Con “anca” in medicina ci si riferisce alla regione anatomica che unisce il tronco, nello specifico la sua regione pelvica, alla coscia e quindi all’arto inferiore. Per estensione, con “anca” si può intendere anche l’articolazione dell’anca, nota anche come Continua a leggere
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Differenza tra vena iliaca interna ed esterna
Il circolo venoso delle vene iliache è forse uno dei più ramificati del nostro corpo. La vena iliaca comune origina dalla confluenza della vena iliaca esterna con la vena iliaca interna.
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Differenza tra vena grande safena, femorale e poplitea dell’arto inferiore
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Femore: anatomia, funzioni e muscoli in sintesi
Il femore (dal latino “femur” che significa “coscia”; in inglese “femur“) è un osso dell’arto inferiore che costituisce lo scheletro della coscia ed anche parte dell’anca e del ginocchio. È l’osso più lungo, voluminoso e resistente dello scheletro umano.
Funzioni
Il femore ha varie funzioni:
- rappresenta lo scheletro della coscia, che unisce l’anca al ginocchio;
- insieme alle altre ossa e muscoli del bacino e dell’arto inferiore, permette la deambulazione umana;
- è fondamentale per la ripartizione del peso corporeo lungo tutto l’arto inferiore;
- entra nella costituzione delle articolazioni dell’anca e del ginocchio;
- è sede di inserzione per molti muscoli della coscia e della gamba.
Anatomia
Il femore è formato da:
- un corpo (diafisi);
- 2 estremità (epifisi), delle quali quella prossimale si articola con l’osso dell’anca formando l’articolazione coxofemorale, mentre quella distale si articola con la rotula e la tibia, formando l’articolazione del ginocchio. Ciascuna porzione ha una particolare anatomia e possiede alcune zone specifiche, che fungono sia da punto d’origine sia da punto d’inserzione per muscoli e legamenti.
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Epifisi prossimale
L’estremità prossimale del femore è la porzione ossea più vicino al tronco. Del resto, nel linguaggio medico-anatomico, il termine prossimale significa “più vicino al centro del corpo” o “più vicino al punto d’origine” (N.B: per convenzione, il punto d’origine di qualsiasi osso che diparte dal tronco è il tronco stesso).
L’estremità prossimale presenta una morfologia tale, che le permette di unirsi perfettamente all’acetabolo del bacino (l’acetabolo è una concavità, simile a una ciotola) e formare l’articolazione dell’anca.
Le componenti strutturali rilevanti dell’estremità prossimale sono 6:
- La testa: è la parte più prossimale del femore. Proiettata in direzione mediale, ha le sembianze di una sfera, precisamente di un 2/3 di sfera. Possiede una superficie liscia e una piccola depressione (fovea capitis), che funge da punto d’inserzione per il legamento rotondo. Il legamento rotondo è uno dei legamenti più importanti dell’articolazione dell’anca: un suo capo è legato alla testa del femore e l’altro suo capo all’acetabolo.
- L’acetabolo è un incavo di natura ossea, con sede nel bacino, il cui ruolo è accogliere la testa del femore.
- Il collo: è la breve sezione di osso femorale che collega la testa al corpo del femore. Dall’aspetto molto simile a un cilindro, è leggermente piegato in direzione mediale: questa piegatura, nell’essere umano adulto, forma un angolo di circa 130° con il collo.
L’angolo in questione è particolarmente importante, in quanto permette all’articolazione dell’anca di godere di un notevole range di movimento. - Il grande trocantere: è un processo osseo (o proiezione ossea) che origina dal corpo e si colloca lateralmente, rispetto al collo. Ha forma quadrangolare e un’anatomia particolare, che gli permette di accogliere i capi terminali di numerosi muscoli, coinvolti nel movimento dell’anca e della coscia (muscolo piriforme, muscolo otturatore esterno, muscolo otturatore interno, muscoli gemelli, muscolo piccolo gluteo e muscolo medio gluteo).
- Il grande trocantere è palpabile: il lettore può apprezzarne la presenza al tatto, toccando il lato esterno-alto di una delle sue due cosce.
