Visita senologica e palpazione della mammella femminile [VIDEO]

La visita senologica periodica è un importante strumento per la diagnosi precoce del tumore mammario dopo la quarta decade di vita. L’esame clinico mira ad identificare eventuali lesioni o noduli sospetti della mammella e del cavo ascellare ed indirizza nella scelta delle indagini strumentali (ecografia e mammografia) per l’approfondimento diagnostico. Inoltre il senologo potrà richiedere esami del sangue ed una radiografia del torace, per valutare ed indagare in maniera più efficace una situazione clinica sospetta. La palpazione e l’ispezione del cavo ascellare sono parti estremamente importanti della visita senologica e si svolgono come mostrato nei video che possono essere visionati seguendo QUESTO LINK e QUESTO LINK.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Si cura cancro al seno con dieta e argilla: donna gravissima a Rimini

MEDICINA ONLINE CHIRURGO CHIRURGIA OPERAZIONE CHIRURGICA TERAPIA ASPORTAZIONE BISTURI SALA OPERATORIA TUMORE CANCRO SUTURA MASSA TUMORALE STADIAZIONE MAMMELLA POLMONI TECNICA GENERALE PANCREAS ANESTESIANon seguire le cure ufficiali della scienza medica in favore di tecniche alternative, può comportare gravissimi rischi per la salute. L’ha imparato a sue spese una donna con cancro al seno che ha cercato di curare il tumore dimagrendo trenta chili, secondo la teoria – del tutto anti-scientifica – che “affamando il corpo si affama anche il tumore”, inoltre ha usato argilla come antinfiammatorio, posizionandola sulle mammelle. La donna di 65 anni, madre di tre figli, è arrivata in condizioni disperate nel reparto di chirurgia del seno dell’ospedale di Santarcangelo di Romagna, in provincia di Rimini, a causa di cure anti-cancro alternative, quest’ultime sempre più rischiose perché danno al paziente un falso senso di terapia e ritardano le cure ufficiali che – nel caso del cancro – più passa il tempo e meno sono efficaci.

In aumento le cure alternative

Il primario, Domenico Samorani: “Aveva perso almeno trenta chili e nelle ultime settimane aveva messo sul seno dell’argilla nel tentativo di calmare l’infiammazione. Abbiamo faticato non poco per toglierla. Le abbiamo fatto capire che doveva curare l’anemia perché aveva perso moltissimo sangue attraverso questo tumore e che doveva essere operata. Sembrava convinta, poi la mattina in cui doveva entrare in sala operatoria è scappata, poi con delicatezza, attenzione e un lungo dialogo i sanitari l’hanno infine convinta a sottoporsi all’operazione. Questo non è certo l’unico caso che abbiamo registrato quest’anno: ne sono arrivate almeno altre cinque di donne con tumori curati nei modi più improbabili o non curati, tra queste c’era anche un medico di Bologna”.

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Noduli al seno: quando preoccuparsi ed andare dal medico?

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA UOMO QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIAQuando si scopre una formazione sospetta nel proprio seno, è importante ricordarsi che non tutti i noduli al seno indicano cancro: ad esempio i fibroadenomi sono molto diffusi e benigni. La presenza di una formazione, tuttavia, non va mai sottovalutata, specie se è comparsa dal nulla, tende ad ingrandirsi e contemporaneamente sono presenti una serie di altri segni e sintomi che potrebbero rafforzare il sospetto di cancro alla mammella, tra i quali:

  • un ispessimento diverso dagli altri tessuti della mammella,
  • una mammella che diventa più grande o più bassa,
  • un capezzolo che cambia posizione, morfologia o si ritrae (capezzolo introflesso),
  • la presenza di una increspatura della pelle o di fossette, “pelle a buccia d’arancia”,
  • un arrossamento cutaneo intorno a un capezzolo,
  • una secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo,
  • dolore costante in una zona della mammella o dell’ascella,
  • un gonfiore sotto l’ascella o intorno alla clavicola.

La presenza di dolore (“mastodinia“) può essere indicativo sia di tumore ma anche di altre patologie. I sintomi sono tanto più indicativi di malattia maligna quanto più si presentano monolateralmente (cioè ad una sola mammella e non ad entrambe). Di tanto in tanto, il tumore alla mammella si presenta come malattia metastatica che corrisponde alla diffusione del cancro oltre all’organo di origine. I sintomi in caso di tumore metastatico dipenderanno dalla localizzazione delle metastasi le cui sedi più comuni sono ossa, fegato, polmoni e cervello. Una inspiegabile perdita di peso può talvolta preannunciare un tumore alla mammella occulto, così come la presenza di febbre o brividi. Dolori alle ossa o alle articolazioni possono a volte essere manifestazioni della presenza di metastasi, così come l’ittero o sintomi neurologici. Questi sintomi sono definiti non-specifici, nel senso che potrebbero essere anche manifestazioni di molte altre malattie.

La maggior parte dei sintomi correlati alla mammella, tra cui la maggior parte dei noduli, non risultano poi essere indice di un tumore sottostante. Meno del 20% dei noduli, per esempio, sono cancerogeni e le patologie mammarie benigne, quali mastiti e fibroadenoma della mammella sono le cause più comuni dei sintomi. Tuttavia, la comparsa di un nuovo sintomo deve essere presa seriamente in considerazione sia dal paziente che dal medico, per via della possibilità di incorrere in un tumore alla mammella a qualsiasi età.

