L’ipocondria (anche chiamata “disturbo d’ansia di malattia“, “disturbo d’ansia per la salute“, “patofobia“, “ansia da malattia“; in inglese “hypochondria”, “hypochondriasis”, “health anxiety”, “illness anxiety disorder” o “somatic symptom disorder”) è un disturbo d’ansia caratterizzato da una preoccupazione eccessiva, ingiustificata e persistente di essere affetti da una grave malattia, nonostante valutazioni mediche adeguate rassicurino il paziente sul fatto che egli non soffra di alcuna patologia. Nonostante le rassicurazioni dei medici interpellati, il paziente si convince che qualsiasi sintomo avvertito, o che presume di avvertire, sia il Continua a leggere
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Disturbo d’ansia di malattia (ipocondria): aver paura di essere malati
L’ipocondria (anche chiamata “disturbo d’ansia di malattia“, “disturbo d’ansia per la salute“, “patofobia“, “ansia da malattia“; in inglese “hypochondria”, “hypochondriasis”, “health anxiety”, “illness anxiety disorder” o “somatic symptom disorder”) è un disturbo d’ansia caratterizzato da una preoccupazione eccessiva, ingiustificata e persistente di essere affetti da una grave malattia, nonostante valutazioni mediche adeguate rassicurino il paziente sul fatto che egli non soffra di alcuna patologia. Nonostante le rassicurazioni dei medici interpellati, il paziente si convince che qualsiasi sintomo avvertito, o che presume di avvertire, sia il Continua a leggere
Uomini e donne hanno approcci diversi al dolore: chi soffre di più?
Uomini e donne hanno un approccio differente agli stimoli dolorosi: quale dei due sessi “soffre” di più? Continua a leggere
Differenza tra asintomatico ed aspecifico in medicina
Malattia asintomatica
Una patologia si dice “asintomatica” quando, nonostante la sua presenza, non dà sintomi della propria esistenza. Il paziente si dice “asintomatico” quando, nonostante sia affetto da una patologia, esso non presenta alcun segno o sintomo. Ad esempio quando un soggetto viene esposto ad un Continua a leggere
Differenza tra sintomo e segno con esempi

Il mal di schiena è un sintomo
Tutti i disturbi, siano essi organici o funzionali, si manifestano attraverso dei sintomi e/o dei segni, che – seppur nell’uso comune sono diventati quasi sinonimi – indicano cose diverse e NON sono sinonimi.
Sintomo
Etimologicamente, il termine sintomo significa avvenimento, evento, fatto nuovo, coincidenza. Nel linguaggio tecnico, rappresenta una sensazione soggettiva di cambiamento nel benessere personale. Trattandosi di un vissuto soggettivo, non ne risulta possibile un’esatta misurazione: i sintomi verranno descritti dal paziente al medico durante la prima parte della visita medica, chiamata anamnesi. Proprio perché il sintomo è soggettivo ed avvertito dal paziente, quest’ultimo in teoria può fingere di averlo (descrivendolo in “cattiva fede” al medico) o immaginare di averlo (in “buona fede”). Il sintomo – in quanto narrazione soggettiva – deve quindi essere “preso con le pinze” dal medico, visto che può essere inventato, o ingigantito o ridotto nelle dimensioni dal paziente, consciamente o inconsciamente. Il sintomo non è quasi mai un’entità fenomenica unica, ma l’effetto finale, non standardizzato, di un convergere di molteplici azioni e reazioni. Non sempre è possibile per il medico raccogliere i sintomi; pensiamo ad esempio ad un paziente appena giunto da solo ad un pronto soccorso in stato di incoscienza: in questo caso il paziente non potrà comunicare quello che prova, cioè i propri sintomi. Esempi di sintomi comuni a molte patologie sono:
- il dolore in generale (mal di testa, dolore all’addome, dolore articolare, dolore durane la minzione o l’evacuazione…),
- l’ansia,
- il nervosismo,
- l’astenia (la sensazione di stanchezza),
- le vertigini,
- l’acufene (il fischio nell’orecchio),
- il malessere generale,
- la nausea,
- le allucinazioni visive ed uditive,
- la confusione mentale,
- la paura,
- la sordità,
- la cecità,
- la pesantezza alle gambe,
- l’ageusia (cioè la perdita del senso del gusto),
- l’anosmia (cioè la perdita dell’olfatto),
- la sonnolenza.
