Radioterapia: rischi, dolore, fastidio ed effetti collaterali

MEDICINA ONLINE CURA RADIOTERAPIA SISTEMICA REGIONALE LOCALE CHIRURGIA FARMACO FA PIU MALE CHEMIOTERAPIA RAGGI X RADIOGRAFIA TAC FA MORIRE TUMORE CANCRO SENO EFFETTI COLLATERALI CALVI CAPELLI PASTIGLIA DURATA COME FUNZIONACon “radioterapia” in medicina oncologica si intende un particolare tipo di terapia antitumorale, usata da sola o associata ad altri trattamenti quali la chirurgia e la chemioterapia. Per raggiungere il suo scopo, la radioterapia utilizza radiazioni, in genere i raggi X, dette radiazioni ionizzanti (la stessa tipologia di radiazione usata anche a scopo diagnostico, nelle radiografie e nelle TAC), emesse da sostanze radioattive (per esempio iodio o cobalto) oppure prodotte da specifiche apparecchiature chiamate acceleratori lineari. Tali radiazioni sono dirette contro la massa tumorale con lo scopo di danneggiare in particolare le cellule cancerose che in questo modo non riescono più a proliferare: il tumore così trattato non è più in grado di crescere e nel migliore dei casi si riduce progressivamente. La radiazioni possono raggiungere il sito bersaglio, tramite due tipi di somministrazione: quella dall’esterno del corpo e quella dal suo interno.

Le radiazioni possono danneggiare il tessuto sano limitrofo?

Si. Sebbene la radioterapia sia effettuata con strumenti sempre più moderni e con sempre maggiore precisione, può accadere che alcune cellule sane, posizionate nelle zone limitrofe alla zona malata, siano colpite dalle radiazioni, fatto che porta ad alcuni effetti collaterali piuttosto comuni. Fortunatamente le cellule sane sanno riparare meglio i danni da radiazioni, rispetto alle cellule tumorali, e tale fatto – insieme alla grande precisione con cui le radiazioni colpiscono il tumore – permettono di effettuare trattamenti con un rapporto vantaggi/svantaggi a favore dei vantaggi, spesso decisamente efficaci nella lotta al tumore e con effetti collaterali in genere contenuti.

Radioterapia: quali effetti collaterali aspettarsi

Gli effetti collaterali che il trattamento può provocare sono legati – come appena accennato – alla possibilità che le radiazioni colpiscano, sebbene in misura minore, i tessuti sani vicini al tumore. Gli effetti collaterali sono molto variabili da un paziente all’altro: alcuni manifestano solo effetti lievi, altri più fastidiosi, e ciò dipende sia dalle condizioni di salute generali del paziente (sia fisiche che psicologiche), sia dalla sede del tumore e dal tipo di trattamento cui si è sottoposti. In alcuni casi compaiono durante il trattamento, in genere verso la fine del periodo previsto (effetti a breve termine), in altri dopo qualche tempo (effetti a lungo termine). Vediamo ora una lista degli effetti collaterali più frequenti della radioterapia, ed i loro possibili rimedi.

Stanchezza

Molti pazienti si sentono più stanchi nel periodo in cui sono sottoposti a radioterapia, specie dopo le prime settimane, e a volte questo disturbo può durare anche per qualche tempo dopo la fine del trattamento.

Reazioni cutanee

Le reazioni della pelle alla radioterapia dipendono dal tipo di pelle e dall’estensione dell’area trattata. Possono comparire arrossamenti e irritazione, come un eritema solare. Ciò in genere non accade subito, ma gradualmente, dopo alcune sedute. Il radioterapista ne controlla abitualmente l’eventuale comparsa, in ogni caso è bene informarlo, qualora ci si accorga che qualcosa alla propria pelle non va: in caso di reazioni importanti, infatti, il medico può sospendere il trattamento.

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Caduta dei peli e dei capelli

La radioterapia può far cadere peli e capelli, ma esclusivamente nell’area trattata, quindi in caso di irradiazione al capo. La peluria delle aree corporee non sottoposte a trattamento non viene in alcun modo danneggiata. In ogni caso, dopo alcune settimane dal termine del trattamento i capelli e i peli ricrescono.