Tutti i segni e sintomi finora elencati sono ancora più indicativi di cancro mammario, se il paziente presenta i seguenti fattori di rischio:

  • sesso femminile (ricordiamo infatti che il cancro mammario può colpire anche l’uomo, ma molto più raramente);
  • età avanzata (>30 anni, specialmente superati i 50 anni);
  • fumo di sigaretta;
  • genetica (altri casi in famiglia: madre, sorella…);
  • mancanza di procreazione;
  • esposizione ad inquinamento atmosferico;
  • mancanza di allattamento al seno;
  • elevati livelli di alcuni ormoni;
  • dieta ricca di grassi;
  • obesità.

Va infine ricordato che la presenza dei segni e sintomi elencati non assicurano una diagnosi corretta: quest’ultima si dovrà infatti avvalere di esami strumentali (ecografia, mammografia, biopsia…) e di laboratorio.

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Come riconoscere un nodulo maligno da uno benigno?

Sentire qualcosa sotto le dita quando si palpa il seno è sempre un elemento di ansia per una donna. Eppure i cosiddetti “noduli” non sono, nella maggior parte dei casi, sintomi preoccupanti. Come spiegano le linee guida della Società italiana di senologia, molto dipende dall’età di comparsa della formazione. Fra i 20 e i 30 anni sono molto comuni i fibroadenomi, duri e fibrosi, dovuti alle variazioni ormonali tipiche dell’età. Possono essere dolorosi, specie in alcune fasi del ciclo, e regrediscono o diminuiscono con le gravidanze e l’allattamento. Fra i 30 e i 50 anni, invece, sono comuni le cisti sierose, costituite da una capsula contenente liquido. Il medico esperto è capace, già alla palpazione, di distinguere una formazione benigna da una maligna. La prima in genere si muove se spostata con i polpastrelli, mentre una formazione maligna rimane aderente al piano sottostante. Inoltre fibroadenomi e cisti hanno un contorno regolare, mentre spesso le neoformazioni maligne hanno bordi irregolari.

Perdita di peso immotivata

La maggior parte delle donne potrebbe essere davvero felice di perdere peso senza ragione e, soprattutto, senza fatica. Rimane il fatto che se fluttuazioni di piccola entità sono normali e possono dipendere da fattori stagionali, ormonali o persino emotivi, legati allo stress, un dimagrimento di cinque o più chilogrammi in un mese (o del cinque per cento del proprio peso in sei mesi, o meno) in assenza di una dieta o di un aumento sostanziale dell’esercizio fisico e quindi del metabolismo basale, merita una visita di controllo. Le cellule cancerose sono infatti dotate di un metabolismo molto attivo e un aumentato consumo energetico da parte dell’organismo è un segno che qualcosa non va per il verso giusto. Attenzione però: prima di pensare a un tumore, bisogna escludere altre condizioni o patologie più comuni, come un disturbo della tiroide (ad esempio ipertiroidismo, molto frequente nel sesso femminile) oppure una patologia gastrointestinale che interferisce con l’assorbimento delle sostanze nutritive, oppure l’anoressia nervosa. Anche iniziare a fumare o l’uso di droghe può determinare perdita di peso. Per capire la causa della perdita di peso, il medico potrà prescrivere alcuni esami del sangue, che verificheranno la presenza di carenze, di anemia o di infiammazione in corso. Inoltre verranno valutati i livelli degli ormoni tiroidei. Solo se gli esami del sangue non saranno risolutivi e se la perdita di peso continuerà ad aumentare, il medico ricorrerà a esami strumentali come ecografie, radiografie e TC.

Cambiamenti a carico del seno

La maggior parte delle donne conosce bene la conformazione del proprio seno anche quando non ha l’abitudine di praticare l’autopalpazione. Gli esperti segnalano però un’eccessiva attenzione alla presenza di noduli e formazioni solide e una scarsa attenzione ad altre manifestazioni che possono essere indicative di un cancro del seno come un arrossamento persistente della cute in una determinata zona della mammella e un ispessimento della pelle (che talvolta assume il tipico aspetto a buccia d’arancia). In ambedue i casi questi sintomi potrebbero essere un segnale di una forma di neoplasia con una forte componente infiammatoria. Anche cambiamenti a carico del capezzolo meritano una visita dal medico: modifiche della forma (retrazioni o protrusioni inusuali), così come la perdita di sangue, siero o latte (ovviamente in un momento in cui non si sta allattando) vanno verificate con un esperto. Questi procederà a esaminare il seno al tatto, farà alcune domande riguardanti la salute della donna in generale e il suo stato ormonale in particolare. In caso di perdite dal capezzolo vengono richiesti anche alcuni esami del sangue, tra i quali la misurazione della prolattina, un ormone che stimola la produzione di latte e che può aumentare anche in alcuni tumori benigni o in seguito ad alcune terapie farmacologiche. In caso di sospetto, il medico generalmente prescriverà, a seconda dell’età e del sintomo, una ecografia (sotto i 35 anni) o una mammografia (sopra i 35 anni) o entrambe.

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Sanguinamenti non comuni

Perdere sangue (tranne ovviamente durante il ciclo mestruale) è sempre un segno di qualcosa che non va. E se la perdita ematica con le feci, specie se rossa, è quasi sicuramente dovuta a emorroidi infiammate (ma merita, almeno fino alla diagnosi, un controllo più approfondito), la presenza di sangue nelle urine richiede un esame delle stesse e un’ecografia renale. Nel primo caso il sangue potrebbe nascondere un cancro del colon, in costante aumento anche tra le donne perché legato a scorrette abitudini di vita. In questo caso è spesso utile ricorrere alla ricerca del sangue occulto nelle feci anche se si è al disotto dei 50 anni di età, momento a partire dal quale questo esame è consigliato pur in assenza di sintomi. La tappa successiva è l’ecografia addominale o più spesso, la colonscopia, che permette di fugare ogni dubbio. L’esame delle urine e l’eventuale analisi di cellule epiteliali staccatesi dalla parete della vescica permette di diagnosticare eventuali infezioni e di escludere un cancro della vescica. L’ecografia renale studia invece l’intero decorso dell’apparato urinario e può mettere in luce anche la presenza di calcoli renali.

