Differenza tra metencefalo e mielencefalo

MEDICINA ONLINE SISTEMA NERVOSO ANATOMIA DIENCEFALO MESENCEFALO ROMBOENCEFALO TELE CERVELLO CENTRALE PERIFERICO SIMPATICO PARASIMPATICO MIDOLLO SPINALE TRONCO ENCEFALICO CEREBRALE MESENCEFALO PONTE BULBO MIDOLLO ALLUNGATOCerchiamo di capire oggi la differenza anatomica tra metencefalo e mielencefalo, dal momento che vengono spesso confusi dai nostri studenti. Cominciamo dal principio: il sistema nervoso centrale dell’uomo è diviso in due parti fondamentali:

  • l’encefalo posto nella scatola cranica;
  • il midollo spinale situato nel canale vertebrale.

L’encefalo (anche chiamato “proencefalo”, “prosencefalo” o “cerebro”) è costituito da tre parti fondamentali:

  • cervello: a sua volta diviso in telencefalo e diencefalo;
  • tronco encefalico: costituito da mesencefalo e romboencefalo;
  • cervelletto.

Il tronco encefalico è quindi quella parte dell’encefalo costituita dal mesencefalo e dal romboencefalo. Il romboencefalo è a sua volta diviso in due parti:

  • metencefalo: composto da ponte di Varolio (o più semplicemente “ponte”) e cervelletto;
  • mielencefalo: composto dal midollo allungato (o “bulbo”).

Il tronco encefalico viene quindi ad essere formato da 3 segmenti che sono, dall’alto verso il basso:

  • mesencefalo (a sua volta diviso in tetto e tegmento);
  • ponte di Varolio (o ponte);
  • midollo allungato (o “bulbo”).

Il cervelletto, pur facendo parte del romboencefalo assieme al ponte, non è invece considerato parte del tronco encefalico.

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Tagliando nervo lesionato i pazienti muovono l’arto paralizzato

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La ricerca

I medici hanno coinvolto 36 pazienti reduci da ictus o lesioni cerebrali di altra origine, tutti con un braccio semiparalizzato e inutilizzabile per via di spasmi incontrollati dovuti a attività involontaria del nervo danneggiato che collega il braccio al cervello.
Gli esperti hanno reciso il nervo danneggiato di 18 dei 36 pazienti; gli altri 18, invece, hanno solo seguito un normale programma di riabilitazione. Poi gli esperti hanno collegato un nervo sano (normalmente presente nella regione cervicale della colonna vertebrale) al braccio dei 18 pazienti operati. Nell’arco di un anno di osservazione i 18 pazienti trattati chirurgicamente hanno riguadagnato possibilità di movimento e utilizzo dell’arto paralizzato.

Necessari ulteriori studi

Secondo gli scienziati statunitensi, che hanno scritto un commento al lavoro sul New England, bisogna però capire quale sia la vera origine dei miglioramenti della motilità del braccio dei pazienti operati. Secondo gli esperti, infatti, l’efficacia del trattamento chirurgico potrebbe dipendere semplicemente dal fatto che il nervo danneggiato viene reciso, mettendo fine dunque agli spasmi e ai movimenti incontrollati dell’arto stesso; mentre resta da chiarire, con ulteriori approfonditi studi, se vi sia un reale effetto dalla connessione del nervo sano all’arto interessato.

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Primo trapianto di testa umana al mondo eseguito con successo

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO OSPEDALE CHIRURGIA SALA OPERATORIA OPERAZIONE CHIRURGICAIl primo trapianto di testa umana al mondo è stato eseguito con successo, lo ha annunciato in una conferenza stampa a Vienna, il neurochirurgo italiano Sergio Canavero, spiegando che un’équipe dell’università medica di Harbin ha realizzato il primo trapianto di testa umana su cadavere al mondo ed affermando che un’operazione su un essere umano vivo potrebbe essere “imminente”.

Il trapianto su cadavere è un evento storico per la medicina. E’stato effettuato dal team guidato dal chirurgo Xiaoping Ren, che l’anno scorso ha trapiantato con successo una testa sul corpo di una scimmia. L’operazione si è svolta in Cina, con un intervento durato ben 18 ore, in cui sono stati connessi con successo la colonna vertebrale, i nervi ed i vasi sanguigni. Il prossimo passo, ha spiegato Canavero, sarà lo scambio e il trapianto di testa da donatori in stato di morte cerebrale.

