvero una scelta? L’eroina non è che la triste alternativa della non-scelta.

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Curiosità sul titolo

Il titolo Trainspotting si riferisce all’episodio del paragrafo Guardando i treni alla stazione centrale di Leith, del romanzo originale di Welsh, dove Renton e Begbie vengono avvicinati da un vecchio barbone mentre stanno urinando nell’ormai dismessa stazione centrale di Leith: costui chiede loro se stanno facendo del trainspotting, ossia se fossero disoccupati che per ingannare il tempo osservano i treni in arrivo ed in partenza dalla stazione. Renton rimane interdetto perché Begbie non risponde in malo modo né malmena il barbone, come ci si potrebbe aspettare, anzi sembra addirittura in imbarazzo: solo mentre si allontanano si rende conto che l’ubriacone è il padre dell’amico.

Alcune ambientazioni:

  • Il parco dove Sick Boy e Renton discutono di James Bond, Sean Connery, e Il nome della rosa è Rouken Glen Park, nei pressi di Thornliebank. Il parco è anche stato il luogo della tomba nel precedente film di Boyle Piccoli omicidi tra amici.
  • La stazione ferroviaria di Corrour è l’ambientazione per la grande scena in esterni del film.
  • L’appartamento che Renton mostra alla giovane coppia appena riceve il lavoro di agente immobiliare, dove in seguito nasconderà Begbie e Sick Boy, si trova a Londra, a Talgarth Road numero 78A, nei pressi della North End Road, di fronte alla stazione della metropolitana di West Kensington.
  • La scena in cui riescono a vendere la droga è girata a Bayswater; quella in cui fanno la parodia di Abbey Road dei Beatles parte da Smallbrook Mews e si completa nell’attraversamento di Craven Road fino all’Hotel Royal Eagle, ancora presente ai numeri 26–30 di Craven Road a Londra.
  • La scuola frequentata da Diane è la “Jordanhill School” di Glasgow.

Canzoni famose

Una delle componenti ad aver reso celebre questa pellicola, è senza dubbio la sua azzeccatissima colonna sonora. Alcune scene ormai appaiono imprescindibili dalla musica che le accompagnano. Nell’ultima scena, quando Mark scappa con i soldi, la canzone che apre la sua fuga dal Motel è Born Slippy .NUXX degli Underworld. Per la prima scena, quella della fuga dagli agenti, invece è stato scelto la mitica Lust for Life, storico brano del cantante statunitense Iggy Pop, che viene nominato numerose volte durante il film. Nella scena in cui Mark va in overdose, la musica scelta è Perfect Day di Lou Reed.

Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l’eroina?

Il successo in Italia

Nel lontano 1996 nessuno voleva distribuire Trainspotting in sala, un film così scottante e ritenuto scomodo per l’allora mercato cinematografico italiano. Ci pensò allora una neonata casa di distribuzione, formatasi l’anno prima dalla dissoluzione della Penta Film a comprare i diritti dell’opera di Danny Boyle e a distribuirla al cinema. Dopo alcuni “colpi di mercato” di assoluto livello come Il corvo, Stargate Johnny Mnemonic, la Medusa Film, si accaparrò la distribuzione italiana di Trainspotting e segnò un’epoca. Da quel momento in poi anche le major si resero conto che potevano puntare su film meno commerciali per raggiungere il successo in sala. Trainspotting fu distribuito in italia da Medusa il 4 ottobre del 1996 fu un gran successi. Nonostante il film venne inizialmente snobbato dalle major di distribuzione internazionali, l’opera di Boyle concquistò in poco tempo una popolarità tra i giovani senza uguali e si inserì nella top 20 dei film più visti nella stagione cinematografica italiana 1996/97. Nell’anno dominato da Il ciclone, Trainspotting fu 17° assoluto subito dietro a Sono pazzo di Iris Blond e davanti a film quali Jerry Maguire, Crash – Contatto fisico, Daylight – trappola nel tunnel e Ritratto di signora.