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Una tumefazione è un segno
Segno
E’ chiamato segno invece, qualsiasi elemento fisico anomalo che venga rilevato da un osservatore esterno e che, in quanto oggettivo, può essere misurato. Mentre il sintomo è soggettivo e può essere “inventato” dal paziente, al contrario il segno è oggettivo e non può essere inventato, perché è visibile, palpabile e/o ascoltabile, tuttavia un segno può essere comunque simulato – in modo più o meno verosimile – dal paziente: ad esempio il tremore di una mano è un segno e può essere abbastanza facilmente simulato da chiunque. Non tutti i segni possono comunque essere simulati: ad esempio un soggetto non può simulare una mancata costrizione pupillare alla luce. Per comodità e per brevità, nel linguaggio clinico abituale, sintomi e segni sono accomunati nel termine omni-comprensivo di “sintomi”, quindi un paziente tenderà a descrivere come sintomi quelli che in realtà sono segni, ad esempio potrebbe dire: “dottore, tra i sintomi della mia malattia c’è il rossore sulla spalla”, quando invece il “rossore” è uno dei segni dell’infiammazione. Mentre i sintomi venivano elencati dal paziente al medico durante la prima parte della visita (l’anamnesi), i segni vengono individuati dal medico durante la seconda parte della visita, chiamata esame obiettivo, grazie ad alcune manovre:
- ispezione: il medico guarda il corpo del paziente (interamente o una sua parte specifica),
- palpazione: con le proprie mani, il medico palpa il corpo,
- percussione: tramite le dita, il medico percuote il corpo,
- auscultazione: tramite un fonendoscopio, il medico ascolta i suoni che arrivano dal corpo.
Esempi di segni, sono:
- torace ingrandito,
- ingrossamento del collo (ad esempio per patologie alla tiroide o dei linfonodi),
- tagli ed abrasioni,
- epistassi (perdita di sangue dal naso),
- cambi di colore della pelle (ad esempio ittero o arrossamento),
- retrazione palpebrale,
- mancata costrizione pupillare alla luce,
- rinorrea (“naso che cola”),
- scialorrea (salivazione intensa),
- cicatrici,
- aumento della frequenza cardiaca,
- diversa lunghezza degli arti,
- ematomi,
- tremori,
- tumefazioni.
Alcuni segni possono essere rilevati con precisione solamente mediante strumenti particolari e/o provocazione da parte del medico, ad esempio con ausili come il martelletto neurologico di Dejerine (strumento per l’evocazione, la valutazione e lo studio dei riflessi muscolo-tendinei).
In sintesi
Il sintomo si differenzia quindi dal segno, essendo il primo descritto dal paziente e quindi soggettivo e di difficile precisa misurazione, mentre il secondo è un riscontro oggettivo individuato da parte del medico e di più facile misurazione. Il sintomo può essere “inventato” dal paziente (in “buona o cattiva fede”), mentre il segno no, perché è visibile, palpabile e/o ascoltabile, salvo i casi in cui il segno venga simulato dal paziente (anche se non tutti i segni possono essere simulati). Il sintomo viene raccolto dal medico durante l’anamnesi, mentre il segno viene individuato dal medico durante l’esame obiettivo.
Sono più importanti i sintomi o i segni?
E’ una domanda che ha poco senso, dal momento che sintomi e segni sono entrambi estremamente importanti per la diagnosi in egual misura, tranne alcuni casi in cui un dato sintomo o un dato segno siano talmente specifici e caratteristici da “bastare” per elaborare una diagnosi. Qualora sintomi e segni non fossero sufficienti a raggiungere una diagnosi certa, cosa che si verifica il più delle volte, il medico si può servire di vari esami, come quelli di laboratorio (esame delle feci, esame delle urine, spermiogramma, emocromo, biopsie…), di diagnostica per immagini (radiografie, TC, risonanza magnetica, ecografia, endoscopia, PET…), o altri esami ancora come ad esempio la misurazione della pressione arteriosa, l’elettrocardiogramma, la polisonnografia, l’elettroencefalogramma, l’elettromiografia o la spirometria. Grazie a tali esami, il dubbio diagnostico avanzato dal medico durante l’anamnesi e l’esame obiettivo, può essere confermato o smentito.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Cocaina: i sintomi in caso di uso, abuso ed overdose
La cocaina è una potente droga psicoattiva che agisce a vari livelli sia fisici che neurologici in chi la assume. La portata dei sintomi è data dalla quantità di sostanza assunta e dalla tolleranza raggiunta dal dipendente, in genere si hanno a livello comportamentale un innalzamento del tono dell’umore, euforia, insonnia, aumento delle potenzialità fisiche e mentali (resistenza alla fatica), migliore attenzione, lucidità mentale, percezione sensoriale. In caso di sovradosaggio si hanno sintomi di confusione, ansia, irritabilità, panico, aggressività.
A livello fisico i sintomi comuni nell’uso di cocaina includono: tachicardia, sudorazione, dilatazione della pupilla (midriasi), aumento della pressione e della temperatura corporea, riduzione dell’appetito. In casi di overdose da cocaina i sintomi peggiorano in convulsioni, aritmie, coma fino a morte per arresto cardiaco. La principale azione della cocaina a livello chimico è di bloccare il recupero di dopamina nel terminale presinaptico impedendo il riassorbimento di dopamina da parte del neurone stesso. Il risultato è un aumento del livello di dopamina e anche di norepinefrina e serotonina. In queste variazioni chimiche a livello neurologico sono probabilmente da ricercare le cause dei sintomi comportamentali sopra descritti.