Questa è la strada che porterà l’uomo ad essere potenzialmente immortale. Voi cosa ne pensate?

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Paraplegia: etimologia, significato, sintomi, cura e riabilitazione

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Paraplegia: etimologia del termine

Paraplegia (accento sulla “i”) è una parola che deriva dal greco παραπληγία, composto da παρα- (“para” che significa “vicino, intorno a”) e -πληγία (“plegìa” che significa “colpisco”).

Diffusione di paraplegia e tetraplegia in Italia

In Italia ogni anno si verificano mediamente 906 nuovi casi di paraplegia all’anno, 625 di tetraplegia, con i seguenti rapporti: il 67% di origine traumatica di cui il 53% rappresentati da incidenti stradali, il 21% da cadute, il 10% da incidenti sul lavoro e il 33% di origine non traumatica. Il rapporto maschi/femmine è 4:1 ed è stato rilevato un incremento annuo di 20/25 nuovi casi, con età compresa tra 10 e 40 anni (picco intorno ai 20), con circa 80 mila persone con lesione midollare attualmente residenti nel nostro paese.

Cause di paraplegia

La lesione midollare che provoca paraplegia è sottostante alla prima vertebra toracica (T1). Tale lesione può essere provocata da svariate cause:

  • lesioni infettive;
  • lesioni traumatiche della zona lombare o dorsale del midollo spinale, ad esempio in incidenti stradali o spirtivi;
  • disciti;
  • tumori;
  • lesioni vascolari;
  • sclerosi a placche;
  • da malformazioni congenite del canale midollare, come nella spina bifida.

Sintomi di paraplegia

I sintomi principali connessi a una paraplegia possono verificarsi anche immediatamente dopo la lesione del midollo spinale, ad esempio nelle lesioni da trauma. Variano molto in base alla gravità della lesione. Essi comprendono:

  • paralisi degli arti inferiori;
  • deficit di movimento;
  • riflessi più lenti del solito;
  • disturbi intestinali;
  • incontinenza urinaria e fecale;
  • difficoltà respiratorie;
  • sterilità ed infertilità;
  • disfunzione erettile;
  • alterazione della sensibilità orgasmica;
  • alterazione nell’eiaculazione (aneiaculazione, eiaculazione retrograda, astenospermia…).

Leggi anche: Paraplegia: erezione, disfunzione erettile ed eiaculazione

A livello della lesione si ha:

  • distruzione completa delle cellule nervose;
  • rottura dell’arco riflesso;
  • paralisi flaccida dei muscoli innervati dai segmenti del midollo spinale che sono stati distrutti.

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Disturbi motori nella paraplegia

Nelle lesioni midollari si hanno quadri clinici diversi a seconda che il danno sia completo o meno. Una lesione midollare fa sì che nei muscoli innervati dai segmenti midollari sottolesionali compaia un’impossibilità al reclutamento volontario delle unità motorie. Queste ultime, che sono anatomicamente integre, terminata la fase di shock spinale (da 1 settimana ad alcuni mesi), saranno soggette ad una abnorme attività (spasticità) per il deficit del controllo motorio soprasegmentale.

Disturbi della sensibilità nella paraplegia

In seguito ad una lesione midollare tutti i tipi della sensibilità possono essere più o meno compromessi. L’anestesia o ipoestesia può interessare in misura diversa la sensibilità:

  • tattile superficiale e profonda;
  • dolorifica;
  • pressoria;
  • termica;
  • statestesica;
  • cinestesica.

La persona con lesione midollare può accusare dolori che si possono distinguere in:

  • dolori vertebrali;
  • dolori metamerici di origine radicolare;
  • dolori sottolesionali non hanno distribuzione metamerica, si tratta di parestesie dolorose tipo pizzicori, formicolii, la cui origine è incerta;
  • dolori viscerali proiettati in genere rapporto (poco chiaro) alla distensione di un organo cavo (vescica, intestino);
  • dolori psicogeni.

