Elefantiasi e filariasi linfatica: terapia farmacologica e chirurgica

MEDICINA ONLINE ZENTEL ALBENDAZOLO COMPRESSE 400 MG foglio illustrativo efficace contro vermi parassiti intestinali ossiuriLa filariasi linfatica (in inglese “lymphatic filariasis”; anche chiamata “filariosi linfatica“) è una malattia parassitaria che interessa uomini ed animali, causata da vermi parassiti nematodi noti come vermi filariali, che vanno a localizzarsi nel sistema linfatico. Tali parassiti sono Wuchereria bancrofti (il più comune), Brugia malayi e Brugia timori e sono trasmessi all’uomo tramite la puntura di diverse specie di zanzare del genere Culex, Anopheles, Aedes e Mansonia. Solitamente acquisita durante l’infanzia, la filariasi linfatica – se non trattata – diventa  fortemente invalidante qualora si aggravi determinando una sindrome denominata “elefantiasi” (in inglese “elephantiasis”; anche detta “pachidermia acquisita“). L’elefantiasi è caratterizzata da un forte gonfiore delle braccia, delle gambe, del seno o dei genitali. Anche la pelle può diventare più spessa e la condizione può diventare dolorosa e disabilitante: le persone colpite spesso non sono in grado di lavorare e sono frequentemente evitate o respinte da altri a causa della loro deturpazione e disabilità. Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 non era raro vedere soggetti con elefantiasi esibirsi come fenomeni da baraccone negli allora diffusi freak show.

Terapia

La terapia della filariasi linfatica è essenzialmente farmacologica, con farmaci antiparassitari come l’albendazolo con ivermectina o l’albendazolo con dietilcarbamazina. I farmaci non uccidono i parassiti adulti ma prevengono l’ulteriore diffusione della malattia, finché i vermi non muoiono da soli. In alcuni casi è indicata la terapia chirugica.

Terapia farmacologica

Il farmaco antiparassitario più comunemente impiegato è il citrato di dietilcarbamazina (DEC): è un microfilaricida, cioè un agente che uccide le microfilarie di Wuchereria bancrofti, Brugia malayi e Brugia timori, con qualche azione anche sulle forme adulte. Non se ne conosce il preciso meccanismo d’azione: agisce paralizzando le microfilarie, favorendone l’eliminazione da parte del sistema immunitario dell’ospite. Il trattamento prevede diversi schemi, ma la dose comunemente somministrata è sempre di 6 mg/kg/die, per os.

  • Somministrazione semestrale o annuale (1 volta ogni 6 mesi – 1 anno).
  • Trattamento per 12 giorni nella filariosi di Bancroft e per 6 giorni in quella brugiana.
  • Trattamento per 2-4 settimane (in caso di TPE).

Per i primi 3 giorni del trattamento si consiglia l’impiego di dosi più basse (2–3 mg/kg/die) per minimizzare il rischio di effetti collaterali: la distruzione massiva delle microfilarie può provocare manifestazioni allergiche, già qualche ora dopo l’inizio del trattamento (più spesso nelle filariasi brugiane).
Le reazioni avverse di tipo sistemico consistono in febbre, cefalea, capogiri, dolori muscolari e articolari, anoressia, malessere e nausea: l’importanza del quadro clinico è direttamente proporzionale alla carica parassitaria. Le reazioni avverse di tipo locale, più tardive rispetto a quelle sistemiche, consistono in un temporaneo peggioramento del linfedema, in linfoadeniti, in funicolo-epididimiti e in peggioramento dell’idrocele. La terapia con DEC può avere effetti curativi anche su altre elmintiasi misconosciute ed eventualmente compresenti (es. ascaridosi) che si manifestano con l’eliminazione di vermi adulti. La somministrazione di DEC deve essere fatta con molta cautela nelle zone endemiche per oncocercosi e loiasi, per il rischio di gravi reazioni avverse (reazione di Mazzotti: comparsa di prurito, linfoadenite, esantema, febbre, ipotensione, shock).
È stato proposto con successo l’impiego dell’ivermectina (IVM), da sola o in associazione con la DEC. L’ivermectina è un potente microfilaricida, (ma non macrofilaricida) di W.bancrofti. Il farmaco agisce come agonista sui recettori GABAergici, potenziando i segnali inibitori ai motoneuroni dei parassiti, paralizzandoli. L’ivermectina non passa la barriera emato-encefalica, pertanto non è paralizzante per l’uomo. Il trattamento prevede la somministrazione per os di 150-200 µg/kg in singola dose, ripetibile dopo 2-3 mesi, oppure 400 µg/kg una volta all’anno. È possibile anche l’associazione con DEC: DEC 6 mg/kg + IVM 400 µg/kg una volta all’anno. L’impiego di ivermectina non è consigliato nei bimbi di età inferiore ai 5 anni o di peso corporeo inferiore ai 15 kg.
Viene impiegato anche l’albendazolo, alla dose di 400 mg/die per 3 settimane, ma con risultati meno soddisfacenti.
Il linfedema cronico si controlla con il riposo a letto con gli arti affetti sollevati e con bendaggio compressivo. La terapia antiifiammatoria steroidea riduce l’edema e la flogosi dei tessuti linfedematosi.

Leggi anche: Sistema linfatico e linfonodi: anatomia e funzioni in sintesi

Terapia chirurgica

Gli idroceli importanti e l’elefantiasi scrotale possono essere trattati con escissione chirurgica. La chirurgia plastica può correggere l’elefantiasi degli arti ma spesso con scarso successo e con necessità di numerose sedute di innesti cutanei.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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