Esoftalmo: cause, sintomi, diagnosi, terapie, decompressione orbitaria

medicina online esoftalmo cause sintomi terapie occhio sporgente immagini foto.jpgL’esoftalmo è una condizione in cui l’occhio (il bulbo oculare) diventa sporgente rispetto alla sua normale posizione (ossia “protrude”). L’esoftalmo si distingue dalla proptosi (quando il bulbo è spinto in avanti e in basso): quest’ultima condizione interessa in genere un solo occhio ed è causata generalmente da processi proliferativi all’interno dell’orbita (ad esempio, da tumori). L’esoftalmo si distingue inoltre dall’enoftalmo, condizione caratterizzata dallo spostamento del bulbo oculare verso l’interno, in profondità rispetto alla sua condizione normale.
Esiste, inoltre, uno “pseudoesoftalmo” caratterizzato da una protrusione del bulbo, causato dall’aumento della lunghezza del bulbo stesso; per esempio nella miopia elevata, nel glaucoma congenito con buftalmo (occhio grande sporgente) oppure dopo numerosi interventi di indebolimento dei muscoli dell’occhio, sempre finalizzati alla correzione dello strabismo.

Fisiopatologia

L’occhio è situato nell’orbita, formata da pareti ossee che – se integre – non sono in grado di deformarsi; ogni aumento di volume del contenuto orbitario e, quindi, anche del bulbo oculare stesso, fa sì che si abbia uno spostamento del suo contenuto in avanti.
La normale posizione dell’occhio è data dalla sua grandezza, dal volume dell’orbita, dai muscoli extra-oculari e dal grasso retro-orbitario. Le variazioni di questi parametri determinano l’esoftalmo quando si ha una protrusione in avanti, mentre si ha l’enoftalmo quando si ha una retrazione del bulbo oculare.

Leggi anche: Come funziona la vista e dove si formano le immagini che l’occhio vede?

Cause e fattori di rischio

Tra le cause che possono creare esoftalmo riconosciamo tutte le alterazioni che creano un aumento di volume del contenuto orbitario. Si possono classificare in: cause tumorali (crescita di una massa nella cavità orbitaria); infiammatorie (l’edema dato dall’infiammazione aumenta il volume dei tessuti), l’infiammazione può essere dovuta a cause fisiche, infettive o traumatiche; alterazioni vascolari come la fistola carotido-cavernosa.
Tale alterazione è caratterizzata da un’anomala comunicazione tra la carotide interna (arteria che dal collo si porta all’interno del cranio) e il seno cavernoso (canale venoso che passa attraverso una della ossa craniche); la caratteristica di questo esoftalmo (come pure di quello legato ad un aneurisma del seno cavernoso) è la pulsatilità. La spinta sistolica (quando il cuore si contrae e pompa il sangue) fa sì che il maggior volume di sangue arrivi al seno cavernoso e tale aumento di volume si riflette sulla posizione dell’occhio, che seguirà ritmicamente le pulsazioni del cuore aumentando durante la fase sistolica e diminuendo durante la diastolica (quando il cuore si rilassa). Lo “pseudotumor orbitario” (infiltrazione e proliferazione di cellule non neoplastiche) può causare l’insorgenza di un esoftalmo nell’arco di 2-3 settimane. Tra le cause più frequenti che possono determinare l’esoftalmo c’è il morbo di Basedow la cui causa è l’ipertiroidismo. Si ha un aumento del volume dei muscoli dell’occhio a causa dell’edema e del grasso retro-bitario, che genera un esoftalmo (in genere bilaterale) oltre ad altri segni caratteristici della patologia, come l’alterata cinesi palpebrale al movimento degli occhi.

Sintomi e segni

L’esoftalmo è esso stesso un segno, anche se spesso – se molto lieve – è praticamente impossibile da vedere all’esame obiettivo ed è quasi sempre asintomatico, cioè il paziente non ha alcun sintomo. Se la protrusione diventa più importante, si possono determinare dei sintomi correlati soprattutto al fatto che sono disallineati i due assi visivi, il che dà origine alla diplopia. Per approfondire, leggi: Diplopia (visione doppia) improvvisa: cause, stress, test, cura, guarigione

La dislocazione dell’occhio può essere tale da far sì che le palpebre non abbiano la lunghezza sufficiente a coprire l’occhio, soprattutto nella parte centrale, determinando una cheratite da esposizione; questo comporta seri danni corneali e congiuntivali, fino a pericolose ulcerazioni che possono compromettere la funzione visiva e provocare forti dolori al paziente.