Effetti sullo stato emotivo

A molte persone che si sottopongono alla radioterapia capita di avvertire un cambiamento delle proprie condizioni emotive. Alcuni si sentono più ansiosi e nervosi, altri più tristi e depressi. Lo spettro delle emozioni che può comparire è molto variabile: si può provare ansia, perdita di speranza, rabbia, depressione, voglia di piangere per un nonnulla. Non si tratta di emozioni causate direttamente dalla radioterapia, ma di stati d’animo comuni a chi deve affrontare la malattia, in particolare un tumore, favoriti dal necessario cambiamento delle abitudini di vita quotidiana, e dalla preoccupazione per la malattia e le cure cui bisogna sottoporsi. Parlarne con il medico o uno specialista del team di radioterapia può essere molto utile, per affrontare meglio la situazione.

Altri effetti collaterali

Altri effetti collaterali possono comparire a seconda delle zone corporee trattate, sia a breve sia a lungo termine. Per esempio, in caso di radioterapia allo stomaco possono comparire disturbi dell’appetito e della digestione, oppure in caso di irradiazione al cavo orale può manifestarsi secchezza alla bocca, e così via, a seconda della sede corporea interessata. È importante parlare con il radioterapista di riferimento degli eventuali effetti collaterali per prevenirne la comparsa e attenuarne i sintomi.

Radioterapia: durata degli effetti collaterali

Quanto durano gli effetti collaterali della radioterapia? E’ difficile rispondere a questa domanda, dal momento che la risposta deve tenere conto di molteplici fattori, come la durata del trattamento e le condizioni psico-fisiche del paziente. Ad ogni modo, nella maggior parte dei casi, gli effetti collaterali – sebbene fastidiosi – sono di lieve o modesta entità, e scompaiono da soli in genere dopo qualche settimana, una volta terminato il trattamento. Solo in alcuni pazienti durano più a lungo, o richiedono terapie specifiche.

Rischi legati alla radioterapia

La radioterapia non è un trattamento pericoloso né invasivo; statisticamente è meno rischiosa la radioterapia esterna, perché non richiede la somministrazione di un’anestesia, che può essere invece necessaria invece in alcune procedure di radioterapia interna.

Radioterapia: si prova dolore o fastidio durante il trattamento?

In genere il paziente non avverte alcun fastidio durante la seduta; solo alcuni riferiscono un modesto disagio dovuto alla posizione che viene assunta ed alla particolare pressione psicologica a cui è sottoposto il paziente oncologico.

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Quanto dura la radioterapia? Posso continuare a lavorare?

MEDICINA ONLINE CURA RADIOTERAPIA SISTEMICA REGIONALE LOCALE CHIRURGIA FARMACO FA PIU MALE CHEMIOTERAPIA RAGGI X RADIOGRAFIA TAC FA MORIRE TUMORE CANCRO SENO EFFETTI COLLATERALI CALVI CAPELLI PASTIGLIA DURATA COME FUNZIONACon “radioterapia” in medicina oncologica si intende un particolare tipo di terapia antitumorale, usata da sola o associata ad altri trattamenti quali la chirurgia e la chemioterapia. Per raggiungere il suo scopo, la radioterapia utilizza radiazioni, in genere i raggi X, dette radiazioni ionizzanti (la stessa tipologia di radiazione usata anche a scopo diagnostico, nelle radiografie e nelle TAC), emesse da sostanze radioattive (per esempio iodio o cobalto) oppure prodotte da specifiche apparecchiature chiamate acceleratori lineari. La radiazioni possono raggiungere il sito bersaglio, tramite due tipi di somministrazione: la radioterapia esterna (la fonte di raggi è posizionata all’esterno del corpo) o la radioterapia interna (la fonte è all’interno del corpo).

Quanto dura un trattamento radioterapico?

La durata della radioterapia è estremamente variabile in base a molte variabili legate al paziente ed alla patologia. Un trattamento completo di radioterapia generalmente dura diversi giorni o alcune settimane. Di solito si effettua una seduta al giorno, dal lunedì al venerdì, con una pausa nel fine settimana per dare tempo alle cellule sane eventualmente colpite di mettere in atto i processi di autoriparazione. Si ricomincia, poi, il lunedì seguente, fino alla fine del periodo di trattamento. Una singola seduta di radioterapia può durare dai 10 ai 30 minuti. A seconda del piano di trattamento, lo schema terapeutico può subire ampie variazioni.

Si può continuare a lavorare mentre ci si sottopone a radioterapia?

Proseguire o meno l’attività lavorativa durante la radioterapia è una scelta che varia da caso a caso. Innanzitutto dipende dalle condizioni generali del paziente, inoltre dalla sua risposta al trattamento, e infine dal tipo di attività lavorativa svolta. Non vi è in altre parole una controindicazione assoluta a continuare a svolgere il proprio lavoro, purché non si tratti di un’attività faticosa. Se si è in buone condizioni, il tumore non provoca disturbi, non compaiono effetti collaterali da radioterapia o sono modesti, e soprattutto se si desidera farlo, si può proseguire il proprio lavoro, magari riducendo l’orario, altrimenti si può usufruire del previsto congedo per malattia. Nella decisione conta ovviamente il parere del medico, che darà al paziente il consiglio più adeguato nel singolo caso.

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Chemioterapia: quali effetti collaterali mi devo aspettare?

MEDICINA ONLINE NAUSEA MAL DI PANCIA REFLUSSO GE ESOFAGO STOMACO DUODENO INTESTINO TENUE DIGIUNO ILEO APPARATO DIGERENTE CIBO TUMORE CANCRO POLIPO ULCERA DIVERTICOLO CRASSO FECI VOMITO SANGUE OCCULTO MILZA VARICI CIRROSI FEGATOCon “chemioterapia” in oncologia si indica una modalità terapeutica che distrugge le cellule neoplastiche attraverso la somministrazione di farmaci particolari, chiamati chemioterapici. La chemioterapia può essere sistemica o loco-regionale (a seconda del campo d’azione del farmaco) e può essere neoadiuvante o adiuvante.

La chemioterapia porta con sé una serie di effetti collaterali molto comuni, come ad esempio:

  • nausea;
  • vomito;
  • stanchezza;
  • ulcere;
  • dolore e infiammazione in bocca;
  • perdita di appetito;
  • diarrea;
  • stipsi;
  • alterazione del gusto e perdita di appetito;
  • infezioni, anemia e sanguinamento;
  • caduta dei capelli, problemi con unghie e pelle;
  • alterazione nervosa;
  • problemi sessuali;
  • alterazione fertilità.

Astenia (stanchezza)

Il senso di stanchezza tipico della chemioterapia può dipendere non solo dai farmaci chemioterapici, ma anche da altri fattori, come:

  • l’impegno dell’organismo nella lotta contro la malattia;
  • la mancanza di sonno;
  • la difficoltà a mangiare adeguatamente;
  • la possibilità che subentri un’anemia;
  • il basso livello di globuli bianchi dovuto al trattamento;
  • il disagio psicologico di dover affrontare una situazione potenzialmente mortale.

Si può avvertire la stanchezza in maniera più marcata nei giorni in cui ci si sottopone alla chemioterapia e in quelli immediatamente successivi. È bene quindi chiedere aiuto a parenti e amici, per esempio per le incombenze domestiche e la cura dei figli, soprattutto in queste fasi e prevedere di potersi assentare dal lavoro, ridurre gli orari oppure portarlo avanti, per quanto possibile, da casa.