Dolore

Si dice sempre che se fa male, non è un cancro. Una voce popolare non priva di fondamento che però non tiene conto di alcuni casi nei quali un dolore sordo e persistente può essere un campanello d’allarme per una malattia neoplastica. Il dolore al seno è infatti spesso presente nel tumore mammario, così come il dolore osseo, specie alla schiena, merita sempre un approfondimento se non scompare nel giro di qualche settimana o con l’aiuto di farmaci antinfiammatori, dal momento che potrebbe indicare metastasi. Il dolore è un sintomo molto complesso da inquadrare, poiché può avere molte cause, quindi la presenza di dolore non indica necessariamente cancro o metastasi.

Linfonodi ingrossati

È bene ricordare che, quando si nota un linfonodo ingrossato, nella maggioranza dei casi la causa del disturbo è infettiva. Questi piccoli noduli posti nelle intersezioni strategiche del corpo umano (alla base del collo, sotto le ascelle, nell’inguine, nel torace tra i due polmoni) hanno infatti il compito principale di filtrare gli agenti infettivi e favorire la produzione di anticorpi in grado di combatterli. Trovare un linfonodo ingrossato è quindi un’evenienza piuttosto comune. I linfonodi sono anche importanti in un gran numero di malattie autoimmuni, come il lupus eritematoso sistemico, e ciò proprio per il loro ruolo di sentinelle del sistema immunitario. Quando bisogna preoccuparsi? Secondo gli esperti dell’ASCO, bisogna far valutare dal medico qualsiasi linfonodo che non diminuisca di volume nel giro di una decina di giorni. Inoltre se un linfonodo ascellare continua ad aumentare di volume, è necessaria una ecografia di controllo ed eventualmente una biopsia. I linfonodi possono aumentare di volume sia per neoplasie del sistema linfatico stesso (come le leucemie) sia per invasione da parte di cellule maligne provenienti da neoformazioni di organi vicini.

Febbre persistente

La febbre non è un sintomo tipico delle malattie oncologiche, almeno in fase iniziale: è più comune nelle forme metastatiche e per questo in genere non la si considera allarmante. Nonostante ciò è possibile che in alcuni casi un tumore alteri i sistemi di controllo della temperatura corporea. Può accadere, per esempio, nel caso di tumori del fegato e del pancreas.

Stanchezza inspiegabile

Una stanchezza anomala che perduri a lungo può essere provocata da carenze nutrizionali o da anemia. Ma anche l’anemia stessa è un sintomo che può fungere da campanello d’allarme per una malattia oncologica, non solo della mammella. Ecco perché qualsiasi senso di spossatezza che duri oltre due settimane in assenza di una malattia o di una situazione oggettiva che lo giustifichi deve essere riferita al medico, che valuterà la necessità di procedere con altri esami.

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Tumore al seno ed età: a quanti anni si può verificare?

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIAAttualmente una donna su otto sviluppa il cancro al seno e le donne più colpite sono quelle che presentano questi fattori di rischio:

  • fumo di sigaretta;
  • famigliarità (altri casi in famiglia: madre, sorella…);
  • mancanza di procreazione;
  • esposizione ad inquinamento atmosferico;
  • positività al test genetico per BRCA1 o 2;
  • mancanza di allattamento al seno;
  • elevati livelli di alcuni ormoni;
  • dieta ricca di grassi;
  • obesità.

Uno dei fattori di rischio più importanti per il cancro al seno è però l’età avanzata. Pur potendo colpire a qualsiasi età, è sicuramente più probabile in donne al sopra dei 30 anni di età, ed il rischio aumenta col passare degli anni. Il rischio più elevato è al di sopra dei 50 anni di età: più del 75% dei casi di tumore del seno colpisce infatti donne sopra i 50 anni, mentre è meno frequente prima della menopausa.

A seconda dell’età della donna, e fermo restando una visita senologica periodica e l’auto palpazione dovrebbero essere sempre effettuate dai 20 anni in poi, esistono tecniche specifiche per aumentare la possibilità di diagnosi precoce:

Tra i 20 e i 40 anni generalmente non sono previsti esami particolari, se non una visita annuale del seno dal medico senologo. Solo in situazioni particolari, per esempio in caso di familiarità o di scoperta di noduli, è possibile approfondire l’analisi con una ecografia o una biopsia (agoaspirato) del nodulo sospetto. La mammografia non è raccomandata perché la struttura troppo densa del tessuto mammario in questa fascia di età renderebbe poco chiari i risultati.

Tra i 40 e i 50 anni le donne con presenza di casi di tumore del seno in famiglia dovrebbero cominciare a sottoporsi a mammografia con cadenza annuale, meglio se associata a ecografia vista la struttura ancora densa del seno.

Tra i 50 e i 60 anni come prima accennato, il rischio di sviluppare un tumore del seno è piuttosto alto e di conseguenza le donne in questa fascia di età devono sottoporsi a controllo mammografico ogni anno.

