Con emorragia interna (in inglese “internal hemorrhage” o “internal bleeding”) in medicina si indica un tipo di emorragia in cui il sangue, fuoriuscito da un vaso sanguigno o dal cuore, si riversa e si può accumulare all’interno del corpo. Una emorragia interna di grande entità, come ad esempio quella determinata dalla rottura di un aneurisma cerebrale o dell’aorta, nella maggioranza dei casi rappresenta una emergenza medica e – se non trattata tempestivamente – potrebbe mettere seriamente a rischio la vita del paziente o comunque lasciarlo per tutta la vita con danni gravi ed irreversibili.
Rischi
Sono molteplici i rischi legati ad una emorragia interna. Una emorragia interna è spesso una emorragia subdola perché non è visibile all’esterno e, se lieve, il paziente può anche non accorgersi di averla, se non magari ad un controllo casuale dei valori del sangue, che mostrano una inspiegabile anemia. L’assenza dei sintomi può portare ad un ritardo della diagnosi e ad un relativo aumento della gravità della patologia o condizione che l’ha determinata a monte. In alcuni casi una emorragia interna si manifesta unicamente perché viene ad essere riscontrata in tracce microscopiche in materiali biologici, come nel caso delle feci o delle urine. In alcuni casi se il sangue viene perso nell’intestino ed ha il tempo di coagularsi, può essere ritrovata nelle feci che appaiono di colore marrone molto scuro, tendente al nero (melena).
Compressione
Altra componente che concorre alla possibile elevata gravità di una emorragia interna è il fatto che il sangue non può disperdersi all’esterno e – rimanendo confinato all’interno del corpo – si accumula e l’ematoma può determinare compressione a livello di vasi, nervi od organi vicini, come per esempio avviene nel tamponamento cardiaco da emorragia intrapericardica o nell’aumento della pressione endocranica da ematoma cerebrale.
Decesso
La componente di rischio più importante è ovviamente legata alla perdita di sangue, che – vista l’elevata pressione all’interno delle arterie – può essere copiosa e molto rapida, portando rapidamente ad ipovolemia (cioè riduzione del volume di sangue circolante) e quindi – visto che il circolo sanguigno è un circuito normalmente “chiuso” – ad ipotensione arteriosa (diminuzione della pressione sanguigna), shock ipovolemico emorragico grave e, se la perdita ematica non viene interrotta ed il sangue reinfuso, fatale. In sintesi accade ciò:
- l’emorragia grave determina ipovolemia;
- l’ipovolemia grave determina ipotensione arteriosa;
- l’ipotensione arteriosa grave determina ipoperfusione dei tessuti, anche quelli vitali;
- l’ipoperfusione dei tessuti vitali determina la loro necrosi (morte) ed il decesso.
Se l’emorragia interna è grave – perché è lesionato un grande vaso arterioso – è rapidamente mortale nell’arco di pochi minuti, come ad esempio avviene nell’emorragia da rottura di aneurisma dell’aorta addominale. Anche l’emorragia di una arteria più piccola può essere mortale se non si interviene rapidamente per impedire la fuoriuscita di sangue.
Quanto sangue possiamo perdere prima di morire dissanguati?
Mediamente la quantità di sangue in circolo in un adulto sano si aggira tra i 4,5 ed i 5,5 litri:
- perdite fino a 750 ml nell’adulto comportano sintomi di lieve entità come semplice debolezza (una donazione di sangue corrisponde a 450 ml di sangue);
- perdite pari ad 1.5 litri causano debolezza, sete, ansia, vista annebbiata ed un aumento della frequenza respiratoria;
- quando la quantità persa si avvicina ai 2 litri si avvertono vertigini, confusione e può sopraggiungere la perdita di coscienza;
- con perdite superiori ai 2 litri si può verificare coma e decesso per dissanguamento. Con perdite lievemente superiori ai 2 litri il paziente potrebbe ancora sopravvivere se si blocca immediatamente l’emorragia e si procede con infusione di sangue. Naturalmente questo valore varia in funzione di molti fattori come età, sesso, idratazione e stato di salute generale del soggetto.
Tali valori si riducono nel caso il paziente sia un bambino.
Necrosi
Anche qualora la perdita ematica venga ripristinata prima della morte del paziente, quest’ultimo potrebbe avere dei danni anche irreversibili, perché l’emorragia potrebbe aver lasciato un tessuto del suo corpo senza apporto ematico troppo a lungo e tale tessuto potrebbe essere andato in necrosi, cioè essere ormai morto. Ciò è particolarmente grave nel caso in cui il tessuto rimasto senza sangue sia vitale per la sopravvivenza dell’organismo, come nel caso dell’encefalo o del miocardio (cioè il muscolo cardiaco): in questi casi si determina rispettivamente l’ictus cerebrale e l’infarto del miocardio.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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