Nausea e vomito

Non tutti i medicinali usati in chemioterapia provocano nausea e vomito e comunque, anche per quelli che di solito provocano questi disturbi, è impossibile prevedere se lo faranno, e in che entità, nel singolo individuo. Quando si verificano, i disturbi compaiono a partire da alcuni minuti fino a diverse ore dopo la somministrazione del farmaco. Possono durare per ore, più raramente per qualche giorno. Se la sostanza ha determinato questi sintomi la prima volta, è probabile che lo farà anche nelle somministrazioni successive. I medici possono controllarli con farmaci detti antiemetici, che di solito vengono dati in vena insieme alla chemioterapia e poi proseguiti per via orale o intramuscolare a casa. Vanno presi regolarmente anche se ci si sente abbastanza bene, perché questi prodotti funzionano meglio a scopo preventivo che curativo. Se nonostante ciò, i disturbi fossero particolarmente impegnativi, è bene informare il medico, che potrà cercare altre soluzioni.

Inoltre, è bene avvisare il personale di cura se il vomito:

  • vi preoccupa perché è particolarmente violento o prosegue per più di uno o due giorni;
  • vi impedisce di bere;
  • compare senza ragione apparente (per esempio a distanza di tempo dall’ultima seduta di chemioterapia).

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Dolore, infiammazione e ulcere in bocca

Questi disturbi possono comparire da cinque a dieci giorni dopo l’inizio del trattamento e in genere si risolvono gradualmente nelle tre-quattro settimane dopo che è finito. Il medico potrà consigliarvi dei risciacqui, per evitare che le ulcere si infettino, e degli analgesici per tenere a bada il dolore, in modo che non vi impedisca di mangiare e bere.

Sapore cattivo in bocca o alterazione del gusto

Alcuni medicinali usati in chemioterapia modificano il gusto dei cibi, che può risultare più salato, amaro o metallico. Il fenomeno regredisce alla fine del trattamento ma prima che passi sono necessarie a volte alcune settimane.

Perdita di appetito, diarrea o stipsi

Non preoccupatevi se non riuscite a mangiare il giorno del trattamento o quello successivo, purché poi torni l’appetito tra una seduta e l’altra. È importante invece bere molto, per evitare la disidratazione, soprattutto se le cure causano diarrea. Se compare stipsi, si può cercare di rimediare anche con una dieta ricca di fibre. Tutti questi effetti collaterali si combattono con i medicinali prescritti o somministrati direttamente dal medico insieme alla chemioterapia, ma anche con un’alimentazione adatta.

Infezioni, anemia, sanguinamenti

I farmaci usati in chemioterapia ostacolano il rinnovamento delle cellule del sangue che quindi possono scendere a livelli pericolosi. Il calo dei globuli bianchi può favorire infezioni. Avvisate subito il medico in caso di:

  • febbre alta;
  • sensazione di freddo e brividi;
  • tosse;
  • mal di gola;
  • mal di testa;
  • mal di muscoli.

Il calo dei globuli rossi può portare ad anemia, per la quale ci si può sentire particolarmente stanchi o può mancare il fiato. Il calo delle piastrine può facilitare i sanguinamenti dalle mucose o la formazione di lividi (ecchimosi). Se questi effetti si fanno particolarmente impegnativi i medici possono provvedere con appositi farmaci o con trasfusioni di sangue.

Caduta dei capelli, disturbi alla pelle e alle unghie

La caduta dei capelli, dei peli, di ciglia e sopracciglia è considerato un segno caratteristico della chemioterapia, e anche per questo è una delle conseguenze più temute dai pazienti: non solo perché incide in maniera significativa sulla propria immagine, ma anche perché rende evidente a chiunque il proprio stato di malattia. In realtà, non tutti i farmaci usati per la cura dei tumori provocano questo effetto indesiderato, né tutti lo fanno con la stessa intensità. Alcuni rendono solo i capelli più fini e radi, altri non agiscono a questo livello. Inoltre è bene ricordare che il fenomeno è reversibile e i capelli ricominciano a crescere dopo poche settimane dalla fine del trattamento. In genere la capigliatura ha recuperato un aspetto normale entro quattro-sei mesi dal termine delle cure, anche se è possibile che ricrescendo i capelli acquistino un colore diverso o risultino più ricci. Nel frattempo, se non ci si sente a proprio agio, è possibile ricorrere a foulard, cappelli o parrucche, che però possono risultare fastidiose, soprattutto d’estate. In ogni caso conviene chiedere informazioni al personale infermieristico: molti centri prevedono consulenze specifiche anche su questi aspetti, compreso anche il make up adatto a mascherare gli effetti più visibili delle cure. In alcuni casi è possibile cercare di prevenire la caduta dei capelli indossando durante le sedute una particolare cuffia ghiacciata: riducendo l’apporto di sangue al cuoio capelluto si cerca di diminuire anche la quantità di farmaco che raggiunge i bulbi piliferi. Il metodo comunque non è utilizzabile in tutti i casi, per cui conviene discuterne in anticipo con il proprio medico. Alcuni farmaci usati in chemioterapia possono rendere la pelle secca e sensibile o provocare reazioni cutanee. È bene mettere sempre una crema protettiva quando ci si espone al sole. Anche le unghie ne possono risentire, diventando secche, scheggiate o striate.

