Displasia broncopolmonare: età di insorgenza, sintomi, segni, fisiopatologia

MEDICINA ONLINE CIANOSI PIEDI NEONATO MANI LABBRA PELLE CUTE BLU BLUASTRALa displasia broncopolmonare (in inglese “bronchopulmonary dysplasia” da cui l’acronimo BPD; anche chiamata “chronic lung disease of infancy“) è una pneumopatia cronica che si verifica nei neonati che sono stati sottoposti a Continua a leggere

Displasia broncopolmonare: epidemiologia, cause, fattori di rischio

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Tachipnea transitoria del neonato (sindrome del polmone umido neonatale)

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Il parto cesareo senza travaglio è un fattore di rischio

La tachipnea transitoria del neonato (anche chiamata “tachipnea transitoria neonatale” o “sindrome del polmone umido neonatale“; in inglese “transient tachypnea of the newborn“) è un disturbo respiratorio del Continua a leggere

Trapianto utero: nato il primo bambino negli USA

MEDICINA ONLINE NEONATO BIMBO BAMBINO PANNOLINO INFERMIERA NEWBORN SCHIACCIA CADE MORTE TRAUMA CULLAE’ nato tramite parto cesareo in Texas il primo bimbo concepito negli Usa con fecondazione assistita su una donna sottoposta a trapianto di utero. Non è il primo nel mondo, nato in questo modo: il primo bebè al mondo figlio di una madre con utero trapiantato era venuto alla luce a Göteborg, in Svezia nel settembre 2014. Ora si aggiunge alla lista degli 8 interventi di questo tipo già riusciti nel mondo, anche quello americano, confermato da fonti ufficiali del Baylor University Medical Center di Dallas. Proprio in questa struttura la madre del piccolo si è sottoposta al trapianto di utero: la donna era nata infatti senza l’organo. L’American Society for Reproductive Medicine parla di “un’altra pietra miliare nella storia della medicina riproduttiva”.

“Facciamo trapianti di continuo, tutti i giorni – ha dichiarato il dott. Giuliano Testa, a capo della sperimentazione in corso al Baylor Center – Ma questa non è la stessa cosa: ciò che questo tipo di trapianto significa per queste donne è difficile da descrivere a parole“.

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Differenza placenta bassa e previa: rischi e cosa evitare

MEDICINA ONLINE PARTO GRAVIDANZA NATURALE CESAREO DIFFERENZE CHIRURGIA FOTO WALLPAPER PICTURE UTERO CHIRURGO OPERAZIONE RISCHI VANTAGGI VANTAGGI ALLATTAMENTO MADRE FIGLIO NEONATO MORTAìE MORTA LIQUIDONormalmente, la placenta si inserisce sul fondo o sulle pareti laterali dell’organo, a una distanza sufficiente dall’orifizio uterino. In una gravidanza su 200, però, capita che sia inserita in modo anomalo nella parte più bassa dell’utero, troppo vicina alla cervice o addirittura sopra di essa: si parla allora di placenta previa. In questi casi ostruisce parzialmente o totalmente l’”uscita” del canale del parto. Ma l’anomalia non deve spaventare perché viene diagnosticata in tempo e non pregiudica il buon andamento dell’attesa. Sono però necessarie alcune attenzioni in più e, nella maggior parte dei casi, la nascita avviene con un cesareo.

La placenta previa viene anche spesso chiamata “placenta bassa“: i due termini sono sinonimi, cioè indicano la stessa identica cosa.