Il piccolo trocantere: è un processo osseo di dimensioni inferiori al grande trocantere, che ha origine sul corpo del femore, in una zona con posizionamento postero-laterale. Dalla forma conica e tozza, sporge appena sotto il collo e ha un orientamento opposto a quello del grande trocantere (quindi “punta” verso l’interno, cioè in direzione mediale).
Il piccolo trocantere serve come punto d’inserzione per le porzioni terminali dei tendini dei muscoli grande psoas e iliaco (che combinati insieme prendono il nome di ileo-psoas). - La linea intertrocanterica anteriore: situata sulla superficie anteriore del femore, è una cresta ossea con orientamento infero-mediale (cioè va verso il basso e verso l’interno), che unisce tra loro i due grandi trocanteri.
- La linea intertrocanterica anteriore rappresenta il punto d’inserzione per il legamento iliofemorale, uno dei legamenti più importanti e resistenti dell’articolazione dell’anca.
La cresta intertrocanterica posteriore: situata sulla superficie posteriore del femore, è una cresta ossea con orientamento infero-mediale, che collega tra loro i due trocanteri.
Lungo il suo breve percorso, presenta un tubercolo arrotondato, chiamato tubercolo quadrato, che accoglie il capo terminale del muscolo quadrato del femore.
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Diafisi
La diafisi, o corpo del femore, risulta caratterizzata da tre facce: una faccia anteriore, una postero-mediale e una postero-laterale. Le due facce posteriori sono divise da una linea sporgente, la linea aspra. Questa, in corrispondenza della metafisi prossimale si biforca, dando origine alla tuberosità glutea (vi si inserisce il muscolo grande gluteo) e alla linea pettinea (vi si inserisce il muscolo pettineo). La biforcazione in prossimità della metafisi distale dà origine ad una regione depressa, chiamata faccia poplitea. In prossimità di questa faccia scorrono i vasi poplitei, che hanno la caratteristica di avere le arterie più superficiali rispetto alle vene.
Epifisi distale
L’epifisi distale del femore presenta, posteriormente, due grosse superfici ossee convesse, i condili femorali (uno mediale, l’altro laterale). I condili, rivestiti di cartilagine articolare, fanno parte della complessa articolazione del ginocchio. Tra i due condili vi è uno spazio, la fossa intercondiloidea. Anteriormente, i due condili convergono nel formare la superficie patellare, per l’articolazione con la patella. Sui condili prendono inserzione i due legamenti crociati (anteriore e posteriore), e due menischi (mediale e laterale), in quanto non vi è perfetta corrispondenza tra i condili del femore e le superfici condiloidee della tibia. I menischi si dispongono a contornare i due condili, mentre i legamenti crociati si incrociano all’interno dello spazio intercondiloideo.
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Muscoli relativi al femore
La tabella sottostante riporta l’elenco dei 22 muscoli che originano o terminano in corrispondenza del femore.
Muscolo | Capo terminale o capo iniziale | Sede di contatto sul femore |
Muscolo iliaco | Capo terminale | Piccolo trocantere |
Muscolo grande psoas | Capo terminale | Piccolo trocantere |
Muscolo grande gluteo | Capo terminale | Tuberosità glutea |
Muscolo medio gluteo | Capo terminale | Superficie laterale del grande trocantere |
Muscolo piccolo gluteo | Capo terminale | Parte anteriore del grande trocantere |
Muscolo piriforme | Capo terminale | Margine superiore del grande trocantere |
Muscolo gemello superiore | Capo terminale | Grande trocantere |
Muscolo otturatore interno | Capo terminale | Superficie mediale del grande trocantere |
Muscolo gemello inferiore | Capo terminale | Grande trocantere |
Muscolo quadrato femorale | Capo terminale | Cresta intertrocanterica posteriore |
Muscolo otturatore esterno | Capo terminale | Fossa trocanterica (piccola depressione in prossimità del grande trocantere; si veda la figura del grande trocantere). |
Muscolo pettineo | Capo terminale | Linea pettinea |
Muscolo adduttore lungo | Capo terminale | Parte mediale della linea aspra |
Muscolo adduttore breve | Capo terminale | Parte mediale della linea aspra |
Muscolo grande adduttore | Capo terminale | Parte mediale della linea aspra e tubercolo adduttore |
Muscolo vasto laterale | Capo iniziale | Grande trocantere e parte laterale della linea aspra |
Muscolo vasto intermedio | Capo iniziale | Superficie frontale e laterale del femore |
Muscolo vasto mediale | Capo iniziale | Sezione distale della linea intertrocanterica e parte mediale della linea aspra |
Bicipite femorale | Capo iniziale | Parte laterale della linea aspra |
Muscolo popliteo | Capo iniziale | Sotto l’epicondilo laterale |
Muscolo gastrocnemio | Capo iniziale | Dietro il tubercolo adduttore, sopra l’epicondilo laterale. |
Muscolo plantare | Capo iniziale | Sopra il condilo laterale |
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Fratture di femore: conseguenze a breve e lungo termine
Prima di iniziare la lettura, per comprendere meglio l’argomento trattato, leggi anche: Femore rotto: tipi di frattura, sintomi, intervento, riabilitazione e conseguenze
Conseguenze a breve termine delle fratture di femore:
- Infezioni. Se la frattura è esposta, ossia se in seguito al trauma i tronconi dell’osso hanno lacerato i tessuti e sono fuoriusciti all’esterno, è elevato il rischio di infezioni. L’osteomielite è la più comune ed anche la più difficile da curarsi.
- Gravi lesioni dei tessuti come vasi sanguigni, nervi, capsule articolari. Le complicanze possono essere immediate con gravi emorragie che se non ridotte immediatamente possono comportare la morte dell’infortunato. Possono però comportare anche delle complicanze successive come nel caso delle fratture sottocapitate che, poiché generalmente danneggiano la vascolarizzazione della capsula articolare e della testa del femore che è già scarsamente irrorata, possono provocare necrosi della testa dell’osso.
- Emorragie interne. Anche se la frattura non è esposta possono aversi forti emorragie e conseguenti shock per il ridotto volume sanguigno in circolo.
- Shock neurogeno causato dal fortissimo dolore.
- Embolia (ostruzione di un’arteria causata da un coagulo di sangue o da una bolla d’aria). In conseguenza della rottura dell’osso i midolli ossei possono introdursi attraverso la rottura di un vaso nel torrente sanguigno e bloccarsi negli alveoli polmonari o nel cervello.
- Sindrome compartimentale. In seguito al trauma la muscolatura potrebbe essere interessata da un’importante tumefazione che riempie i compartimenti muscolo/osso. Se non sottoposta ad opportune cure la sindrome può evolversi in necrosi muscolare. Può capitare che la sindrome compartimentale sia particolarmente acuta ed allora bisogna con urgenza intervenire chirurgicamente praticando incisioni verticali nei compartimenti interessati per alleviare la pressione.
- Lesioni da decubito, tipiche dei pazienti anziani immobilizzati a letto per lunghi periodi durante la riabilitazione; a tale proposito leggi anche: Lesioni da decubito: prevenzione, stadi, classificazione e trattamento
Conseguenze a lungo termine delle fratture di femore:
- problemi connessi con un incompleto recupero della funzionalità dell’arto,
- disturbi derivanti dall’allettamento (pazienti anziani): piaghe di decubito, trombo flebiti, insufficienze cardiorespiratorie, infezioni urinarie.
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Femore rotto: riabilitazione, profilassi antitrombotica e controllo del dolore
Prima di iniziare la lettura, per comprendere meglio l’argomento trattato, leggi anche: Femore rotto: tipi di frattura, sintomi, intervento, riabilitazione e conseguenze
Come si effettua la riabilitazione dopo una frattura di femore e relativo intervento?
Dopo circa una settimana dall’intervento chirurgico il soggetto inizia a camminare con le stampelle o con un girello e dopo circa due mesi può iniziare a camminare normalmente; ovviamente esistono enormi differenze individuali nei tempi di recupero, relative a età del soggetto, patologie correlate e condizioni generali. In questo periodo è necessario un percorso riabilitativo che consenta il ritorno della persona alla normale attività ed efficienza fisica, da effettuare in una struttura specializzata se il paziente è anziano. La riabilitazione comprende una serie di terapie mirate ad evitare che il trauma risulti invalidante e che insorgano conseguenze. Inizialmente il paziente dovrà fare esercizi di respirazione e ripetute variazioni della postura a letto necessari per evitare complicazioni polmonari ed edemi, flebiti e piaghe da decubito. Successivamente sono necessari esercizi per camminare impostando una corretta postura per un equa distribuzione dei pesi, e nel contempo altri esercizi in acqua o con l’utilizzo di cyclette e tapis roulant volti a migliorare il tono muscolare.