Leggi anche: Ptosi palpebrale congenita, monolaterale, improvvisa, cura ed intervento

Diagnosi

Si esegue tramite oftalmometro, che consente di valutare il grado di sporgenza dell’occhio rispetto allo zigomo. La tomografia computerizzata e la risonanza magnetica consentono di diagnosticare con maggior certezza la presenza dell’esoftalmo e sono indispensabili per la valutazione delle alterazioni anatomiche che lo causano. Qualora non vi siano masse (tumorali, vascolari, ecc.), la causa deve essere ricercata – il più delle volte – in uno scompenso tiroideo (sono pertanto necessari test della funzionalità della tiroide). Infine, di fondamentale importanza è l’ecografia oculare, che consente la valutazione dello stato dei muscoli extraoculari e degli altri tessuti molli orbitari.

Terapie

La terapia mira ad eliminare l’alterazione che ha causato l’esoftalmo. Fondamentale è la cura e la preservazione di un adeguata copertura della superficie oculare per evitare che la cornea rimanga scoperta dalle palpebre; ciò si attua con sostituti lacrimali (lacrime artificiali) molto densi che possano permanere sulla cornea e, nel caso di disepitelizzazione o cheratite da esposizione, iniziare prontamente una terapia antibiotica per evitare complicazioni infettive.
Fondamentale è controllare la funzionalità del nervo ottico, che potrebbe subire delle compressioni da parte della massa infraorbitaria.
Qualora l’esoftalmo dovesse rimanere anche dopo la risoluzione della patologia che lo ha generato si può prendere in considerazione l’intervento definito di “decompressione orbitaria”: consiste nell’aumentare il volume dell’orbita andando a ridurre il volume della parete mediale e di quella inferiore (che formano la scatola orbitaria); tale aumento è relativo al numero di pareti che vengono interessate dal trattamento chirurgico.

Quando serve la decompressione orbitaria

Soprattutto in caso di patologia tiroidea e, in generale, si deve effettuare l’intervento chirurgico quando si ha una otticopatia rapidamente progressiva, cioè quando la compressione orbitaria crea dei danni al nervo ottico che possono causare la perdita irreversibile della funzionalità visiva.

Leggi anche: Differenza tra miopia, astigmatismo, ipermetropia e presbiopia

Che fare?

L’esoftalmo può essere causato da molteplici fattori il cui approccio è spesso plurispecialistico, così come lo è il suo trattamento. Appena si avverte un cambiamento della posizione degli occhi o di esoftalmo o di enoftalmo bisogna subito ricorrere all’oculista, che dovrà approfondire la diagnosi con altri specialisti per determinarne la causa e possibilmente rimuoverla.

Come viene valutato?

L’entità della sporgenza dell’occhio viene misurata in millimetri con un apposito strumento (chiamato “esoftalmometro di Hertel”). Lo strumento viene poggiato sui bordi orbitari esterni e, in questo modo, viene fatta collimare sul piccolo specchio l’immagine degli apici corneali contro una scala millimetrata.
L’esame oftalmologico prevede, inoltre, l’osservazione del malato, che deve essere posto sullo stesso piano dell’osservatore (oculista) per valutare la direzione dell’esoftalmo, la sua unilateralità o bilateralità, la presenza di segni di accompagnamento tipo lo strabismo, la ptosi (abbassamento della palpebra), aspetti anomali delle palpebre (tipo cicatrici, edema) o della congiuntiva (iperemia, dilatazione abnorme dei vasi).
Inoltre, è importante, esaminare, con la palpazione, il bordo orbitario per individuare eventuali masse che spingono il bulbo ed, eventualmente il carattere pulsante della massa. Ovviamente non si può prescindere da un esame oftalmologico che comprende la misurazione dell’acuità visiva, l’esame del segmento anteriore dell’occhio (per valutare una eventuale sofferenza corneale), l’esame del fondo oculare e la valutazione della motilità oculare.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Distacco posteriore di vitreo: quali sono le cause