Diverse le cause possibili

La placenta previa è un’anomala inserzione della placenta stessa nell’ambito della superficie interna dell’utero. Immaginiamo l’utero come un bottiglione a testa ingiù, in cui la parte più grossa è il corpo dell’utero, mentre il collo della bottiglia corrisponde alla cervice uterina. La placenta può normalmente insediarsi su tutta la superficie del “bottiglione” – su uno dei lati, nel fondo (che è posto nella parte alta) – ma in una gravidanza su tre può capitare che inizialmente vada a collocarsi sul collo, la zona che, con il trascorrere dei mesi, andrà soggetta a contrazioni per prepararsi al travaglio e dalla quale passerà il bambino al momento della nascita. La maggior parte delle volte, man mano che l’utero cresce, la placenta si sposta verso l’alto e tutto si risolve da sé; nello 0,5-1% di questi casi, invece, resta bassa sino alla fine della gestazione. In sintesi, la placenta previa si presenta quando, subito dopo il concepimento, l’embrione si annida nell’utero materno in un punto del suo segmento inferiore: un fatto, dunque, imprevedibile e inevitabile. Ci sono però alcuni fattori che aumentano le probabilità che l’evenienza si verifichi: l’età materna avanzata, il numero di gravidanze precedenti, un pregresso cesareo, la presenza di fibromi, l’aver sofferto di endometriti e persino il fumo di sigaretta. Chi ha già avuto il problema ha inoltre maggiori possibilità di svilupparlo nuovamente: il rischio di recidiva varia infatti dal 4 all’8 per cento.

Una diagnosi fatta col tempo

È però importante ricordare che nei primi periodi dell’attesa un’inserzione placentare bassa è piuttosto comune e può interessare fino al 30 per cento delle donne. Nella maggior parte dei casi, nelle settimane successive la placenta migra e nel terzo trimestre risulta inserita correttamente. Per questo, se l’ecografia del secondo trimestre evidenzia quest’anomalia, è bene non preoccuparsi eccessivamente. La patologia si determina solo quando la placenta rimane nella stessa posizione nonostante l’evolversi della gravidanza.

Si può quindi parlare di placenta previa solo dopo la 28esima-30esima settimana, mentre nel periodo precedente è più corretto parlare di inserzione placentare bassa. Se la gravidanza prosegue bene, non sono necessari controlli continui, a meno che si evidenzi un ritardo di crescita intrauterino: a volte, la placenta previa non funziona come quella normale. In questo caso, le ecografie devono avere una cadenza più ravvicinata. Se, invece, dovesse verificarsi una perdita ematica vaginale, la futura mamma dovrà rivolgersi immediatamente al 118 o recarsi in ospedale.

Sintomi caratteristici

Se nei primi mesi di gravidanza avere una placenta con dislocazione bassa non causa alcun sintomo, con il trascorrere delle settimane potrebbe provocare qualche sanguinamento, dovuto a piccoli scollamenti di placenta, che in genere non creano problemi al proseguimento dell’attesa, anche se è sempre necessario  consultare sempre il ginecologo quando si verificano perdite ematiche. Le complicanze insorgono nel terzo trimestre, quando la crescita dell’utero e le prime contrazioni possono determinare una rottura dei vasi sanguigni che tengono unita la placenta a questa zona dell’utero e provocare sanguinamenti anche abbondanti, sia che la placenta copra solo una parte della cervice sia che la occluda totalmente. Il tessuto del segmento uterino inferiore, infatti, a differenza del resto dell’utero, non è costituito da fibre muscolari (quindi elastiche), ma prevalentemente da fibre di tessuto connettivo, sclerotico e anelastico,  e non ha, quindi, la capacità di contrarsi per arrestare l’emorragia, come fisiologicamente dovrebbe succedere.  Si determina così un circolo vizioso, perché il maggior sanguinamento a sua volta stimola l’emissione nel sangue di una sostanza, detta protrombina, che provoca contrazioni e di conseguenza può far aumentare l’emorragia.

In breve, nel terzo trimestre e durante il travaglio, il segmento uterino inferiore si espande. Il tessuto della placenta, però, non è elastico e non può adattarsi alle modificazioni dell’utero. Questo fa sì che si verifichi un distacco (scollamento) dell’area d’inserzione della placenta e che quindi si presenti un’emorragia vaginale.

In questo caso il sangue è rosso vivo e la futura mamma non accusa dolore. Generalmente, il primo episodio di sanguinamento si presenta nel terzo trimestre di gravidanza, fra la 28esima e la 34esima settimana di gestazione, ovvero quando si verifica la distensione del segmento uterino inferiore. È invece piuttosto raro che ci siano perdite prima di questo periodo e, se ciò accade, solitamente è perché la placenta è previa centrale. L’entità della perdita ematica è variabile, ma la prima emorragia vaginale non comporta generalmente un rischio immediato per la donna e spesso si risolve spontaneamente. A volte, però, gli episodi si ripetono e in alcuni casi ci possono essere emorragie consistenti.