Disturbi respiratori nella emiplegia

Nel paziente con emiplegia si verifica una modificazione del meccanismo della respirazione dopo una lesione midollare. I deficit respiratori che si vengono ad instaurare originano sostanzialmente dai seguenti fattori:

  • paralisi completa o deficit della muscolatura inspiratoria ed espiratoria;
  • alterazione della meccanica toraco-addominale;
  • riduzione della compliance polmonare;
  • riduzione della compliance della parete toracica.

Conseguenze e complicazioni

La paraplegia porta purtroppo con sé varie problematiche legate alla riduzione della mobilità, con diminuzione della qualità della vita del paziente. La gravità della paralisi dipende dal grado di lesione cui è stato sottoposto il midollo spinale. Molte persone affette da paraplegia sono obbligati all’uso di sedie a rotelle per muoversi. In seguito alla diminuzione o perdita delle funzioni degli arti inferiori, la paraplegia può comportare anche una serie di complicazioni mediche che includono:

  • lesioni da pressione;
  • trombosi;
  • polmonite;
  • danni mio-osteo-articolari: limitazioni articolari, retrazioni muscolo-tendinee;
  • complicanze psicologiche: disturbo post traumatico da stress, depressione, pensieri suicidari;
  • complicazioni nervose.

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Diagnosi

La persona ferita e colpita da presunta paraplegia va urgentemente ricoverata presso una struttura dotata di unità spinale. Un team specializzato provvederà ad effettuare  rapidamente approfonditi esami per individuare la collocazione della lesione e valutarne il grado di gravità attraverso test neurologici, TAC, analisi radiologiche con liquido di contrasto alle membrane delle meningi, oltre a stimolazioni magnetiche del cranio per valutare la funzionalità dei circuiti che riconducono al Sistema Nervoso Centale.

Cura e riabilitazione nel paziente con paraplegia

L’obiettivo generale del trattamento riabilitativo in Unità Spinale o nei Centri Riabilitativi consiste nell’aiutare la persona con lesione midollare (plm) a raggiungere la massima autonomia/indipendenza possibile nelle attività della vita quotidiana in relazione alle potenzialità residue (tipo e livello di lesione), all’età, alle condizioni generali della persona, alla presenza o meno di complicanze, alla motivazione, al sostegno della famiglia. Il paziente che afferisce all’Unità Spinale o ai Centri di Riabilitazione chiede l’ottimizzazione delle proprie risorse onde riprendere, degnamente, il suo posto nella società. Come un preparatore atletico, il fisioterapista deve far raggiungere alla plm le capacità fisiche che le permettano, sotto la guida dell’équipe riabilitativa, di compiere il gesto funzionale. All’interno del processo riabilitativo l’intervento si esplica fondamentalmente in due ambiti:

1) RIEDUCATIVO

Finalizzato al recupero della massima capacità funzionale attraverso:

  • il recupero neurologico se esso si verifica;
  • il rafforzamento della muscolatura rimasta integra;
  • la ricerca di compensi e strategie motorie che permettono il riapprendimento e la riacquisizione di abilità funzionali nelle attività quotidiane, lavorative, luduche, etc.;
  • l’individuazione di strategie di coping che promuovono il “riadattamento” all’evento disabilità.

2) EDUCATIVO

Finalizzato alla conoscenza e corretta gestione delle problematiche inerenti la lesione midollare (educazione sanitaria).

Le tecniche riabilitative più usate per tentare il recupero delle funzioni neurologiche sono:

  • Metodo Kabat;
  • Metodo Bobath;
  • Metodo Perfetti.

A queste si aggiungono:

  • Mobilizzazioni articolari;
  • Stretching;
  • Terapia respiratoria;
  • Trattamento di disturbi sfinterici;
  • Terapia occupazionale.

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Differenza tra emiparesi ed emiplegia

MEDICINA ONLINE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS SANGUE EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPLEGIA MORTE COMA PROFONDO STATO VEGETATIVO PARALISI DECUBITO RECUPERO SUBARACNOIDEAL’emiplegia è un deficit motorio dell’attività motoria volontaria che interessa un solo emilato, cioè solo un lato del corpo, il lato destro o il sinistro. La causa è un danno cerebrale controlaterale al deficit, ciò significa che un danno cerebrale destro determina una emiplegia sinistra e viceversa. In genere, viene lesionato il 1° motoneurone che trasporta gli input motori al midollo spinale. Il deficit assume caratteristiche di recupero diverse in base al periodo della vita in cui insorge.