Infine, anche dopo i 60 anni la prevenzione oncologica è importante e, nel caso del tumore del seno, lo è ancora di più, dal momento che tra i 50 e i 70 anni il rischio di sviluppare questo tumore raggiunge il suo massimo. Gli esperti consigliano una mammografia ogni due anni almeno fino ai 75 anni perché la vita media si è allungata e si possono ottenere buoni risultati terapeutici anche in pazienti anziane.

Nelle donne positive al test genetico per BRCA1 o 2 è indicata un’ecografia semestrale e una risonanza annuale, anche in giovane età.

Anche se la mammografia rimane uno strumento molto efficace per la diagnosi precoce del tumore del seno, oggi sono disponibili anche altre tecniche diagnostiche come la risonanza magnetica (ancora limitata a casi selezionati), la PEM (una tomografia a emissione di positroni – PET – specifica per le mammelle) e un nuovo esame già definito il Pap-test del seno che consiste nell’introduzione di liquido nei dotti galattofori (i canali attraverso i quali passa il latte) e nella successiva raccolta di questo liquido che porta con sé anche alcune cellule. Grazie al microscopio è poi possibile individuare quali tra le cellule fuoriuscite ha caratteristiche pretumorali permettendo una diagnosi molto precoce del tumore del seno.

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Malattia di Paget del capezzolo: sintomi precoci, cause e cure

ChirurgiaLa malattia di Paget del capezzolo (o “malattia di Paget della mammella”, da non confondere con il morbo di Paget, o osteite deformante, che è una malattia metabolica delle ossa) è un’alterazione simil flogistica della pelle del capezzolo, molto simile ad un eczema, ma in realtà causata da un tumore duttale infiltrante della mammella. A causa del suo aspetto innocuo e superficiale, viene diagnosticato spesso tardivamente, in fase non precoce e quindi legato a prognosi più gravi. E’ raro: rappresenta appena il 2% circa di tutti i casi di tumori alla mammella e colpisce soprattutto dalla quinta decade in poi (>50 anni). Dal punto di vista anatomo-patologico la neoplasia si sviluppa dalle strutture duttali principali (dotti galattofori), quindi infiltra progressivamente, con una crescita caratteristica, la cute del capezzolo e dell’areola. Nel tessuto mammario circostante sono presenti edema ed iperemia.

Sintomi

I sintomi includono:

  • formicolio e dolore al capezzolo;
  • rossore del capezzolo;
  • bruciore e maggiore sensibilità del capezzolo;
  • introflessione del capezzolo;
  • presenza di nodulo;
  • pelle secca, irritata o squamosa, con sintomi spesso simili in apparenza a quelli di un eczema sul capezzolo, sull’areola o su entrambi;
  • secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo, spontanea o dopo spremitura del capezzolo.

I sintomi generalmente si riferiscono ad un solo capezzolo.

Le modifiche cutanee che coinvolgono il capezzolo possono esordire e risolversi entro breve tempo o rispondere al trattamento topico, facendo sembrare che la pelle sia in via di guarigione. In media, il paziente può sperimentare segni e sintomi limitati ad un aspetto superficiale per 6-8 mesi, prima che sia formulata la corretta diagnosi. In realtà, la comparsa di queste alterazioni cutanee simil-flogistiche è indicative di una condizione di base molto grave. Per evidenziare una probabile lesione associata alla malattia di Paget, può essere utile controllare regolarmente il capezzolo e l’areola di entrambe le mammelle, durante l’autoesame del seno. Se viene avvertito un nodulo od una variazione dell’aspetto o della forma di una mammella, oppure se compaiono prurito ed irritazione che persistono per più di un mese, è consigliabile consultare un medico.

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L’importanza di una diagnosi precoce

Come e più di altre patologie tumorali, quanto prima viene diagnosticata la Paget, tanto maggiori sono le possibilità di trattare con successo la patologia. La malattia di Paget del capezzolo è invece purtroppo spesso “mal diagnosticata” precocemente, perché è rara, inoltre i sintomi possono suggerire una condizione benigna della pelle e portare il medico su una “cattiva strada”. I pazienti spesso presentano i sintomi per diversi mesi prima che la condizione sia diagnosticata correttamente, rendendo la prognosi meno buona.

Diagnosi

La diagnosi comprende solitamente:

  • visita senologica con esame obiettivo della mammella;
  • mammografia;
  • ecografia mammaria;
  • risonanza magnetica;
  • biopsia del linfonodo sentinella: in caso di cancro invasivo della mammella, devono essere esaminati i linfonodi sentinella sotto il braccio (linfonodi ascellari), i primi ad essere raggiunti da eventuali metastasi in presenza di tumori maligni. Durante la procedura, il chirurgo individua un linfonodo e lo rimuove per verificare se le cellule tumorali si sono diffuse in questa zona.
  • biopsia ed esame istologico del capezzolo.

Una biopsia del capezzolo consente ai medici di diagnosticare correttamente la malattia di Paget. Questo esame consiste nella raschiatura delle cellule cutanee superficiali o nella rimozione di un piccolo campione di tessuto per l’analisi microscopica. Un patologo esamina al microscopio le cellule o i tessuti prelevati, alla ricerca di particolari cellule maligne, conosciute anche come cellule di Paget. Queste possono essere riscontrate come cellule singole o piccoli gruppi di cloni tumorali all’interno dell’epidermide del capezzolo e l’areola, e rappresentano un segno rivelatore della patologia.
La maggior parte delle persone colpite da malattia di Paget presenta anche uno o più tumori all’interno della stessa mammella. Oltre alla biopsia del capezzolo, il medico deve eseguire un esame clinico del seno, per verificare fisicamente la presenza di zone insolite. Durante questo esame, il medico controlla l’aspetto della pelle intorno ai capezzoli e l’eventuale presenza di noduli, aree di ispessimento o altri cambiamenti: il 50% delle persone con malattia di Paget del capezzolo ha un nodulo che può essere rilevato nel corso di un esame clinico del seno.

