Nervo ottico: anatomia, funzioni e patologie in sintesi

MEDICINA ONLINE VISTA OCCHIO NERVO OTTICO 2 II CRANICO CHIASMA OTTICO MIOPIA CECITA ANATOMIA PATOLOGIA FUNZIONE PALLIDO GLAUCOMA RETINA PUCKER MACULARE RETINOBLASTOMA DISTACCO VITREO UMOR CATARATTA RECETTORI CONI BASTONCELLI.jpgIl nervo ottico è il secondo nervo che fa parte del gruppo dei dodici nervi cranici, ma è considerato come parte del sistema nervoso centrale: infatti le fibre sono Continua a leggere

Fotorecettori: differenza tra coni e bastoncelli

MEDICINA ONLINE FOTORECETTORI CONI BASTONCELLI OCCHIO RETINA FOVEA CORNEA SCLERA PUPILLA IRIDE CORPO CILIARE NERVO OTTICO CHIASMA CERVELLO CORTECCIA VISIVA PRIMARIA SECONDARIA.jpgCon “fotorecettori” in medicina si fa riferimento ad un tipo particolare di neuroni altamente specializzati che si trovano sulla retina di entrambi gli occhi. Tali neuroni hanno la funzione di “tradurre” luce che dall’esterno arriva sul fondo dell’occhio e convertirla in segnali bioelettrici, inviati alla corteccia visiva del cervello attraverso il nervo ottico. I fotorecettori sono di due tipi:

Coni

I coni si concentrano nella zona centrale della retina (chiamata “fovea”) mentre restano proporzionalmente più rarefatti spostandosi nelle aree periferiche. I coni sono deputati alla visione dei colori (visione “fotopica”) ed alla visione distinta e nitida; consentono la visione centrale (con cui si legge, si guida, si riconoscono i volti, ecc.) e, se l’acuità visiva è buona, garantiscono un’elevata risoluzione dell’immagine. Esistono almeno tre tipi diversi di coni, rispettivamente per il rosso, il verde e il blu. In totale se ne contano circa 10 – 12 milioni, cioè 5 – 6 milioni per occhio, una quantità molto più bassa rispetto ai bastoncelli. Il lavoro dei coni è “individuale” nel senso che ciascuno di essi genera un impulso che è avviato al cervello indipendentemente. I coni hanno una sensibilità alla luce decisamente minore rispetto ai bastoncelli.

Bastoncelli

I bastoncelli si concentrano nella zona periferica della retina e sono più sensibili alla visione degli oggetti in movimento, oltre ad essere impiegati soprattutto per la visione al buio (visione “scotopica”). Il lavoro dei bastoncelli è “di gruppo”: diverse migliaia di elementi convergono su un singolo interneurone e l’impulso che viene avviato al cervello emerge dalla sommatoria di tutti i singoli impulsi. I bastoncelli sono circa 4000 volte più sensibili alla luce rispetto ai coni: la loro sensibilità è talmente elevata che un numero esiguo di fotoni è sufficiente per eccitarli o secondo altri studi, è sufficiente addirittura un unico fotone. Il numero dei bastoncelli in ogni occhio è compreso tra i 75 ed i 150 milioni, mediamente circa 100 milioni in ogni occhio, un numero decisamente più elevato rispetto ai coni.

Struttura dei fotorecettori

Nella struttura di entrambi i tipi di fotorecettori si possono identificare tre parti fondamentali:

  1. un segmento esterno: caratterizzato da strutture membranose (chiamate “dischi”), su cui sono posizionati i pigmenti che reagiscono allo stimolo dei fotoni (luce che arriva in “pacchetti” detti quanti). Sui dischi rintracciamo la rodopsina (una proteina che funge da pigmento visivo) e la trasducina (un enzima); queste molecole, se stimolate dall’energia elettromagnetica (luce), vengono attivate a cascata. Il segmento esterno è in contatto con l’epitelio pigmentato, lo strato più esterno della retina che contiene un’elevata quantità di melanina per assorbire la luce che non è stata trattenuta dalla retina. Inoltre, ha la funzione di risintetizzare i pigmenti visivi e di facilitare il ricambio dei dischi;
  2. segmento interno: caratterizzato dalla presenza degli organelli interni come mitocondri, apparati di Golgi, ecc., indispensabili per il metabolismo cellulare e il nucleo;
  3. terminazione sinaptica: permette la trasmissione dei segnali dal fotorecettore alle cellule bipolari mediante sinapsi ossia per trasmissione biochimica tra cellule nervose (grazie a molecole dette neurotrasmettitori).