Alcune curiosità su Trainspotting:

  • Ewen Bremner (Spud) aveva precedentemente interpretato Renton in un adattamento teatrale del romanzo;
  • le feci nel water durante la scena del Peggior Bagno in Scozia erano in realtà cioccolato ma anche con la consapevolezza di ciò la scena del bagno risulta rivoltante comunque tanto che Ewan McGregor ebbe dei problemi a girarla;
  • Kelly Macdonald ha ottenuto la parte quando la crew di produzione del film stava distribuendo volantini in tutta Glasgow, per chiunque volesse fare un provino. Quando Danny Boyle ha posato per la prima volta gli occhi su di lei durante il provino ha capito che era la persona giusta per il ruolo di Diane. Voleva un volto sconosciuto, così nessuno si sarebbe accorto che l’attrice che stava interpretando la parte di una scolaretta avesse in realtà 19 anni. Macdonald conserva tutt’oggi il volantino promozionale del provino, come ricordo della sua prima parte in un film;
  • per interpretare la parte Ewan McGregor in soli due mesi ha perso 12 chili;
  • Kelly Macdonald ha compiuto 20 anni il giorno dell’uscita al cinema del film il 23 febbraio 1996;
  • le scritte sul muro del Vulcano Nightclub richiamano quelle del Korova Milk Bar in Arancia meccanica (1971). Sparsi per il locale ci sono anche dei posters di Robert De Niro Jodie Foster in Taxi Driver (1976);
  • per prepararsi al ruolo Ewan McGregor ha letto libri sul crack e l’eroina. Andò anche a Glasgow ad incontrare un gruppo di recupero di tossicodipendenti per parlare con loro e capire le sensazioni di chi ha provato l’eroina. Gli è stato poi insegnato a cucinare l’eroina con un cucchiaio utilizzando al posto della sostanza glucosio in polvere;
  • Per calarsi ancora meglio nel ruolo, McGregor ha anche preso in considerazione l’idea di sottoporsi a un’iniezione di eroina per comprendere meglio gli effetti così da interpretare il personaggio più verosimilmente, ma alla fine decise – fortunatamente – di non farlo;
  • tutto il film è stato girato in sole sette settimane e mezzo, cioè molto poche specie se consideriamo il fatto che sono state usate molte location differenti, costringendo tutta la produzione a mobilitarsi molto spesso;
  • per i primi piani di Ewan McGregor mentre si inietta l’eroina, è stato costruita una protesi del suo braccio, con le vene attraversate da del sangue finto che sarebbe apparso nel momento in cui la pelle fosse bucata all’ago;
  • dopo tre film assieme Piccoli Omicidi Tra Amici, Trainspotting e lo sfortunato Una vita esagerata, Danny Boyle decide, per il suo quarto film (The Beach del 2000) di puntare tutto sull’asso della cinematografia Leonardo DiCaprio reduce dallo stratosferico successo di Titanic. La star americana viene preferita all’amico e collega McGregor che non la manda giù e proprio per questo decide di troncare di netto i rapporti con il regista londinese. L’ipotesi di realizzare un sequel di Trainspotting venne quindi accantonata e dovettero passare oltre venti anni da quel 1996 anno di uscita del film. I due si riappacificheranno infatti solamente 15 anni dopo poco prima di dare il via al sequel del film T2 – Trainspotting, ecco cosa ha dichiarato l’attore scozzese a riguardo: “Fu tutto un malinteso. Mi rammarico grandemente che si sia protratto per così tanto tempo. Ho partecipato ai primi tre film di Danny e poi non mi fu chiesto di essere nel quarto, ma non era per il film, quanto per la nostra amicizia. Non partecipare al film mi fece un po’ sentire alla deriva e non lo mandai giù.”;
  • Trainspotting fu presentato fuori concorso al 49º Festival di Cannes del 1996 divenne in poco tempo un vero e proprio cult tanto che nel 1999il British Film Institute l’ha inserito al decimo posto della lista dei migliori cento film britannici del XX secolo. Nel 2004 il film è stato definito come il miglior film scozzese di tutti i tempi in un sondaggio di pubblico generale. A tutt’oggi non è difficile per le strade di Londra o in Gran Bretagna incontrare persone o negozi che vendano gadget legati al film, uno dei più popolari ed amati dai britannici assieme a The Italian Job, Momenti di gloria, Full Monty e This Is England;
  • In collaborazione con la Columbia Tristar e distribuito in Italia dalla Warner Bros. il sequel T2 – Trainspotting vide la luce nei cinema italiani il 23 febbraio del 2017. Anche il seguito è tratto parzialmente dal secondo romanzo di Irvine Welsh, chiamato “Porno” (2002).