L’emiparesi è un deficit parziale dell’attività motoria volontaria che interessa un solo emilato, destro o sinistro. La causa, come nel causa dell’emiplegia, è un danno cerebrale controlaterale al deficit, ciò significa che un danno cerebrale destro determina una emiparesi sinistra e viceversa. L’emiparesi riconosce le stesse cause dell’emiplegia (ad esempio ictus ischemico, emorragico, tumore…) di cui spesso rappresenta l’evoluzione.

Sia emiparesi che emiplegia possono essere reversibili o irreversibili in base alle cause specifiche che l’hanno provocata. Entrambe sono il risultato di una lesione del sistema nervoso centrale; la differenza principale risiede nell’entità del deficit motorio, più importante quando ci si riferisce all’emiplegia (che è quindi più grave), minore nel caso di emiparesi (meno grave). Nella emiplegia si ha paralisi (perdita completa dell’attività motoria di un emilato), nell’emiparesi la perdita della funzione motoria è solo parziale.

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Emiparesi destra, sinistra, facciale e neonatale: cause, sintomi e cure

MEDICINA ONLINE CERVELLO BRAIN TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE IPPOCAMPO IPOCONDRIA PSICOLOGIA DEPRESSIONE TRISTE STANCHEZZA ROMBECon il termine emiparesi in medicina si indica una difficoltà motoria che interessa una parte laterale del corpo, caratterizzata da perdita parziale della funzione motoria di una metà del corpo, acuta, subacuta o cronica. Tra i tipi di emiparesi vi è quella facciale, che colpisce il viso. L’emiparesi può rivelarsi essere reversibile o meno in base alle cause specifiche che l’hanno provocata.

Cause

L’emiparesi è causata da lesioni del motoneurone superiore (nella corteccia cerebrale controlaterale), della sostanza bianca sottocorticale, della capsula interna, del tronco cerebrale.

L’emiparesi acuta è di solito causata da un’ischemia o da un’emorragia cerebrale, più raramente da sanguinamenti neoplastici o da trauma cranico.

L’emiparesi subacuta, che evolve nell’arco di giorni o settimane, è causata spesso da ematoma sottodurale, in maniera particolare in pazienti anziani e in quelli in trattamento anticoagulante. Ascessi cerebrali, infezioni micotiche e parassitarie, tumori cerebrali e linfomi in corso di AIDS sono cause altrettanto frequenti di emiparesi subacuta, che può cronicizzare se la malattia di base non viene trattata (farmacologicamente o chirurgicamente).

Malattie degenerative e malformazioni arterovenose a lenta espansione sono infine responsabili delle emiparesi croniche.

Le emiparesi infantili rappresentano le forme più attenuate delle paralisi cerebrali infantili e sono collegate a prematurità o ad asfissia perinatale e neonatale; spesso si fanno evidenti solo alcuni mesi dopo la nascita.

Sintomi

Uno dei principali sintomi di emiparesi è il segno di Babinski; molto semplicemente questo tipo di sintomo identifica una risposta innaturale agli stimoli ricevuti dalla pianta del piede. Tentando di essere più chiari è possibile riscontrare il segno di Babinski semplicemente stimolando la pianta del piede strofinando una punta smussata a partire dal tallone e risalendo (scorrendo lungo il lato esterno della pianta del piede) fino al primo metatarso.

L’emiparesi si esprime soggettivamente con un deficit della forza muscolare e, all’esame neurologico, si può evidenziare con la prova di Mingazzini: se il danno è corticale il paziente, invitato a sollevare gli arti (superiori o inferiori), abbassa lentamente l’arto paretico; nella prova di Barrè il paziente, prono con le gambe flesse ad angolo retto, abbassa la gamba paretica. L’emiparesi di origine corticale si può accompagnare a turbe sensitive, a disturbi del linguaggio e ad altri deficit corticali. L’emiparesi motoria pura del volto, del braccio o della gamba (o di entrambi gli arti) è dovuta a una piccola lesione della parte posteriore della capsula interna o del peduncolo cerebrale. Se la lesione si verifica a livello del bulbo, si osserva paresi nel territorio di uno o più nervi cranici associata ad emiparesi controlaterale degli arti.