MEDICINA ONLINE OCCHIO EYE EYES ANATOMY RETINA FOVEA CORPO VITREO CORNEA VISTA VISION SCLERA COROIDE MACULA CRISTALLINO LIMBUS NEO MELANOMA NEVO MIOPIA DALTONISMO PRESBIOPIA STRABISMO OCNel determinare il distacco posteriori di vitreo, sono in causa molteplici fattori quali:

  • la disidratazione;
  • la miopia;
  • i traumi;
  • la chirurgia della cataratta;
  • le uveiti (vitreiti, retiniti)
  • le infiammazioni intraoculari;
  • il precario equilibrio idro-elettrolitico di chi beve poco e suda molto nei climi caldi;
  • i farmaci diuretici usati nella terapia dell’ipertensione;
  • l’eccesso di colesterolo circolante.

Ma è soprattutto l’età a provocare una progressiva fluidificazione del gel, che collassa al centro formando lacune di liquefazione, sacche all’interno delle quali si addensano aggregati di fibre più o meno isolate, ammassate in filamenti e liberamente fluttuanti, mentre le porzioni periferiche tendono a scollarsi dalle fisiologiche aderenze con la retina: è il distacco posteriore di vitreo. Presente nel 6% della popolazione tra i 45 e 65 anni, tale percentuale aumenta sino al 50-70% oltre i 65 anni e nei miopi di una certa entità. Per tali ragioni, le miodesopsie possono associarsi alla percezione di lampi di luce, anche al buio e ad occhi chiusi (fosfeni o fotopsie), che rappresentano la risposta della retina alle trazioni. In un caso su sette, a tale sintomatologia corrispondono complicazioni come emorragie e rotture della retina, che richiedono un trattamento tempestivo (laser o chirurgico) onde evitare il distacco della retina e il conseguente rischio di perdita irreversibile della vista.

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Nei bambini non usare gli occhiali porta ad un aggravamento della miopia?

MEDICINA ONLINE HIKIKOMORI DIPENDENZA INTERNET GIOVANI BAMBINI PC COMPUTER INTERNET WEB MASTURBAZIONE COMPULSIVALa risposta è NO. La miopia (assile cioè secondaria all’aumento del diametro dell’occhio che è poi quella che si verifica durante l’accrescimento), è legata allo squilibrio tra potere rifrattivo dell’occhio e la sua lunghezza antero-posteriore. Nell’adolescenza si può verificare un aumento del diametro antero-posteriore dell’occhio, che “cresce” come crescono altri organi durante lo sviluppo. E’inevitabile quindi che l’aumento di lunghezza dell’occhio si traduca in un aumento della miopia (anche se oggi è in fase sperimentale di studio, un “gel” che potrebbe essere realmente efficace nel ridurre la miopia). Gli sforzi compiuti dal bambino relativi al tentativo di compensare la sfocatura indotta da una lieve miopia (socchiudere gli occhi, cercare di mettere a fuoco), comportano un affaticamento visivo non giustificato dal non uso dell’occhiale. A questa età è bene correggere totalmente la miopia, senza ipercorregerla, fare controlli ravvicinati (ogni 4-6 mesi) dall’oculista. Infine bisogna considerare che durante l’accrescimento vi è un aumentato fabbisogno di vitamine (soprattutto A ed E) e quindi dobbiamo far assumere, possibilmente con la dieta, i giusti dosaggi, ai nostri figli. (Il beta-carotene è particolarmente importante, in natura si trova negli spinaci, nelle carote ed in alcuni tipi di frutta, ma la sua assunzione non deve essere superiore ai 7 milligrammi al giorno. Anche la vitamina C, non più di 1.000 milligrammi al giorno e circa 300 UI di vit. E). Eventualmente è consigliabile ove la dieta non sia adeguata, assumere integratori che contengano betacarotene, antacianosidi, flavonoidi, estratti di mirtillo.

