I polmoni destro e sinistro si trovano nella cavità toracica ai lati del mediastino, dove è contenuto il cuore. Il polmone destro è più voluminoso del sinistro, in quanto quest’ultimo deve “lasciar spazio” al cuore, posizionato lievemente a sinistra rispetto alla linea mediana del corpo. Alla domanda dei nostri studenti “dove si trovano i polmoni davanti o dietro?” rispondiamo che i polmoni, sul piano sagittale, non possono essere Continua a leggere
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Si può vivere senza uno o entrambi i polmoni?
La pneumoctomia è l’asportazione di un intero polmone, un intervento molto più invasivo della lobectomia e della resezione atipica che invece determinano la resezione solo di una parte del polmone. Entrambe le tipologie di intervento, totale e parziale, sono effettuate in presenza di patologie che interessano il polmone, in parte o Continua a leggere
Come si misura la frequenza respiratoria?
La respirazione è il fisiologico atto con cui si introduce ossigeno nell’organismo e nel contempo si emette biossido di carbonio. La respirazione normalmente ha un andamento costante: la frequenza respiratoria negli adulti normalmente si attesta su un range di valori tra i 16 ed i 20 atti respiratori al minuto a riposo. Sotto i 12 atti respiratoti al minuto si parla di bradipnea, mentre sopra i 20 si parla di tachipnea. Ricordiamo che un “atto respiratorio” di un adulto a riposo dura generalmente circa 3-4 secondi ed è fondamentalmente costituito da:
- inspirazione (circa 1,3 – 1,5 secondi di durata);
- espirazione (circa 2,5 – 3 secondi di durata);
- breve pausa che si verifica fra inspirazione ed espirazione (circa 0,5 secondi).
Nel respiro spontaneo di un soggetto normale le fasi inspiratorie durano circa la metà del tempo delle fasi espiratorie. Nell’anziano gli atti respiratori normali potrebbero essere lievemente diversi (spesso aumentati). Per approfondire leggi anche: Differenza tra inspirazione e espirazione: l’atto respiratorio
Come misurare la frequenza respiratoria?
In assenza di strumentazione specifica, misurare la frequenza respiratoria è abbastanza semplice anche per personale non sanitario. Chiedi alla persona di sedersi con la schiena ben dritta. Se devi rilevare il parametro di un neonato, fallo sdraiare supino su una superficie solida. Utilizza un cronometro per tenere traccia del minuto: conta quante volte il petto della persona si solleva e si abbassa nell’arco dei 60 secondi (se hai bisogno urgentemente del valore, conta gli atti respiratori di 30 secondi e poi moltiplica per 2 il valore, tuttavia questa misurazione può essere meno accurata). Per migliorare l’accuratezza del risultato, dovresti ripetere il test almeno tre volte e calcolare il valore medio.
Cosa fare se si notano alterazioni della frequenza respiratoria?
Se noti che la persona in esame sta respirando ad un ritmo maggiore o inferiore rispetto al normale e non ha svolto attività fisica né ha fumato, mangiato, assunto droghe, significa che potrebbe esserci qualche problema. Ricordiamo ancora una volta che la frequenza respiratoria negli adulti normalmente si attesta su un range di valori tra i 16 ed i 20 atti respiratori al minuto a riposo (più elevati nei bambini). Sotto i 12 atti respiratoti al minuto si parla di bradipnea, mentre sopra i 20 si parla di tachipnea, ma sia bradipnea che tachipnea possono essere non solo patologici, ma anche fisiologici (ad esempio rispettivamente negli sportivi allenati e in soggetti sani sotto sforzo. Se tuttavia noti alterazioni nella frequenza respiratoria, controlla se:
- le narici si dilatano a ogni respiro;
- la pelle è bluastra;
- le coste e la parte centrale del petto sono retratte;
- la persona emette fischi, grugniti o lamenti mentre respira.
Importante: una bradipnea diventa “spiccata” gli atti respiratori scendono a meno di 9 al minuto, fatto che può compromettere alcune funzioni vitali e mettere a rischio la vita stessa del soggetto. Qualora la frequenza respiratoria scenda al di sotto dei 6 atti al minuto è necessario effettuare la respirazione assistita. Leggi anche: Respirazione artificiale bocca a bocca: quando farla e come farla
Se noti alterazioni inspiegabili ed importanti della frequenza respiratoria e non sai esattamente cosa fare, non perdere tempo e componi immediatamente il numero unico di emergenza per chiedere soccorso medico: 112.
Quando misurare la frequenza respiratoria e cosa può influire su di essa?
Il rilevamento della frequenza respiratoria può essere effettuato in qualsiasi momento della giornata, tuttavia, per fare un corretto raffronto, sarebbe bene misurarla sempre nello stesso orario e nelle stesse condizioni, annotando il risultato su un taccuino. E’ preferibile effettuare la misurazione la mattina, appena alzati e dopo essere rimasti a sedere per qualche minuto (lasciar passare almeno un quarto d’ora dall’ultimo sforzo effettuato). E’ inoltre preferibile misurare la frequenza respiratoria lontano dai pasti, dall’assunzione di caffè e dall’aver fumato una sigaretta (è preferibile lasciar passare almeno mezz’ora da caffè e sigaretta). E’ importante anche ricordare che una forte emozione, uno stress o l’uso di droghe, potrebbe aumentare la frequenza degli atti respiratori. Ricordate che ad alte quote la frequenza respiratoria tende ad aumentare all’aumentare dell’altitudine a causa della progressiva maggiore rarefazione dell’ossigeno. Infine se informi l’individuo di quello che stai facendo, è possibile che questi – specie se ansioso – cambi inconsciamente il ritmo respiratorio senza accorgersene dal momento che la frequenza respiratoria può essere volontariamente modificata dal soggetto, quindi sarebbe preferibile misurarla quando l’individuo è ignaro della misurazione.