Errori presenti nel film:

  • Primissima scena del film. Renton corre con ai piedi un paio di Adidas. Qualche scena più tardi ai piedi porta un paio di All Star, lo avevate notato?
  • All’inizio di Trainspotting, Swanney prepara la dose di Sick Boy, ma quando poi va ad inniettarla si nota chiaramente che la siringa e’ vuota!
  • Quando in Trainspotting il gruppo di drogati fissa la bambina morta, si nota chiaramente che è un pupazzo.
  • Quando Ewan McGregor cerca di disintossicarsi stando chiuso nella sua camera e ha le allucinazioni, si vede benissimo la guida che fa camminare il pupazzo della bambina sul soffitto.
  • In Trainspotting, prima della rissa nel bar, scatenata gettando un boccale di birra, quando il tipo va a prendere gli stessi boccali, urta un avventore (con maglietta a strisce nere e azzurre) e ciò causa una fuoriscita di birra dai boccali sulla camicia, dallo sterno in giù. Quando si rigira, possiamo notare come la camicia sia sporca dal colletto in giù…
  • Begbie colpisce l’incauto avventore del bar che aveva osato “distrarlo”…ma si vede chiaramente che con la stecca da biliardo da’ un forte colpo alla sedia, non al malcapitato cliente del pub!
  • In Trainspotting i ragazzi dividono i soldi della droga (16000 sterline) equamente, prendendo quindi 4000 sterline a testa. Ma in realtà Mark e Sick boy avrebbero dovuto recuperare i soldi per l’aquisto, ovvero 1000 sterline a testa, e poi dividere le rimanenti 14000 con gli altri, come mai ciò non avviene? Mistero…
  • Spud è fuori dal locale con la sua ragazza. Nella mano sinistra tiene una bottiglia di birra. Nel primo piano la tiene per il collo, nel campo lungo la tiene più in basso.
  • In Trainspotting il protagonista parla con Diane a letto, mentre lei sta fumando. Ad un certo punto si porta lo spinello alla bocca, ed è quasi finito, nello stacco successivo è più lungo.
  • La mazzetta che Mark lascia nell’armadietto è in una posizione diversa quando Spud va a prenderla: quando Mark la inserisce è parallela alle pareti, nella scena dopo è obliqua.
  • In Trainspotting quando Mark Renton va da Madre Superiora per bucarsi (subito dopo che Spud è finito in carcere) si toglie la cintura per legarsela intorno al braccio, ma dopo, quando ha l’overdose e Swanney lo trascina dentro al taxi la cintura è di nuovo attorno alla vita.
  • In Trainspotting Renton va da Madre Superiora dopo la sentenza, si vede chiaramente che si prepara il braccio sinistro per iniettarsi l’eroina, ma dall’inquadratura ravvicinata della siringa sembra che sia il braccio destro.

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Another Earth (2010): trama senza spoiler e recensione del film

MEDICINA ONLINE ANOTHER EARTH FILM MOVIE CINEMA WALLPAPER PLANET SCIFI SKY PHOTO PICD PICTURE HD HI RESOLUTION TRAMA RECENSIONE 2010 Mike Cahill William Mapother Brit Marling DEAD  CARS SON NUDE BEST SCENE.jpgUn film di Mike Cahill, con William Mapother, Brit Marling, Jordan Baker, Flint Beverage, Robin Taylor. Drammatico, durata 92 min. USA 2010 – 20th Century Fox – Uscita italiana venerdì 18 maggio 2012.