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Nictalopia (cecità notturna): cause, sintomi e terapie

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Roma Cavitazione Pressoterapia  Massaggio Linfodrenante Dietologo Cellulite Dieta Sessuologia PSA Endocrinologia Laser Filler Rughe Botulino Ialuronico Nasa AGRICOLTORI LUNADal punto di vista medico con l’espressione “cecità notturna”, definita tecnicamente “nictalopia”, s’intende un deficit visivo che si manifesta negli ambienti poco illuminati, mentre la visione è normale durante il giorno.

QUALI SONO LE CAUSE?

La retina perde la propria sensibilità a causa di un malfunzionamento dei bastoncelli (fotorecettori della retina specializzati nella trasformazione della luce crepuscolare in segnali elettrici che vengono inviati al cervello) che implica, appunto, un ritardo nell’adattamento agli stimoli luminosi esterni. Generalmente le cause possono essere o di origine genetica oppure derivare da un insufficiente apporto di vitamina A.

QUALI SONO LE CAUSE GENETICHE?

Le cause genetiche che inducono disturbi della visione negli ambienti poco illuminati e, in particolare, nelle ore notturne consistono in una serie di mutazioni genetiche che provocano alterazioni dei fotorecettori e di altre cellule retiniche. Queste forme di cecità sono tipiche manifestazioni della retinite pigmentosa, con cui si indica un gruppo di malattie ereditarie della retina che provocano una perdita progressiva della vista.

QUALI SONO ALTRE POSSIBILI CAUSE?

Nelle persone anziane si può talvolta instaurare una diminuzione parafisiologica di rodopsina, il pigmento contenuto nei bastoncelli, con conseguente cecità notturna (accompagnata da altri disturbi visivi causati in genere da una riduzione del flusso ematico oculare). Inoltre, la cecità notturna si può rilevare in presenza di cataratta, glaucoma (come effetto collaterale di farmaci ipotonizzanti) e miopia.

COS’È LA MIOPIA NOTTURNA?

Non ha niente a che fare con la cecità notturna in senso stretto. La cosiddetta miopia notturna si verifica quando c’è maggiore difficoltà nella visione in situazioni di bassa illuminazione, anche se la visione diurna è normale. Il punto di messa a fuoco dell’occhio varia con il livello di luce: la miopia notturna è causata dalla dilatazione delle pupille, che aggiunge aberrazione sferica e perdita della profondità di campo. I giovani hanno più probabilità di esserne colpiti.

LA CECITÀ NOTTURNA È CURABILE?

Attualmente non esistono terapie, ma ovviamente per il futuro si punta soprattutto alla terapia genica (si “riparano” i geni difettosi sostituendo alcune sequenze del DNA, generalmente sfruttando un virus vettore preventivamente svuotato del suo materiale genetico originario).

SI PUÒ PREVENIRE?

Talvolta si può prevenire, ma nella maggioranza dei casi si può rallentare la riduzione della vista notturna. Per quanto riguarda le patologie comunque è importante effettuare screening genetici, dal momento che sono stati identificati molti geni responsabili. Nelle degenerazioni retiniche che colpiscono per primi i bastoncelli, alcuni esperti raccomandano la somministrazione di basse dosi giornaliere di vitamina A-palmitato, precursore della rodopsina. Questa sostanza sembra avere un effetto protettivo sui coni (su cui si fonda la visione residua in questi pazienti), rallentandone la degenerazione.

CECITA’ STAZIONARIA CONGENITA NOTTURNA: COS’È?

Col nome di cecità stazionaria congenita notturna si indicano una serie di malattie ereditarie molto rare che causano disturbi della visione al buio.

QUALE ORIGINE HANNO?

Queste malattie sono causate da una serie di mutazioni genetiche, che causano differenti alterazioni dei fotorecettori e di altre cellule della retina. Queste mutazioni possono essere trasmesse seguendo differenti modalità (tecnicamente dette autosomica dominante, autosomica recessiva, X-linked); comportano come conseguenza la difficoltà nella visione negli ambienti poco illuminati e nelle ore notturne.

QUALI SONO I SUOI SINTOMI?

Nelle forme più blande non si verifica alcuna riduzione della vista in condizione di normale luminosità, ma soltanto una difficoltà di visione negli ambienti con scarsa luminosità. In genere queste malattie si manifestano lungo l’arco della vita senza peggioramenti.

COME SI EFFETTUA LA DIAGNOSI?