Le emiparesi infantili, evidenti spesso solo alcuni mesi dopo la nascita, sono caratterizzate dall’atteggiamento in semiflessione degli arti dell’emisoma interessato, piedi in atteggiamento equino e appoggio sulle sole dita, predominanza precoce di un emisoma, spasticità.

Come si diagnostica l’emiparesi

Per quanto sia abbastanza semplice (per un medico esperto) riconoscere un problema di emiparesi dalla semplice osservazione dei sintomi (che sono abbastanza caratteristici come abbiamo avuto modo di vedere fino adesso) la vera difficoltà consiste nel riuscire a definire con la massima accuratezza possibile dove sia localizzato il trauma (a livello cerebrale) che ha prodotto l’emiparesi. Questo non sempre è possibile, tuttavia si riesce solitamente a risalire con una discreta approssimazione a questo tipo di informazione sulla base dell’anamnesi e di eventuali esami diagnostici (radiografici) che possono evidenziare eventuali lesioni a carico della corteccia cerebrale, della sostanza bianca o della capsula interna dell’emisfero cerebrale.

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Emiparesi: quando rivolgersi al medico

L’emiparesi è un disturbo che per la sua natura non viene mai trascurato dai pazienti nei quali immancabilmente suscita un certo panico; il punto non è tanto rivolgersi al medico dopo un problema di emiparesi, questo è un rischio che certamente i nostri lettori non corrono, quanto saper riconoscere per tempo i sintomi di quei disturbi che possono causare un problema di emiparesi al fine di poter intervenire con la massima tempestività. Più nello specifico sarebbe di fondamentale importanza che tutti imparassimo a riconoscere i sintomi dell’ictus (che come abbiamo detto è il disturbo che più tipicamente finisce col produrre emiparesi nei pazienti che ne sono colpiti)

Trattamento dell’emiparesi

Per poter trattare in maniera efficace un’emiparesi è necessario agire direttamente sulla lesione che l’ha prodotta; nonostante questo però, anche una volta curata la lesione, è necessario un percorso terapeutico per consentire al paziente di recuperare pienamente la propria capacità motoria. La rieducazione motoria è quindi la cura più efficace contro l’emiparesi così come l’ortofonia permette di recuperare i deficit linguistici che dovessero essere insorti a seguito di un’emiparesi. La terapia è riabilitativa (fisioterapica e psicomotoria).

Riabilitazione dell’emiparesi

Ai fini della riabilitazione post ictus, è importante distinguere l’emiparesi sinistra da quella destra per il semplice motivo che i due emisferi cerebrali presentano delle caratteristiche ed attitudini singolari, nonostante collaborino e partecipino alle funzioni vitali in modo intimo ed indissolubile. Come sappiamo in linea generale una lesione cerebrale comporta una alterazione dei processi cognitivi che partecipano al movimento. Mentre nello specifico possiamo individuare nei casi di emiparesi sinistra le seguenti alterazioni specifiche che potrebbero presentarsi in misura variabile che partecipano al deficit motorio e alla comparsa di spasticità:

  • Disturbi dell’attenzione
  • Disturbi della Percezione
  • Difficoltà di apprendimento
  • Alterata programmazione del movimento
  • Alterazione della linea mediana
  • Disturbi del comportamento
  • Alterata consapevolezza

Appare chiaro che tali alterazioni devono essere considerate nella fisioterapia dopo ictus, attraverso un approccio riabilitativo che sia in grado di migliorarle per poter incidere su quello che è il risultato finale del recupero del movimento del paziente con emiparesi sinistra. Una riabilitazione rivolta al solo rinforzo muscolare o alla stimolazioni dei riflessi non può che essere parziale di fronte alla reale necessità del paziente che in seguito ad ictus abbia sviluppato una emiparesi sinistra.
Per questo la scelta riabilitativa ad oggi più indicata è la riabilitazione neurocognitiva, in grado di coinvolgere i processi cognitivi che partecipano al movimento, attraverso esercizi costruiti sul singolo paziente e sulle sue specifiche caratteristiche.