Terapia chirurgica

La malattia di Paget del capezzolo è spesso associata ad altre forme di cancro della mammella e, di solito, è trattata allo stesso modo, quindi è probabile che si renda necessario un intervento chirurgico. Per molti anni, la mastectomia – con o senza rimozione dei linfonodi ascellari sullo stesso lato del torace (procedura nota come linfoadenectomia) – è stata considerata l’approccio chirurgico standard per la malattia di Paget del capezzolo. Questo tipo di intervento è giustificato dalla constatazione che in molti casi, assieme alla malattia di paget, è presente anche un tumore all’interno della stessa mammella, il quale potrebbe essere situato a parecchi centimetri dal capezzolo e dall’areola.
Successivamente, gli studi hanno dimostrato che la chirurgia conservativa del seno, che prevede la rimozione del capezzolo, dell’areola e di una parte della mammella affetta da cancro, seguita da radioterapia, è una scelta sicura per i pazienti che non presentano un nodulo palpabile nel seno e le cui mammografie non rivelano un tumore.
Le persone con malattia di Paget del capezzolo che hanno un tumore al seno e stanno per subire una mastectomia dovrebbero essere sottoposte ad una biopsia del linfonodo sentinella, per valutare se il cancro si è diffuso ai linfonodi ascellari. Se le cellule tumorali si trovano nel linfonodo sentinella, può essere necessaria una più estesa procedura chirurgica. A seconda della fase di sviluppo e di altre caratteristiche del tumore al seno, può anche essere raccomandata una terapia adiuvante, costituita da chemioterapia, radioterapia e/o da terapia ormonale.

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Terapia adiuvante

Dopo l’intervento chirurgico, il medico può raccomandare un trattamento aggiuntivo (terapia adiuvante) con farmaci chemioterapici, radioterapia o terapia ormonale per prevenire una recidiva di cancro al seno e per distruggere eventuali cellule tumorali residue. Il trattamento specifico dipende dal grado della malattia di Paget del capezzolo e dalla positività o meno dei test tumorali per alcune caratteristiche, come la presenza di un coinvolgimento linfonodale, o l’espressione nelle cellule tumorali di recettori per estrogeni e progesterone o della proteina HER2.

Guarigione e prognosi

Le prospettive per i pazienti colpiti da malattia di Paget del capezzolo dipendono da una varietà di fattori, tra cui la presenza o l’assenza di un carcinoma invasivo della mammella interessata e l’eventuale diffusione ai linfonodi vicini. Se la malattia di Paget viene rilevata e trattata nelle sue fasi iniziali, ci sono buone possibilità di recupero completo, che però diminuiscono molto se il tumore è diagnosticato tardivamente, cosa che purtroppo avviene abbastanza spesso a causa della rarità della patologia e della difficoltà della diagnosi differenziale nelle sue fasi iniziali. La presenza di un carcinoma invasivo nel seno colpito e la diffusione del cancro ai vicini linfonodi sono sempre associati ad una ridotta sopravvivenza del paziente.

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Tumore al seno nell’uomo sintomi, dolore, sopravvivenza e guarigione

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA UOMO QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIAIl cancro al seno viene erroneamente considerato una patologia esclusivamente femminile, ma in realtà può svilupparsi – pur raramente – anche negli uomini: dal punto di vista istologico, sono presenti anche nell’uomo piccole quantità di tessuto mammario che possono mutare e dare il via alla formazione del cancro e alla sua successiva diffusione negli organi vicini.

Diffusione del tumore al seno maschile e femminile

Il cancro al seno è tumore più diffuso tra le donne dal momento che colpisce una donna su 10, ma nell’uomo è molto raro (meno del’1% di tutti i tumori maschili). In Italia attualmente il 99,5% di tutti i tumori al seno sono riferiti a pazienti donne, il restante 0,5% a uomini. Si stima che in Italia interessi attualmente un uomo ogni 520 circa. L’incidenza sta tuttavia lievemente aumentando (nel 2012 i casi erano 400 all’anno), come per la donna, e si estende alla fascia di età sotto i 45 anni, anche se l’età più a rischio resta quella tra i 60 e i 70 anni. Entrambi i sessi sono accomunati dalla zona che il tumore predilige: sia nell’uomo che nella donna l’incidenza è maggiore nella mammella sinistra, nel cavo ascellare e nel quadrante mammario superiore esterno.

Perché tra gli uomini è meno diffuso?

La minore diffusione tra i maschi è in parte dovuta al fatto che il tessuto mammario che si può trasformare in senso tumorale è molto scarso nell’uomo e, in parte, anche alla diversa esposizione di questo tessuto agli ormoni nei due sessi: manca infatti nell’uomo l’esposizione costante agli ormoni femminili che promuovono la crescita delle cellule mammarie.

Tipologie

Il tumore del seno viene definito carcinoma duttale se si sviluppa a partire dalle cellule dei dotti o lobulare, se prende invece il via dalle cellule dei lobuli. Inoltre, la malattia può essere infiltrante, quando supera la parete di dotti e lobuli e si diffonde anche ai tessuti vicini, o in situ se le cellule malate non danno origine a metastasi.
Nell’uomo, il carcinoma duttale infiltrante è la forma più diffusa (8 casi su 10), mentre il tumore lobulare è piuttosto raro dal momento che il tessuto lobulare è molto scarso.

