Differenza tra dieta mediterranea, vegetariana e vegana

MEDICINA ONLINE MANGIARE DOLCI VERDURA FAMIGLIA MAMMA FIGLI BAMBINI DIETA FIBRA GRASSI ZUCCHERI PROTEINE GONFIORE ADDOMINALE MANGIARE CIBO PRANZO DIMAGRIRE PANCIA PESO INTESTINO DIGESTIONE STOMACO CALORIE METABOLISMOPrima di iniziare, è importante un piccolo ripasso sui tre tipi di dieta:

La dieta vegetariana viene seguita da coloro che seguono una alimentazione che non comprenda parti del corpo di un animale (carne e pesce), ma può includere prodotti di origine animale, come miele, latte e uova e loro derivati (come formaggi o prodotti che li contengono, es. le torte).

La dieta vegana è invece seguita da colore che che non mangiano nulla che abbia un’origine animale, quindi non mangiano carne e pesce ma neanche latte, prodotti caseari o uova.

La dieta mediterranea è un modello di alimentazione ispirato ai modelli alimentari diffusi in alcuni paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo, come la Spagna, la Grecia, il Marocco ed ovviamente l’Italia. La dieta mediterranea è riconosciuta dall’UNESCO e si basa su alimenti tradizionalmente consumati in questi paesi in una proporzione che privilegia cereali, frutta, verdura, semi, olio di oliva (grasso insaturo), rispetto ad un più raro uso di carni rosse e grassi animali (grassi saturi), mentre presenta un consumo moderato di pesce, carne bianca (pollame), legumi, uova, latticini, vino rosso, dolci.

Pur non esistendo attualmente studi sperimentali che mettano a confronto la dieta mediterranea con quella vegetariana e vegana, valutando l’effetto delle tre diete nello stesso gruppo di soggetti a tempi diversi, si può però ammettere che esistono tanti punti in comune tra i tre modelli di alimentazione, specie valutando i vantaggi per la salute. Sia la dieta mediterranea che la vegetariana/vegana sono infatti ricche in acidi grassi monoinsaturi (grassi “buoni”), fibre e antiossidanti, inoltre entrambe le diete assicurano anche un basso apporto di grassi totali e soprattutto di saturi. Difficile dire allo stato attuale della ricerca, quale sia la più salutare: ulteriori ricerche in futuro – forse – potranno chiarire tutti i dubbi. Quello che è certo oggi è che le tre diete hanno dei punti a favore molto importanti, elencati di seguito.

Dieta mediterranea: i punti a favore

La dieta mediterranea è, dal punto di vista nutrizionale, un regime alimentare salutare, adatto a chi desidera perdere peso in modo naturale e controllato o a chi sia normopeso e voglia mantenere il proprio peso forma. La dieta Mediterranea è amata e consigliata dai medici perché si propone sana e completa, quindi vediamo quali sono i suoi punti di forza:

  • è una dieta completa: la dieta Mediterranea apporta carboidrati complessi, vitamine e sali minerali, con la frutta e la verdura, nonché un’importante quantità di proteine leggere, attinte dalla carne bianca come il pollo e il tacchino;
  • i metodi di cottura sono salubri: dal vapore alla scelta di consumare alimenti vegetali crudi, la dieta Mediterranea punta su tutto all’integrità delle sostanze nutritive;
  • i grassi sono buoni: dall’olio extravergine di oliva fino ai grassi contenuti nel pesce, la dieta Mediterranea è ricca di omega 3 e di omega 6 che proteggono l’organismo e migliorano le funzioni vitali;
  • è gustosa e varia quindi può essere seguita facilmente da tutti.