Per approfondire:

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO DIRETTORE MEDICINA ONLINE PARALISI DI BELL EMIPARESI FACCIALE FACCIA VISO NERVO FACCIALE LESIONE RIABILITAZIONE LABBRA CASCANTI OCCHIO APERTO SI PUO CURARE TERAPIA DONNA

Paralisi di Bell (emiparesi facciale)

Cos’è l’emiparesi facciale?

Fin qui abbiamo provato a definire a livello generale cosa sia l’emiparesi, quali sono le sue cause, i sintomi e i trattamenti possibili contro questo disturbo; in questi ultimi paragrafi vogliamo provare a definire più nel dettaglio le varie forme di emiparesi possibili, a partire da quella più comune che è l’emiparesi facciale. Come il nome stesso suggerisce l’emiparesi facciale colpisce il viso (più precisamente il lato destro o sinistro del volto) ed è frequentemente causata da processi infiammatori a carico del nervo facciale (paralisi di Bell).

Per approfondire: Lesioni del nervo facciale: paralisi di Bell ed altre cause di paralisi

Cos’è l’emiparesi spastica?

A differenza dell’emiparesi facciale (in cui appunto la definizione è direttamente legata al particolare anatomico coinvolto, nello specifico quindi il viso) l’emiparesi si definisce spastica non per identificare quale parte del corpo sia coinvolta quanto per specificare la natura stessa della plegia. Tentando di essere più chiari il termine “spastica” identifica semplicemente la rigidità dei muscoli coinvolti dall’emiparesi; l’emiparesi spastica rappresenta quindi l’esatto contrario di quella flaccida in cui i muscoli coinvolti risultano essere deboli e “molli” mentre, come detto, al contrario, l’emiparesi spastica è caratterizzata dalla rigidità muscolare

Cos’è l’emiparesi atassica?

L’emiparesi atassica è caratterizzata da una paresi parziale di uno degli arti inferiori (con ridotta capacità motoria) cui si associa atassia (cioè mancata capacità di coordinare i movimenti) nell’arto superiore.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Differenza tra emiplegia destra e sinistra

MEDICINA ONLINE CERVELLO BRAIN TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA NERVO VENTRICOLI CEREBRALI ATTACCHI PANICO ANSIA IPPOCAMPO IPOCONDRIA PSICOLOGIA DEPRESSIONE DIENCEFALOLa emiplegia è un deficit motorio dell’attività motoria volontaria che interessa un solo emilato, cioè solo un lato del corpo, il lato destro o il sinistro. La causa è un danno cerebrale controlaterale al deficit, ciò significa che un danno cerebrale destro determina una emiplegia sinistra e viceversa. In genere, viene lesionato il 1° motoneurone che trasporta gli input motori al midollo spinale. Il deficit assume caratteristiche di recupero diverse in base al periodo della vita in cui insorge.

Nel caso di emiplegia (come nell’emiparesi), bisogna distinguere l’emiparesi destra da quella sinistra, sia perché i sintomi sono diversi, sia perché anche la riabilitazione dovrà essere diversa. Questo avviene principalmente perché gli emisferi destro e sinistro del cervello hanno funzioni diverse e specifiche quindi la lesione di un dato emisfero porterà a deficit specifici.

Quando parliamo di emiparesi destra ci riferiamo ad una paresi che investe la metà destra del corpo, determinata da lesione avvenuta ai danni dell’emisfero sinistro del cervello. Oltre al deficit motorio dell’emilato destro, in caso di danno all’emisfero sinistro, è possibile che si verifichino disturbi del linguaggio, a tal proposito, leggi:

Nell’emiparesi sinistra, la paresi è della metà parte sinistra del corpo mentre la lesione cerebrale ha coinvolto l’emisfero destro. In questo caso, oltre ai deficit motori dell’emilato sinistro, si possono verificare deficit di attenzione come il neglect e disturbi della coscienza del proprio stato patologico come l’anosognosia, a tal proposito leggi:

Da quanto detto appare chiaro che, in base alla localizzazione del danno, i sintomi dell’emiparesi possono essere diversi e quindi non è corretto trattare allo stesso modo un paziente emiplegico destro ed un paziente emiplegico sinistro, perché il danno nervoso ha alterato i processi cognitivi in modo diverso.