Gli esami più importanti per la diagnosi sono: l’adattometria al buio e l’elettroretinogramma (ERG), che consentono di verificare se vi sia una risposta alterata dei fotorecettori al buio. L’esame del fondo oculare può essere normale, ma in alcune forme (fundus albipunctatus, malattia di Oguchi) sono presenti delle alterazioni della retina caratteristiche.

CI SONO ALTRE MALATTIE ASSOCIATE?

No, non sono stati descritti casi di altre malattie o sindromi che si possono associare alla cecità stazionaria congenita notturna.

CHE TERAPIE SONO DISPONIBILI?

Al momento non ci sono terapie per questo gruppo di malattie. Fortunatamente la progressione è molto rara e, quindi, non si verificano peggioramenti della vista ad esse associati.

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Cosa significa “diottria”? Che significa avere 10/10 di vista?

MEDICINA ONLINE OCCHIO OCCHI COLORE ETEROCROMIA OCCHI CON COLORE DIVERSO DIVERSITA CIGLIA PELI AZZURRI CASTANI CHIARI SCURI BIOTIPO FOTOTIPO SOLE PELLE SGUARDO VISTA VISIONE CIECOChe cos’è la diottria?

La diottria è la unità di misura con cui é possibile stabilire il potere di refrazione di una lente. Questa unità è usata anche per misurare i difetti di refrazione dell’occhio: miopia, ipermetropia e astigmatismo.
In questo caso, le diottrie rappresentano la quantità di correzione che il paziente, affetto da uno o da vari difetti visivi, ha bisogno nelle lenti degli occhiali per normalizzare la vista.
Le lenti per correggere la miopia sono concave e hanno un potere negativo (il suo valore è espresso con il simbolo -), mentre le lenti per correggere l’ipermetropia sono convesse e hanno un potere positivo (il suo valore è espresso dal simbolo +). Per questo motivo, gli occhiali da vista hanno tre valori che li identificano:

  • Primo valore: identifica il grado di miopia o l’ipermetropia sofferto dal paziente. Se appare il segno negativo ( – ) , il paziente è miope, mentre se appare il segno più (+) il paziente soffre di ipermetropia.
  • Secondo valore: indica il grado di astigmatismo sofferto dal paziente. Il segno può essere negativo ( – ) o positivo ( + ), nel primo caso parleremo di astigmatismo miopico (astigmatismo + miopia) e nel secondo caso, invece, di astigmatismo-ipermetropico (ipermetropia + astigmatismo).
  • Terzo valore: indica l’asse di orientamento dell’astigmatismo.

Cosa vuol dire vedere 10/10?

Come per convenzione, le distanze vengono calcolate in metri, così in oculistica la misurazione della vista (detta anche valutazione del visus o acuità visiva) viene espressa in decimi. Un soggetto ha una vista per convenzione “normale” quando la sua visione naturale (cioè senza lenti correttive anteposte all’occhio) è almeno di 10/10 “dieci decimi” .
I decimi (numeri o lettere) di riferimento sul tabellone (ottotipo) che l’oculista ci fa leggere sono infatti sempre ridotti di dimensioni sino a raggiungere il valore “standard” dei più piccoli, che se letti corrispondono appunto ai dieci decimi.
Quindi avere una vista di dieci decimi, significa vedere tutte e dieci le righe del tabellone, 2/10 leggere solo le prime due, 3/10 leggere le prime 3 righe e così via indipendentemente dalla correzione apportata dalle lenti che l’oculista posizione davanti all’occhio (se non vi sono lenti posizionat e davanti all’occhio si parla di visus o acuità visiva naturale, altrimenti visus o acuità visiva corretta).
Un soggetto che vede dieci decimi naturali viene detto “emmetrope”, mentre un soggetto con una lieve miopia, ipermetropia, o astigmatismo (che viene detto ”ametrope”) .
Ci sono persone che riescono a vedere più dei “canonici” 10/10, anche i 12/10, i 14/10 e oltre. Non hanno delle capacità superiori; questi rari soggetti hanno un costruzione anatomica particolarmente precisa della tra le componenti ottiche dei loro occhi (cornea, cristallino e lunghezza dell’occhio) che gli consentono di raggiungere un elevata acuità visiva. L’acuità visiva, misurata con l’ottotipo di SNELLEN (dall’oculista olandese Hermann Snellen che nel 1862 propose per primo questo test per misurare la capacità visiva di un soggetto), in Italia, come detto, viene riferita in decimi perché normalmente la distanza che separa l’ottotipo dall’occhio del paziente è di 5 metri (più raramente 3 metri), perciò, sempre per convenzione, chi ha 10/10 è in grado di distinguere una lettera alta solo 7,3 mm alla distanza di 5 metri (discrimina insomma una lettera che sottende ad un angolo visivo di 5′ di arco dall’occhio). Negli Stati Uniti la lunghezza standard della distanza tra l’occhio del paziente e l’ottotipo è espressa in “piedi” e precisamente “20 feet” ossia (1 foot, plurale feet, = m. 0,3048, cioè 6,096 m), pertanto negli USA una visione normale viene comunemente definita “20/20” anziché “10/10”. In Gran Bretagna, dove è stato introdotto il sistema metrico al posto dei “20/20 feet” americani, l’esame dell’acuità visiva viene tipicamente eseguito a 6 metri dall’ottotipo (ossia 19,685 feet, cioè molto vicino ai 20 feet) e la visione normale è considerata in questo caso “6/6”. Sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna la prima lettera dell’ottotipo corrisponde però a 8,866 mm sempre con un angolo di 5′ d’arco.