Profilassi antitrombotica post intervento
I pazienti con frattura di femore sono a rischio elevato per TVP. Il tasso di TVP totale e distale dopo frattura di femore in assenza di profilassi è rispettivamente del 50 % e del 27% (Chest, 2008). TVP sintomatica si riscontra dall’1,3% all’8% di pazienti sottoposti a profilassi nei tre mesi successivi al trauma (Chest, 2008). EP fatale si verifica in una percentuale dei pazienti che varia dallo 0,4% al 7,5% nei tre mesi successivi al trauma. Fattori favorenti sono l’età avanzata e il ritardo dell’intervento. Il rischio tromboembolico è significativamente ridotto tra i pazienti che ricevevano una profilassi farmacologica. Il rischio di EP fatale diminuisce se l’intervento avviene entro 24 ore dal trauma. Uno dei farmaci più usati nel periodo riabilitativo è l’enoxaparina sodica (Clexane).
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Controllo del dolore durante la riabilitazione
Il controllo del dolore è parte integrante del percorso terapeutico. È necessario rilevare il dolore secondo una delle scale abituali (VAS, NRS, faccette nei casi di pazienti con fragilità cognitive) e registrarlo in cartella. La terapia con analgesici va prescritta al bisogno utilizzando preferibilmente paracetamolo ed oppioidi deboli. Si deve porre estrema attenzione ai FANS, che possono causare sanguinamenti gastrici o insufficienza renale e possono causare problemi di sanguinamento in soggetti anziani in terapia con antiaggreganti e anticoagulanti come sono quelli in riabilitazione post intervento.
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Differenza tra femore e anca
L’anca in anatomia è la regione che unisce la regione pelvica del tronco (il segmento centrale del nostro corpo) all’arto inferiore. Comunemente con “anca” si può intendere anche l’articolazione coxofemorale, cioè l’enartrosi tra il cotile (o acetabolo) dell’osso iliaco e la testa del femore. L’articolazione coxofemorale è anche chiamata “articolazione dell’anca”.
Il femore è invece il nome dell’osso principale dell’arto inferiore, situato nella coscia e messo in comunicazione con l’osso iliaco tramite l’articolazione coxofemorale. È l’osso più lungo, voluminoso e resistente dello scheletro.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Femore rotto: tipi di frattura, sintomi, intervento, riabilitazione e conseguenze
Il femore è il più lungo osso del nostro corpo ed è dotato di una straordinaria resistenza, tuttavia la frattura del femore è un incidente molto diffuso, che colpisce principalmente gli anziani a causa dell’osteoporosi e di un’elevata fragilità ossea in seguito alla quale anche un trauma lieve può comportare una frattura. Per approfondire anatomia e fisiologia di questo importante osso umano, leggi anche: Femore: anatomia e funzioni in sintesi
Frattura di femore negli anziani
Nella mia esperienza la maggior parte degli anziani con frattura di femore che seguo nel percorso riabilitativo post intervento, riferisce che la frattura è stata causata da banali cadute, quasi sempre accadute durante lo svolgimento di normali attività quotidiane, come lavarsi, cucinare, pulire casa. La frattura del femore negli anziani non è affatto banale anzi il suo evento può configurare una vera e propria tragedia, immobilizzando a letto per lunghi periodi (anche mesi nei casi più gravi) dei soggetti già debilitati, frequentemente diabetici e cardiopatici e che spesso hanno poca voglia di collaborare con medici, OSS, infermieri e fisioterapisti durante il periodo riabilitativo a causa dei forti dolori e della debolezza muscolare. I pazienti anziani tendono a “lasciarsi andare” ed a voler rimanere a letto, con tutti i rischi connessi, come ad esempio decubiti (da cui il frequente uso di materassi antidecubito ad aria). Molto del mio lavoro in questo caso è spronare con motivazioni convincenti l’anziano affinché compia i suoi giornalieri esercizi riabilitativi. La stessa cosa devono fare i famigliari del paziente.