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Retina dell’occhio: anatomia, strati, funzioni e patologie in sintesi

MEDICINA ONLINE RETINA DISTACCO FOVEA MACULA UMOR PUPILLA IRIDE ANATOMIA CONI BASTONCELLI VISTA CHIASMA CERVELLO NERVO OTTICO CELLULELa retina (pronuncia “rètina”) è la membrana più interna del bulbo oculare ed è una componente fondamentale per la visione umana essendo formata dalle cellule recettoriali, i coni e di bastoncelli, responsabili di trasformare l’energia luminosa in potenziale elettrico, informazione che poi viene inviata – tramite il nervo ottico – al cervello e più in particolare alla corteccia visiva primaria e secondaria, responsabili della visione e della interpretazione della visione. La retina presenta uno spessore variabile da 0,4 mm in dietro e 0,1 in avanti. Nel complesso forma tutto il rivestimento interno del bulbo oculare, dal punto di entrata del nervo ottico al margine pupillare dell’iride. La retina è considerata come una estroflessione del diencefalo e viene divisa in tre porzioni:

  • la parte ottica (applicata alla coroide)
  • la parte ciliare (aderente al corpo ciliare)
  • la parte iridea.

Di queste, le componenti ciliare e iridea formano la retina cieca che, sprovvista di recettori, aderisce alle due strutture ed è di natura esclusivamente epiteliale. Solo la parte ottica, quindi, possiede i fotorecettori e, lungo il suo spessore, è suddivisibile in due foglietti:

  • lo strato delle cellule pigmentate (esterno);
  • la porzione nervosa (interna).

Nella retina è possibile distinguere tre regioni:

  • l’ora serrata: è il limite fra la parte ottica e ciliare della retina, è localizzata 6–7 mm dietro la cornea ed è il punto in cui la retina cambia la struttura assottigliandosi;
  • la papilla ottica: è il punto di convergenza delle fibre nervose per la formazione del nervo otticoed anche il punto di emergenza dei vasi retinici, presentando al suo centro una depressione nota come escavazione fisiologica;
  • la macula lutea: è una regione leggermente ellittica nel polo posteriore dell’occhio per il cui centro passa l’asse visivo dello occhio (cioè la direzione dei raggi luminosi), tale centro è noto come fovea o fovea centralis ed è la regione della visione distinta.

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Strati retinici

Gli strati retinici sono 10, quello più esterno è lo strato delle cellule pigmentate (anche chiamato “strato dell’epitelio pigmentato”) a cui più internamente segue la porzione nervosa, distinta in ulteriori 9 strati.

  1. strato delle cellule pigmentate: è lo strato più esterno costituito da cellule di colore molto scuro in modo da fungere da “camera oscura” e da nutrire i fotorecettori in parte addentrati al loro interno. Questo strato è formato da cellule epiteliali che aderiscono alla coroide e che contengono la fuscina, un pigmento scuro. Di forma esagonale, inviano sottili espansioni ricche di microvilli fra i coni e i bastoncelli con il compito di fagocitare le membrane dei dischi più esterni, garantendo un rinnovamento delle strutture recettoriali che vengono poi riformate per gemmazione interna;
  2. strato dei fotorecettori o dei coni e dei bastoncelli: è lo strato dove sono presenti i coni e i bastoncelli;
  3. membrana limitante esterna: è la membrana che separa il fotorecettore con il corpo cellulare dello stesso;
  4. strato dei granuli esterno o nucleare esterno: corpo cellulare dei coni e bastoncelli;
  5. strato plessiforme esterno: strato dove il pedicello dei coni/bastoncelli contrae sinapsi con la cellula bipolare;
  6. strato dei granuli interno o nucleare interno: corpo cellulare delle cellule bipolari;
  7. strato plessiforme interno: dove la cellula bipolare contrae sinapsi con le cellule multipolari;
  8. strato delle cellule multipolari: corpi cellulari delle cellule multipolari;
  9. strato delle fibre nervose: in cui decorrono le fibre nervose orizzontalmente del nervo ottico;
  10. membrana limitante interna: membrana di appoggio a contatto internamente col corpo vitreo.