Una diagnosi corretta della placenta previa

Come si affronta la gravidanza se la placenta è previa? Innanzitutto bisogna fare una corretta diagnosi. In base alle recenti linee guida proposte dal Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (autorevole organo internazionale di riferimento della branca ostetrico-ginecologica), a 20 settimane, nel corso dell’ecografia morfologica, oltre a evidenziare tutti i parametri relativi al feto, si individuano i casi in cui la placenta ha una dislocazione bassa e quindi c’è il rischio – ma non ancora la certezza – che in futuro possa restare previa.

In caso di esito positivo, si adottano alcune precauzioni:

    • astenersi dai rapporti sessuali, che possono stimolare contrazioni del collo dell’utero;
    • durante la visita ginecologica si evita l’ispezione interna, sempre per non provocare stimolazioni uterine;
    • condurre una vita più riposata;
    • non percorrere lunghi tragitti in auto;
    • in vacanza, meglio scegliere località non troppo lontane da strutture sanitarie idonee a gestire eventuali imprevisti.

Intorno alla 26esima-30esima settimana, epoca in cui si può accertare se la placenta è rimasta previa o se è risalita, si ripete l’ecografia. Alla 35esima-36esima settimana si effettua l’ultima ecografia per fare la diagnosi definitiva, per stabilire il tipo di parto e per escludere che, oltre che previa, la placenta sia anche aderente (a seconda della posizione si definisce accreta, percreta o increta), ossia abbia messo radici nello spessore dell’utero. È un’evenienza rara, ma che può dare le complicanze più serie.

Strategie d’intervento

In ogni modo, la futura mamma deve recarsi subito in ospedale, dove il personale medico valuterà quali sono gli interventi necessari. Se la gravidanza non ha ancora raggiunto la 34esima settimana, la perdita ematica è contenuta e non vi è sofferenza fetale, il medico può decidere di attendere. In tal caso consiglia alla donna il riposo assoluto, anche a domicilio.

In alternativa, può proporre un ricovero per mantenere mamma e bambino sotto controllo, attraverso frequenti monitoraggi.
Soltanto nelle situazioni più gravi potrebbe servire ricorrere alle trasfusioni: se le perdite ematiche sono ripetute, la futura mamma corre il rischio di diventare anemica. Quando poi il sanguinamento è abbondante e non si arresta può essere indispensabile effettuare un cesareo d’urgenza.

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Se durante l’attesa non si presentassero particolari complicazioni?

Generalmente si evita un parto vaginale. La placenta previa è, infatti, un’indicazione per eseguire un cesareo elettivo. In ogni caso oggi, grazie alle moderne attrezzature presenti in ospedale e alla possibilità di eseguire l’intervento in completa sicurezza, i rischi per la salute della mamma e del bambino sono ridotti al minimo. 

Tre tipi diversi di placenta previa

La placenta previa può essere di tre tipi, distinti a seconda della distanza che intercorre fra il margine placentare inferiore e l’apertura del canale cervicale. Si parla di:

  • placenta previa centrale se ricopre l’orifizio uterino;
  • placenta previa marginale, nel caso in cui il margine placentare abbia una distanza inferiore a 2,5 cm dall’orifizio;
  • placenta previa laterale, quando è impiantata sul segmento uterino inferiore, ma dista almeno 2,5 cm dal collo dell’utero. Questa è la forma meno grave.

Qualche piccola attenzione

Quando viene diagnosticata la placenta previa è bene seguire alcune semplici regole. Vediamole insieme.

  1. È opportuno evitare gli sforzi fisici e, pur non essendo richiesto un riposo assoluto, è importante condurre una vita tranquilla che escluda ogni tipo di affaticamento.
  2. Si consiglia di astenersi dai rapporti sessuali.
  3. Meglio non intraprendere viaggi troppo lunghi e quindi faticosi,soprattutto all’estero o in località dove non è presente una struttura ospedaliera adeguata.
  4. Se compaiono perdite ematiche vaginali, bisogna recarsi subito in ospedale o allertare il 118.