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Com’è fatto il femore?
Il femore è l’osso più grande dello scheletro umano. Esso è contenuto nella coscia ed è formato da una parte centrale “diafisi” e due “epifisi”: la prossimale e la distale. La prossimale con una testa rotonda che si innesta nell’acetabolo del bacino forma l’articolazione dell’anca, la distale con tibia e rotula forma l’articolazione del ginocchio.
La testa del femore è legata alla diafisi tramite il collo del femore che forma con la diafisi stessa un angolo di circa 125°. Come già detto la testa tonda del femore è inserita nell’acetabolo del bacino ed è mantenuta in posizione da una forte capsula articolare che si lega alla base del collo del femore. Detta capsula articolare è coadiuvata nei movimenti di estensione dell’articolazione da robusti legamenti e contiene al suo interno i vasi sanguigni che sovraintendono al nutrimento della testa del femore.
Lateralmente al collo il femore presenta inoltre due sporgenze il piccolo trocantere e il grande trocantere, dove si inseriscono i muscoli.
Cosa significa “frattura del femore”?
La frattura del femore è quell’evento nel quale – in seguito ad un trauma di varia natura – il femore perde la sua continuità e si divide in due o più pezzi o se semplicemente subisce una lesione.
Un evento diffuso e pericoloso
Come accennato all’inizio dell’articolo, la frattura del femore è un evento diffusissimo, specie tra gli anziani ed anche piuttosto grave: degli 80000 e più casi che in Italia si verificano ogni anno, 15000 hanno esito funesto, 35000 degenerano invalidità più o meno grave e di questi 15000 richiedono, successivamente, un’assistenza continua. Di tutti questi drammatici eventi circa il 75% interessa donne anziane, per le quali il tasso di mortalità per frattura femorale è pari se non superiore a quello per il cancro al seno.
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Prevenire le fratture di femore
Per ridurre il rischio di caduta occorre riconoscere le classi a rischio (anziani e in particolare le donne), i fattori di rischio e intervenire su questi ultimi con interventi multifattoriali. I principali fattori di rischio per le fratture di femore sono:
- età avanzata;
- sesso femminile;
- osteoporosi;
- storia di precedenti cadute;
- terapia con farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale;
- difficoltà motorie e paura di cadere;
- alterazione della vista.
La prevenzione dell’osteoporosi prevede invece misure non farmacologiche e farmacologiche. Gli interventi non farmacologici, fondamentali, sono: l’attività fisica ed una adeguata alimentazione. L’esercizio fisico anche moderato deve essere incoraggiato, specie nell’anziano, per mantenere una buona tonicità muscolare e una corretta coordinazione dei movimenti; la dieta deve essere adeguata, specie nell’apporto di calcio.
Classificazione delle fratture di femore
La frattura del femore, come ogni altra frattura, può essere di vari tipi:
- Composta se in seguito al trauma l’osso conserva il suo naturale allineamento.
- Scomposta se i tronconi dell’osso si allontanano dal consueto allineamento.
- Una frattura scomposta del femore può essere esposta se uno o più frammenti ossei bucano muscoli e cute e fuoriescono.
A seconda del numero di interruzioni, la frattura può classificarsi in:
- unifocale se vi è una sola rima (sede) di frattura
- bifocale, se vi sono due rime
- pluriframmentata se vi sono più rime di frattura.
In base alla sede anatomica si suddividono le fratture del femore in:
- fratture della diafisi (parte centrale del femore)
- fratture dell’epifisi prossimale o distale
Le fratture prossimali o distali possono a loro volta dividersi in
- extra articolari o laterali se avvengono all’esterno della articolazione e che possono la base del collo, il grande trocanterio o il piccolo trocanterio (fratture trocanteriche).
- intra articolari o mediali se avvengono all’interno dell’articolazione e che possono interessare il collo e la testa del femore. Le fratture infra articolari sono quelle più pericolose perché danneggiano i vasi sanguigni che sono deputati alla vascolarizzazione dell’articolazione e se tale danno non viene curato in maniera adeguata può procurare necrosi del tessuto osseo.
- Se la frattura si localizza subito al di sotto della testa sferica dell’osso è detta sotto capitata.
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Quali sono i sintomi di una frattura di femore?