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1) Strato dei fotorecettori

Lo strato dei fotorecettori, come dice il nome, è costituito da una parte delle cellule recettoriali presenti nell’occhio e sensibili alle radiazioni luminose: i coni e i bastoncelli. Tali cellule sono così chiamate per via della forma del loro segmento esterno, detto anche articolo (che occupa proprio questo strato). La principale differenza che si ripercuote su una diversa capacità funzionale è la presenza di rodopsina nei bastoncelli e di pigmenti sensibili a tre diverse frequenze di onde elettromagnetiche (rosso, blu e verde) nei coni. Nel complesso i bastoncelli sono circa 110 milioni, mentre i coni 7 milioni circa. Entrambi i tipi i cellule sono disposte perpendicolarmente alla membrana limitante esterna e rivolgono la loro estremità libera allo strato dell’epitelio pigmentato: i bastoncelli arrivano a contatto con le cellule, i coni no. Fra la membrana limitante esterna e lo strato epiteliale è compreso l’articolo esterno, conico o cilindrico, formato da dischi di reticolo endoplasmatico impilato che nei coni (ma non nei bastoncelli) sono in continuità con la membrana plasmatica cellulare. Oltre la membrana limitante l’articolo esterno continua con un ciglio, costituito dalla classica formazione a nove coppie di microtubuli, che termina in un centriolo (formato da nove gruppi di tre tubuli ciascuno detto ellissoide) presente nel segmento o articolo interno a cui fa seguito una zona detta mioide, povera di mitocondri, ma ricca di reticolo endoplasmatico e apparato di Golgi. Tale articolo è poi collegato al corpo del recettore tramite la fibra esterna, meglio evidente nei bastoncelli. Il corpo continua con la fibra interna, che termina con la sinapsi. La disposizione dei bastoncelli è a piccoli gruppi separati da un cono nella maggior parte della retina. Nelle vicinanze dell’ora serrata si assiste ad una diminuzione del numero di bastoncelli, mentre nella fovea si una disposizione particolare: fino a 0,25 mm dal suo centro sono presenti solo coni; più ci si allontana, più i bastoncelli si fanno via via più numerosi (fino anche ad essere 20 volte i coni) a 3–4 mm.

2) Membrana limitante esterna

Le giunzioni presenti tra le fibre esterne dei recettori e con le espansioni terminali delle cellule di Müller formano la membrana limitante esterna, che separa gli articoli interni dai corpi cellulari delle cellule recettoriali. È sottile e regolare.

3) Strato dei granuli esterno

Tale strato è formato dai corpi cellulari delle cellule recettoriali, separati dai prolungamenti lamellari delle cellule di Müller. Ha uno spessore di 30-40 µm.

4) Strato plessiforme esterno

Lo strato plessiforme è formato da un intreccio di sottili fibre che decorrono in vari sensi. All’interno si trovano le estremità finali delle fibre interne delle cellule recettoriali con i loro i rigonfiamenti terminali (sferule nei bastoncelli e pedicelli nei coni) e quelli delle cellule bipolari, le espansioni delle cellule orizzontali e cellule di Müller che attraversano. Qui sono presenti le sinapsi tra i recettori con le loro fibre interne, gli assoni esterni delle cellule bipolari e le espansioni di quelle orizzontali che formano, in genere, delle triadi nelle quali ciascuna fibra interna recettoriale entra in contatto con il suo rigonfiamento terminale con le espansioni di due cellule orizzontali diverse e un assone di una cellula bipolare.

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5) Strato dei granuli interno

Lo strato dei granuli interni è formato dai pirenofori delle cellule bipolari, orizzontali, di Müller e amacrine.

6) Strato plessiforme interno

È formato da un intreccio delle fibre interne delle cellule bipolari, gangliari e amacrine. È costituita da tre bande che, in dall’esterno all’interno, sono (tra parentesi il tipo di sinapsi):

  • serie di sinapsi fra le cellule bipolari dei coni e le cellule multipolari (off);
  • serie di sinapsi fra le cellule bipolari dei coni e le cellule multipolari (on);
  • serie di sinapsi fra le cellule bipolari dei bastoncelli e le cellule multipolari (off), detta anche stria dei bastoncelli.