Dieta vegetariana e vegana: i punti a favore

La dieta vegetariana e quella vegana vanta molte buone caratteristiche che possono essere sfruttate da chi sta cercando di perdere peso in modo naturale e da chi è normopeso e vuole rimanere in forma:

  • è leggera: grazie alla mancanza di alimenti fibrosi e di origine naturale, la dieta vegetariana è sicuramente leggera e facilita la digestione, quindi si propone ideale per chi desidera seguire una dieta ricca di fibre e votata alla depurazione;
  • è “divertente”: le verdure possono essere preparate in mille e più modi, quindi arricchite con cereali e altri ingredienti gustosi. Largo alla fantasia, perché la dieta vegetariana è buona e colorata, perfetta per chi desidera perdere i chili in eccesso rispettando la natura;
  • è cruelty free: la dieta vegetariana ama gli animali e li rispetta, quindi si propone come un regime dietetico perfetto per chi desidera rispettare l’ambiente;
  • è varia: sfatiamo il mito che la dieta vegetariana sia sinonimo di dieta monotona: specie negli ultimi tempi le ricette vegetariane si sono esponenzialmente moltiplicate sul web!

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Differenza tra dieta vegana e vegetariana con esempi

MEDICINA ONLINE CIBO VEGAN GIRL VEGETARIAN EAT WOMAN DINNER CRUDISTI FRUTTARIANI VEGETARIANI VEGETARIANI DIFFERENZE VERDURA CARNE CIBO PROTEINE WALLPAPER HD PHOTO PICTURE HI RES EATING MANGIARE DIETA RICETTAVegetariano e vegano sono la stessa cosa? No, i due termini NON sono sinonimi, indicano due tipi di alimentazione per alcuni versi molto simili, ma con qualche differenza importante da sottolineare.

I vegetariani non mangiano carne, né di animali che vivono sulla terra né in mare, quindi per un vegetariano a tavola sono esclusi bovini, suini, ovini, ma uccelli ed anche pesci, crostacei e molluschi. Lo scopo di ciò è principalmente impedire la sofferenza e la morte di animali innocenti, oltre alla convinzione che questo tipo di alimentazione sia più salutare. Un vegetariano mangia invece cibi di origine animale, come il latte o le uova.

I vegani (anche detti vegetaliani), al pari dei vegetariani, evitano di mangiare animali di terra e di mare, ma – al contrario dei vegetariani – rifiutano tutti i cibi di origine animale compresi i loro derivati. Questo perché l’obiettivo è non solo quello salutistico o di non uccidere gli animali, ma anche di non far soffrire quest’ultimi, sfruttandoli per le nostre esigenze alimentari. Ciò vuol dire che, oltre a non mangiare carne, non mangiano nemmeno le uova, il formaggio, il miele e tutti quei cibi che originano dagli animali. Per lo stesso motivo i vegani non usano nemmeno la seta, i piumini d’oca o la lana.

Sia i vegetariani che i vegani tendono ad avere un gran rispetto per la natura e perciò spesso fanno la raccolta differenziata ed evitano anche di usare tutti i prodotti cosmetici o i capi d’abbigliamento che contengono ingredienti animali o che siano stati testati su di loro.

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La dieta vegana fa bene al sesso?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO VERDURA CIBO VEGETALI DIETA DIMAGRIRE CUCINA (5)Il cetriolo non è mai stato così buono…o birichino. Inizia proprio così il messaggio che il popolo vegano ha voluto lanciare in occasione del World Vegan Day, ovvero la giornata mondiale dedicata a chi mangia vegano, cioè seguendo una dieta priva di alimenti di origine animale (e dunque niente carne nè pesce, ma neppure latte, latticini e uova). Ma non si tratta dell’unico slogan ad effetto (o doppio senso), perchè per l’occasione la Peta , la People for the Ethical Treatment of Animals, ha voluto andare oltre, puntando sul sesso, spiegando: i vegani? I migliori a letto! L’associazione senza fini di lucro, che sostiene i diritti degli animali e si oppone ad ogni forma di loro sfruttamento, ha dunque deciso di mettere a punto una vera campagna che spiega come le prestazioni sotto le lenzuola dei vegani siano superiori e migliori di quelle degli “altri”. Una campagna che ha già iniziato a far discutere, non fosse altro perché non lascia nulla all’immaginazione. Tanto per fare un esempio, in un fotogramma del video messo a punto per sostenere la dieta vegana vengono mostrati due uomini adulti, vestiti di tutto punto, con un cetriolo (appunto) tra le gambe, felici e soddisfatti. Nel filmato si vedono poi altri uomini intenti a mostrare le proprie “doti”, anche in questo caso trasformate in ortaggi come carote o melanzane.

