Uno shunt cerebrale è un dispositivo di drenaggio che viene impiantato nel ventricolo cerebrale, formato da una valvola e due cateteri. Lo shunt cerebrale è utile per il trattamento dei pazienti affetti da idrocefalo, una patologia caratterizzata da alterazione della produzione/circolo/riassorbimento del liquido cefalorachidiano che si accumula nei Continua a leggere
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Puntura lombare: complicanze, risultati, è dolorosa, a che serve?
Con “puntura lombare” (chiamata anche “rachicentesi”) si indica una tecnica chirurgica diagnostica che viene condotta introducendo un ago sottile nella cisterna lombare. Attraverso questo ago si estrae il liquido cefalorachidiano (o liquor o fluido cerebrospinale) prodotto dai plessi corioidei, che scorre nel canale midollare della colonna vertebrale, negli spazi subaracnoidei e nei ventricoli cerebrali. Il fluido cerebrospinale può essere raccolto con maggiore sicurezza nella Continua a leggere
Macrocefalo in neonato e bambino: sintomi, cure e ritardo psicomotorio

Occhi a “sole calante”
Con “macrocefalo” in medicina si intende un anomalo ingrossamento del cranio, che può essere già presente alla nascita o svilupparsi nei primi mesi di vita, quando la causa scatenante – generalmente un idrocefalo – si verifica prima della saldatura fisiologica delle suture craniche ed il cranio è ancora “elastico”. Malattie riguardanti l’osteogenesi del cranio possono inoltre provocare macrocefalia con diversi meccanismi, solitamente congeniti ed ereditari: le più note sono Continua a leggere
Idrocefalo nel feto e neonatale: conseguenze e cura
Con “idrocefalo” in medicina ci si riferisce ad una condizione in cui si ha un accumulo di liquido cefalorachidiano (anche chiamato “liquor”) a livello dei ventricoli cerebrali che si dilatano. La conseguenza della presenza anomala di tale liquido in un comparto inestensibile com’è il cranio dell’adulto è un Continua a leggere
Idrocefalo: cause, terapia, conseguenze, aspettativa di vita
Con “idrocefalo” in medicina ci si riferisce ad una condizione in cui si ha un accumulo di liquido cefalorachidiano (anche chiamato “liquor”) a livello dei ventricoli cerebrali che si dilatano. La conseguenza della presenza anomala di tale liquido in un comparto inestensibile com’è il cranio dell’adulto è un aumento della pressione al suo interno (ipertensione intracranica) che comprime il cervello ed impedisce al sangue Continua a leggere
Differenza idrocefalo iperteso, normoteso, comunicante, ostruttivo
Con “idrocefalo” in medicina ci si riferisce ad una condizione in cui si ha un accumulo di liquido cefalorachidiano (anche chiamato “liquor”) a livello dei ventricoli cerebrali che si dilatano. La conseguenza della presenza anomala di tale liquido in un comparto inestensibile com’è il cranio dell’adulto è un aumento della pressione al suo interno (ipertensione intracranica) che comprime il cervello ed impedisce al sangue Continua a leggere
Ulcera a stomaco, intestinale, da stress, perforante e sanguinante
Il termine “ulcera” in medicina indica una soluzione di continuo (cioè una interruzione) del rivestimento mucoso di un tessuto/organo, di diametro maggiore di 3 mm e di forma generalmente rotondeggiante od ovalare con margini più o meno netti. La lesione ulcerosa ha inoltre tre caratteristiche:
- ha una riparazione lenta, difficoltosa o addirittura può essere caratterizzata da assente cicatrizzazione;
- ha scarsa tendenza alla risoluzione spontanea;
- ha la capacità di penetrare a fondo nel tessuto fino ad arrivare alla completa perforazione della parete del viscere.
Esistono molti tipi diversi di ulcera in base alle sue caratteristiche morfologiche, al tessuto dove si verifica ed alle cause che l’hanno determinata. Tipici esempi di ulcera sono l’ulcera gastrica e l’ulcera duodenale, che prendono il nome di “ulcera peptica” e sono causate nella maggioranza dei casi da un’infezione dello stomaco provocata dal batterio denominato Helicobacter pylori; altra causa importante di ulcera peptica è rappresentata dall’uso cronico/abuso farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’acido acetilsalicilico contenuto nella classica aspirina.