Alterazioni nervose

Talvolta la chemioterapia può provocare una neuropatia periferica, che si manifesta con alterazioni della sensibilità, formicolii, sensazione come di punture di aghi soprattutto alle mani e ai piedi. In genere regredisce al termine delle cure, ma solo dopo diversi mesi. Le cure possono anche compromettere in varia misura l’udito. Anche questo fenomeno può essere transitorio ma se vi accorgete di sentire male, avvisate il medico che potrà talvolta adeguare il dosaggio dei farmaci.

Danni ad altri organi

Dei  trattamenti contro il cancro possono talvolta risentire, in maniera transitoria o permanente, i più importanti organi dell’organismo (cuore, fegato, reni e polmoni). Sarà cura dei medici cercare fin dall’inizio le cure più adatte al singolo paziente, in relazione ad altri eventuali problemi di salute preesistenti, oppure cambiare terapia nel caso si manifestasse sofferenza a livello di queste funzioni essenziali. Alcuni tipi di chemioterapia possono anche favorire la formazione di trombi, vale a dire vale a dire coaguli di sangue all’interno di una vena o un’arteria. Nel caso in cui una gamba si gonfiasse oppure il paziente si sentisse mancare il respiro è importante avvisare subito il proprio medico.

Conseguenze su sessualità e fertilità

La stanchezza provocata dalla malattia e dalle cure e la preoccupazione per la propria salute possono togliere interesse per la vita sessuale in questo periodo. È importante tuttavia mantenere aperto il dialogo con il partner anche su questo tema delicato, ed eventualmente cercare la collaborazione di personale esperto. Oltre agli aspetti psicologici ci possono essere anche difficoltà di tipo fisico: le mucose femminili, danneggiate dalla chemioterapia, possono rendere doloroso il rapporto. In questo caso ci si può aiutare con un gel lubrificante.
Per le coppie in età fertile è importante garantirsi una contraccezione sicura perché molti farmaci usati in chemioterapia potrebbero provocare malformazioni nel feto. Infine, sebbene i farmaci in genere non passino nello sperma e nel liquido vaginale, l’uso del preservativo può evitare di passare al partner anche piccole quantità di sostanze farmacologicamente attive. Una grossa preoccupazione di chi si deve sottoporre alla chemioterapia in giovane età è la possibilità che le cure compromettano la fertilità futura. È bene parlare di questo aspetto con il proprio medico prima dell’inizio delle cure perché nelle scelte terapeutiche si tenga conto anche del desiderio di avere in futuro dei figli. Oggi, soprattutto in funzione della sempre maggiore quota di bambini e ragazzi che guariscono dal cancro, e in particolare dalle leucemie, si presta molta attenzione a questo aspetto e molti ricercatori sono impegnati a cercare soluzioni su questo fronte: gli schemi di chemioterapia sono sempre meno aggressivi, si può prevedere la raccolta e il congelamento di sperma e ovociti prima del trattamento. Sono innumerevoli i racconti di persone che, guarite dal cancro, si sono formate una loro famiglia.

Effetti collaterali: solo brutte notizie?

Fortunatamente no, dal momento che è bene ricordare che:

  • la maggior parte di questi effetti collaterali è generalmente di breve durata;
  • tali effetti indesiderati spesso si attenuano o svaniscono del tutto al termine del trattamento o dopo poco tempo dal termine;
  • esistono farmaci e metodi efficaci per alleviare la maggior parte di questi effetti collaterali.