Leggi anche: In Australia i vegetariani uccidono più animali degli onnivori

L’obiettivo della campagna, chiamata Stay firm and fresh, è chiaro: mostrare i benefici di uno stile alimentare e di vita improntato all’esclusione dei cibi di origine animale e centrato invece su quelli vegetali. E la motivazione più forte sarebbe (almeno nel video) proprio quella di permettere di migliorare le proprie performance a letto: il colesterolo contenuto in carne e uove – sostengono i vegani – ostruisce le arterie e rallenta il flusso sanguigno destinato a tutti gli organi del corpo umano, compresi naturalmente i genitali. La dieta vegana, al contrario, è povera di grassi e di colesterolo, permette di avere un fisico più snello e riduce la probabilità di avere malattie cardiache. Provare per credere, sembra dire la Peta, che è disponibile a mettere a punto un menù vegano per chiunque volesse avvicinarsi a questo tipo di alimentazione. Il tutto senza contare che, evitando di mangiare proteine animali, l’associazione spiega che si possono salvare mediamente oltre 100 animali all’anno ciascuno da sofferenze atroci dovute alle condizioni di allevamento e successiva mattanza. La campagna provocatoria ha già sollevato più di una critica, ma non si tratta della prima volta che il mondo vegano cerca di attirare l’attenzione in modo eclatante. In passato si cercò di sostenere che anche Gesù Cristo fosse vegano, mentre in un’altra occasione alcune città vennero tappezzate di cartelloni che mostravano dei maiali, con sotto una scritta che recitava: “È mostro per i vostri peccati”. Altre polemiche, anche molto dure, si scatenarono poi quando la dieta tradizionale venne paragonata ad un campo di sterminio di ebrei da parte nazista, dove le vittime erano naturalmente gli animali. Meno “dura” , infine, la campagna che vide come protagoniste delle modelle, vestite solo di insalata.

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La dieta vegana fa bene o male all’ambiente?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO VERDURA CIBO VEGETALI DIETA DIMAGRIRE CUCINA (3)

“Con una dieta vegana si potrebbe risparmiare circa una tonnellata e mezzo di CO₂ a persona all’anno”. Lo sostiene la Vegan Society. Il dato è ricondotto a studi dell’Università di Chicago e viene inserito in un confronto con altri settori, sottolineando che l’allevamento animale genererebbe un impatto climatico persino superiore a quello dei trasporti. Questo tipo di affermazione si inserisce nel più ampio dibattito sull’impatto ambientale dell’alimentazione, un campo che negli ultimi due decenni ha ricevuto crescente attenzione da parte della comunità scientifica e delle istituzioni internazionali.

Prima di assumere il valore di 1,5 tonnellate come conclusione definitiva, è fondamentale definire alcuni concetti chiave. Quando si parla di emissioni si utilizza il termine “gas serra” per riferirsi non solo all’anidride carbonica, ma anche al metano e al protossido di azoto, che vengono convertiti in valori comparabili attraverso l’unità CO₂ equivalente. Inoltre, per stimare l’impatto di una dieta non basta considerare il cibo in sé, ma anche i confini del sistema analizzato: produzione agricola, trasformazione, trasporto, distribuzione e gestione dei rifiuti possono modificare significativamente le stime.

Il messaggio centrale dell’articolo è che la sostituzione degli alimenti animali con equivalenti vegetali determinerebbe un risparmio netto di emissioni su scala individuale. Nei capitoli successivi occorre comprendere se tale cifra sia realistica, in quali condizioni lo sia e quali limiti metodologici possono modificarne l’interpretazione.