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Frequenza respiratoria normale, alta, bassa, a riposo e sotto sforzo: quante volte al minuto è normale respirare?

La respirazione è il fisiologico atto con cui si introduce ossigeno nell’organismo e nel contempo si emette biossido di carbonio. La respirazione normalmente ha un andamento costante: la frequenza respiratoria negli adulti normalmente si attesta su un range di valori tra i 16 ed i 20 atti respiratori al minuto a riposo. Sotto i 16 atti respiratori al minuto si parla di bradipnea, mentre sopra i 20 si parla di tachipnea. Ricordiamo che un “atto respiratorio” di un adulto a riposo dura generalmente circa 3-4 secondi ed è fondamentalmente costituito da:
- inspirazione (circa 1,3 – 1,5 secondi di durata);
- espirazione (circa 2,5 – 3 secondi di durata);
- breve pausa che si verifica fra inspirazione ed espirazione (circa 0,5 secondi).
Nel respiro spontaneo di un soggetto normale le fasi inspiratorie durano circa la metà del tempo delle fasi espiratorie. Nell’anziano gli atti respiratori normali potrebbero essere lievemente diversi (spesso aumentati). Per approfondire leggi anche: Differenza tra inspirazione e espirazione: l’atto respiratorio
Ricordate che ad alte quote la frequenza respiratoria tende ad aumentare all’aumentare dell’altitudine a causa della progressiva maggiore rarefazione dell’ossigeno.
Frequenza respiratoria nei neonati, bambini ed adolescenti
I valori fin qui espressi valgono per gli adulti: all’atto della nascita e per i primi anni di vita del bambino essa è anche di molto superiore arrivando fisiologicamente anche al di sopra dei 30 respiri al minuto. Nel neonato e per tutto il primo anno di età, la frequenza respiratoria è infatti mediamente di circa 45 atti al minuto; successivamente diminuisce in maniera progressiva, tanto che a 5 anni è pari a circa 20-25 respiri al minuto, arrivando ad attestarsi tra i 16 ed i 20 atti respiratori al minuto negli adolescenti durante la pubertà, valore che permane nell’età adulta. Ecco una pratica tabella con tutti i range normali per età:
- Da 30 a 60 atti respiratori per un neonato d’età compresa fra 0 e 6 mesi;
- Da 24 a 30 atti respiratori per un neonato d’età compresa fra 6 e 12 mesi;
- Da 20 a 30 atti respiratori per un bambino d’età compresa fra 1 e 5 anni;
- Da 12 a 20 atti respiratori per un bambino d’età compresa fra 6 e 11 anni;
- Da 12 a 18 atti respiratori per gli individui sopra i 12 anni d’età.
Tachipnea
Con il termine tachipnea (in inglese tachypnea o tachypnoea) si intende un grande aumento della frequenza respiratoria rispetto alla norma, al di sopra dei 20 atti respiratori al minuto nelle persone adulte. L’aumento della frequenza respiratoria è fisiologico in caso di emozioni intense (ad esempio terrore, espressione del “combatti o fuggi“) o di grandi sforzi, ma anche in caso di sforzi lievi ma protratti nel tempo. La tachipnea patologica si osserva a volte nei neonati prematuri (tachipnea transitoria del neonato) ed in molte altre patologie: nell’insufficienza respiratoria o cardiaca, negli stati febbrili, nelle turbe dei centri respiratori, nelle polmoniti, nelle sindromi dolorose della pleura e della parete toracica.
Tachipnea transitoria del neonato
Con “tachipnea transitoria del neonato” (anche chiamata “Sindrome del polmone umido neonatale”) si intende un disturbo respiratorio del neonato caratterizzato da respirazione accelerata e cianosi (colorito bluastro della pelle del bimbo). La diagnosi viene effettuata tramite radiografia del torace e la terapia consiste nella somministrazione di ossigeno o – nei casi più gravi – nella ventilazione meccanica. Il respiro tende a normalizzarsi alcuni giorno dopo il verificarsi della sindrome.
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- Differenza tra polipnea e tachipnea
Bradipnea
Con il termine bradipnea si intende una grande diminuzione della frequenza respiratoria rispetto alla norma, al di sotto dei 16 atti respiratori al minuto nelle persone adulte. Una bradipnea diventa “spiccata” se gli atti respiratori scendono a meno di 9 al minuto, fatto che può compromettere alcune funzioni vitali e mettere a rischio la vita stessa del soggetto. Qualora la frequenza respiratoria scenda al di sotto dei 6 atti al minuto è necessario effettuare la respirazione assistita. Leggi anche: Respirazione artificiale bocca a bocca: quando farla e come farla
Una bradipnea può essere patologica (determinata da varie patologie cardiache, respiratorie e neurologiche o dall’assunzione di droghe) ma può anche essere fisiologica, ad esempio nel caso di atleti molto allenati, sub ed apneisti.
Bradipnea nel neonato e nel bambino
Dato che nel bambino la frequenza respiratoria cambia a seconda dell’età e quindi di conseguenza anche la bradipnea viene definita diversamente a seconda dei casi dei casi:
| Età | |
| Fino a 1 anno | < 30 respiri per minuto |
| 1-3 anni | < 25 respiri per minuto |
| 3-12 anni | < 20 respiri per minuto |
| Oltre i 12 anni | < 16 respiri per minuto |
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- Differenza tra insufficienza respiratoria di tipo 1 e 2
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- Come e quando si misura la febbre?
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- Differenza tra pressione arteriosa e venosa
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Differenza tra bronchite e bronchiolite
La bronchite è una patologia caratterizzata dall’infiammazione della mucosa che riveste i bronchi, le strutture ad albero che conducono l’aria ai polmoni. Il suo sintomo più rilevante è la difficoltà respiratoria, che si manifesta con un respiro sibilante, tosse, fiato corto, disturbi del sonno e senso di oppressione al torace. A volte può coesistere un grado variabile di enfisema polmonare, lento processo di degenerazione del tessuto polmonare. La malattia acuta, nel giro di alcuni giorni guarisce, a meno che non sopravvengano complicazioni. In un paziente su due la bronchite cronica conduce a un’insufficienza respiratoria. La bronchite può essere acuta, solitamente causata da un’infezione virale, o cronica, come risultato di un danno alle vie aeree dovuto a fumo di sigaretta, inquinamento e altre condizioni. Mentre la bronchite acuta ha una durata limitata ad alcuni giorni, invece la bronchite cronica è invece caratterizzata e definita tale in presenza di una tosse produttiva che dura più di tre mesi all’anno per almeno due anni in assenza di altre patologie.
La bronchiolite è un’infezione virale acuta che colpisce il sistema respiratorio, in particolare è caratterizzata da una infiammazione dei bronchioli, i più piccoli passaggi di aria dei polmoni. Interessa soprattutto (ma non esclusivamente) dei bambini di età inferiore ad un anno con maggiore prevalenza nei primi 6 mesi di vita e maggiore incidenza tra novembre e marzo (epidemica in inverno). Il 90% dei casi riguarda bambini tra gli 1 e i 9 mesi. La bronchiolite è la causa più comune di ospedalizzazione durante il primo anno di vita.
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Quali sono le cause ed i fattori di rischio della bronchite acuta e cronica?
A causare la bronchite possono essere agenti diversi. Nel caso della bronchite acuta, la causa prevalente è un’infezione di origine virale. I virus più frequenti sono quelli comuni del raffreddore e dell’influenza. Solitamente l’infezione riguarda le prime vie aeree, laringe e trachea, per poi estendersi ai bronchi. In alcuni casi può instaurarsi una sovrainfezione batterica. La bronchite cronica è invece il risultato di una degenerazione graduale delle strutture bronchiali causata dal fumo, dallo smog o dall’inalazione di sostanze tossiche. La bronchite cronica è più pericolosa dell’episodio acuto, perché rappresenta un danno spesso definitivo e difficilmente reversibile.
Cause di bronchiolite e contagio
L’agente infettivo più coinvolto (nel 75% circa dei casi) è il virus respiratorio sinciziale (VRS) ma anche altri virus possono esserne la causa (metapneumovirus, coronavirus, rinovirus, adenovirus, virus influenzali e parainfluenzali). L’infezione è secondaria a una trasmissione che avviene primariamente per contatto diretto con le aeree secrezioni infette. La fase di contagio dura tipicamente da 6 a 10 giorni. L’infezione interessa bronchi e bronchioli innescando un processo infiammatorio, aumento della produzione di muco e ostruzione delle vie aeree con possibile comparsa di difficoltà respiratoria. Fattori che aumentano il rischio di maggiore gravità nei bimbi, sono:
- prematurità,
- età del bambino < 12 settimane,
- cardiopatie congenite,
- displasia broncopolmonare,
- fibrosi cistica,
- anomalie congenite delle vie aeree,
- immunodeficienze primarie e secondarie.
Quali sono i sintomi della bronchite?
I sintomi della bronchite acuta o cronica, sono:
- malessere generale;
- respiro sibilante;
- fiato corto;
- febbre;
- brividi di freddo;
- difficoltà a respirare (dispnea);
- tosse persistente, secca o produttiva;
- dolore durante la deglutizione
- produzione eccessiva di muco, con catarro bianco o giallastro, con piccole perdite di sangue;
- dolori articolari;
- faringite;
- raucedine;
- oppressione al torace;
- debolezza;
- disturbi del sonno.
Sintomi di bronchiolite
Generalmente esordisce con febbricola (o addirittura SENZA FEBBRE) e rinite (infiammazione nasale); successivamente possono comparire tosse insistente, che si aggrava gradualmente, letargia e difficoltà respiratoria – più o meno marcata – caratterizzata da un aumento della frequenza respiratoria e da rientramenti intercostali. Il più delle volte si risolve spontaneamente e senza conseguenze. Tuttavia, in alcuni casi, può rendersi necessario il ricovero, specialmente al di sotto dei sei mesi di vita. In bambini così piccoli è spesso presente un calo dei livelli di saturimetria (ossigeno nel sangue) e può osservarsi una disidratazione causata dalla difficoltà di alimentazione e dell’aumentata perdita idrica determinata dal lavoro respiratorio. Inoltre, nei pazienti nati prematuri o di età inferiore alle 6 settimane di vita, è aumentato il rischio di apnea (episodio di pausa respiratoria prolungata) e ne vanno pertanto controllati i parametri cardio-respiratori. La frequenza respiratoria generalmente supera i 70 atti respiratori al minuto.
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Bronchite e bronchiolite sono contagiose?
Sia la bronchite che la bronchiolite sono contagiose: la trasmissione del virus avviene per via aerea, cioè principalmente con:
- tosse;
- starnuti.
Queste malattie infettive si possono trasmettere da un individuo ad un altro anche attraverso il contatto diretto, ad esempio si può verificare quando una persona infetta stringe la propria mano, contaminata con le secrezioni infette, a quella di una persona sana.
Per quanto tempo sono contagiose?
La trasmissione si può verificare da alcuni giorni ad una settimana dopo la comparsa dei sintomi e perdurano per tutta la durata di essi. Il contagio è comunque possibile anche quando i sintomi sono diminuiti o cessati da poco.
Diagnosi di bronchite
La diagnosi di bronchite include diversi tipi di esami:
- Esami del sangue, per la conta leucocitaria e per la ricerca di stati infettivi;
- Esami di coltura sull’espettorato, per determinare la presenza di batteri nel muco ed escludere altre infezioni;
- Radiografia del torace (Rx Torace), per valutare la presenza di segni di infezioni più estese (polmonite);
- TAC, nei casi in cui sia necessario individuare eventuali anomalie dei polmoni e delle vie aeree in generale;
- Spirometria, per misurare la quantità di aria che si immette nei polmoni;
- Test di provocazione bronchiale, per la misura dell’ossido nitrico presente nell’aria emessa (espirata) che indica il livello di infiammazione.
Diagnosi di bronchiolite
La diagnosi di bronchiolite è clinica, basata sull’andamento dei sintomi, sull’anamnesi e sull’esame obiettivo. Solo in casi particolari, ove ritenuto necessario dal medico, possono essere effettuati alcuni accertamenti di laboratorio e/o strumentali. Tra questi:
- la ricerca dei virus respiratori sull’aspirato nasofaringeo,
- la determinazione dell’ossigenazione tramite saturimetro (una saturazione arteriosa <92% è un indicatore di gravità e della necessità di ospedalizzazione),
- l’emogasanalisi arteriosa (un esame che permette di valutare l’ossigenazione del sangue e, attraverso la misurazione dell’anidride carbonica, l’efficacia degli scambi gassosi).
Molto raramente si rende necessaria la radiografia del torace (si possono riscontrare addensamenti ed aree di assenza di aria in più zone dei polmoni dovute alla alterata ventilazione).
Trattamento della bronchite acuta e cronica
Il trattamento della bronchite è diverso a seconda che si tratti di un episodio acuto o sia cronica e ancora che ci sia una sovrapposizione di un’infezione batterica. In tutti i casi la sospensione dal fumo deve essere totale. Generalmente, nel caso di un’infezione virale acuta basta un periodo di riposo a letto, una sufficiente idratazione, l’uso di antinfiammatori, antipiretici e mucolitici per il controllo dei sintomi. Se c’è una sovrainfezione batterica il medico indicherà la terapia con antibiotici più adatta.
La terapia della bronchite cronica, nel quadro complesso della BPCO, prevede un trattamento più articolato e di lunga durata che include farmaci per la broncodilatazione, a base di corticosteroidi, ossigenoterapia e una specifica terapia di riabilitazione polmonare.
Trattamento della bronchiolite
Un lattante senza difficoltà respiratoria, con SaO2 > 94 % in aria ed in grado di alimentarsi può essere trattato a domicilio sotto le attente cure del pediatra curante. Il paziente con bronchiolite viene in genere trattato con frequenti lavaggi nasali con aspirazione delle secrezioni e terapia aerosolica con soluzione ipertonica al 3%. Quest’ultima aiuta il piccolo a mobilizzare le abbondanti secrezioni mucose catarrali. È possibile utilizzare broncodilatori (farmaci che dilatano i muscoli dei bronchi e quindi migliorano la respirazione) per via inalatoria per 3-4 volte al giorno se si è osservato un miglioramento clinico dopo una prima somministrazione “di prova” nell’ambulatorio pediatrico o a domicilio. La terapia va invece sospesa in mancanza di evidente efficacia. Talvolta viene prescritto il cortisone per bocca ma la più recente letteratura scientifica non dimostra che i bambini sottoposti a questa terapia vanno incontro ad un miglioramento. L’uso routinario degli antibiotici non è raccomandato, tranne in bambini immunocompromessi o in caso si sospetti un’infezione batterica concomitante. È utile frazionare i pasti aumentandone la frequenza e diminuendo le quantità.Quando occorre il ricovero ospedaliero, il bambino viene sottoposto ad una terapia di supporto per garantire:
– un’adeguata ossigenazione del sangue attraverso la somministrazione di ossigeno umidificato e riscaldato (solo nei casi più gravi si somministra ossigeno ad alti flussi);
– un’adeguata idratazione, qualora l’alimentazione risultasse difficoltosa, attraverso la somministrazione di soluzioni glucosaline per via endovenosa.
Stile di vita che favoriscono la cura di bronchite
Una volta contratta la polmonite o la bronchite, esistono alcuni consigli che è preferibile seguire per guarire più rapidamente possibile dall’infezione ed evitare complicanze, tra cui:
- Smettere ASSOLUTAMENTE di fumare e di frequentare luoghi inquinati.
- Riposarsi molto.
- Rispettare il piano di trattamento stabilito dal medico.
- Assumere tutti i medicinali secondo quanto prescritto. Se sotto antibiotici, continuare la cura fino a guarigione completa. Si deve continuare la cura anche se ci si sente meglio prima di aver completato il ciclo di antibiotico. Se il trattamento viene interrotto troppo presto, l’infezione batterica e la polmonite possono recidivare.
- Chiedere al medico quando sottoporsi a una visita di controllo. Il medico può raccomandare una radiografia toracica per controllare la guarigione dell’infezione.
Come prevenire la bronchiolite nei bimbi?
Alcune semplici norme igieniche possono ridurre il rischio di contrarre la bronchiolite o evitare infezione correlate che possono peggiorare il quadro clinico. Cercare sempre di:
- evitare il contatto dei bambini più piccoli con altri bambini o adulti affetti da infezioni delle vie aeree;
- lavarsi sempre le mani prima e dopo aver accudito il bambino;
- favorire l’allattamento al seno e fornire una quantità adeguata di liquidi;
- fare frequenti lavaggi nasali con soluzione fisiologica o ipertonica;
- non fumare mai in casa, anche in ambienti diversi da quelli dove si trova il bambino.
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Bronchiolite in neonato ed adulti: contagio, cura, quanto dura e ricadute
La bronchiolite è un’infezione virale acuta che colpisce il sistema respiratorio, in particolare è caratterizzata da una infiammazione dei bronchioli, i più piccoli passaggi di aria dei polmoni. Interessa soprattutto (ma non esclusivamente) dei bambini di età inferiore ad un anno con maggiore prevalenza nei primi 6 mesi di vita e maggiore incidenza tra novembre e marzo (epidemica in inverno). Il 90% dei casi riguarda bambini tra gli 1 e i 9 mesi. La bronchiolite è la causa più comune di ospedalizzazione durante il primo anno di vita.
Cause di bronchiolite e contagio
L’agente infettivo più coinvolto (nel 75% circa dei casi) è il virus respiratorio sinciziale (VRS) ma anche altri virus possono esserne la causa (metapneumovirus, coronavirus, rinovirus, adenovirus, virus influenzali e parainfluenzali). L’infezione è secondaria a una trasmissione che avviene primariamente per contatto diretto con le aeree secrezioni infette. La fase di contagio dura tipicamente da 6 a 10 giorni. L’infezione interessa bronchi e bronchioli innescando un processo infiammatorio, aumento della produzione di muco e ostruzione delle vie aeree con possibile comparsa di difficoltà respiratoria.
Fattori che aumentano il rischio di maggiore gravità nei bimbi:
- prematurità,
- età del bambino < 12 settimane,
- cardiopatie congenite,
- displasia broncopolmonare,
- fibrosi cistica,
- anomalie congenite delle vie aeree,
- immunodeficienze primarie e secondarie.
Sintomi di bronchiolite
Generalmente esordisce con febbricola (o addirittura SENZA FEBBRE) e rinite (infiammazione nasale); successivamente possono comparire tosse insistente, che si aggrava gradualmente, letargia e difficoltà respiratoria – più o meno marcata – caratterizzata da un aumento della frequenza respiratoria e da rientramenti intercostali. Il più delle volte si risolve spontaneamente e senza conseguenze. Tuttavia, in alcuni casi, può rendersi necessario il ricovero, specialmente al di sotto dei sei mesi di vita. In bambini così piccoli è spesso presente un calo dei livelli di saturimetria (ossigeno nel sangue) e può osservarsi una disidratazione causata dalla difficoltà di alimentazione e dell’aumentata perdita idrica determinata dal lavoro respiratorio. Inoltre, nei pazienti nati prematuri o di età inferiore alle 6 settimane di vita, è aumentato il rischio di apnea (episodio di pausa respiratoria prolungata) e ne vanno pertanto controllati i parametri cardio-respiratori. La frequenza respiratoria generalmente supera i 70 atti respiratori al minuto.
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Diagnosi di bronchiolite
La diagnosi di bronchiolite è clinica, basata sull’andamento dei sintomi, sull’anamnesi e sull’esame obiettivo. Solo in casi particolari, ove ritenuto necessario dal medico, possono essere effettuati alcuni accertamenti di laboratorio e/o strumentali. Tra questi:
- la ricerca dei virus respiratori sull’aspirato nasofaringeo,
- la determinazione dell’ossigenazione tramite saturimetro (una saturazione arteriosa <92% è un indicatore di gravità e della necessità di ospedalizzazione),
- l’emogasanalisi arteriosa (un esame che permette di valutare l’ossigenazione del sangue e, attraverso la misurazione dell’anidride carbonica, l’efficacia degli scambi gassosi).
Molto raramente si rende necessaria la radiografia del torace (si possono riscontrare addensamenti ed aree di assenza di aria in più zone dei polmoni dovute alla alterata ventilazione).
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Come prevenire la bronchiolite nei bimbi?
Alcune semplici norme igieniche possono ridurre il rischio di contrarre la bronchiolite o evitare infezione correlate che possono peggiorare il quadro clinico. Cercare sempre di:
- evitare il contatto dei bambini più piccoli con altri bambini o adulti affetti da infezioni delle vie aeree;
- lavarsi sempre le mani prima e dopo aver accudito il bambino;
- favorire l’allattamento al seno e fornire una quantità adeguata di liquidi;
- fare frequenti lavaggi nasali con soluzione fisiologica o ipertonica;
- non fumare mai in casa, anche in ambienti diversi da quelli dove si trova il bambino.
Trattamento della bronchiolite
Un lattante senza difficoltà respiratoria, con SaO2 > 94 % in aria ed in grado di alimentarsi può essere trattato a domicilio sotto le attente cure del pediatra curante. Il paziente con bronchiolite viene in genere trattato con frequenti lavaggi nasali con aspirazione delle secrezioni e terapia aerosolica con soluzione ipertonica al 3%. Quest’ultima aiuta il piccolo a mobilizzare le abbondanti secrezioni mucose catarrali. È possibile utilizzare broncodilatori (farmaci che dilatano i muscoli dei bronchi e quindi migliorano la respirazione) per via inalatoria per 3-4 volte al giorno se si è osservato un miglioramento clinico dopo una prima somministrazione “di prova” nell’ambulatorio pediatrico o a domicilio. La terapia va invece sospesa in mancanza di evidente efficacia. Talvolta viene prescritto il cortisone per bocca ma la più recente letteratura scientifica non dimostra che i bambini sottoposti a questa terapia vanno incontro ad un miglioramento. L’uso routinario degli antibiotici non è raccomandato, tranne in bambini immunocompromessi o in caso si sospetti un’infezione batterica concomitante. È utile frazionare i pasti aumentandone la frequenza e diminuendo le quantità.Quando occorre il ricovero ospedaliero, il bambino viene sottoposto ad una terapia di supporto per garantire:
– un’adeguata ossigenazione del sangue attraverso la somministrazione di ossigeno umidificato e riscaldato (solo nei casi più gravi si somministra ossigeno ad alti flussi);
– un’adeguata idratazione, qualora l’alimentazione risultasse difficoltosa, attraverso la somministrazione di soluzioni glucosaline per via endovenosa.
Durata della bronchiolite, ricadute e prognosi
Complicanze della bronchiolite
Bronchiolite: quando è necessario ricoverare il bambino?
In tutti i casi di cattiva ossigenazione o rifiuto dell’alimentazione il bambino, secondo le indicazioni del pediatra curante, dovrà essere valutato dal pediatra del Pronto Soccorso per un eventuale ricovero. Vengono considerati fattori di rischio aggiuntivi: la prematurità o l’età inferiore ai due mesi, la concomitanza di patologie croniche (broncodosplasia, cardiopatie congenite, immunodeficienze, patologie neurologiche), la minor reattività, la difficoltà assistenziale a domicilio da parte dei genitori.
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Differenza tra bronchite e polmonite
La bronchite è una patologia caratterizzata dall’infiammazione della mucosa che riveste i bronchi, le strutture ad albero che conducono l’aria ai polmoni. Il suo sintomo più rilevante è la difficoltà respiratoria, che si manifesta con un respiro sibilante, tosse, fiato corto, disturbi del sonno e senso di oppressione al torace. A volte può coesistere un grado variabile di enfisema polmonare, lento processo di degenerazione del tessuto polmonare. La malattia acuta, nel giro di alcuni giorni guarisce, a meno che non sopravvengano complicazioni. In un paziente su due la bronchite cronica conduce a un’insufficienza respiratoria. La bronchite può essere acuta, solitamente causata da un’infezione virale, o cronica, come risultato di un danno alle vie aeree dovuto a fumo di sigaretta, inquinamento e altre condizioni. Mentre la bronchite acuta ha una durata limitata ad alcuni giorni, invece la bronchite cronica è invece caratterizzata e definita tale in presenza di una tosse produttiva che dura più di tre mesi all’anno per almeno due anni in assenza di altre patologie.
La polmonite è una malattia infiammatoria che colpisce uno o ambedue i polmoni a livello del parenchima polmonare. Se sono interessati anche i bronchi, si parla di “broncopolmonite“.
Quali sono le cause ed i fattori di rischio della bronchite acuta e cronica?
A causare la bronchite possono essere agenti diversi. Nel caso della bronchite acuta, la causa prevalente è un’infezione di origine virale. I virus più frequenti sono quelli comuni del raffreddore e dell’influenza. Solitamente l’infezione riguarda le prime vie aeree, laringe e trachea, per poi estendersi ai bronchi. In alcuni casi può instaurarsi una sovrainfezione batterica. La bronchite cronica è invece il risultato di una degenerazione graduale delle strutture bronchiali causata dal fumo, dallo smog o dall’inalazione di sostanze tossiche. La bronchite cronica è più pericolosa dell’episodio acuto, perché rappresenta un danno spesso definitivo e difficilmente reversibile.
Quali sono le cause ed i fattori di rischio della polmonite?
Molti microrganismi, come batteri, virus e funghi, possono causare la polmonite. Può anche dipendere dall’inalazione di un liquido o di un agente chimico. I soggetti più a rischio sono gli adulti oltre i 65 anni, i bambini sotto i 2 anni di età, le persone con AIDS.
La polmonite può essere favorita da tutte quelle condizioni in cui il corpo non riesce a filtrare i batteri dall’aria che viene respirata, ciò può succedere per esempio in soggetti impossibilitati a tossire, a seguito di un ictus o perché sedati; in mancanza di una tosse efficace, i batteri rimangono più facilmente nelle vie aeree. Il rischio di polmonite può infine aumentare in caso di esposizione ad alcuni agenti chimici e inquinanti, o a fumi tossici oppure in luoghi dove vari malati sono raggruppati e ravvicinati (polmonite nosocomiale).
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Quali sono i sintomi della bronchite e della polmonite?
I sintomi della bronchite, acuta o cronica, sono sovrapponibili a quelli di polmonite. Tra i sintomi più diffusi, comuni ad entrambe le patologie, ci sono:
- malessere generale;
- respiro sibilante;
- fiato corto;
- febbre;
- brividi di freddo;
- difficoltà a respirare (dispnea);
- tosse persistente, secca o produttiva;
- dolore durante la deglutizione
- produzione eccessiva di muco, con catarro bianco o giallastro, con piccole perdite di sangue;
- dolori articolari;
- faringite;
- raucedine;
- oppressione al torace;
- debolezza;
- disturbi del sonno.
In caso di polmonite, sono frequenti:
- febbre alta,
- brividi squassanti.
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Bronchite e polmonite sono contagiose?
Sia la polmonite che la bronchite acuta è contagiosa, mentre la bronchite cronica è contagiosa solo se correlata a microrganismi. Generalmente, la trasmissione del virus avviene per via aerea, cioè principalmente con:
- tosse;
- starnuti.
Queste malattie infettive si possono trasmettere da un individuo ad un altro anche attraverso il contatto diretto, ad esempio si può verificare quando una persona infetta stringe la propria mano, contaminata con le secrezioni infette, a quella di una persona sana.
Per quanto tempo sono contagiose?
La trasmissione si può verificare da alcuni giorni ad una settimana dopo la comparsa dei sintomi e perdurano per tutta la durata di essi. Il contagio è comunque possibile anche quando i sintomi sono diminuiti o cessati da poco.
Diagnosi di bronchite e polmonite
La diagnosi e la diagnosi differenziale tra bronchite e polmonite, include diversi tipi di esami:
- Esami del sangue, per la conta leucocitaria e per la ricerca di stati infettivi;
- Esami di coltura sull’espettorato, per determinare la presenza di batteri nel muco ed escludere altre infezioni;
- Radiografia del torace (Rx Torace), per valutare la presenza di segni di infezioni più estese (polmonite);
- TAC, nei casi in cui sia necessario individuare eventuali anomalie dei polmoni e delle vie aeree in generale;
- Spirometria, per misurare la quantità di aria che si immette nei polmoni;
- Test di provocazione bronchiale, per la misura dell’ossido nitrico presente nell’aria emessa (espirata) che indica il livello di infiammazione.
Cura della bronchite acuta e cronica
Il trattamento della bronchite è diverso a seconda che si tratti di un episodio acuto o sia cronica e ancora che ci sia una sovrapposizione di un’infezione batterica. In tutti i casi la sospensione dal fumo deve essere totale. Generalmente, nel caso di un’infezione virale acuta basta un periodo di riposo a letto, una sufficiente idratazione, l’uso di antinfiammatori, antipiretici e mucolitici per il controllo dei sintomi. Se c’è una sovrainfezione batterica il medico indicherà la terapia con antibiotici più adatta.
La terapia della bronchite cronica, nel quadro complesso della BPCO, prevede un trattamento più articolato e di lunga durata che include farmaci per la broncodilatazione, a base di corticosteroidi, ossigenoterapia e una specifica terapia di riabilitazione polmonare.
Cura della polmonite
Il trattamento dipende dal tipo di polmonite, dal germe che ne è la causa e dalla gravità. La maggior parte dei soggetti affetti da polmonite acquisita in comunità (la forma più frequente) viene curata a casa. La terapia ha lo scopo di curare l’infezione e prevenire complicanze. La polmonite batterica viene trattata con antibiotici assunti come da prescrizione medica. Il paziente deve continuare la cura anche se può sentirsi meglio prima di aver completato il ciclo di antibiotico. Se il trattamento viene interrotto troppo presto, la polmonite può recidivare. La maggior parte dei soggetti migliora dopo 1 – 3 giorni di antibiotici. In pratica, il paziente si sente meglio e diminuiscono i sintomi come tosse e febbre. La polmonite virale NON viene curata con antibiotici (inefficaci in questo caso). Il trattamento può richiedere farmaci antivirali. La polmonite virale in genere migliora in 1 – 3 settimane.
Trattamento di sintomi gravi di bronchite e polmonite
Il ricovero ospedaliero può essere necessario se:
- I sintomi sono gravi.