Trama senza spoiler

Un’altra Terra, chiamata semplicemente Earth 2, viene avvistata nel nostro stesso sistema, copia perfetta del nostro mondo e abitata da persone che sono la replica dei terrestri. La stessa notte dell’avvistamento, la brillante e promettente studentessa Rhoda, un’aspirante cosmonauta interpretata dalla stessa Brit Marling (una vera rivelazione), distratta dal nuovo pianeta e probabilmente dall’avere bevuto qualche bicchiere di troppo, va a scontrarsi con la propria auto contro la macchina su cui viaggiano il musicista John Burroughs (William Mapother, uno degli altri della serie televisiva “Lost”) e la sua famiglia. Il bilancio dell’incidente è tragico: Burroughs finisce in coma, la moglie (incinta) e il figlioletto muoiono.
Per la protagonista si aprono le porte del carcere, dal quale esce quattro anni dopo profondamente segnata dai sensi di colpa. Niente più stimoli, niente più ambizioni, Rhoda si lascia vivere e trascorre le sue giornate svolgendo un modesto lavoro di addetta alle pulizie in una scuola (incontrando per caso un ragazzo con cui aveva flirtato la notte della tragedia, si vede costretta in maniera alquanto imbarazzante a specificare che nell’istituto dove lavora non fa l’insegnante). Due sole cose la scuotono dal grigiore della sua nuova quotidianità: la partecipazione a un concorso che mette in palio un viaggio sull’altra terra e la notizia che l’uomo al quale ha rovinato la vita ha ripreso conoscenza. Decisa a parlargli, Rhoda si presenta a casa sua senza però trovare il coraggio di dirgli la verità. Si offre invece di pulirgli la casa, come dimostrazione a titolo gratuito. Inizialmente diffidente, l’uomo accetta l’offerta e per Rhoda andare a pulire l’abitazione (in un raffinatissimo stile dagli echi shabby chic) diventa un appuntamento settimanale.

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Recensione

Dopo il pianeta Melancholia firmato Lars von Trier, un nuovo evento planetario dalle influenze drammatiche è destinato a imporsi nella mia cineteca personale. Another Earth è una pellicola indipendente diretta dall’esordiente Mike Cahill e accolta con grandi lodi al Sundance Film Festival (dove ha vinto il premio speciale della Giuria e il premio Sloan). Laddove ormai le pellicole action a tema fantascientifico sembrano vivere un periodo di stasi a livello di idee, il genere si contamina sempre di più con visioni intimiste e drammatiche appartenenti al cinema d’autore. Come per Melancholia quindi, e per il bellissimo Moon di Duncan Jones, ci troviamo dinanzi ad un’opera che usa il mezzo fantastico per raccontarci una storia interiore ricca di bruciante umanità. Sin dal Solaris originale, capolavoro firmato dal maestro Andreij Tarkovskij nel lontano 1969, la figura di un nuovo pianeta che improvvisamente compare nel cielo è ricca di una grande carica simbolica, non solamente per ciò che concerne il versante visivo, ma soprattutto per quello umano. In questo caso poi il racconto offre diversi spunti di riflessione, visto che il corpo celeste che appare improvvisamente nelle fasi iniziali di Another Earth, è nientemeno che una versione identica della nostra Terra. Il destino, come spesso accade più tragico di ogni pessimistica fantasia, vuole che sia proprio la comparsa di questo nuovo astro la causa di un terribile incidente nel quale rimane coinvolta Rhoda, brillante studentessa appena ammessa al MIT (Massachusetts Institute of Technology) che uccide un bimbo e sua madre incinta: la peggiore tragedia immaginabile.

Un incidente stradale

Altri film hanno preso piede da un incidente stradale. Ne troviamo uno nell’incipit di The Descent – Discesa nelle tenebre (Neil Marshall, 2005) o all’inizio di Ore 11:14 – Destino fatale (Greg Marcks, 2003), anche se quello più spettacolare resta quello di Final Destination 2 (David R. Ellis, 2003). Questi sono tutti film horror, però. Another Earth non lo è: è una storia d’amore e di introspezione. Di possibilità sfiorate con la punta delle dita e perse in una miriade di altre possibilità che si sdoppiano all’infinito e costituiscono varianti possibili/impossibili di realtà, come nella teoria dei quanti di Plank. E così, ecco moltiplicarsi atomi di vita, come granuli di energia indivisibili. Niente romance amara alla Sliding doors (Peter Howitt, 1998), ma una riflessione sul passato (che non cambia) e sulle ripercussioni, nell’universo, di ogni azione. Dopo aver trascorso alcuni anni in carcere, la giovane è costretta ad abbandonare, almeno apparentemente, i propri sogni, proprio come spesso succede nella vita vera, dove al protagonista va tutto sempre bene.