Evidenze scientifiche, limiti e variabilità

Una delle fonti più citate nel dibattito è il rapporto FAO del 2006 “Livestock’s Long Shadow”, che stimava nel settore zootecnico circa il 18 per cento delle emissioni antropogeniche di gas serra a livello globale. Questo dato ebbe un impatto notevole sul discorso pubblico, anche perché risultava superiore a quello attribuito al settore dei trasporti. Studi successivi hanno però rivisto queste percentuali, spesso ridimensionandole intorno al 14–15 per cento, a seconda della metodologia adottata e del perimetro di analisi. Ciò dimostra quanto il risultato dipenda dalle assunzioni di partenza e dai criteri di calcolo.

La letteratura comparativa sulle diverse diete mostra che regimi a prevalenza vegetale comportano riduzioni sostanziali delle emissioni pro capite. Analisi condotte su ampi campioni in Europa e Nord America hanno documentato come vegetariani e vegani abbiano un’impronta carbonica inferiore del 25–50 per cento rispetto agli onnivori, con valori assoluti che in alcuni casi raggiungono proprio la riduzione di 1–1,5 tonnellate di CO₂ equivalente per anno. Lo studio di Poore e Nemecek pubblicato su Science nel 2018 rappresenta una delle sintesi più complete, dimostrando che la produzione di carne e latticini è mediamente molto più impattante rispetto a legumi, cereali e ortaggi, pur con ampie differenze tra tipologie di allevamento e contesti produttivi.

Le differenze osservate sono dovute a molteplici fattori. Un sistema agricolo intensivo in Europa non è paragonabile a un sistema estensivo in Sud America legato alla deforestazione. L’efficienza tecnologica, la gestione dei fertilizzanti, l’origine geografica dei prodotti, la stagionalità e persino lo spreco alimentare influenzano il bilancio finale. Inoltre la sostituzione di alimenti non è mai puramente quantitativa: eliminare la carne e introdurre legumi o cereali implica variazioni di apporto calorico e proteico che incidono sui calcoli finali. In definitiva, il valore di 1,5 tonnellate rappresenta un ordine di grandezza plausibile in condizioni ottimali, ma non è applicabile in modo uniforme a tutte le popolazioni e a tutti i sistemi produttivi.

Implicazioni, prospettive e raccomandazioni

Il significato di questa stima è importante perché consente di comunicare al grande pubblico l’idea che le scelte individuali possano avere un impatto ambientale non marginale. In termini aggregati, se intere popolazioni riducessero significativamente il consumo di carne e derivati animali, il risparmio complessivo di emissioni sarebbe paragonabile a quello ottenibile da politiche energetiche di vasta portata. Tuttavia presentare un valore unico come se fosse valido ovunque e comunque rischia di semplificare eccessivamente una questione complessa.

Le implicazioni pratiche non riguardano soltanto il clima. L’adozione di una dieta vegana richiede attenzione nutrizionale, ad esempio per garantire un adeguato apporto di vitamina B12, ferro e proteine di qualità, aspetti che devono essere affrontati con educazione sanitaria e con il supporto di professionisti. Esistono inoltre barriere culturali ed economiche che rendono difficile una transizione radicale, soprattutto in contesti dove la carne ha un forte valore identitario o dove i prodotti vegetali ad alto contenuto proteico non sono facilmente accessibili.

Dal punto di vista della ricerca è fondamentale sviluppare studi più localizzati, capaci di valutare l’impatto delle diete nelle specifiche filiere agricole di ciascun Paese. Politiche pubbliche mirate potrebbero incoraggiare una riduzione graduale del consumo di carne, promuovere sistemi di allevamento più efficienti e valorizzare pratiche agricole sostenibili. Allo stesso tempo è importante monitorare i risultati reali di tali interventi e non solo basarsi su stime teoriche.

In conclusione, l’affermazione che una dieta vegana possa ridurre di circa una tonnellata e mezzo le emissioni annuali di una persona trova fondamento in diversi studi, ma va letta con cautela e contestualizzata. È più corretto considerarla una stima di potenziale beneficio, utile per orientare le scelte collettive e individuali, piuttosto che un valore fisso e universale.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine