Con “anca” in medicina ci si riferisce alla regione anatomica che unisce il tronco, nello specifico la sua regione pelvica, alla coscia e quindi all’arto inferiore. Per estensione, con “anca” si può intendere anche l’articolazione dell’anca, nota anche come Continua a leggere
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Rotula o patella del ginocchio: anatomia e funzioni in sintesi
La rotula (anche chiamata “patella”) è un osso sesamoide inserito nel tendine del muscolo quadricipite della coscia, il quale si inserisce sulla tuberosità quadricipitale (anteriore) della tibia. In quanto osso sesamoide, ha la funzione di migliorare Continua a leggere
Articolazioni mobili, semimobili, sinoviali e fisse: struttura e funzioni
Con il termine “articolazione” (in inglese “joint”) si intende invece strutture giunzionali tra capi ossei, interconnessi tramite i tessuti connettivi. A seconda della loro differente mobilità, cioè della loro escursione, possono essere di tipo:
- mobile (ad esempio l’articolazione della spalla o del ginocchio);
- semimobile (inter-vertebrale);
- fisso (ossa del cranio).
A che servono le articolazioni?
Nel loro insieme, il compito delle articolazioni è di tenere uniti i vari segmenti ossei, in modo tale che lo scheletro possa espletare la sua funzione di sostegno, mobilità e protezione.
Le articolazioni sono costituite da diversi elementi:
- le superfici articolari di due ossa;
- lo strato di tessuto cartilagineo;
- la capsula articolare;
- la cavità articolare;
- la membrana sinoviale;
- la sinovia;
- i legamenti intrinseci.
Un’articolazione è costituita da due superfici cartilaginee strettamente a contatto, separate da un sottile film di liquido sinoviale, e tenute così dalla capsula, dai legamenti e dalle strutture tendinee che la scavalcano. Una trazione dell’articolazione può provocare una depressione all’interno di essa in seguito alla quale, per il fenomeno di cavitazione, i gas disciolti nel liquido sinoviale formano una bolla che implode provocando un’onda sonora e un effetto meccanico. Questa è l’ipotesi più diffusa sul fenomeno dello “scrocchio” delle articolazioni, ma non esistono studi su di essa e su un possibile effetto meccanico che potrebbe avere effetti negativi sulle superfici cartilaginee.
Le articolazioni si dividono in sinartrosi (che includono le anfiartrosi, separate in altre classificazioni) e diartrosi.
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- Differenza tra legamento e tendine con esempi
- Legamenti: cosa sono, dove si trovano ed a che servono?
- Differenza tra legamento ed articolazione con esempi
Sinartrosi
Le sinartrosi sono dispositivi giunzionali tra due capi ossei continui. Sono immobili. Possono essere suddivise in tre sottocategorie rispetto al tessuto connettivo che si interpone tra gli stessi capi ossei in sinfibrosi (tessuto fibroso) (esempio particolare: sinfisi pubica che in verità sarebbe una sincondrosi data la presenza di un disco fibrocartilagineo fra i capi ossei, ma che non può andare, o molto raramente, incontro a ossificazione come le normali sincondrosi che diventano sinostosi), sincondrosi (tessuto cartilagineo ialino) e sinostosi (mera unione dei capi ossei, esempio: ossa del cranio individuo adulto).
Sinfibrosi (Anfiartrosi)
Nelle sinfibrosi, o articolazioni fibrose, il tessuto di congiunzione è prevalentemente costituito da connettivo ricco di collagene, e in alcuni casi abbondante in fibre elastiche. Si distinguono all’interno delle articolazioni fibrose tre diverse categorie: suture, gonfosi e sindesmosi. Queste sono articolazioni immobili. Le anfiartrosi includono invece le sinfisi, e sono articolazioni ipomobili, ossia con limitate possibilità di movimento.
Gonfosi
Le gonfosi, o articolazioni a piolo-alveolo o alveolodentarie, sono un tipo di articolazioni fibrose caratteristiche per la fissazione dei denti nelle proprie cavità alveolari. La fissazione avviene grazie al collagene del parodonto che connette il cemento del dente all’osso mandibolare o mascellare. Non viene considerata una vera e propria articolazione in quanto non prevede l’unione di segmenti ossei.
Sindesmosi
Le sindesmosi sono articolazioni fibrose in cui il mezzo congiungente le due ossa che vanno ad articolarsi è un legamento interosseo, una sottile corda fibrosa o una membrana aponevrotica. Ne sono un esempio l’articolazione radio-ulnare media, la tibio-fibulare distale.
Sincondrosi
Le sincondrosi sono caratterizzate dalla presenza di un sottile strato di cartilagine che può, col tempo, essere sostituito da tessuto osseo, determinando la trasformazione della sincondrosi in sinostosi. Classici esempi di sincondrosi sono l’articolazione sterno-costale della prima costa e le varie articolazioni che si instaurano durante lo sviluppo di ossa lunghe tra epifisi e diafisi.
Sinfisi
Le sinfisi presentano un disco fibrocartilagineo di connessione, le superfici articolari delle ossa a contatto con il disco fibrocartilagineo della sinfisi sono rivestite da cartilagine ialina. Esempi sono la sinfisi pubica e mentoniera, l’articolazione tra i corpi delle vertebre (anfiartrosi) e quella tra il manubrio e il corpo dello sterno. La maggior parte delle sinfisi non va incontro a sinostosi, sussistono tuttavia alcune eccezioni.
Diartrosi
Le diartrosi sono dispositivi giunzionali tra due capi ossei contigui. Questo tipo di articolazione permette un certo grado di mobilità alle ossa affrontate. Nelle diartrosi i capi ossei sono rivestiti da cartilagine ialina la quale svolge una funzione motoria di compressibilità ed elasticità. La cartilagine consta di tre strati di collagene (profondo, intermedio e superficiale).
Le diartrosi possono, inoltre, essere armoniche, con capi ossei corrispondenti, e disarmoniche; in tal caso le discordanze sono eliminate tramite i menischi fibrocartilaginei. Questi permettono scambi nutritivi e una maggiore sollecitazione meccanica. Esternamente la capsula articolare, un manicotto fibroso, ricopre l’intera articolazione, fissandosi ai margini della cartilagine.
Profondamente ad essa si trova la membrana sinoviale che può essere: semplice se ridotta ad un esile strato fibroso o complessa se spessa e ricca di cellule, vasi e nervi. L’articolazione è costituita anche da legamenti a distanza o periferici. Infine la cavità articolare è lo spazio presente tra i capi ossei e capsula articolare ripieno di liquido sinoviale (funzione nutritiva) proveniente dal plasma sanguigno e arricchito con sostanze nutritive; attutisce gli urti.
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Le diartrosi possono essere classificate come:
Artrodie
Le due superfici articolari sono pianeggianti e consentono solo movimenti di scivolamento dei due capi articolari, (non consentono movimenti angolari) un esempio sono quelle tra i processi articolari delle vertebre. Poiché la capsula di un’articolazione a superfici piane è sempre tesa, il movimento concesso è limitato ma multidirezionale (uniassiale).
Enartrosi
I due capi ossei sono “sferici”, uno concavo e l’altro convesso e compiono movimenti angolari su tutti i piani, inclusa la rotazione. I capi articolari, sempre a contatto, ruotano reciprocamente e così le relativi diafisi compiono movimenti angolari su tutti i piani. Un esempio è l’articolazione coxo-femorale (articolazione dell’anca) e la gleno-omerale (articolazione della spalla propriamente detta).
Condiloartrosi
Sono ellissoidali uno concavo (cavità glenoidea) e l’altro convesso (condilo) e permettono un movimento angolare su due piani perpendicolari ai due assi dell’ellissoide. Un tipico esempio è l’articolazione temporo-mandibolare. Per precisione l’articolazione temporo mandibolare è una diartrosi doppia formata da due articolazioni sovrapposte con interposto un disco completo che le separa. Sono una superiore (articolazione disco-fossa glenoide) e una inferiore (articolazione disco-condilo).
A sella
I due corpi sono biassiali concavi e convessi a incastro reciproco e permettono una rotazione assiale. Si chiamano così perché le superfici articolari hanno la forma di una sella di cavallo concava longitudinalmente e convessa trasversalmente, come per esempio l’articolazione fra il trapezio e il primo osso metacarpale. Si può parlare di articolazione a sella anche per l’articolazione femoro-rotulea.
Ginglimo laterale o trocoide
I due capi ossei sono cilindri, uno cavo e uno pieno, con l’asse del cilindro parallelo all’asse longitudinale delle ossa. Il movimento è rotatorio, per esempio le articolazioni prossimale e distale tra radio e ulna e l’articolazione atlantoassiale (o atlo-assiale) mediana tra il dente dell’epistrofeo e un anello osteofibroso formato dall’arco anteriore e dal legamento trasverso dell’atlante.
Ginglimo angolare o troclea
In questo caso, una superficie articolare è a forma di puleggia (una sorta di cilindro scavato trasversalmente al centro da una gola), il cui asse è perpendicolare alla diafisi dell’osso; tale puleggia prende il nome di troclea. L’altra superficie articolare è rappresentata da una incavatura percorsa longitudinalmente da una cresta corrispondente alla gola della troclea. Esempi di tale articolazione sono rappresentati dall’articolazione omero-ulnare e dalla articolazione femoro-tibiale.
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Differenza tra legamento e tendine con esempi
Cos’è un legamento?
Con “legamento” (o ligamento, in inglese “ligament”) si identifica in campo medico una robusta formazione di tessuto connettivo denso di tipo fibroso che ha principalmente queste funzioni:
- tenere unite fra loro due o più strutture anatomiche, come ad esempio due segmenti di osso, permettendo la formazione di una articolazione;
- mantenere un organo nella posizione che gli è propria, impedendosi di muoversi nell’organismo;
- concorrere a delimitare aperture o cavità nelle quali si trovano altre formazioni anatomiche (come nervi, vasi sanguigni o linfatici).
Esempi classici di legamenti sono:
- Il legamento ileofemorale: ha forma di ventaglio; origina al di sotto della spina iliaca anteriore inferiore, con due fasci che divergono a ventaglio, il fascio obliquo, diretto al margine anteriore del grande trocantere e il fascio verticale,verso la parte più bassa della linea intertrocanterica.
- Il legamento pubofemorale: nasce dal tratto pubico del ciglio dell’acetabolo, dall’eminenza ileo-pettinea e dalla parte laterale del ramo superiore del pube per perdersi nella capsula davanti al piccolo trocantere.
- Il legamento collaterale ulnare: è conformato a ventaglio e s’irradia dall’epitroclea al margine mediale dell’incisura semilunare.
- Il legamento largo dell’utero: è la porzione di peritoneo che portandosi lateralmente all’utero va a rivestire le tube uterine di falloppio.
In caso di rottura di un legamento di una articolazione, potrebbe essere impossibile il movimento correlato a quella articolazione. Per approfondire: Lesione del legamento crociato anteriore: ricostruzione in artroscopia
Cos’è un tendine?
Con “tendine” (in inglese “tendon”) si intende invece tutti quegli insiemi di fibre che permettono ai muscoli di fissare le proprie estremità ad un osso o alla pelle consentendo all’apparato contrattile di svolgere le sue funzioni. L’esempio di classico di tendine è il tendine di Achille, quello comune ai due muscoli gastrocnemi e al solco, che, seguendo la direzione di questi nella parte posteriore e inferiore della gamba, va ad inserirsi sulla faccia posteriore del calcagno. In caso di lesioni tendinee gravi, che comportano una totale o parziale rottura del tendine, si ha la perdita del movimento generato dal muscolo interessato. Ad esempio, in caso di rottura del tendine di Achille, si verifica l’impossibilità di eseguire una flessione plantare della caviglia.
Legamenti e tendini: qual è la differenza?
Legamenti e tendini sono spesso confusi tra loro, tuttavia sono strutture anatomiche diverse; pur essendo entrambi formati da fibre di collagene di tipo I (che possiedono una elevata resistenza alle forze applicate in trazione), dal punto di vista ortopedico hanno una grande differenza: mentre i legamenti collegano tra loro ossa diverse o parti dello stesso osso, invece i tendini collegano i muscoli alle ossa o ad altre strutture di inserzione.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Differenza tra legamento ed articolazione con esempi
Con “legamento” (o ligamento, in inglese “ligament”) si identifica in campo medico una robusta formazione di tessuto connettivo denso di tipo fibroso che ha principalmente queste funzioni: tenere unite fra loro due o più strutture anatomiche, come ad esempio due segmenti di osso; mantenere nella posizione che gli è propria un organo; concorrere a delimitare aperture o cavità nelle quali si trovano altre formazioni anatomiche (come nervi, vasi sanguigni o linfatici). Esempi di legamenti sono:
- Il legamento ileofemorale: ha forma di ventaglio; origina al di sotto della spina iliaca anteriore inferiore, con due fasci che divergono a ventaglio, il fascio obliquo, diretto al margine anteriore del grande trocantere e il fascio verticale,verso la parte più bassa della linea intertrocanterica.
- Il legamento pubofemorale: nasce dal tratto pubico del ciglio dell’acetabolo, dall’eminenza ileo-pettinea e dalla parte laterale del ramo superiore del pube per perdersi nella capsula davanti al piccolo trocantere.
- Il legamento collaterale ulnare: è conformato a ventaglio e s’irradia dall’epitroclea al margine mediale dell’incisura semilunare.
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Le articolazioni sono comunemente costituite anche da legamenti a distanza o periferici. Da quanto detto si comprende qual è la differenza tra “articolazione” e “legamento”: i legamenti sono in pratica una delle componenti di una articolazione dotata di possibilità di movimento.
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Differenza tra muscoli volontari, involontari, scheletrici e viscerali
Nell’essere umano il sistema muscolare è l’insieme di tessuti che permette, attraverso la contrazione muscolare, il movimento del soggetto e lo scorrimento di sostanze organiche interne come sangue e cibo. Il sistema muscolare, insieme al sistema scheletrico, forma l’apparato locomotore, che permette i nostri movimenti, che possono essere sia volontari che involontari.
Nell’uomo il sistema muscolare è costituito da due tipologie principali di muscoli:
- I muscoli volontari: sono formati da tessuto muscolare striato e permettono i movimenti volontari del soggetto. Sono legati alle ossa tramite tendini; vengono spesso indicati anche come muscoli scheletrici poiché si inseriscono sulle ossa dello scheletro per permetterne il movimento. Come indica il nome stesso, sono muscoli che possono essere controllati volontariamente, come ad esempio il muscolo bicipite del braccio. Il nome “striato” dipende dal fatto che i filamenti di actina e miosina che li costituiscono, essendo disposti in modo regolare, determinano la formazione di bande chiare alternate a bande più scure, osservabili al microscopio.
- I muscoli involontari: sono formati da tessuto muscolare liscio; vengono detti anche muscoli viscerali perché si trovano a ricoprire gran parte delle pareti degli organi interni, come nel tratto digestivo, nella vescica, nei dotti, nelle arterie, nelle vene, ecc. Fa eccezione il muscolo cardiaco (detto anche miocardio), anch’esso involontario ma formato da tessuto muscolare striato. Come dice il nome, sono muscoli che si contraggono in modo involontario, ad esempio i muscoli presenti nella parete del tubo digerente che si contraggono nella fase esofagea della deglutizione permettendo il passaggio del cibo ingerito dalla bocca allo stomaco.
Per approfondire: Differenze tra muscolo striato, scheletrico, liscio, cardiaco, superficiale e profondo
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Differenza tra bicipite brachiale, bicipite femorale, tricipite e quadricipite
Bicipite
Con “bicipite” (in inglese “biceps”) nell’uso comune si identifica il più grande muscolo anteriore del braccio. In verità in medicina la parola “bicipite” indica molto più genericamente un muscolo che presenta due capi d’inserzione ed un solo ventre.
I più famosi muscoli bicipiti del nostro corpo sono:
- Il bicipite femorale o “bicipite del femore” o “bicipite dell’arto inferiore” è un grosso muscolo posteriore e laterale della coscia;
- Il bicipite brachiale o “bicipite dell’arto superiore” è un muscolo anteriore del braccio, quello che viene chiamato semplicemente “bicipite” nell’uso comune, come prima accennato.
Bicipite brachiale
Il muscolo bicipite brachiale origina con due capi dalla scapola per andare ad inserirsi con un tendine comune alla tuberosità del radio. E’ localizzato nella loggia anteriore, assieme al muscolo brachiale e muscolo coracobrachiale; è antagonista del muscolo tricipite brachiale. L’azione generale del bicipite è quella di flettere l’avambraccio sul braccio, e flettere il braccio sulla spalla. Il bicipite brachiale è un muscolo biarticolare in quanto dalla scapola raggiunge il radio, superando due articolazioni, la scapolo-omerale e il complesso articolare del gomito. I due capi del bicipite brachiale sono detti lungo e breve. Le funzioni del bicipite brachiale sono:
- flessione del gomito e supinazione dell’avambraccio;
- stabilizzazione anteriore della testa omerale;
- flessione del braccio sull’avambraccio;
- elevazione del braccio abdotto e ruotato esternamente.