7) Strato delle cellule multipolari

Tale strato è formato dai pirenofori delle cellule multipolari i cui dendriti si impegnano nello strato plessiforme interno, mentre gli assoni entrano nella costituzione del nervo ottico. È possibile trovare anche corpo ed espansione di astrociti e alcuni prolungamenti delle cellule di Müller.

8) Strato delle fibre nervose

Questo strato, come dice il nome, è formato da fibre nervose che nascono dalle cellule gangliari. Nella parte anteriore della parte ottica è molto sottile e si inspessisce fino ad arrivare a 20 µm di spessore in prossimità della papilla la quale accoglie al suo centro le fibre provenienti dalle regioni più periferiche e nella periferia quelle provenienti da porzioni più vicine. Le fibre seguono una direzione meridiana che diviene concentrica vicino alla macula.

10) Membrana limitante interna

Tale membrana forma il limite fra retina e corpo vitreo il quale rimane separato tramite una membrana basale. È formata dalla parte terminale delle cellule di Müller e degli astrociti.

Vascolarizzazione

Nella retina sono presenti due dispositivi vascolari indipendenti fra loro e posti nelle facce interne ed esterne: il sistema dell’arteria centrale della retina e il sistema coriocapillare.

Sistema dell’arteria centrale della retina

L’arteria centrale della retina entra nel bulbo oculare attraverso la papilla ottica e si divide subito in quattro rami che direttisi alla periferia si ramificano ulteriormente senza anastomizzare fra loro. I capillari sono formati da cellule endoteliali uniti da giunzioni molto strette poggianti su una membrana basale e ricoperti da periciti. Il drenaggio venoso avviene attraverso quattro rami che convergono alla papilla confluendo nella vena centrale della retina. Nel complesso il sistema dell’arteria centrale della retina è deputato all’irrorazione delle cellule gangliari e bipolari e dello strato delle fibre nervose.

Sistema coriocapillare

Le arterie ciliari posteriori formano un anello arterioso (o cerchio arterioso o anello di Haller) intorno alla porzione intrabulbare del nervo ottico, decorrono radialmente e terminano quasi subito in capillari dal lume ampio e dalle pareti lasse. Il drenaggio venoso avviene grazie alle vene vorticose. Nel complesso è deputato all’irrorazione dell’epitelio pigmentato e dei fotorecettori.

Drenaggio linfatico

Il drenaggio linfatico si costituisce in spazi perivascolari, che comunicano con gli spazi delle meningi encefaliche dove poi la linfa si riversa.

Cellule retiniche

Oltre ai coni e ai bastoncelli, nella retina sono presenti altre tipologie cellulari che contraggono sinapsi con le cellule recettoriali o che impegnano con le loro fibre i diversi strati.

Cellule bipolari

Le cellule bipolari sono neuroni che presentano due assoni, uno esterno che contrae sinapsi con i recettori (strato plessiforme esterno) e uno interno che invece le contrae con le cellule gangliari e con i dendriti delle cellule amacrine (strato plessiforme interno) formando le diadi. Il loro pirenoforo (la parte in cui è situato il nucleo) è contenuto nello strato dei granuli interni. Tali cellule possono essere distinte in monosinaptiche se contraggono sinapsi con un solo recettore (questo avviene solo con i coni della fovea e tale rapporto 1:1 viene mantenuto anche nelle sinapsi con le cellule multipolari) o multisinaptiche quando effettuano sinapsi con più coni o più bastoncelli (ma mai con coni o bastoncelli insieme).
Un ulteriore distinguo è in base al tipo di eccitazione, quindi cellule on od off.
In ultima si può tenere conto del tipo di sinapsi con i coni e si hanno quindi contatti sinaptici di tipo piano o invaginati.

Cellule orizzontali

Sono interneuroni inibitori utilizzanti l’acido γ-aminobutirrico come neurotrasmettitore. Sono situate esclusivamente nello strato plessiforme esterno dove contraggono sinapsi con le terminazioni di coni, bastoncelli e tra gli apici dei loro stessi dendriti.

Cellule gangliari

Le cellule gangliari o multipolari sono neuroni multipolari che con i loro dendriti contraggono sinapsi con le cellule bipolari o le cellule amacrine nello strato plessiforme interno mentre con il loro assone si impegnano nel nervo ottico per abbandonare il globo oculare. Le cellule che contraggono più sinapsi sono dette a parasole, mentre quelle che contraggono una singola sinapsi poiché derivano di coni della fovea sono dette nane. Anche queste possono essere on od off.