La malattia di Paget (o morbo di Paget) della mammella, è un tipo di tumore che si sviluppa nelle cellule dei dotti e si diffonde al capezzolo e all’areola, provocando cambiamenti visibili nella pelle di quell’area che appare arrossata e come ricoperta da una sorta di eczema.

Esistono anche forme benigne di tumore del seno, come per esempio la ginecomastia  – l’aumento della quantità di tessuto mammario – molto più diffusa nell’uomo rispetto al tumore maligno. In caso di ginecomastia è possibile sentire e a volte anche vedere, masse di tessuto mammario nell’area vicina al capezzolo, noduli che devono sempre essere tenuti sotto controllo. Negli adolescenti e negli anziani la ginecomastia è spesso legata ai cambiamenti ormonali che caratterizzano queste due fasi della vita, ma più in generale può essere associata, in tutte le età, a farmaci (per esempio quelli usati per trattare insufficienza cardiaca, ipertensione e ulcera) o, in rari casi, alla presenza di malattie delle ghiandole che producono ormoni (endocrine), a patologie del fegato, obesità e altre condizioni cliniche che aumentano la produzione di ormoni femminili nell’uomo.

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Evoluzione

Lo stadio di un tumore indica quanto la malattia è estesa e, nel caso del tumore del seno, si possono distinguere cinque diversi stadi, definiti in base al sistema di stadiazione TNM, dove T indica la dimensione del tumore, N lo stato dei linfonodi e M la presenza di metastasi. Lo stadio 0, il più basso, è il tumore in situ che non ha ancora raggiunto linfonodi e altri organi, mentre lo stadio IV, il più alto, include i tumori che hanno dato metastasi in organi lontani. Stabilire lo stadio del tumore – tramite indagine istologica – è molto importante per determinare la prognosi: più basso è lo stadio, maggiori sono le possibilità di curare la malattia.

Sintomi

In genere il cancro del seno nelle sue fasi iniziali non provoca dolore o altri sintomi particolari e per questo motivo gli unici campanelli d’allarme sono rappresentati dalla formazione di noduli che possono essere riconoscibili al tatto o addirittura visti e da cambiamenti nel seno come, per esempio:

  • un ispessimento diverso dagli altri tessuti della mammella,
  • una mammella che diventa più grande o più bassa,
  • un capezzolo che cambia posizione, morfologia o si ritrae (capezzolo introflesso),
  • la presenza di una increspatura della pelle o di fossette, “pelle a buccia d’arancia”,
  • un arrossamento cutaneo, specie se intorno a un capezzolo,
  • una secrezione purulenta e/o ematica dal capezzolo,
  • dolore costante in una zona della mammella o dell’ascella,
  • un gonfiore sotto l’ascella o intorno alla clavicola.

La presenza di dolore (“mastodinia“) può essere indicativo sia di tumore ma anche di altre patologie. I sintomi sono tanto più indicativi di malattia maligna quanto più si presentano monolateralmente (cioè ad una sola mammella e non ad entrambe).

Fattori di rischio

Tutti i segni e sintomi finora elencati sono ancora più indicativi di cancro mammario, se il paziente presenta i seguenti fattori di rischio:

  • età avanzata (>40 anni);
  • fumo di sigaretta;
  • genetica (altri casi in famiglia);
  • esposizione ad inquinamento atmosferico;
  • elevati livelli di alcuni ormoni;
  • dieta ricca di grassi;
  • sedentarietà;
  • obesità.

Alcuni di questi fattori di rischio sono non modificabili (ad esempio l’età), ma altri possono essere evitati modificando abitudini e stile di vita, ad esempio seguendo una dieta corretta, mantenendo un adeguato peso, facendo attività fisica e smettendo di fumare.

Con l’avanzare dell’età  aumenta anche nell’uomo il rischio di tumore del seno, che in genere viene diagnosticato poco prima dei 70 anni, mentre quando la malattia colpisce un uomo giovane, si può pensare a fattori di rischio di tipo ereditario o genetico. La presenza di casi di tumore al seno in familiari molto stretti può essere un campanello d’allarme: un uomo su cinque con tumore del seno ha parenti stretti – maschi o femmine – colpiti dalla stessa malattia. A livello genetico, sono molto importanti le mutazioni presenti nel gene BRCA2, responsabili del 10% circa dei tumori mammari maschili, mentre quelle nel gene BRCA1 sembrano meno legate all’aumento del rischio. Infine, anche alcune sindromi genetiche presenti alla nascita, come la sindrome di Klinefelter, o l’esposizione del torace a radiazioni, a causa per esempio di un trattamento di radioterapia, possono influenzare in modo negativo il rischio.

Come nella donna, anche nell’uomo gli ormoni giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella crescita del tumore del seno e tutto ciò che sposta l’equilibrio ormonale può far aumentare il rischio di malattia: problemi a livello dei testicoli (rimozione, discesa incompleta o assente eccetera), terapia ormonale in caso di tumore della prostata, obesità  (che induce la produzione di livelli più elevati di estrogeni), ma anche abuso di alcol e malattie del fegato.

Va infine ricordato che la presenza dei segni e sintomi elencati non assicurano una diagnosi corretta: quest’ultima si dovrà infatti avvalere di esami strumentali (ecografia, mammografia, biopsia…) e di laboratorio.