L’ulcera può presentarsi in diverse forme e tipologie, come ad esempio:
- ulcera fissurale (ragade): perdita più o meno estesa di sostanza che forma una fessura nel tessuto;
- ulcera canalicolari (fistole): l’ulcera rappresenta lo sbocco di un tragitto fistoloso (u. canalicolari o fistole).
Nell’ulcera si distinguono due parti: un fondo e i margini. Il fondo può essere:
- appianato;
- a forma di scodella;
- a cratere;
- rilevato;
- formato da tessuto necrotico;
- formato da tessuto granuleggiante.
I margini possono essere:
- pianeggianti o rilevati;
- introflessi o estroflessi;
- aderenti al fondo o scollati.
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Classificazione in base al sito di insorgenza
L’ulcera può presentarsi in ogni parte del tratto digestivo, dall’esofago al retto. Le cause sono numerose e si differenziano in base alla sede della lesione.
- L’ulcera esofagea è una delle complicanze del reflusso gastroesofageo non adeguatamente trattato; può manifestarsi con anemizzazione, dolore restrosternale, disfagia dolorosa o, in alcuni casi, con emorragia grave; più raramente l’ulcera esofagea è conseguenza della ingestione accidentale di caustici ed in quel caso prende il nome di ulcera da caustici.
- L’ulcera gastrica e quella duodenale (genericamente definite come ulcera peptica) sono causate nella maggioranza dei casi da un’infezione dello stomaco provocata dal batterio denominato Helicobacter pylori; altra causa importante è rappresentata dal consumo di farmaci antinfiammatori non steroidei unita al fumo di sigaretta ed allo stress prolungato. Per approfondire leggi l’ultimo paragrafo.
- L’ulcera dell’intestino mesenteriale è un’ulcera che si presenta lungo la porzione più lunga dell’intestino che si estende dal duodeno fino al cieco ed è presente nel “morbo di Crohn“. Si caratterizza per la presenza di ulcerazioni intestinali associate ad aree rigenerative, spesso esuberanti (pseudopolipi); frequenti le adesioni tra varie anse, cui seguono le fistole interne e le raccolte ascessuali circoscritte.
- L’ulcera del colon è presente nella “rettocolite ulcerosa” (con lesioni limitate alla mucosa che interessano primariamente il retto potendo estendersi a monte in modo continuo) e nel morbo di Crohn, nella quale le ulcere sono invece più frequentemente a distribuzione segmentaria, con ispessimento parietale e fessurazioni profonde.
- L’ulcera del retto è un’ulcera in genere singola che si presenta al retto (il tratto di intestino che precede l’ano) ed è causata da cronica difficoltà nell’atto della defecazione, con traumatismo continuo della mucosa che porta alla formazione di una lesione ulcerativa vicino al margine anale (a circa 5÷10 cm).
Cause e cure di ulcera
Le cause sono diverse e di differente natura:
- meccaniche,
- chimiche,
- infettive,
- trofiche (per scarsa irrorazione dei tessuti periferici come avviene nelle u. vascolari e in quelle diabetiche),
- avitaminosiche,
- neoplastiche (ulcus rodens),
- fisiche (raggi X e radiazioni ionizzanti).
Pertanto la cura delle ulcere differisce in rapporto alla loro natura, essendo ora di competenza medica (ulcere infettive) ora di competenza chirurgica (ulcere del tratto gastroduodenale).
Ulcera peptica
L’esempio tipico di ulcera è quella peptica, conosciuta anche come ulcera allo stomaco anche se in realtà può colpire anche il duodeno, cioè il segmento intestinale che è posto dopo lo stomaco. L’ulcera peptica è una lesione circoscritta che colpisce la mucosa (il rivestimento) dello stomaco, la prima porzione dell’intestino tenue o, occasionalmente, la parte inferiore dell’esofago. E’ tra le ulcere più diffuse, interessando il 5% della popolazione.
I suoi sintomi più comuni consistono nello svegliarsi improvvisamente di notte con dolore addominale superiore che tende a migliorare in seguito ad un pasto. Il dolore è spesso descritto come “sordo” o come un bruciore. Altri sintomi includono eruttazione, vomito, perdita di peso, scarso appetito. Tuttavia, circa un terzo degli anziani non presentano alcun sintomo.
Le complicazioni includono sanguinamento, perforazione e blocco dello stomaco. Il sanguinamento si verifica in circa il 15% delle persone e può determinare pericolose emorragie con ematemesi (sangue nel vomito) o melena (feci di colore molto scuro, tendente al nero, a causa della presenza di sangue digerito).