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Differenza tra glaucoma angolo aperto e chiuso

MEDICINA ONLINE DIFFERENZA GLAUCOMA  APERTO CHIUSO PRESSIONE OCCHIO LIQUIDO UMORE ACQUEO CRISTALLINO.jpgIl glaucoma è una malattia oculare dovuta generalmente a un aumento della pressione interna oculare. Da cosa viene causato questo aumento? In condizioni normali all’interno dell’occhio è presente un liquido (umore acqueo) che viene continuamente prodotto e riassorbito. Pertanto, l’occhio si può paragonare a un piccolo serbatoio con un rubinetto e uno scarico sempre aperti. Se il “tubo di scarico” è ostruito si avrà un aumento di pressione all’interno del serbatoio ovvero una maggiore pressione intraoculare. Analogamente a quello che avviene con uno pneumatico, se la pressione è troppo elevata a lungo andare il bulbo oculare si danneggia a livello della testa del nervo ottico (che si trova nella zona centrale della retina). I fattori che predispongono al glaucoma sono, tra l’altro, la riduzione della profondità della camera anteriore (ridotto spazio compreso tra cornea e iride), che si può avere nel caso di ipermetropia elevata, ma anche la cataratta totale (detta “matura intumescente”: il cristallino perde completamente la sua trasparenza ed elasticità fino a sembrare un piccolo sasso bianco).
Il glaucoma può essere di due tipi:

1) Glaucoma ad angolo aperto (o cronico)
Il glaucoma ad angolo aperto è la forma più frequente di glaucoma (circa l’80% dei casi). Si verifica in seguito a un ostacolo che incontra l’umor acqueo nel defluire, in particolare attraverso il trabecolato sclerocorneale, una minigrondaia circolare che si trova sopra l’iride o, più precisamente, nell’angolo irido-corneale. Si sviluppa lentamente e in genere non dà sintomi, per cui ci si può rendere conto di essere malati solo quando il danno al nervo ottico è già giunto a uno stadio avanzato; dunque è opportuno sottoporsi a check-up oculistici periodici per diagnosticarlo precocemente.

2) Glaucoma ad angolo chiuso (o acuto)
Nel glaucoma ad angolo chiuso l’iride può chiudere improvvisamente lo “scarico” (occlusione dell’angolo irido-corneale), causando un rapido aumento della pressione intraoculare nel caso della forma detta ad “angolo stretto” (che colpisce circa il 10% dei glaucomatosi, nel 70% dei casi di sesso femminile). Il glaucoma ad angolo chiuso è capace di determinare rapidamente:

  • offuscamento della vista;
  • comparsa di aloni anomali attorno alle luci;
  • dolore oculare violento;
  • nausea;
  • vomito;
  • malessere generale.

Quest’improvviso incremento pressorio, chiamato attacco acuto di glaucoma, è molto grave: se non curato tempestivamente può portare a cecità in breve tempo.