Cellule amacrine

Le cellule amacrine sono neuroni privi di assone in quanto i dendriti fungono anche per tale struttura. Il loro pirenoforo è in genere collocato nella parte più profonda dello strato dei granuli interni, ma si può localizzare anche a ridosso dello strato gangliare. Contraggono sinapsi con cellule bipolari (a formare le diadi) e con altre cellule amacrine usando diversi classi di neurotrasmettitori quali: glicina, acetilcolina e acido γ-aminobutirrico.

Cellule gliali retiniche

Sono cellule gliali che costituiscono la glia della retina e sono costituite dai normali astrociti, dalla microglia e dalle cellule di Müller che avvolgono i fotorecettori e li separano dal resto dei tipi cellulari (tranne che nelle zone sinaptiche) mantenendo l’omeostasi dell’ambiente extracellulare.

Funzionamento della retina

Con le sue cellule sensibili alle radiazioni luminose (fotorecettori) invia al cervello (attraverso il nervo ottico) le informazioni da interpretare. Tra le cellule che compongono la retina si devono ricordare: i coni, responsabili della visione a colori ma sensibili solo a luci piuttosto intense; i bastoncelli, che sono particolarmente sensibili a basse intensità di luce, ma non ai colori. I coni si suddividono in tre differenti tipologie:

  • coni-S con un picco di assorbimento intorno ai 430 nanometri (sensibilità per il colore blu-violetto);
  • coni-M con un picco di assorbimento intorno ai 530 nanometri (sensibilità per il colore verde);
  • coni-L con un picco di assorbimento intorno ai 570 (sensibilità per la gamma dei rossi).

Il colore primario giallo è assente ed al suo posto troviamo il secondario verde, per poterlo vedere serve una stimolazione elevata dei coni-M e dei coni-L, mentre deve essere quasi nulla quella dei coni-S. Pertanto, i coni operano soprattutto in condizione di luce piena, mentre i bastoncelli permettono la visione anche quando la luce è scarsa. I fotorecettori sono rivolti verso l’interno dell’occhio e non verso l’esterno, in modo da evitare effetti di riflessione interna all’occhio stesso della luce che genererebbe riverberi nell’immagine percepita. Questo significa che la luce, prima di raggiungere un fotorecettore, deve attraversare tutti gli strati di cellule retiniche. La membrana presente, posta dietro alla retina, è molto ricca di melanina: ciò le permette di assorbire la luce incidente, evitando i fenomeni di riflessione citati. I coni sono presenti maggiormente in una zona centrale della retina, detta fovea. Questa differente densità di fotorecettori è responsabile della visione nitida nel punto di fissazione e della visione sfumata e poco definita nella zona periferica del campo visivo. Le cellule neurali presenti nella retina sono stratificate, a partire dai fotorecettori, e possono essere classificate in: cellule orizzontali, bipolari, amacrine e ganglionari; gli assoni di queste ultime formano il nervo ottico che si dipana a partire da una zona particolare detta papilla ottica, un’area in cui mancano i fotorecettori. Infatti, per ogni occhio esiste un punto in cui non si ha visione (il cosiddetto punto cieco, o più correttamente scotoma fisiologico). Le cellule orizzontali sono, invece, responsabili della comunicazione fra cellule dello stesso strato. In generale a ogni cellula gangliare fanno capo più fotorecettori; nel caso dei fotorecettori presenti nella fòvea si ha una cellula gangliare ogni 1-5 coni o bastoncelli. In questo caso l’informazione visiva è il risultato di una combinazione di svariate attivazioni di diversi fotorecettori. L’esame per misurare lo spessore e per vedere la forma della retina (con una luce polarizzata) è la tomografia ottica a coerenza di fase (OCT).