Quando serve il ricovero

Una volta confermata la diagnosi di placenta previa, se l’ostruzione è solo parziale e, soprattutto, non si manifestano contrazioni precoci o sanguinamenti, la futura mamma può restare a casa, pur conducendo una vita più tranquilla ed evitando di allontanarsi troppo dalla struttura ospedaliera che la sta seguendo. Se, invece, si presentano emorragie, il ricovero è d’obbligo, specialmente allo scopo di scongiurare, ove possibile, un parto pretermine. Più precoci sono le emorragie, infatti, più c’è conflittualità sul timing del parto, perché bisogna bilanciare le condizioni di salute della futura mamma con il benessere e la maturità polmonare del feto. Per questo, se è necessario anticipare il parto, si somministrano alla gestante farmaci tocolitici per tentare di bloccare o ridurre le contrazioni uterine almeno per il tempo (non più di 48 ore) necessario per iniettare cortisonici che accelerano la maturità polmonare.

Parto naturale o cesareo?

Come avviene la nascita del bebè nei casi di placenta previa? Bisogna ricorrere per forza al bisturi o c’è la possibilità di mettere al mondo il bimbo per vie naturali? Se durante l’ecografia della 35esima-36esima settimana si evidenzia che la placenta è posta a una distanza superiore ai 2,5-3,0 cm dal collo dell’utero, è possibile tentare il parto per vie naturali, mentre se è inferiore a tali valori il cesareo è d’obbligo e viene programmato preferibilmente entro le 37 settimane, prima che comincino spontaneamente le contrazioni di travaglio, che potrebbero determinare un improvviso distacco di placenta. Con una placenta previa totale, inoltre, va messo in conto un 33% di probabilità che durante il cesareo si debba procedere anche all’isterectomia, cioè all’asportazione dell’utero; un’evenienza che è quasi inevitabile in caso di placenta aderente.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Le paure del parto cesareo e di quello naturale

MEDICINA ONLINE DONNA GRAVIDANZA INCINTA PANCIA ANATOMIA IMMAGINI FETO BAMBINO BIMBO POSIZIONE PODALICO ESERCIZI MANIPOLAZIONE GINECOLOGO OSTETRICOSpesso il parto naturale spaventa la donna: si ha paura di soffrire, di incorrere in problematiche che investano la salute del bambino, spesso ancora ci lasciamo spaventare dai racconti delle nostre amiche o parenti. Molte volte, senza neanche conoscere le differenze che vi sono, si preferirebbe partorire con il taglio cesareo (impropriamente chiamato parto cesareo), perché si pensa di soffrire di meno rispetto al parto naturale… Ed è in queste situazioni che le nostre nonne ci ripetono come tutte le donne nei secoli scorsi abbiamo partorito spontaneamente, poiché prima la scienza medica non prevedeva scelta.

Quando però particolari condizioni lo richiedono, il parto deve avvenire tramite taglio cesareo. Questo può essere:

  • programmato in precedenza,
  • oppure essere praticato d’urgenza.

Il ricorso al taglio cesareo non deve atterrire la donna che invece preferirebbe il parto naturale, in quanto oggi questo intervento è da considerarsi relativamente sicuro  sia per la mamma che per il bambino.

La parola intervento denota la differenza tra il taglio cesareo ed il parto naturaleÈ importante infatti spiegare come il parto cesareo è infatti un intervento, mentre il secondo non lo è, e impropriamente usiamo la parola parto cesareo, mentre il termine corretto è taglio cesareo.

La degenza post-partum prevista per l’intervento di taglio cesareo è di quattro giorni, mentre quella del parto naturale è di due o tre ed il decorso del puerperio è simile a quello del parto spontaneo.

Care future mamme, non speriamo in un parto piuttosto che in un altro, lasciamo che siano gli eventi a determinare la modalità del parto e guardiamo al risultato, al nostro piccolo cucciolo che sta per nascere, non lasciamoci spaventare, e cerchiamo di vivere con serenità un’esperienza unica al mondo.

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Dopo il parto: quando ricominciare a prendere la pillola anticoncezionale?