Per approfondire:
- Muscolo bicipite brachiale: anatomia, funzioni e movimenti
- Muscoli del braccio: bicipite, coracobrachiale, brachiale, tricipite
Bicipite femorale
Il bicipite femorale o “bicipite del femore” è un muscolo posteriore e laterale della coscia che, con la sola porzione del capo lungo – insieme ai muscoli semimembranoso e semitendinoso – forma il gruppo dei muscoli ischiocrurali. L’azione del capo breve è limitata alla sola flessione della gamba sulla coscia, ed è pertanto un fascio escluso dal gruppo dei muscoli ischiocrurali. Assieme ai muscoli semimembranoso, semitendinoso e gastrocnemio, il bicipite femorale delimita i margini della cavità poplitea. Il nome “bicipite” deriva dal fatto che il bicipite femorale è composto da due capi: il capo lungo e il capo breve. Il capo lungo origina dalla tuberosità ischiatica, con un tendine comune al muscolo semitendinoso. Il capo breve origina dal terzo medio del labbro laterale della linea aspra del femore. Il capo lungo è innervato dal nervo tibiale(L5-S2) e il capo breve dal nervo peroniero comune (L4-S1). I due capi convergono in un unico tendine che si inserisce sulla testa della fibula (perone). Il capo lungo è in grado di agire su due articolazioni, anca e ginocchio, mentre il capo breve agisce solo sul ginocchio. Le funzioni del bicipite femorale sono:
- estendere la coscia (capo lungo);
- flettere la gamba;
- a ginocchio flesso, ruotare esternamente la gamba e la coscia.
Per approfondire: Muscolo bicipite femorale: anatomia e funzioni
Tricipite
Il “tricipite” o muscolo tricipite brachiale (in inglese “triceps”) è invece il più importante muscolo posteriore del braccio, è antagonista del muscolo bicipite ed è il responsabile della maggior parte del volume del braccio. E’ formato da tre capi:
- il capo lungo parte dalla tuberosità sottoglenoidea della scapola e si porta in basso passando attraverso il triangolo dei muscoli rotondi;
- il capo laterale (o muscolo vasto laterale) parte dalla faccia posteriore del corpo dell’omero, al disopra del solco del nervo radiale;
- il capo mediale (o muscolo vasto mediale) parte dalla faccia posteriore del corpo dell’omero, al disotto del solco del nervo radiale.
I tre capi si portano verso il basso e si riuniscono in un tendine che prende attacco sulle facce superiori e posteriori dell’olecrano dell’ulna e sulla parete posteriore della capsula articolare del gomito. Le funzioni del tricipite sono
- l’estensione dell’avambraccio sul braccio;
- addurre, estendere, estendere in orizzontale, e retroporre il braccio;
- stabilizzare la spalla.
Per approfondire:
- Muscolo tricipite brachiale: anatomia, funzioni e movimenti
- Differenza tra muscoli adduttori e abduttori
- Differenza tra muscoli agonisti, antagonisti e sinergici
Quadricipite
Il “quadricipite” (o muscolo quadricipite femorale, in inglese “quadriceps”) è il più grande muscolo del corpo umano ed è situato nella parte anteriore della coscia assieme al sartorio. Al contrario degli altri due muscoli citati in questo articolo, il quadricipite è costituito da quattro capi:
- retto femorale, che origina dalla spina iliaca anteriore inferiore;
- vasto mediale, che origina dalla prossimità del collo anatomico del femore;
- vasto laterale, che origina dalla parte laterale del grande trocantere;
- vasto intermedio, che origina dalla parte prossimale della faccia antero-laterale del femore.
Questi quattro capi si fondono apparentemente in un unico tendine comune che però è formato dalla sovrapposizione di tre lamine, inserito sulla rotula (patella). Questo tendine, scendendo più in basso e inserendosi sulla tuberosità tibiale, va a formare il legamento patellare, che rinforza la capsula articolare del ginocchio. E’ un muscolo biarticolare poiché permette il movimento di due articolazioni, la coxofemorale e il ginocchio.Il quadricipite ha varie funzioni:
- flette la coscia sul bacino
- è importante per il mantenimento della stazione eretta
- è tra i principali muscoli che permettono la deambulazione.
Per approfondire:
- Arto inferiore (pelvico): componenti, muscoli e articolazioni
- Muscoli della coscia superficiali, anteriori, mediali e posteriori
- Muscolo quadricipite femorale: anatomia e funzioni
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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