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Catarsi

Another Earth è un’opera emblematica, non di facile assimilazione, ma ricca di un silente fascino che pervade questa storia di espiazione e rimorsi narrata all’ombra di una nuova era per l’umanità intera. Una catarsi personale, raccontata con delicatezza e sobrietà, osservando da vicino gesti ed emozioni della protagonista, anima inquieta in cui ora l’unico sogno è quello di raggiungere la nuova Terra, nella quale la vita sembra seguire parallelamente la nostra in maniera speculare anche per quanto riguarda gli esseri umani (con dei veri e propri “doppi”), per poter iniziare nuovamente a vivere. Cahill è bravo a giocare sul filo dell’ambiguo, dei segreti, delle realtà difficili da affrontare e delle possibili vie di fuga, dove il reale collide con l’irreale, il dolore con la gioia, la vita con la morte. L’apice emotivo raggiunto nei minuti finali, pregni di un’intensa tensione emotiva, e lo splendido colpo di scena dell’epilogo, rendono Another Earth una pellicola misteriosa, sospesa proprio come la sua protagonista (una grande Brit Marling, che reciterà anche nel successivo film di Cahill, I Origins) tra due mondi simili ma distanti.

La vera arte

Mike Cahill, che il film lo ha diretto, montato, fotografato e scritto (in tandem con la brava protagonista, sua compagna di studi), si misura col genere fantascientifico, nella sua accezione più colta ed anche se questa piccola produzione non può certo vantare i budget che di solito caratterizzano i prodotti di questo genere, è ammirevole il risultato che il regista raggiunge coi suoi pochi mezzi a disposizione, anzi, forze proprio grazie ai pochi mezzi: fatto questo che costringe i veri artisti a tirar fuori la vera arte, senza facili scappatoie di volti superpagati o effetti speciali strepitosi. Molto interessante la tavolozza cromatica utilizzata per raccontare la storia, studiata per meglio evocare il gelo nella vita di questa giovane donna che ama e sente disperatamente il bisogno di pulire… metafora fin troppo convenzionale, si dirà, ma funzionale al racconto. Altro punto a favore del film il commento musicale elettronico della band newyorkese Fall On Your Sword, che regala alla vicenda l’ideale tessuto sonoro. Un film che agli appassionati di fantascienza di alieni e di esplosioni nucleari, può probabilmente apparire lento. Io l’ho apprezzato molto e ve lo consiglio.

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I momenti passati insieme sono come finissimi diamanti

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MOMENTI INSIEME DIAMANTI COLD MOUNTAIN Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgW.P. Inman Balis: Prego perché tu stia bene. Prego di essere nei tuoi pensieri. Sei l’unica cosa che mi impedisce di scivolare in un abisso di oscurità.

Ada Monroe: E come è stato possibile? Insieme abbiamo avuto soltanto così pochi momenti…

W.P. Inman Balis: Sono tanti, i momenti. Sono come un sacchetto di finissimi diamanti. Non importa se sono veri o se me li sono immaginati. La curva del tuo collo, è una cosa vera? La sensazione di tenere le mie braccia quando ti ho stretta a me, è vera!

Ritorno a Cold Mountain (Cold Mountain), film del 2003 basato sull’omonimo romanzo di Charles Frazier, un film che ho amato e che amo ancora oggi.

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Le donne parlano tanto ma nei film sono gli uomini a dire più battute

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Ecografia Vascolare Articolare Reumatologo CUORE DI UNA DONNA OCEANO  TITANIC Medicina Estetica Luce Pulsata Depilazione Macchie Capillari Mappatura Nei Dietologo Roma  Radiofrequenza Cavitazione CelluliteNell’opinione comune le donne parlano tanto: effettivamente il gentil sesso è maggiormente portato, se vogliamo fare una generalizzazione, nel comunicare i propri pensieri ed i propri sentimenti rispetto al genere maschile.
Allora si rende necessario capire come mai in molti film buona fetta dei dialoghi venga affidata ai personaggi maschili. La tendenza risulta davvero diffusa: sorprenderà sapere come, anche in film dotati di protagonisti femminili, le attrici siano spesso quasi mute.

Su questo sito è possibile esplorare tale fenomeno. Il metodo usato per giungere a questo risultato ha richiesto impegno e lavoro: gli autori hanno analizzato circa 2.000 sceneggiature. Si sono prestati a quantificare le battute di ogni personaggio di rilievo: per essere conteggiato, l’attore doveva pronunciare almeno 100 parole. In questo modo è stato possibile attribuire i dialoghi a due categorie distinte secondo il genere.
La verità è che nei film le donne non parlano tanto: quasi tutti i dialoghi nelle pellicole analizzate è destinato ai maschi. Non bisogna pensare che siano stati presi in considerazione solo produzioni come Rambo o The Fight Club: lo studio si è articolato anche verso pellicole più “rosa”.