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medicina Chirurgia Estetica Benessere Dietologia Sessuologia Ecografie Tabagismo Smettere di fumare a pillola anticoncezionale aumenta o diminuisce il desiderio sessuale femminile

Avete da poco partorito; quando dovete ricominciare ad assumere la pillola? Dipende se stai o no allattando:

  • se non allatti: appena ritorna il ciclo, circa cinque settimane dopo il parto, puoi iniziare a riprendere la pillola anticoncezionale estro-progestinica;
  • se allatti: gli estrogeni vanno evitati perché potrebbero passare nel latte, anche se in piccole quantità, mentre non c’è nessun problema ad assumere la pillola progestinica, a base di solo progesterone, che non viene rilasciato nel latte. In alternativa si può inserire la spirale, ma occorre aspettare 3 mesi dopo un parto naturale ed almeno 7-8 mesi dopo un cesareo. Nessun problema invece ad usare il preservativo da subito.

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Dopo il parto: come recuperare l’intimità di coppia?

MEDICINA ONLINE VAGINA DONNA BACIO SESSULITA GRAVIDANZA INCINTA PARTO NATURALE CESAREO SESSO COPPIA AMORE TRISTE GAY OMOSESSUAANSIA DA PRESTAZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE FRIGIDADopo un evento gioioso ma stressante come è un parto – naturale o cesareo – può essere complicato anche per le coppie più rodate, ricominciare ad avere rapporti sessuali (a tal proposito leggi: Perché riprendere l’attività sessuale dopo il parto è così difficile?). Ecco oggi alcuni consigli per ritrovare l’intimità e prepararsi al grande incontro:

  • avere pazienza durante i primi rapporti sessuali, saranno dolorosi, non forzatevi ma non demordete;
  • i partner devono parlare molto tra loro per sperimentare una nuova e più dolce sessualità soprattutto nei primi mesi dopo il parto. Non dimenticate che il parto cambia la percezione dell’intimità sia dell’uomo che della donna;
  • la neomamma deve cercare di capire da sola – prima dei rapporti – quali sono i dolori che potrebbe provare, toccandosi i genitali e cercando di capire “fino a che punto” possiamo arrivare durante i rapporti sessuali (soprattutto per quel che riguarda pressione e profondità di penetrazione della vagina);
  • non si deve aver paura che il desiderio sessuale scompaia per sempre: prima o poi ritorna per tutti;
  • non aspettate che torni il desiderio: il sesso non va trascurato in attesa che la voglia torni da sé: il desiderio si autoalimenta, così come i cali del desiderio: meno lo fai, meno hai voglia di farlo. Se invece mantieni accesa la fiammella, gradualmente il desiderio ritorna;
  • se ancora non ve la sentite di avere rapporti sessuali completi, recuperate le effusioni dei tempi in cui eravate ‘fidanzatini’. I preliminari permettono un riavvicinamento soft alla sessualità, e vi aiuteranno a riassaporare un po’ per volta i piaceri dell’intimità;
  • non aver paura di essere l’unica coppia ad aver avuto qualche piccolo problema di intesa subito dopo il parto: è capitato e capiterà a qualsiasi coppia;
  • la donna dovrebbe fare gli esercizi di Kegel per riprendere il tono del perineo, a tal proposito vi consiglio di leggere: Come fare gli esercizi di Kegel: la ginnastica pelvica per migliorare il piacere sessuale femminile e aiutare il parto;
  • anche con un bebè non dobbiamo dimenticarci che siamo una coppia e dobbiamo trovare tempo solo per noi come coppia: se per una sera ci separiamo dal bambino non sarà la fine del mondo! Approfittiamo della disponibilità di nonni e baby-sitter ed andiamo al cinema o a cena insieme, senza sensi di colpa: se abbiamo fatto un bambino vuol dire che ci vogliamo bene, e il nostro amore va alimentato, per dare il giusto nutrimento, anche in termini di serenità, alla nostra famiglia.
  • nel caso in cui effettivamente si verifichino difficoltà fisiche o psicologiche che rendano impossibile la ripresa dell’intimità per lunghi periodi, potreste aver bisogno di consultare un medico o uno psicoterapeuta a cui dovrete rivolgervi senza timori o vergogna.

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