Patologie della retina: la degenerazione della retina

Ogni anno in Italia si verificano circa 20.000 nuovi casi di degenerazione della retina. La degenerazione maculare legata all’età (AMD) è una delle più invalidanti patologie della retina ed è un processo che in alcuni casi porta progressivamente a sviluppare nuovi vasi sanguigni (neovasi) che vanno a danneggiare questo organo, fino a impedirne il funzionamento. Per le persone affette da degenerazione maculare neovascolare legata all’età sono disponibili (a carico del SSN) il pegaptanib ed il ranibizumab, che sono utili nel controllare l’evoluzione della malattia ma solo nella sua forma umida o essudativa, meno frequente e a più rapida evoluzione. Esiste anche un’altra sostanza, che si chiama bevacizumab, che può essere efficace in queste forme nel rallentare la degenerazione delle cellule nervose; tuttavia non è dispensata dal Servizio Sanitario Nazionale a fini oculistici. Il bevacizumab, quando viene utilizzato, è impiegato il più delle volte off-label perché originariamente è stato sintetizzato per trattare il tumore al colon. Tuttavia, si è visto in un secondo momento che era efficace anche per altri usi. Diversi studi internazionali ne attestano l’efficacia per combattere la proliferazione incontrollata dei vasi retinici dannosi e attualmente sono in corso nuovi studi per confrontarne gli effetti con le molecole precedentemente citate. Generalmente gli effetti sono considerati simili, anche se possono differenziarsi per durata nel tempo. In ogni caso, i farmaci generalmente possono rallentare (ma non bloccare) lo sviluppo dei neo-vasi dannosi; ma sono inefficaci nella forma più comune di degenerazione maculare legata all’età, quella detta secca o atrofica, nella quale i neo-vasi non sono presenti. In questi casi, tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che può essere utile adottare uno stile di vita sano per prevenirla (soprattutto quando si hanno altri casi in famiglia): smettere di fumare, praticare regolarmente l’esercizio fisico a ogni età, seguire una dieta ricca di vitamine, antiossidanti e omega-3.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Glaucoma: cos’è, sintomi premonitori, tipi, cure e terapia

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO DIRETTORE MEDICINA ONLINE GLAUCOMA PRESSIONE OCULARE ALTA IPERTENSIONE OCCHIO VISTA NERVO OTTICO UMOR ACQUEO CECITA PERDITA DELLA VISTAIl glaucoma è una malattia degenerativa e progressiva che colpisce il nervo ottico, deputato alla trasmissione delle immagini dall’occhio al cervello. Il glaucoma può essere acquisito o congenito ed in generale è associato ad una pressione intraoculare elevata. Con “glaucoma” in realtà non si indica una sola patologia, bensì è un termine che raggruppa vari tipi di patologie: glaucoma ad angolo chiuso e ad angolo aperto, glaucoma a pressione normale e glaucoma pigmentario. Tutte queste forme hanno come denominatore comune il progressivo danno al nervo ottico e – se non trattate – possono portare a cecità permanente.

Cause del glaucoma

Per comprendere le cause di glaucoma, è necessario un breve ripasso sulla fisiologia dell’occhio. L’umor acqueo è un particolare liquido presente nell’occhio che viene continuamente prodotto e riassorbito, il che permette di mantenere una pressione stabile e fisiologica nel bulbo oculare. In condizioni normali questo ciclo continuo di produzione e riassorbimento consente di mantenere sempre una pressione positiva all’interno dell’occhio, indispensabile per garantire le corrette condizioni adatte ai processi di rifrazione e per rendere ottimale la visione: la pressione intraoculare favorisce infatti il mantenimento della corretta forma del bulbo oculare e protegge quest’ultimo da alcune deformazioni che potrebbero essere causate dalle palpebre, dai muscoli oculari o da altre strutture limitrofe. Se il normale circolo dell’umor acqueo viene ad essere alterato per una qualche ragione, la pressione intraoculare può salire oltre il normale valore di 21 mmHg e rappresentare un rischio per la vista del soggetto, dal momento che può danneggiare il nervo ottico e determinare appunto il glaucoma.