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Glaucoma congenito e secondario
Il glaucoma può inoltre essere congenito (o primario) o secondario:

  • Glaucoma congenito: in questa forma della patologia oculare il sistema di drenaggio è “cattivo” sin dalla nascita. Per questo motivo si verifica un aumento di pressione intraoculare. Il bambino presenta fastidio alla luce (fotofobia) e lacrimazione eccessiva. L’aumento pressorio può causare un aumento delle dimensioni dell’occhio (nei piccoli le pareti oculari sono meno resistenti) e la cornea può divenire opaca. Ogni sintomo sospetto deve indurre i genitori ad andare dall’oculista per effettuare una visita di controllo. Questo tipo di glaucoma è però raro: colpisce un neonato ogni diecimila.
  • Glaucoma secondario: in questa forma delle patologia l’ostacolo al deflusso è un effetto secondario di alcune malattie (fra cui il diabete e le trombosi retiniche), dell’uso di alcuni farmaci, passando per emorragie, tumori e stati infiammatori.

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Neurite ottica: sintomi, cause e terapie

MEDICINA ONLINE VISTA OCCHIO CHIASMA OTTICO CERVELLO CONI BASTONCELLI MACULA RETINA FOVEA CAMPO CORTECCIA CEREBRALE VISIVO IMPULSO COLORI LUCELa neurite ottica è una patologia del nervo ottico che comprende quadri clinici simili a livello di segni e sintomi, ma molto diversi come eziologia. Non sempre, infatti, le cause di questa malattia oculare sono di natura infiammatoria, ma anche demielinizzante, degenerativa o tossica. Nei pazienti ultracinquantenni si presenta spesso come neuropatia ottica ischemica, nella forma arteritica o non arteritica: queste due forme si differenziano tra loro principalmente per i valori della VES che, nel primo caso, risultano molto più elevati. Sia la forma arteritica che quella non arteritica sono caratterizzate da una perdita della visione repentina e, purtroppo, spesso molto invalidante. Inoltre, nella forma arteritica spesso possono coesistere sintomi come mal di testa, fastidio o dolore del cuoio capelluto, dolore alla masticazione o alle articolazioni, assieme a segni come la palpabilità dell’arteria temporale.

SINTOMI

Perdita rapida funzioni visive. Tale perdita può essere di lieve o, più spesso, di grave entità. I colori appaiono sbiaditi dall’occhio coinvolto. Sono usuali dolori oculari nella forma retrobulbare, soprattutto nei movimenti di sguardo. Si riscontrano alterazioni, di solito specifiche e che aiutano nella diagnosi, del campo visivo.

CAUSE

La causa della neuropatia ottica ischemica è fondamentalmente di natura vascolare. La sclerosi multipla è, invece, una delle principali cause di neurite ottica retrobulbare; spesso è uno dei primi segni evidenti della malattia, che si manifesta con dolore al movimento degli occhi e alterazioni del campo visivo. La neurite ottica può essere causata anche da alcune malattie infettive acute (per esempio dal morbillo come complicanza rara [1]).

QUALI SONO I SEGNI?

Ad una stimolazione fatta con una luce si riscontra un rallentato riflesso della pupilla (difetto pupillare relativo afferente); gli esami del campo visivo – sia manuale che computerizzato – confermeranno la presenza di aree di non percezione visiva (scotomi). L’esame PEV (potenziali evocati visivi) mostrerà alterazioni nella trasmissione del segnale lungo il nervo ottico.

COME SI FA LA DIAGNOSI?