Le cause più comuni sono il batterio l’Helicobacter pylori ed i farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS). Altre cause e fattori di rischio includono il fumo di tabacco, lo stress dovuto ad una grave malattia, come la malattia di Behcet, la sindrome di Zollinger-Ellison, la malattia di Crohn e la cirrosi epatica. Le persone anziane sono più esposte al rischio di ulcera peptica perché generalmente più sensibili agli effetti dei farmaci FANS.
La diagnosi viene sospetta quando si presentano i primi sintomi, per poi essere confermata tramite endoscopia o radiografie con bario ingerito come mezzo di contrasto. Le infezioni da Helicobacter pylori possono essere diagnosticate tramite gli esami del sangue per gli anticorpi, un test del respiro per l’urea o una biopsia dello stomaco. Altre condizioni che producono sintomi simili includono il cancro allo stomaco, la malattia coronarica e l’infiammazione del rivestimento dello stomaco o della colecisti.
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Il trattamento comprende lo smettere di fumare, evitare l’assunzione di FANS, di bevande alcoliche e assumere farmaci per diminuire l’acidità dello stomaco. Il farmaco usato per diminuire l’acidità di solito è un inibitore della pompa protonica (IPP) o un antagonista dei recettori H2 con quattro settimane di trattamento iniziale raccomandato. Le ulcere causate da H. pylori sono trattate con una combinazione di farmaci, come l’amoxicillina, la claritromicina e un IPP. La resistenza agli antibiotici è in aumento e il trattamento non può essere quindi sempre efficace. Le ulcere sanguinanti possono essere trattate mediante endoscopia o con la chirurgia a “cielo aperto” tipicamente utilizzata solo nei casi di insuccesso. Il tipo di dieta, contrariamente alla credenza popolare, non riveste un ruolo significativo sia nella prevenzione che come causa di ulcere, come anche la gastrite.
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Differenze delle ferite da taglio, da punta, superficiali, profonde, pulite, sporche
Per ferita si intende l’interruzione traumatica di uno o più tessuti esterni o interni del corpo, causata da agenti esterni di varia natura che agiscono con modalità diversa.
Classificazione in base a percorso e profondità della ferita
In relazione al percorso e alla profondità le ferite possono essere distinte in:
- ferite superficiali: quando interessano esclusivamente lo strato cutaneo e sottocutaneo;
- ferite profonde: quando coinvolgono lo strato fasciale e le strutture che si trovano al disotto;
- ferite penetranti: quando creano un tramite tra l’esterno e una delle grandi cavità dell’organismo (cranica, toracica, addominale);
- ferite interne: quando interessano organi interni (fegato, milza, polmone, ecc.) a prescindere dal coinvolgimento delle strutture parietali che possono anche rimanere integre, come accade nei traumi chiusi.
Classificazione in base al grado di contaminazione della ferita
Un sistema di classificazione importante è quello che si basa sul grado di contaminazione delle ferite. È opportuno tuttavia precisare che la presenza di germi patogeni nella ferita non determina necessariamente una infezione della stessa.
- ferite pulite: sono definite tali le ferite di origine non traumatica e nel cui ambito non vi siano interruzioni di alcuni apparati: digestivo, respiratorio, uro-genitale;
- ferite pulite-contaminate: sono le ferite in cui uno degli apparati è interrotto ma sotto controllo e non vi siano segni apparenti di contaminazione. A questo gruppo appartengono interventi molto frequenti quali la colecistectomia o l’appendicectomia;
- ferite contaminate: gruppo nel quale vengono inserite le ferite traumatiche recenti e quelle aperte, le ferite con interruzione non controllata dell’apparato gastro-enterico, quelle in presenza di fenomeni infiammatori acuti ma non purulenti, le incisioni delle vie biliari e urinarie in presenza di bile e urine infette;
- ferite sporche: sono le ferite traumatiche aperte non recenti o quelle dovute a fenomeni perforativi o in presenza di infiammazioni pregresse purulente.
Classificazione in base al meccanismo che determina la ferita
In base al meccanismo che l’ha determinata, una ferita può essere da taglio, da punta o di altro tipo.
Ferite da taglio
Sono prodotte da agenti affilati quali coltelli, rasoi, schegge di vetro o metalliche, premuti e fatti scorrere su un tessuto corporeo. Si presentano rettilinee o ad ampia curvatura, più lunghe che profonde, con una caratteristica coda iniziale breve (tratto iniziale del contatto) e una coda finale più lunga (allontanamento del tagliente dal tessuto). Una caratteristica ferita da taglio è quella chirurgica da bisturi. Hanno i margini netti e sono, in genere, fortemente sanguinanti. L’entità dell’emorragia è legata al numero, al diametro e alla natura arteriosa o venosa dei vasi interrotti, elementi spesso in relazione sia con la profondità del taglio che con il distretto coinvolto. Risultano particolarmente sanguinanti, ad esempio, le ferite del cuoio capelluto, molto meno quelle della linea alba, struttura preferita, per questo motivo, nelle grandi incisioni laparotomiche. Le ferite da taglio spesso provocano un sanguinamento diffuso e puntiforme dei bordi, detto a nappo. Questo tipo di ferita, in particolare quella chirurgica che è più netta e regolare, va incontro a guarigione con ottimi risultati estetici. È condizione essenziale però che sia adeguatamente suturata e che non sia contaminata. In presenza di fenomeni settici concomitanti (intervento per appendicite acuta purulenta o per perforazione intestinale) o insorti nel decorso post-operatorio (infezione secondaria del sito chirurgico) anche la sutura più accurata non riesce ad evitare danni al normale processo di guarigione della ferita con possibili esiti cicatriziali antiestetici.
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Ferite da punta
Sono prodotte da agenti vulneranti appuntiti quali spine, aghi, chiodi, spilli, infissi nel tessuto. Si presentano con un foro di entrata più o meno piccolo e un tragitto di lunghezza diversa e che ne determina la distinzione in: superficiali e profonde. Possono essere:
- trapassanti: quando attraversano completamente un segmento corporeo, quale un arto;
- penetranti: quando raggiungono una delle tre cavità: cerebrale, toracica o addominale;
- transfosse: quando la ferita penetrante presenta oltre al foro di entrata anche quello di uscita.
Le ferite da punta vanno incontro ad una rapida guarigione favorita dalla loro stessa conformazione che però implica anche maggiori rischi di:
- infezione: la penetrazione dell’oggetto all’interno della ferita può introdurre materiale inquinante: polvere, terriccio, brandelli di stoffa che a causa della forma stretta e allungata della lesione vengono trattenuti. L’impossibilità di una detersione naturale e la difficoltà di praticarne una chirurgica favorisce quindi le infezioni localizzate con formazione di ascessi. Questo vale nelle lesioni di natura traumatica, ma anche in quelle legate a procedimenti chirurgici (iniezioni, ago-aspirati, paracentesi) per la presenza abituale di germi patogeni sulla superficie cutanea o eventualmente sui presidi chirurgici impiegati. È per tale motivo che ogni atto operatorio va eseguito nel rispetto della più rigorosa antisepsi e dopo lunga e accurata disinfezione della cute;
- complicazione: la ferita da punta, essendo poco dolorosa e scarsamente sanguinante, tende in genere ad essere sottovalutata; inoltre è oggettivamente difficile stabilirne l’entità. Anche avendo a disposizione l’agente vulnerante non è possibile avere la certezza di quanto sia penetrato e quale direzione abbia seguito. Inoltre la sovrapposizione per scorrimento dei piani tissutali, dotati di elasticità diversa, una volta estratto l’oggetto appuntito, rende impossibile la definizione esatta del suo percorso. La stessa introduzione di uno specillo o di una sonda chirurgica scanalata che voglia seguire il tragitto può dare la sensazione, sbagliata, che esso sia più breve del reale, con conseguenze gravi. Un caso emblematico è quello delle ferite penetranti in addome ma non giudicate tali e quindi non ritenute meritevoli di ulteriori e più approfondite indagini. In questi casi le probabili lesioni degli organi interni comporteranno complicazioni gravi emorragiche o settiche con quadri clinici anche drammatici: addome acuto, shock.