Altri fattori di rischio per il glaucoma

Oltre all’ipertensione oculare, esistono altri fattori di rischio che possono aumentare la probabilità di soffrire di glaucoma:

  • Età avanzata: la frequenza della malattia nella popolazione aumenta sensibilmente dopo i 40 anni di età e non si avvertono differenze tra un sesso e l’altro. È fortemente consigliato effettuare una visita oculistica dopo i 40 anni. Prima per i soggetti con familiarità o altri fattori di rischio. Oltre i 60 anni il rischio di glaucoma è doppio, oltre i 70 anni aumenta fino a cinque volte.
  • Familiarità: chi ha un parente di primo grado affetto dalla malattia, come ad esempio un genitore, corre un rischio da 4 a 10 volte maggiore di manifestarla. Sono stati già individuati alcuni geni sicuramente legati alla comparsa del glaucoma.
  • Fattori sistemici: pazienti affetti da malattie croniche sistemiche come il diabete o ipertensione sistemica hanno più possibilità di sviluppare il glaucoma.
  • Stile di vita: vita sedentaria, scarsa attività fisica, fumo di sigaretta, dieta ricca di cibi grassi e povera di vitamine e minerali, disidratazione, sono tutti fattori di rischio per il glaucoma.

Ipotesi eziopatologiche

Pur essendo ormai certo il ruolo dell’ipertensione intraoculare nel danneggiare il nervo ottico e determinare glaucoma, negli anni sono state proposte varie ipotesi relative a questa patologia:

  • Ipotesi meccanica: il danno glaucomatoso è una diretta conseguenza dell’ipertensione oculare. Si ha una diminuzione del deflusso dell’umor acqueo con conseguente modificazione della lamina cribrosa, blocco del flusso assoplasmatico e danno del soma della cellula gangliare.
  • Ipotesi meccanico-vascolare: l’ipertensione causa la compressione dei piccoli vasi della porzione laminare della testa del nervo ottico e dei vasi coroideali da cui originano scatenando ischemia con sofferenza e distruzione del tessuto nervoso.
  • Ipotesi danno primitivo neurodegenerativo: esiste anche un’ipotesi inerente ad un danno primitivo neurodegenerativo delle cellule ganglionari, questo vale per il glaucoma ad angolo aperto, soprattutto nei casi dove la pressione non è poi così alta. La compromissione si pensa quindi sia dovuta ad un danno iniziale di tipo neurologico come si ha ad esempio nella malattia di Alzheimer.

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Glaucoma primario e secondario

Nel glaucoma primario – per ragioni ancora sconosciute – l’aumento del tono oculare è provocato da una produzione di umore acqueo superiore al normale oppure più facilmente dall’ostruzione delle vie di deflusso. Nei casi in cui il glaucoma fosse provocato invece da affezioni oculari in evoluzione, traumi o prolungata terapia con farmaci cortisonici si parla di glaucoma secondario.

Glaucoma primitivo

Ci sono diverse specie di glaucoma primitivo:

  • glaucoma congenito;
  • glaucoma ad angolo di filtrazione aperto;
    • glaucoma cronico semplice;
    • glaucoma giovanile;
    • glaucoma da cortisone;
    • glaucoma pigmentario;
    • glaucoma esfoliativo;
  • glaucoma ad angolo di filtrazione chiuso;
    • glaucoma acuto;
    • glaucoma subacuto;
    • glaucoma cronico;
    • glaucoma assoluto.

Glaucoma secondario

  • glaucoma secondario ad uso di steroidi;
  • glaucoma secondario ad episclerite/uveite;
  • glaucoma secondario facogenetico;
  • glaucoma secondario a lussazione del cristallino;
  • glaucoma secondario afachico;
  • glaucoma secondario neovascolare;
  • glaucoma secondario a neoplasie.

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Sintomi iniziali e tardivi di glaucoma e di ipertensione oculare

L’ipertensione intraoculare, che rappresenta il primo “step” della malattia, è subdola perché risulta spesso asintomatica, cioè non determina alcun segno o sintomo, come dolore o altro, specie nelle fasi iniziali e se l’alterazione è di pochi mmHg oltre il limite dei 21 fisiologici: basti pensare che addirittura il 50% dei malati di glaucoma attualmente non sa di avere la malattia. Nelle fasi avanzate l’ipertensione oculare potrebbe invece determinare la comparsa di alcuni sintomi relativi al glaucoma, come:

  • comparsa di aloni;
  • buftalmo;
  • dolore oculare;
  • fotofobia;
  • occhi arrossati;
  • restringimento del campo visivo;
  • riduzione della vista.

Il glaucoma conclamato determina un progressivo peggioramento del campo visivo, che, al contrario di altre patologie oculari come la maculopatia, avviene a partire dalle zone più periferiche fino alla parte centrale, a seconda dell’entità del danno che il nervo ottico ha subito. Gli scotomi (zone cieche) vengono notati solo quando diventano estesi ed il danno al nervo ottico è già considerevole. Per questo motivo è fondamentale scoprire il glaucoma in tempo.