Analizziamo per esempio i cartoni animati Disney: non sorprende che in film come Toy Story o Il libro della giungla quasi il 100% delle battute sia pronunciato con voce maschile. Inizia ad essere preoccupante il fatto che sia così anche in film dedicati alle principesse Disney.
Nonostante ben due protagoniste donne, Frozen presenta soltanto il 57% di dialoghi destinati al gentil sesso. La situazione è ancora peggiore in altri casi: La Sirenetta, Mulan e Pocahontas si caratterizzano per un quasi totale predominio maschile.

Per consentire a tutti di trovare film in cui anche le donne parlino tanto, nel sito è possibile usare un motore di ricerca interno. Basta digitare il titolo di una pellicola precisa (in lingua inglese) e sarà possibile vedere se le quote rosa siano state rispettate.
Qualche esempio? Titanic vede una predominanza maschile del 63%, Alien (nonostante possa vantare una protagonista femminile) offre agli attori maschi il 79% di battute, mentre Matrix è “rosa” solo al 19%, nonostante la presenza di Trinity.

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Arancia meccanica (1971): Stanley Kubrick ed il suo lavoro maniacale

medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-morte-per-mancanza-di-sonno-riabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenza-ecografia-pulsatNel 1963 lo sceneggiatore Terry Sothern, durante la realizzazione de “Il Dottor Stranamore”, diede a Stanley Kubrick una copia del libro “Arancia Meccanica”, scritto da Anthony Burgess.

“Dovresti leggerlo Stanley, è straordinario” gli disse Sothern. Kubrick lo lesse ma non ci capì nulla…Il problema era la lingua, il Nadsat, la lingua che Burgess aveva inventato per il romanzo. Kubrick pensò: “Nessuno lo leggerà. Nessuno lo guarderà, nessuno lo capirà”. E così inizialmente rifiutò l’idea del progetto.

Ma Stanley era un innovatore, un “camaleonte” del cinema; ogni film affrontava un genere diverso, un periodo diverso, una storia diversa, un rischio diverso. Nel 1970, Stanley voleva superare se stesso; a Stanley non interessava la normalità, lo annoiava a morte.

Voleva realizzare “il più grande film sui giovani”. Fece scrivere a Burgess, l’autore del libro, la sceneggiatura per il film, ma la gettò poco dopo. Pensò che avrebbe potuto fare di meglio da solo.
Disse: “Ho il libro, non devo far altro che seguirlo”. Quindi invece di portarsi dietro una sceneggiatura, portava con se il libro.

“Arrivava sul set, apriva il libro e diceva: “Bene, pagina 27. Oggi facciamo questa. Come la facciamo?”
E poi si sedeva li con gli attori e i tecnici per trovare il modo in cui farla.” (John Baxter – autore della biografia del regista)

Quando Kubrick iniziò le riprese, decise di rimanere estremamente fedele al romanzo; decise di mantenere il Nadsat, quella strana lingua che secondo Stanley, almeno inizialmente, nessuno avrebbe nè accettato nè capito.

Stanley notò Malcolm McDowell nel film drammatico “Se”.
Aveva quell’aspetto fanciullesco e amabile nonostante una “natura cattiva” che per Kubrick era la chiave di tutto. Malcom riusciva ad essere uno squilibrato mentale in maniera stupefacente. L’altra e unica persona che fu presa in considerazione, anche se successe prima dell’arrivo di Kubrick, fu Mick Jagger.

Jagger avrebbe dovuto interpretare Alex e gli altri membri dei Rolling Stones sarebbero dovuti essere i restanti drughi. Ma Kubrick non ci stava; disse che se Malcolm McDowell non fosse stato disponibile, non avrebbe fatto il film.

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“Conobbi Stanley, perche aveva visto “Se”
Mi disse di averlo visto 5 volte e non so se fosse vero. Andai ad incontrarlo, insomma, facemmo una bella chiacchierata. Parlammo per 45 minuti o un’ora, del più e del meno.