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Chemioterapia a domicilio o in ospedale: dove farla?

MEDICINA ONLINE ITALIAN AMBULANCE DOCTOR NURSE AMBULANZA STRADA EMERGENZA INFERMIERE MEDICO PORTANTINO ITALIA PRONTO SOCCORSO OSPEDALE BARELLA CORSA MORTE MALATTIA DOLORE INCIDENTE ICTUSCon “chemioterapia” in oncologia si indica una modalità terapeutica che distrugge le cellule neoplastiche attraverso la somministrazione di farmaci particolari, chiamati chemioterapici. La chemioterapia può essere sistemica o loco-regionale (a seconda del campo d’azione del farmaco) e può essere neoadiuvante o adiuvante. A seconda del tipo di malattia, dei farmaci utilizzati e delle diverse condizioni cliniche la somministrazione della chemioterapia può avvenire in diversi luoghi.

A domicilio

Se la terapia deve essere presa per bocca, la si può fare stando a casa. Qualche volta i medici possono ritenere opportuno effettuare la prima somministrazione in ospedale per verificare che non ci siano reazioni indesiderate, altrimenti ci si reca in ambulatorio solo per regolari controlli ed esami del sangue. La cura può avvenire a domicilio anche quando avviene tramite un’infusione continua di farmaci mediante una pompa per la chemioterapia collegata alla linea centrale o alla PICC. Ha le dimensioni di una bottiglietta d’acqua e può essere tenuta sempre con sé, in una apposita borsa o attaccata a una cintura che verrà consegnata in ospedale. Non richiede batteria ma periodicamente deve essere sostituita.

Durante un ricovero in ospedale

A volte può essere necessaria una permanenza in ospedale di una o più notti, soprattutto nei casi in cui:

  • i farmaci devono essere somministrati molto lentamente e in maniera controllata;
  • c’è la possibilità di reazioni indesiderate;
  • occorre somministrare molti fluidi tramite flebo prima e dopo il trattamento;
  • devono essere date alte dosi di medicinali (in questo caso la permanenza può durare anche settimane).

In appositi ambulatori

Sono i cosiddetti day-hospital, dove ci si reca nei giorni prestabiliti. Lì si resta per il tempo necessario a eseguire gli esami preliminari al trattamento e a ricevere l’infusione, per poi rientrare a casa in giornata. È questa la modalità più comune.

Le sostanze usate per la chemioterapia possono essere irritanti per la pelle e pericolose al di fuori del loro uso terapeutico. È per questo che il personale indossa guanti, mascherina, grembiuli di plastica e occhiali protettivi. Per la stessa ragione il materiale che è venuto a contatto con i farmaci deve essere smaltito in maniera differenziata e con particolari cautele.

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Chemioterapia: modi di assunzione dei farmaci chemioterapici

MEDICINA ONLINE CURA CHEMIOTERAPIA SISTEMICA REGIONALE LOCALE RADIOTERAPIA CHIRURGIA FARMACO FA MALE AIUTO INFERMIERA AMORE CURA FA MORIRE TUMORE CANCRO SENO EFFETTI COLLATERALI CALVI CAPELLI PASTIGLIA DURATA COME FUNZIONALa chemioterapia può essere di tipo sistemico o loco-regionale:

  • chemioterapia sistemica: i farmaci sono assunti per bocca in forma di compresse, oppure iniettati per via endovenosa o intramuscolare ed in questo caso i farmaci entrano nella circolazione sanguigna e raggiungono e distruggono le cellule neoplastiche che si sono diffuse a distanza.
  • chemioterapia loco-regionale: il farmaco chemioterapico è somministrato direttamente nella colonna spinale, in una cavità organica, quale l’addome, o in un organo. In questo caso il farmaco agisce principalmente sulle cellule neoplastiche presenti in una data regione specifica.

Il metodo con cui la chemioterapia viene somministrata varia in base al tipo di cancro, alla sua localizzazione, allo stadio in cui si trova e alle condizioni del paziente. Le principali vie di somministrazione sono di seguito elencate.