Diagnosi di glaucoma

Pur essendo un importante indizio di glaucoma, la pressione intraoculare più elevata del normale (misurata con un tonometro ad applanazione di Goldmann o con un tonometro a soffio), non giustifica necessariamente la diagnosi di glaucoma: esistono infatti molti casi di ipertensione oculare che non determinano la patologia in questione. Lo stato della papilla ottica (testa del nervo ottico) e lo studio del campo visivo potrebbero evidenziare o meno danni al nervo ottico e sciogliere ogni eventuale dubbio, di conseguenza la mera misurazione della pressione intraoculare è da sola completamente insufficiente a definire una diagnosi certa di tale patologia. Esistono esami specifici (GDX-OCT e RTA-TALIA) che aiutano a diagnosticare la malattia nelle fasi iniziali, quando la malattia è sicuramente più controllabile e gestibile. L’esame OCT del nervo ottico fornisce informazioni prevalentemente sulla morfologia della papilla ottica, mentre l’esame GDX mostra la funzionalità delle fibre nervose. Gli esami elettrofunzionali, come i potenziali evocati visivi (PEV) e l’elettroretinogramma (ERG), misurano la risposta di un nervo ottico a uno stimolo sensoriale a differenti frequenze d’onda. Entrambi prevedono una variazione di contrasto e luminanza costante, ottenuta attraverso uno stimolo pattern a scacchi o a griglia sinusoidale, verticale od orizzontale. Un altro esame importante è la gonioscopia, ovvero lo studio del cosiddetto angolo iridocorneale, quella struttura responsabile del deflusso dell’umore acqueo dall’occhio. La gonioscopia viene eseguita dal medico oculista dopo instillazione di collirio anestetico e mediante lenti apposite (a contatto).

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Terapia del glaucoma

Le aree del campo visivo perse a causa dei danni provocati al nervo ottico non possono essere recuperate con nessuna terapia attualmente: le cure hanno funzione esclusivamente conservativa o preventiva nei confronti di un ulteriore danno della visione ed evitare la perdita della vista completa e permanente. Tutte le terapie attuali hanno fondamentalmente lo scopo di abbassare la pressione intraoculare facilitando il deflusso dell’umor acqueo in vari modi, ad esempio rimuovendo una eventuale ostruzione al suo circolo.

Terapia chirurgica

La terapia del glaucoma ha vari tipi di approcci, sia medici che chirurgici come l’intervento al laser o la scleroplastica. La prima metodica è la più diffusa, mentre la seconda è tendenzialmente adottata solo per i casi più gravi. La trabeculoplastica selettiva (SLT-Selective Laser Trabeculoplasty) sembrerebbe dare i migliori risultati nei pazienti non ancora sottoposti a trattamento farmacologico. Di solito la terapia farmacologica è incentrata sulla somministrazione di appositi colliri mentre l’intervento consiste in una trabeculectomia (letteralmente: “taglio del trabecolato”, che è il canale di fuoriuscita dell’umor acqueo). L’utilità della parachirurgica è limitata a pochi casi mentre l’SLT è indicata in tutti i casi di glaucoma ad angolo aperto.

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Terapia medica

La terapia medica attuale è basata essenzialmente sull’uso di colliri che hanno la funzione di ridurre la produzione di umor acqueo o aumentarne l’eliminazione; il capostipite è stata la pilocarpina che per circa un secolo è rimasta l’unico presidio possibile, ma oggi è poco usato a causa di alcuni fastidiosi effetti collaterali. Attualmente sono usati maggiormente i betabloccanti, gli inibitori dell’anidrasi carbonica (fra cui l’acetazolamide e la diclofenamide), gli alfa stimolanti e le prostaglandine con il capostipite latanoprost. In alcuni casi si è assistito alla riduzione della pressione oculare con la marijuana e la cocaina, droghe il cui uso terapeutico è ancora considerato illegale per questa patologia.
Utili consigli per diminuire la pressione intraoculare ed abbassare il rischio di glaucoma e di sua progressione sono lo svolgere periodicamente attività fisica, smettere di fumare, assumere molta acqua durante il giorno, alimentarsi con una dieta ricca di vitamine e minerali e povera di grassi.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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