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Screening e diagnosi precoce

Per gli uomini non esistono screening specifici (mammografia eccetera) che permettano di identificare il tumore nelle sue fasi iniziali, soprattutto perché il tumore del seno maschile è molto raro e sottoporre a questo tipo di esami tutta la popolazione non avrebbe senso. Nonostante ciò, i maschi figli o fratelli di donne portatrici delle  mutazioni BRCA1 e BRCA2  dovrebbero fare anch’essi il test genetico, poiché se risultano portatori del gene mutato sono anch’essi a rischio elevato di sviluppare un cancro del seno.

Diagnosi

È più semplice scoprire la presenza di un nodulo mammario in un uomo che in una donna, dal momento che la quantità di tessuto lobulare e adiposo è molto scarsa nel seno maschile, ciononostante spesso gli uomini si accorgono di avere un tumore quando la malattia è già in fase avanzata. Questo succede perché erroneamente si crede che il tumore del seno sia una malattia esclusivamente femminile.

La diagnosi di tumore del seno nell’uomo si basa innanzitutto sulla visita dal medico che, dopo aver analizzato la storia familiare e aver valutato eventuali noduli, decide se procedere con ulteriori esami di approfondimento.

In questo caso, anche per l’uomo vengono utilizzati ecografia e mammografia per visualizzare la struttura del seno oppure l’analisi del liquido  che in alcuni casi fuoriesce dal capezzolo, ma l’esame che permette di formulare una diagnosi certa è la biopsia, cioè il prelievo di una parte del tessuto “sospetto” e la sua analisi in laboratorio alla ricerca di cellule tumorali.

Una volta diagnosticato il cancro, è possibile determinare alcune caratteristiche delle cellule tumorali come la presenza/assenza di recettori per gli ormoni (estrogeni e progesterone) o i livelli della proteina HER2neu, molto importanti per guidare il medico nella scelta del trattamento più efficace.

Infine, risonanza magneticatomografia computerizzata (TC), tomografia a emissione di positroni (PET), ecografia e  scintigrafia ossea sono gli esami più comunemente utilizzati per identificare la presenza di metastasi in altri organi.

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Cure

La maggior parte delle informazioni relative al trattamento del tumore del seno derivano dall’esperienza di medici e ricercatori nel trattamento della malattia nelle donne: negli uomini, infatti, questo tumore è molto raro e di conseguenza è molto difficile riuscire ad organizzare uno studio clinico che coinvolga solo pazienti maschi.
Anche per l’uomo, comunque, la scelta del trattamento dipende da molti fattori come, per esempio, il tipo e la posizione della malattia, la sua eventuale diffusione ad altri organi e le condizioni del paziente.

Terapia chirurgica e guarigione

La chirurgia rappresenta una delle prime scelte di trattamento per il tumore del seno maschile e di norma richiede un ricovero di un paio di giorni in ospedale, anche se sono sempre più frequenti gli interventi in day-hospital. In genere nell’uomo, al contrario che nella donna dove si predilige preservare la mammella per motivi estetici, è piuttosto rara la chirurgia conservativa, cioè l’intervento che asporta solo una parte del tessuto mammario (per esempio uno o più lobuli), mentre è molto più diffusa la mastectomia – che rimuove tutto il tessuto mammario, non molto abbondante nell’uomo. Quando l’intervento si limita a rimuovere il tessuto mammario e capezzolo senza toccare linfonodi o tessuto muscolare circostante si parla di mastectomia semplice o totale, mentre nella mastectomia radicale si asportano anche i linfonodi e i muscoli della parete toracica al di sotto del seno. Per verificare se il tumore ha già dato il via al processo di metastasi ai linfonodi, anche nell’uomo è possibile utilizzare la tecnica del linfonodo sentinella: si preleva e si esamina il linfonodo ascellare che per primo viene in contatto con eventuali cellule del tumore e lo si analizza. In base al risultato di questo esame il medico deciderà se è necessario procedere con altri trattamenti. Se il tumore è ben circoscritto, non ha dato avvio a metastasi ed è stato ben operato, le possibilità di guarigione totale sono molto elevate.

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Radioterapia e chiemioterapia

La radioterapia, in particolare quella esterna, viene utilizzata per colpire le cellule del tumore “sfuggite” al bisturi, ma non è molto utilizzata per la cura del tumore del seno maschile, visto che gli interventi chirurgici in genere rimuovono tutto il tessuto mammario. In casi particolari, molto rari tra gli uomini, può essere usata anche la brachiterapia che consiste nel posizionare “semi” radioattivi in zone molto vicine al tumore, per rilasciare le radiazioni in modo più mirato. Resta valida nell’uomo la possibilità di far ricorso alla chemioterapia sistemica, somministrata con tempi e combinazioni di farmaci diverse a seconda dei singoli casi, e che può essere utilizzata anche come terapia adiuvante – dopo l’intervento chirurgico, per eliminare cellule tumorali rimaste dopo l’operazione – o neoadiuvante – prima dell’intervento chirurgico, per ridurre le dimensioni del tumore e renderlo più facilmente asportabile.