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Il lungo consumo di cocaina porta ad una tolleranza sempre maggiore per gli effetti euforici e a sintomi assimilabili a stati schizofrenici con estrema eccitabilità, insonnia, paranoia e perdita di interesse sessuale fino a casi estremi di allucinazioni e depressione. Altri sintomi sono una generale riduzione della attività dovuta probabilmente alla privazione del sonno e all’alimentazione non corretta che la dipendenza da Cocaina comporta. Altri sintomi fisici evidenti in un cocainomane possono essere la perdita di peso e a seconda che la sostanza sia inspirata: riniti, eczemi alle narici o perforazione del setto nasale o, in caso di iniezione della sostanza: infezioni e trasmissione di patologie, come epatite o AIDS. L’assunzione prolungata di cocaina determina modifiche sostanziali a livello dei meccanismi di comunicazione tra i neuroni, i sintomi sono la tolleranza e la dipendenza fisica dalla sostanza anche se la medicina sta ancora studiando queste variazioni e le loro complesse risultanti neurologiche. Il sintomo più visibile è il craving (ovvero la ricerca ossessiva per la sostanza) che caratterizza il cocainomane e che chi non ha la dipendenza può solo vagamente capire.
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Dolore: esistono esami specifici per rilevarlo?
Il dolore è un sintomo, cioè una sensazione oggettiva riferita dal paziente, quasi sempre il risultato di un danno organico o di un trauma. Tuttavia, poiché si tratta di una sensazione riferita (ed a volte addirittura “inventata” consapevolmente o inconsapevolmente dal paziente!) il dolore non può essere visto né “reso visibile” dal medico in modo diretto con le apparecchiature usate per le comuni indagini cliniche. Certamente però, gli strumenti in possesso del medico, sono in grado di “visualizzare” il dolore in modo indiretto. Attraverso i controlli – specie quelli appartenenti alla diagnostica per immagini – si può spesso facilmente capire dove sia l’origine del sintomo dolorifico e quali strutture nervose siano interessate.
Per chiarire la cause del dolore sono quindi utili tutte le indagini cliniche eseguite per la malattia di base come quelle radiologiche (per esempio radiografie, scintigrafie, ecografie, TAC, Risonanza Magnetica Nucleare) e gli esami di laboratorio. Inoltre, in alcuni casi, sono utili anche indagini di tipo neurofisiologico, che studiano sia la funzionalità dei nervi che dei muscoli, per esempio l’elettromiografia.
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Cos’è l’aura emicranica?
L’aura è l’insieme dei disturbi psichici, visivi, motori e/o neurologici che possono precedere l’insorgenza dell’emicrania ma anche di una crisi epilettica, causati da un’onda di depressione corticale. L’aura ha una durata variabile, ma di solito dura tra 5 e 15 minuti. L’aura può essere:
- Con deficit visivo (aura visiva);
- Con deficit sensitivo (aura parestesica);
- Con deficit fasico (aura fasica);
- Con deficit stenico.
I sintomi neurologici che caratterizzano l’aura sono:
- scotomi scintillanti (una zona luminosa a forma variabile di arco o linee, attorno alla quale la percezione visiva è generalmente buona);
- stato confusionale di vario grado (formicolio, ronzio, ansia);
- perdita delle forze di varia entità;
- disturbi di fotofobia;
- disturbi del linguaggio;
- altri disturbi neurologici.
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- Emicrania con aura: cause, sintomi, diagnosi e trattamenti
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- Differenza tra emicrania con aura ed emicrania senza aura
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Quali sono le cause dell’aura?
I fattori scatenanti e cause per i soggetti predisposti sono attualmente sconosciuti a livello di evidenze sperimentali. È opinione comune attribuire un ruolo determinante a stati di stanchezza psicofisica (eccessivo lavoro mentale e/o fisico), stress visivo (pattern di luce persistente, luce intensa, abbagli), alimentazione (alcool, latticini, zuccheri, diabete, caffeina, pasti disordinati, pesce affumicato, fagioli), composti chimici (farmaci, coloranti, fumo, nitrati, glutammato, tiramina), problemi di pressione sanguigna (insufficienza della circolazione vertebro basilare, ipotensione ortostatica), problemi ai recettori nervosi (crisi vaso vagali, lesioni demielinizzanti), altri problemi neurovegetativi (mancanza di sonno, anomala quantità di serotonina, ciclo mestruale), e numerosissimi altri tra cui odori, rumori ed allergie.
Le prime insorgenze di aura sono sovente confuse con l’ictus cerebrale o con un attacco ischemico transitorio (TIA) e possono dare luogo a intense reazioni emotive; tuttavia, la durata limitata e la completa reversibilità sono importanti elementi da prendere in considerazione per identificare la natura benigna di tali manifestazioni.
L’attacco di emicrania si verifica solo dopo il termine dell’aura, ma raramente è anche sotto forma di emicrania asintomatica e non porta ad alcun dolore o crisi.
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