Altre ferite
- ferite da punta e taglio: sono inferte da agenti vulneranti particolari quali pugnali, spade, lance nei quali si combinano l’azione di pressione e quella di strisciamento. Sono potenzialmente pericolose in quanto sono in grado di raggiungere più facilmente i piani profondi e le grandi cavità;
- ferite lacere: sono dovute ad un’azione di strappamento o stiramento, oltre che di taglio. Si presentano edematose con vaste ecchimosi, aree necrotiche e margini fortemente irregolari; in generale sono scarsamente sanguinanti. Hanno spiccata tendenza all’infezione e richiedono quindi un’accurata toilette chirurgica con asportazione dei lembi mortificati e irregolari. Non sempre è possibile suturarle, anzi, in determinati casi, è opportuno lasciare aperte in modo che guariscano per seconda intenzione;
- ferite contuse: sono conseguenza dell’azione vulnerante di oggetti smussi esercitata con energia sufficiente a vincere l’elasticità dei tessuti ma non quella dei vasi. L’area appare fortemente edematosa con ampie aree ecchimotiche;
- ferite lacero-contuse: questo tipo di ferita, che combina la natura di quelle lacere e di quelle contuse, rappresenta la lesione di natura traumatica più frequente. La loro caratteristica le rende particolarmente soggette all’infezione e di conseguenza a lunghi tempi di guarigione con esiti cicatriziali antiestetici;
- ferite da arma da fuoco: sono ferite dovute all’azione vulnerante dei proiettili lanciati dalle armi da fuoco: pistole, fucili, mitragliatrici o delle schegge da scoppio di ordigni esplosivi: bombe, mine, proiettili di mortaio.
- Nel primo caso le ferite sono caratterizzate da un foro di entrata relativamente piccolo, da un tragitto più o meno lungo e da un foro di uscita a margini estroflessi e di diametro maggiore (dovuto al corpo vulnerante che nel suo progredire crea una rosa di frammenti di tessuto e di osso che lo accompagnano). La gravità della ferita dipende alla forza viva del proiettile, dal distretto colpito, dal numero di organi interessati. Queste ferite hanno molte analogie con le ferite da punta e come queste vanno frequentemente incontro a infezione ed emorragie interne. Almeno inizialmente il dolore è modesto così come il sanguinamento esterno.
- Le ferite da scheggia somigliano a quelle lacero contuse aggravate dal fatto che la forza viva, in questi casi elevata, può determinare danni importanti fino alle conseguenze estreme definite di sfacelo traumatico.
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Patologia delle ferite
Le ferite hanno tendenza alla guarigione spontanea che avviene mediante il fenomeno della cicatrizzazione. I tempi e gli esiti sotto l’aspetto estetico e funzionale dipendono dai fattori ai quali si è accennato in precedenza. In alcune circostanze il processo cicatriziale evolve in senso francamente patologico:
- ipoplastico. Caratterizzato da una scarsa presenza di tessuto di granulazione con riepitelizzazione insufficiente. La cicatrice si presenta di colore più chiaro, infossata, ulcerata.
- iperplastico. Questa complicazione è legata a situazioni diverse: contaminazione, guarigione per II intenzione, presenza di corpi estranei (anche punti di sutura). La cicatrice si presenta rilevata, dura e arrossata. La correzione chirurgica di questa lesione consiste nella asportazione della cicatrice e nella risutura dei lembi cutanei.
- metaplastico. Complicazione conosciuta anche come cheloide ha una eziopatogenesi non chiara mentre più certe sono alcune predisposizioni: individuali e familiari, la pelle nera, la localizzazione in sedi particolari quali il collo o i rilievi ossei. A differenza della precedente nonostante la correzione, richiesta dai gravi inestetismi che comporta, ha un’alta tendenza alla recidiva.
- canceroso. Costituisce una grave e fortunatamente rara complicazione legata a cause sconosciute.
Terapia delle ferite
La terapia delle ferite è essenzialmente chirurgica. A questa va sempre associata una idonea copertura con antibiotici.
- Nel caso delle ferite da taglio non contaminate, a margini lineari e netti, una adeguata sutura favorisce la guarigione per prima intenzione nel giro di pochi giorni.
- Nel caso delle ferite lacere e/o contuse la prima operazione è quella di detergerle accuratamente asportando le aree mortificate o francamente necrotiche e di provvedere alla regolarizzazione dei margini. Ciò consentirà una adeguata valutazione del danno e la scelta di procedere alla sutura immediata della ferita, con o senza apposizione di drenaggi, o piuttosto di lasciarla aperta lasciandola ad una guarigione per seconda intenzione, più lunga ma meno rischiosa.
- Nel caso di ferite da punta è essenziale stabilire se esse siano penetrate in qualche cavità. Utili a questo scopo il ricorso ad alcuni esami quali quello ecografico o radiografico. In presenza di ferite penetranti il rischio di coinvolgimento di uno o più organi è molto alto. Ciò conforta la decisione di intervenire chirurgicamente con un’ampia laparotomia esplorativa o meglio, per la sua minore invasività, di ricorrere ad una laparoscopia esplorativa.
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