Terapia ormonale e nuovi farmaci

La terapia ormonale è un trattamento efficace in tutti i casi di tumore del seno che presentano sulla superficie delle cellule i recettori ormonali (9 tumori del seno su 10 nell’uomo) e può essere rappresentata sia da farmaci specifici sia da rimozione chirurgica dei testicoli, organi che producono ormoni capaci di favorire la crescita del cancro. Secondo uno studio pubblicato nel 2013 sulla rivista Cancer, risulta l’81% dei carcinomi mammari maschili è sensibile agli ormoni (contro il 60-70% di quelli femminili); il 15% è HER2 positivo (contro il 25-30% nelle donne) e il 4% è triplo negativo (cioè non è sensibile ad alcun ormone, contro il 10-15% tra le donne). Infine, sono stati recentemente inseriti tra le terapie disponibili anche i cosiddetti farmaci intelligenti che mirano a bersagli precisi presenti sulle cellule tumorali senza danneggiare le altre: tra i bersagli principali la proteina HER2/neu e proteine coinvolte nell’angiogenesi  (processo di formazione di nuovi vasi da parte del tumore).

Prognosi e sopravvivenza

La prognosi, come per altri tipi di tumore, è strettamente correlata al tipo di tumore ed alla sua diffusione, tuttavia – nonostante il cancro del seno maschile venga scoperto in uno stadio e a un’età più avanzata che nella donna – ha una prognosi generalmente migliore. Tale affermazione deriva da un recente studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, che ha preso in esame quasi 500.000 casi di tumore della mammella nelle donne e quasi 3.000 nell’uomo, in Danimarca, Norvegia, Finlandia, Svizzera, Svezia e Singapore nell’arco di oltre 40 anni. Se la diagnosi arriva per le donne intorno ai 62 anni in media, per l’uomo l’età media sale a 70 anni. La sopravvivenza a cinque anni è apparentemente inferiore per l’uomo ma se viene corretta per l’età risulta invece più favorevole di quella nelle donne. Gli autori dello studio, un gruppo di epidemiologi del Memorial Sloan-Kettering di New York, non hanno una spiegazione definitiva per la migliore prognosi: l’ipotesi più convincente è che il corpo maschile risponda diversamente non solo alle terapie ormonali ma anche alla chemioterapia.

Prevenzione del tumore al seno maschile

Non aumentare troppo di peso ed evitare di eccedere con l’alcol rappresentano due preziose regole di prevenzione del tumore del seno nell’uomo, ma dal momento che non tutte le cause della malattia sono ben note, è impossibile stabilirne altre capaci di garantire una prevenzione ottimale. È comunque importante anche per gli uomini a rischio effettuare frequentemente la palpazione e non sottovalutare eventuali noduli o cambiamenti nella forma del seno e del capezzolo. E’ importante inoltre non farsi cogliere da imbarazzi (in Italia ancora molti uomini si vergognano di avere una “malattia da donna“) o paure non giustificati: un parere del medico può chiarire se sono necessari esami di approfondimento.

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Differenza tra seno della donna e seno dell’uomo

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA UOMO QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIA.jpgLa mammella è costituita da tre componenti fondamentali:

  • un insieme di ghiandole chiamate lobuli, che nella donna producono il latte;
  • piccoli tubi che prendono il nome di dotti, che portano il latte dal lobulo al capezzolo;
  • stroma, tessuto grasso e connettivo che circonda lobuli e dotti, assieme a vasi sanguigni e linfatici.

Nelle prime fasi della vita e fino alla pubertà, maschi e femmine presentano più o meno la stessa quantità di tessuto mammario; la situazione cambia radicalmente con l’arrivo della pubertà quando gli ormoni femminili prodotti dalle ovaie fanno accrescere dotti, lobuli e stroma nelle donne, mentre gli ormoni maschili tengono sotto controllo la crescita di tali tessuti negli uomini che in genere possiedono i dotti, ma pochissimi lobuli e poco tessuto adiposo (almeno finché la percentuale di massa grassa del corpo maschile rimane entro certi limiti).

Ciò si riflette ovviamente sia dal punto morfologico che funzionale: la mammella femminile diventa, al contrario di quella maschile, fisiologicamente adatta all’allattamento della prole ed acquista una forma più generosa dal momento che, mentre le dimensioni della mammella di un uomo normopeso sono determinate principalmente dal muscolo pettorale, nella mammella femminile sono determinate dall’accumulo di tessuto mammario, specialmente quello adiposo. Il maggiore volume della mammella femminile rappresenta una caratteristica che permetteva all’uomo preistorico di distinguere la femmina dal maschio ed è quindi diventata una caratteristica sessuale secondaria femminile molto ricercata dall’uomo.

I capezzoli maschili e femminili, così come le areole che li circondano, sono molto simili tra loro prima della pubertà: sono piccoli, poco pronunciati, poco pigmentati e circondati da cute glabra. Le cose cambiano radicalmente dalla pubertà in poi dal momento che capezzolo ed areola di una donna adulta sono invece generalmente molto più grandi e pronunciati rispetto a quello di un maschio adulto, oltre al fatto che la cute della mammella maschile si riempie di peli, mentre ciò non avviene nella donna. Per approfondire, leggi: Differenza tra capezzolo maschile e femminile

La mammella maschile può, in determinate condizioni e patologie, acquisire alcune caratteristiche femminili, a tal proposito leggi: Ginecomastia: quando è l’uomo ad avere il seno

Come prima accennato, però, anche nella mammella maschile per tutta la vita sono presenti piccole quantità di tessuto mammario che, come succede nella donna, possono mutare e dare il via alla formazione del cancro al seno ed alla sua successiva diffusione negli organi vicini: per questo motivo il tumore del seno, nonostante venga spesso considerato una malattia esclusivamente femminile, in realtà può svilupparsi anche negli uomini anche se in questi ultimi si sviluppa raramente, mentre tra le donne è il tumore più diffuso.

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