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Differenza tra morte assistita (suicidio assistito), eutanasia e testamento biologico
Morte assistita, suicidio assistito ed eutanasia sono usati comunemente come dei sinonimi, ed in effetti “morte assistita” e “suicidio assistito” tra loro lo sono. Ma essi non sono sinonimi di “eutanasia”, anche se ovviamente tutte le pratiche portano alla morte del paziente.
L’eutanasia è una pratica in cui un soggetto terzo, un medico, per motivi legati al desiderio di terminare la sofferenza, aiuta qualcuno a morire su richiesta del paziente: in questo caso la cooperazione del medico è diretta e l’autonomia del paziente è meno forte. Il paziente è ovviamente consenziente e ha fatto richiesta al medico generalmente perché non si attestano possibilità di guarigione o di condurre una vita in modo dignitoso, secondo il proprio personale intendimento. Consiste genericamente in una somministrazione letale effettuata da terzi (eutanasia attiva). L’eutanasia si dice “passiva” quando prevede invece la sospensione di un trattamento necessario per mantenere in vita un paziente.
Il suicidio assistito (o morte assistita) si verifica in maniera diversa: una persona chiede di essere assistita nel momento in cui pone autonomamente fine alla propria vita. In questo caso il medico si limita a prescrivere una dose di farmaco letale. Non c’è il rapporto diretto negli ultimi momenti del paziente. È compiuto interamente dal soggetto stesso e non da soggetti terzi, che si occupano di assistere la persona per gli altri aspetti: ricovero, preparazione delle sostanze e gestione tecnica e legale post mortem. Dal punto di vista etico ha una fattispecie diversa, perché la cooperazione del medico è indiretta e l’autonomia del paziente è più forte.
La differenza con l’eutanasia consiste in particolar modo nelle implicazioni etiche, e nella responsabilità personale. In Italia il suicidio assistito, così come l’eutanasia, è punibile dagli articoli 575, 579, 580 e 593 del codice penale.
Con “testamento biologico” si intende infine la dichiarazione anticipata di volontà sui trattamenti sanitari ed è un documento in cui indicare a quali terapie ricorrere e soprattutto quali trattamenti rifiutare, in caso di grave incidente o malattia terminale, quando si è incapaci di comunicare espressamente il proprio volere. In Italia si discute della necessità di avere una legge sul testamento biologico almeno dal 2008, ma ancora non esiste niente di simile.
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Il primo caso al mondo di eutanasia su un minore: la mia risposta al cardinale Bagnasco
Come riportato dal quotidiano fiammingo Het Nieuwsblad, in Belgio si è verificato il primo caso di eutanasia su minore al mondo grazie ad una legge del 2014 che lo consente. Il minore malato terminale sul quale è stata praticata l’eutanasia aveva diciassette anni e soffriva da tempo di dolori fisici atroci e insopportabili, in attesa solo di morire. I dottori hanno usato dei sedativi per indurre il coma come parte del processo. Appresa la notizia, il presidente della Cei – il cardinale Angelo Bagnasco – ha replicato: “Ci addolora e ci preoccupa: la vita è sacra e deve essere accolta, sempre, anche quando questo richiede un grande impegno”.
La mia umile risposta al cardinale, è la seguente:
Anche le scelte individuali sono sacre, e sono sicuro che i genitori del ragazzo non abbiano affatto preso a cuor leggero la decisione di dare al proprio figlio la morte. Per arrivare a questa soluzione i genitori ed il malato avranno fatto delle sofferte considerazioni, che né io né lei conosciamo e neanche dobbiamo sapere. Spero che né lei, né i suoi cari, si dovranno mai trovare in una condizione di dolore fisico insopportabile, con una malattia terminale, senza alcuna cura possibile, in attesa della morte. Vedrei a quel punto se lei dovesse o no rimanere della stessa idea. Inoltre la legge prevede esplicitamente che il richiedente stia subendo dolori fisici gravissimi non attenuabili in alcun modo e con nessuna speranza di vita, ovvero stia vivendo con lenta ed atroce agonia in attesa di morire tra dolori ancor più atroci: una vera tortura fisica e psicologica. Sostanzialmente chi dice che la vita deve essere vissuta in questa maniera senza possibilità di uscirne, è in un certo senso favorevole a far vivere ad una persona, anche minorenne, una vita di torture fisiche e psicologiche.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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La mappa degli obiettori di coscienza in Italia
La storia di Valentina Magnanti e del suo tragico aborto, rivelata alcuni giorni fa, ha riacceso da giorni la discussione sull’assistenza medica in caso di interruzioni di gravidanza e soprattutto sulle condizioni disagiate in cui le donne italiane si ritrovano spesso ad abortire. Nonostante la diretta interessata abbia poi scritto una lettera aperta alla stampa italiana per chiedere che si parlasse approfonditamente del vero nòcciolo della questione, ovvero la controversa legge 40 sulla fecondazione, piuttosto che del suo aborto, il principale punto di discussione resta sempre quello: le interruzioni di gravidanza in Italia, disciplinate dalla legge 194, e come nel nostro Paese sia sempre più alto il numero di medici che decida di appellarsi alla cosiddetta “obiezione di coscienza”.
La mappa delle percentuali dei medici obiettori per regione
Il settimanale Internazionale è andato ad indagare nello specifico quali siano le reali percentuali dei medici obiettori di coscienza in Italia, suddividendoli per regione e per province: il risultato è la mappa che vedete in alto in questa pagina. Come potete notare, dai dati raccolti risulta che la maggioranza delle obiezioni avviene negli ospedali del Sud, con un record in Molise dove si arriva all’85,7 per cento, seguito da Basilicata, Campania e Sicilia.
Al Nord la situazione non è comunque molto diversa: la provincia di Bolzano, della regione Trentino Alto Adige, è in cima con l’81,3 per cento di obiezioni, seguita dal Veneto. In linea generale, è interessante notare come in tutta Italia la percentuale non scenda mai sotto la soglia del 50 per cento, con l’eccezione di una sola regione: la Valle D’Aosta, dove la percentuale degli obiettori di coscienza si ferma al 16,7 per cento.
Italia bocciata dal Consiglio d’Europa
Il tutto mentre il Consiglio d’Europa, dopo il reclamo presentato dall’International Parenthood Federation European Network (IPPFEN), ha bocciato l’Italia in materia di aborto e diritti sociali, tra cui quello alla salute: nella relazione del Comitato per i diritti sociali è stato sottolineato proprio che:
A causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, l’Italia viola i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza. I tempi di attesa sono lunghissimi e a volte il personale obiettore di coscienza si rifiuta di provvedere alle cure necessarie prima e dopo l’aborto. Inoltre, in alcune zone, c’è uno squilibrio tra la necessità di portare a termine la gravidanza e il numero di non obiettori disponibili e competenti: questo significa che, anche se la legge italiana dovrebbe garantire l’accesso alle cure riproduttive per tutti, le donne non hanno garanzia di poter abortire liberamente in tutte le parti d’Italia.
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