VIA ENDOVENOSA

Questa modalità di somministrazione prevede un accesso al circolo sanguigno (accesso venoso), che dev’essere mantenuto aperto per il tempo necessario al completamento della cura.
La chemioterapia può essere somministrata tramite:

  • Siringa, quando il farmaco è somministrato in tempi brevi (al massimo alcuni minuti);
  • Flebo, quando il farmaco dev’essere somministrato in un intervallo che va da trenta minuti ad alcune ore;
  • Pompa per infusione, quando il farmaco dev’essere somministrato lentamente (goccia a goccia) anche per giorni;
  • Infusione continua per un periodo che va da settimane a mesi, in questo caso il paziente avrà sempre con sé la pompa per infusione.

La chemioterapia endovenosa comporta una ripetuta iniezione di sostanze irritanti che possono provocare flebiti. Per cercare di ovviare a questo problema sono stati ideati metodi alternativi di somministrazione endovenosa; con questi metodi l’accesso venoso è mantenuto aperto e non è necessario dover cercare ogni volta una vena per somministrare il farmaco.
Fra questi metodi alternativi troviamo:

  • Agocannula o catetere venoso periferico: è costituito da un tubicino sottile che, tramite un ago, è inserito in una vena della mano o del braccio. Con questo sistema possono essere sia somministrati farmaci che prelevati campioni di sangue. Può essere tenuto per alcuni giorni.
  • Cateteri venosi centrali, sono tubicini di materiale compatibile con l’organismo (di solito silicone o poliuretano) che raggiungono le grosse vene che si trovano vicino al cuore. Questi cateteri possono essere
    • esterni, vengono inseriti in anestesia locale, in ambiente sterile;
    • interni, sono inseriti con un piccolo intervento chirurgico.

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VIA ORALE

L’assunzione di chemioterapici per via orale può essere utilizzata da sola o in associazione a terapie per via endovenosa. Nel caso in cui si tratti di capsule o compresse, queste possono essere fornite direttamente al paziente, che può assumerle a casa.
In questo caso è importante che siano seguite con diligenza tutte le direttive del medico sulla modalità di assunzione e che sia letto attentamente il foglietto illustrativo.

VIA ARTERIOSA

Consiste nell’inserimento di una cannula all’interno dell’arteria principale che irrora la zona in cui è presente il tumore. Di solito è utilizzata per carcinomi al fegato (in tal caso i chemioterapici vengono somministrati attraverso l’arteria epatica).
È una tecnica che richiede un alto livello di qualificazione e viene praticata solo in centri specializzati.

VIA INTRACAVITARIA

La somministrazione avviene in una cavità naturale dell’organismo:

  • Via intravescicale, il chemioterapico è somministrato direttamente nella vescica attraverso l’uso di un catetere;
  • Via intraperitoneale, la somministrazione avviene fra i due strati costituenti il peritoneo (la membrana che riveste la parete e i visceri addominali);
  • Via intrapleurica, la somministrazione avviene fra i due strati che costituiscono la pleura (la membrana che riveste il torace e i polmoni).

VIA INTRATECALE

Impiegata solo in alcuni tipi di tumori cerebrali e leucemie. Il chemioterapico viene somministrato nel fluido cerebrospinale attraverso la colonna vertebrale.

VIA INTRAMUSCOLARE

È una via poco utilizzata. È praticata a livello della coscia o dei glutei e determina un rilascio del chemioterapico più lento rispetto alla via endovenosa.

VIA SOTTOCUTANEA

Questa via è impiegata soprattutto per farmaci ematologici. La somministrazione avviene a livello della coscia, dell’addome o del braccio.