La frattura del femore ha una sintomatologia che varia in funzione delle tipologie sopra elencate, tuttavia vi sono dei sintomi comuni quali:
- il dolore circoscritto
- tumefazione e gonfiore
- impossibilità di muovere l’arto e di stare in piedi.
Le fratture chiuse (in cui la cute non è lacerata) può verificarsi un sanguinamento interno che provoca un’ecchimosi viola nerastra (livido).
Quali sono le cause di frattura di femore?
In pazienti giovani ed in buona salute la frattura scomposta del femore è un evento molto raro conseguente a violentissimi traumi come può essere un incidente stradale o una rovinosa caduta di alcuni sportivi soprattutto ciclisti o sciatori di fondo. Purtroppo il discorso è totalmente diverso in caso di frattura del femore negli anziani che può essere anche conseguenza di un incidente lieve. Le cause di ciò possono essere varie:
- mancanza di riflessi e tono muscolare dovuti al declino psicofisico legato all’età,
- ambiente domestico non adatto alle persone di età avanzata,
- capogiri o malesseri passeggeri,
- alcuni farmaci quali analgesici antidepressivi e diuretici,
- osteoporosi, malattia per cui si modifica la micro architettura delle ossa che in seguito a tale cambiamento vengono ad avere una densità più bassa (aumento della porosità),
- cali di pressione,
- problemi visivi.
Giovani ed anziani possono, inoltre, essere soggetti a fratture patologiche del femore, ovvero a fratture che possono verificarsi anche in assenza di trauma, causate da patologie che indeboliscono lo scheletro tra cui:
- Infezioni, quali artriti o osteomielite (infiammazione del tessuto osseo dovuta a batteri),
- tumori ossei o metastatici,
- anoressia: la cattiva nutrizione, infatti provoca precoce osteoporosi e decalcificazione delle ossa,
- iperparatiroidismo: disfunzione delle ghiandole paratiroidi che provoca una diminuzione dell’ormone paratormone deputato alla regolazione del calcio corporeo,
- osteomalacia: patologia metabolica che causa fragilità ossea.
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Terapia delle fratture di femore
La diagnosi di una frattura del femore è alquanto facile. Comunque l’esame radiografico evidenzia chiaramente la frattura ed il conseguente stato dell’allineamento dei tronconi ossei. La miglior terapia possibile per la cura di fratture del femore è la riduzione con intervento chirurgico. Solo nei casi in cui complicanze di carattere internistico rendano impossibile l’intervento allora si procede all’immobilizzazione. Ma i progressi delle tecniche di anestesia hanno reso ormai possibile interventi su pazienti di 90/95 anni di età.
Riduzione della frattura di femore con intervento chirurgico
L’intervento (da praticarsi nelle 24/48 ore successive) non solo è consigliato ma è obbligatorio per un decorso privo di pericolose complicazione e per una completa riabilitazione funzionale. L’intervento varia al variare del punto di frattura e dell’età del paziente e può comportare l’utilizzo di perni, placche, protesi parziali o addirittura totali. Se il paziente ha più di 65 anni si preferisce impiantare una protesi completa dell’anca allo scopo di poterlo mettere in condizione di camminare nel più breve tempo possibile per evitare complicanze dovute a trombosi o embolie. Nel caso di pazienti più giovani e con una lunga aspettativa di vita l’intervento mira alla osteosintesi ovvero alla formazione del callo osseo, rimettendo in contatto le pari ossee con applicazioni di chiodi e placche. Una tecnica moderna nota come chiodo gamma, una protesi composta da un chiodo che va inserito nell’osso lungo e una vite che va inserita nel collo del femore, consente la ripresa funzionale subito dopo l’intervento.
Riabilitazione dopo una frattura di femore
Come si fa una corretta riabilitazione dopo una frattura di femore trattata chirurgicamente? Come controllare il dolore ed evitare i fenomeni trombotici tipici? Per rispondere a queste domande, leggi: Femore rotto: riabilitazione, profilassi antitrombotica e controllo del dolore
Conseguenze a breve e lungo termine delle fratture di femore
Quali sono le conseguenze di una frattura di femore? A tale proposito leggi anche: Fratture di femore: conseguenze a breve e lungo termine
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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