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Riflesso di Babinski positivo: sintomi, diagnosi, come evocarlo

MEDICINA ONLINE RIFLESSO SEGNO BABINSKI POSITIVO CORTICOSPINALE PIRAMIDALE SINTOMI CERVELLO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS TETRAPARESI TETRAPLEGIA MORTE COMA PROFONDO STATCon “fenomeno delle dita di Babinski” o “segno di Babinski” o “riflesso di Babinski” in semeiotica neurologica si intende una risposta anomala al riflesso cutaneo plantare, la quale indica la presenza di una lesione a carico del tratto corticospinale del sistema nervoso (che provvede ai movimenti volontari fini dei muscoli e che, in condizioni fisiologiche, esercita un’inibizione tonica del riflesso). Il segno di Babinski si può quindi notare in caso di lesioni corticospinali (o piramidali), mentre risulta assente nelle lesioni extrapiramidali; può comparire ad esempio nei pazienti con sclerosi laterale amiotrofica e nelle fasi terminali di malattie come rabbia, encefalopatia epatica e leucodistrofia metacromatica. Tale segno prende il nome dal celebre neurologo francese Joseph Babinski, che lo descrisse per primo nel 1898.

Riflesso di Babinski nei bambini

Il riflesso si verifica in bimbi al di sotto di un anno ed in questo caso NON è indice di patologia. Quando si verifica nei bambini tra 1 e 3 anni il segno positivo non è generalmente indice di patologia, ma potebbero essere necessari ulteriori accertamenti.

Come evocare il riflesso plantare ed il segno di Babinski

Il riflesso cutaneo plantare si evoca strisciando una punta smussata lungo il margine laterale della pianta del piede, partendo da sopra il tallone, e portandola verso la parte supero-interna fino al primo metatarso. Per ottenere il fenomeno di Babinski, è importante che i muscoli del piede e della gamba non siano contratti ; è perciò utile che la gamba sia lievemente flessa sulla coscia e che il piede appoggi sul letto lungo il suo margine esterno .

Cosa succede se il paziente è sano?

Nell’adulto, in condizioni di normalità, col riflesso plantare si induce la flessione plantare (o estensione dorsale) delle dita del piede. La normale risposta in flessione plantare/estensione dorsale è generalmente evocabile in soggetti di età superiore ad un anno (ma tale limite può essere esteso fino ai 3 anni).

Cosa succede in caso di danno del tratto corticospinale?

Nell’adulto, in presenza di lesioni a carico del sistema corticospinale, lo stesso stimolo evoca la flessione dorsale (o estensione plantare) dell’alluce (segno di Babinski). In alcuni casi solo l’alluce si estende, mentre le altre dita restano immobili, o si flettono plantarmente; in altri casi tutte le dita partecipano al movimento di estensione, mentre contemporaneamente si adducono: in quest’ultimo caso si parla di “segno del ventaglio” o di “fenomeno di Dupré” o di “segno di Dupré” in onore del medico che per primo lo descrisse: Giovanni Ciardi-Dupré.

Perché si verifica il segno di Babinski?

Il segno di Babinski sarebbe dovuto al mancato controllo, da parte dei centri nervosi superiori lesionati, del riflesso spinale di allontanamento dagli stimoli nocivi. In accordo con tale ipotesi, è da notare che – come appena accennato – tale segno si verifica nei bambini al di sotto di 1/3 anni di età, sebbene siano assolutamente sani: ciò accade perché nel bimbo lo sviluppo del sistema nervoso centrale non è ancora completo. Tale segno si verifica anche in individui sani, in alcune fasi del sonno in cui si allenta il controllo corticale sui riflessi.

Altre manovre in semeiotica

In semeiotica esistono altre manovre che evocano l’estensione plantare (o dorsiflessione) dell’alluce, ed hanno lo stesso significato del segno di Babinski, ossia di dimostrare, attraverso l’inversione del riflesso plantare, un’alterazione della via piramidale, tra cui il segno di Oppenheim; il segno di Chaddock; il segno di Gordon; il segno di Schaefer. Nei casi dubbi, è possibile combinare in maniera sinergica la manovra di Babinski con quella di Oppenheim e le altre manovre.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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