- Il soggetto è a rischio di complicanze a causa di altri problemi di salute.
- Se l’ossigenazione del sangue è bassa può essere praticata una terapia con ossigeno.
- In caso di polmonite batterica, gli antibiotici possono essere somministrati per via endovenosa.
Stile di vita che favoriscono la cura di bronchite e polmonite
Una volta contratta la polmonite o la bronchite, esistono alcuni consigli che è preferibile seguire per guarire più rapidamente possibile dall’infezione ed evitare complicanze, tra cui:
- Smettere ASSOLUTAMENTE di fumare e di frequentare luoghi inquinati.
- Riposarsi molto.
- Rispettare il piano di trattamento stabilito dal medico.
- Assumere tutti i medicinali secondo quanto prescritto. Se sotto antibiotici, continuare la cura fino a guarigione completa. Si deve continuare la cura anche se ci si sente meglio prima di aver completato il ciclo di antibiotico. Se il trattamento viene interrotto troppo presto, l’infezione batterica e la polmonite possono recidivare.
- Chiedere al medico quando sottoporsi a una visita di controllo. Il medico può raccomandare una radiografia toracica per controllare la guarigione dell’infezione.
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Differenza tra tosse e bronchite (acuta e cronica)
Il termine “tosse” indica genericamente una emissione di aria singola o ripetuta, generalmente molto meno violenta dello starnuto, che ha lo scopo principale di liberare le vie aeree (naso, bocca, laringe, faringe, trachea, bronchi) da catarro, polvere, muco agenti irritanti e patogeni (virus e batteri). La tosse, al contrario dello starnuto, può essere sia una reazione spontanea dell’organismo, ma anche procurata volontariamente dal soggetto, inoltre non è legata alla chiusura automatica degli occhi. Un singolo colpo di tosse permette l’espulsione, ad oltre due metri di distanza, di migliaia di goccioline di saliva e di microrganismi, grazie alla violenta emissione di aria, che può raggiungere anche i 70 km all’ora.
Da cosa viene causata la tosse?
La tosse viene solitamente correlata a stati infiammatori/infettivi delle vie aeree superiori ed inferiori, che possono essere determinati da varie condizioni e patologie, come:
- infezione virale o batterica (tipica di raffreddore ed influenza);
- reazione allergica verso una o più sostanze;
- ostruzione delle vie aeree da parte di oggetti più o meno grandi;
- presenza di muco o catarro nelle vie aeree superiori ed inferiori;
- passaggio di liquidi o materiali alimentari in trachea (“acqua o cibo di traverso”);
- sindromi parainfluenzali;
- croup (infiammazione virale acuta delle vie aeree superiori e inferiori, che colpisce prevalentemente bambini di età compresa tra 6 mesi e 3 anni);
- irritazione delle mucose delle vie aeree causata da polveri ed altre sostanze irritanti.
Bronchite
La bronchite è l’infiammazione della mucosa che riveste i bronchi, le strutture ad albero che conducono l’aria ai polmoni. Il suo sintomo più rilevante è la difficoltà respiratoria, che si manifesta con un respiro sibilante, tosse, fiato corto, disturbi del sonno e senso di oppressione al torace. La bronchite può essere acuta, solitamente causata da un’infezione virale, o cronica, come risultato di un danno alle vie aeree dovuto a fumo, inquinamento e altre condizioni. Generalmente nella bronchite acuta l’infiammazione è scatenata da un virus che ha già colpito le prime vie aeree, come laringe e trachea, e si estende ai bronchi: l’infezione può essere provocata da virus comuni, come quelli del raffreddore o dell’influenza, o virus più difficili da trattare come il virus respiratorio sinciziale, l’adenovirus. L’episodio acuto è generalmente di breve durata (pochi giorni), se l’infiammazione si ripete e si protrae nel tempo è definita cronica. La bronchite cronica è la condizione tipica della Broncopneumopatia cronico ostruttiva (BPCO).
La tosse nella bronchite acuta
La tosse negli episodi di bronchite è generalmente violenta, si presenta ad accessi che spesso lasciano senza fiato. A preannunciare il suo arrivo può essere un bruciore al petto, localizzato dietro lo sterno (se è interessata anche la trachea). All’inizio la tosse è generalmente secca e stizzosa, poi diventa profonda e con abbondante secrezione di catarro. In seguito all’infiammazione i bronchi si gonfiano e producono muco e pus. A volte si ha la febbre (non supera i 38,5°C e dura 3-5 giorni) e si respira con difficoltà: all’inizio in situazioni di sforzo, poi anche a riposo.
La tosse nella bronchite cronica
Nella bronchite cronica la tosse diventa insistente soprattutto al mattino, con emissione di muco scarso o abbondante, catarro in quantità che perdura anche oltre tre mesi l’anno. A ciò si associano affanno più o meno intenso e crisi asmatiche. A causa dell’infiammazione i bronchi si restringono o rimangono ostruiti, rendendo difficile il respiro e la circolazione del sangue nei polmoni. In molti casi succede che una o più volte all’anno si verifichino episodi di riacutizzazioni con aumento della tosse e dell’espettorato. Il risultato è un ostacolo più o meno grave al passaggio dell’aria nei bronchi e nei polmoni per provoca dispnea più o meno grave.
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