All’esame del fondo oculare il medico oculista può riscontrare la testa del nervo ottico (papilla) rigonfia associata ad emorragie circostanti; ma la papilla può essere normale nel caso in cui si tratti di una neurite ottica retrobulbare. Necessario per la diagnosi è, comunque, l’esame del campo visivo. Per le neuriti ottiche sono utili indagini diagnostiche quali la fluorangiografia e i potenziali evocati visivi (PEV). È importante comunque sottolineare ancora una volta che la neurite ottica può essere un sintomo iniziale di diverse condizioni patologiche. Pertanto un esame clinico-medico completo può aiutare ad escludere eventuali malattie correlate.
Gli esami ematochimici consentono di ricercare la presenza di parametri infiammatori, come la VES o la proteina C reattiva. Una velocità di eritrosedimentazione (VES) elevata può aiutare a determinare se la neurite ottica è causata dall’infiammazione delle arterie craniche (arterite temporale); inoltre, le analisi del sangue consentono di riscontrare la presenza di anticorpi anti-mielina (per indagare su malattie autoimmuni) e segni di eventuali infezioni virali e batteriche. Chi avesse avuto un primo episodio di neurite ottica in genere verrà sottoposto a una risonanza magnetica per cercare eventuali lesioni a carico del sistema nervoso centrale. Questo test di imaging consente, infatti, di determinare se la mielina sia stata danneggiata e può aiutare ad eseguire un’eventuale diagnosi di sclerosi multipla (soprattutto nelle giovani donne, purtroppo più predisposte alla patologia), dimostrando la presenza di anomalie caratteristiche di questa patologia.

QUAL È LA TERAPIA?

Nella neuropatia ottica ischemica arteritica e in quella retrobulbare si impiegano steroidi per via sistemica, inizialmente per via endovenosa. Rimane fondamentale una diagnosi precoce perché il trattamento andrebbe effettuato il prima possibile per cercare di limitare i danni. Basti pensare anche che, nella forma arteritica, caratterizzata spesso da un recupero visivo scarso, una terapia adeguata riduce fortemente il rischio anche di un episodio analogo nell’occhio sano.

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Differenza tra maculopatia e glaucoma

MEDICINA ONLINE OCCHIO EYE MIOPIA ASTIGMATISMO IPERMETROPIA PRESBIOPIA VISTA VEDERE DIOTTRIA CONI BASTONCELLI CERVELLO SENSOLa maculopatia, o degenerazione maculare, è un termine che racchiude diverse patologie degenerative che danneggiano progressivamente la macula, cioè la zona più ricca di fotorecettori che si trova al centro della retina e che permette di distinguere i dettagli più fini delle immagini. Le parti più esterne della retina ci permettono invece di vedere tutto ciò che si trova intorno al punto che stiamo fissando. Per questo motivo, anche nei casi più gravi, la degenerazione maculare non provoca cecità totale perché la visione periferica e laterale viene conservata. La maculopatia può essere principalmente di due tipi: “secco” od “umido”.

Il glaucoma è una malattia degenerativa e progressiva che colpisce il nervo ottico, deputato alla trasmissione delle immagini dall’occhio al cervello. Il glaucoma può essere acquisito o congenito ed in generale è associato ad una pressione oculare elevata. Il glaucoma viene suddiviso in glaucoma ad angolo chiuso e ad angolo aperto, glaucoma a pressione normale, glaucoma pigmentario. Tutte queste forme hanno come denominatore comune il progressivo danno al nervo ottico. Per approfondire:

Sintomi diversi
La maculopatia non causa dolore. I sintomi iniziali consistono in annebbiamento e distorsione delle immagini nel centro del campo visivo, con zone periferiche conservate. Con il progredire della degenerazione maculare la perdita della visione centrale diventa completa, e può portare all’impossibilità di leggere e distinguere i piccoli dettagli nel punto in cui si fissa lo sguardo. Chi è affetto da patologia maculare accusa una perdita di visione al centro del campo visivo (scotoma positivo), da non confondere con la visione di una macchia nera nella zona centrale del campo visivo (scotoma negativo), come denunciato da pazienti colpiti da neurite ottica. Altro sintomo comune nelle maculopatie è la distorsione delle immagini (metamorfopsie). Ad esempio, le righe di congiunzione delle piastrelle non si vedono più diritte. Sintomi di minore frequenza sono le errate percezioni della dimensione degli oggetti osservati.
Il glaucoma determina un progressivo peggioramento del campo visivo, che, al contrario della maculopatia, avviene a partire dalle zone più periferiche fino alla parte centrale, a seconda dell’entità del danno che il nervo ottico ha subito. Gli scotomi (zone cieche) vengono notati solo quando diventano estesi ed il danno al nervo ottico è già considerevole. Per questo motivo è fondamentale scoprire il glaucoma in tempo.

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