Alla fine dissi: “Mi volevi per qualcosa in particolare?” e lui ripose: “beh, c’è un libro che sto pensando di adattare per il cinema.” ed io dissi: “oh, che libro?” e lui: “Beh, sai preferisco non dirlo.” io dissi: “oh capisco. beh, lo devo leggere o no?” e lui: “Hai mai letto “arancia meccanica?” Ed io: “no. Lui disse: “beh leggilo e chiamami”. Comunque, alla fine del nostro colloquio potei constatare quanto fosse paranoico. Voleva propormi una sceneggiatura dandomene solo la copertina! Dopo avergli giurato di mantenere il massimo riserbo sul progetto me la diede. Lessi Arancia Meccanica una volta. Non capii nulla. La lessi una seconda volta: era geniale e il personaggio di Alex un’occasione incredibile. Capii che se io avessi fatto la mia parte, lui avrebbe reso il film eccezionale. Così fu. (Malcolm Mcdowell).

Stanley dedicava molto tempo alle prove; spesso la troupe veniva convocata alle 6 del mattino e veniva congedata a mezzanotte.

“Non ho visto i miei figli per un sacco di tempo. Erano a letto quando uscivo e anche quando rientravo. Non c’era tregua. Non ci diceva mai: “stasera non si lavora”. Oppure: “Facciamoci una birra e parliamo del film”. (Bill Butler – Montatore)

Stanley voleva rendere il suo film il più realistico possibile; nella scena in cui Alex è sottoposto alla terapia dell’avversione, per mantenere gli occhi aperti dell’attore, decise di procurarsi le famose graffette di metallo.

Malcolm se ne stava seduto con la camicia di forza, con queste graffette che gli tenevano gli occhi spalancati. Dopo 30 Ciak, con gli occhi ancora bloccati dalle graffette, Malcolm fu preso dal panico; urlò e si arrabbiò e diede uno strattone con le braccia per cercar di liberarsi dalla camicia di forza, ma così facendo urtò contro una delle graffette. Si graffiò una cornea e si procurò un dolore infernale.

Nella scena in cui viene preso e brutalizzato dai suoi vecchi amici, la testa di Malcolm fu immersa in un abbeveratoio per maiali. Kubrick fece colorare l’acqua usando degli estratti di carne. Dopo 27 ciak in cui veniva inzuppato in questo schifoso brodo freddo, Malcolm esausto disse che il solo odore di quella roba, l’avrebbe disgustato per sempre.

La scena dell’aggressione nella villa dello scrittore Frank Alexander e di sua moglie, fu girata per 5/6 giorni di fila. Kubrick non era soddisfatto, credeva che la scena fosse piatta, statica e non funzionasse. Durante una conversazione con Malcolm Mc Dowell, chiese all’attore: “Conosci qualche canzone?” Malcolm rispose: “si,. Singin’ in the rain”. e Kubrick disse: “Ok aspetta un minuto”.

“Provammo questa sequenza per giorni ma non funzionava. Poi ad un tratto vidi Malcolm ballare e cantare “Singin’ in the rain” e allora dissi: Ma che facciamo? Che cos’è ? Un musical?.
In quel momento Stanley cominciò a filmare, io gli dissi: “Stanley dobbiamo chiedere il permesso, è una canzone famosa. E lui: “sali in macchina”.

Tornammo ad Abbot’s Mead e comprò i diritti di “Singin’ in the rain” per una cifra intorno ai 10.000 dollari per 30 secondi di scena. Comunque, comprò i diritti, tornammo sul set ed iniziammo le prove…fu la svolta.” (Bernard Williams produttore)

La musica di Beethoven e Rossini, non è una semplice colonna sonora a corredo di una storia, per sottolinearne magari alcuni toni e momenti. E’ uno strumento portante per definire e completare i contenuti, quanto mai legata e funzionale alle immagini, in totale simbiosi con esse.

Arancia Meccanica, come quasi tutti i film di Stanley Kubrick, ha segnato in maniera indelebile l’immaginario cinematografico. Sono molte le leggende intorno all’uscita di Arancia Meccanica. Quando uscì, fu largamente screditato e ritenuto estremamente sgradevole.

In Gran Bretagna nel 1974, Kubrick fu costretto a ritirare la pellicola per le continue minacce ricevute da chi lo accusava di aver creato una macchina che avrebbe solo alimentato la violenza. Chi acclama l’opera come un capolavoro si esalta di fronte al tentativo di Kubrick di difendere la libertà di scelta dell’uomo, anche di sbagliare.

Luis Buñuel ha detto di Arancia Meccanica che è “l’unico film in grado di spiegare davvero cosa sia il mondo moderno”. E a riguardarlo oggi, dopo quarantacinque anni, Arancia Meccanica sembra davvero il ritratto del nostro mondo.

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