Chemioterapia antineoplastica di combinazione

La chemioterapia antineoplastica di combinazione consiste nell’utilizzo di due o più farmaci antitumorali (cocktail di farmaci), con lo scopo ti trarre vantaggio dalle diverse modalità con cui questi agiscono sul tumore.
L’approccio chemioterapico combinato si basa sul presupposto che più farmaci, con diversi meccanismi d’azione, possano dare effetti sinergici (cioè operare insieme per ottenere un effetto non ottenibile se usati singolarmente) e/o che possano ritardare l’insorgenza della resistenza al singolo farmaco.
Talvolta, grazie alla somministrazione combinata, i farmaci possono essere somministrati con dosaggi inferiori rispetto a quelli che sarebbero necessari se venissero somministrati singolarmente. La somministrazione di un dosaggio minore di farmaci potrebbe tradursi in una riduzione della tossicità e degli effetti collaterali.
Tuttavia, questo approccio terapeutico può anche presentare svantaggi, quali l’eventuale insorgenza di effetti collaterali multipli e la possibilità che si verifichino interazioni negative fra i componenti del cocktail una volta che questi sono stati somministrati.

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Come ci si prepara alla chemioterapia: cosa fare prima?

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Prima di sottoporre un paziente a chemioterapia i medici prescrivono una serie di esami del sangue e altri accertamenti diagnostici. Queste indagini servono a stimare il numero di globuli rossi, bianchi e piastrine perché il trattamento li potrebbe ridurre e verificare la funzionalità di altri organi (polmoni, cuore, fegato, rene) che talvolta possono essere danneggiati dai diversi tipi di chemioterapia. La scelta degli esami da eseguire in ogni singolo caso, quindi, dipende anche dalle sostanze che dovranno essere somministrate.

Viene inoltre eseguita una visita accurata e si misurano peso e altezza, indispensabili per calcolare l’esatta dose di farmaci necessari.

Prima di ogni seduta di chemioterapia si ripete l’esame del sangue per  la conta dei globuli bianchi, dei globuli rossi e delle piastrine e per verificare la funzione di fegato e reni. Se alcuni di questi risultati sono alterati, i medici possono decidere, per la sicurezza del paziente, di rimandare il trattamento (di solito di una settimana, ricontrollando poi ancora una volta gli esami del sangue).

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Chemioterapia: schemi e durata dei cicli di trattamento

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L’associazione di diversi farmaci chemioterapici aumenta l’efficacia della terapia perché consente di aggredire le cellule tumorali colpendo contemporaneamente diversi meccanismi essenziali per la loro replicazione. Si ostacola così la loro capacità di evolvere verso forme resistenti alle cure.

Per le diverse malattie esistono quindi diversi schemi di chemioterapia chiamati con acronimi formati dalle iniziali dei medicinali utilizzati: per esempio CMF (ciclofosfamide, metotrexate e fluorouracile) per il tumore al seno o CVP (ciclofosfamide, vincristina e prednisolone) per alcuni linfomi. Esistono quasi un centinaio di sostanze che possono essere variamente combinate per combattere meglio le diverse forme di tumore, e nuove molecole sono continuamente scoperte, sintetizzate o estratte e messe a punto nei laboratori di tutto il mondo.
Per ogni tumore e per ogni malato, sulla base dei dati raccolti in decenni di ricerche, i medici scelgono lo schema più adatto per ottenere il miglior risultato possibile con il minor carico di effetti collaterali. A questo stesso scopo la chemioterapia viene spesso somministrata in cicli e non in maniera continua, questo avviene perché non tutte le cellule sono contemporaneamente in fase di replicazione quindi non tutte le cellule bersaglio sarebbero colpite con un solo ciclo. Anche in un tumore a rapida crescita ve ne sono sempre alcune “a riposo” o, come si dice, “in fase quiescente”. Queste cellule sfuggono all’azione dei farmaci che hanno la caratteristica di uccidere le cellule mentre si dividono. Per questo la ripetizione del trattamento in cicli successivi elimina le cellule tumorali via via che entrano nella fase di replicazione.

Per ciclo di trattamento si intende il periodo in cui si riceve il trattamento e la fase di intervallo prima di quello successivo. Un ciclo di 3 settimane, per esempio, può prevedere la somministrazione dei farmaci solo al primo giorno, e 20 giorni senza trattamenti.
L’intervallo tra un ciclo e l’altro consente di attendere che una nuova popolazione di cellule tumorali entri in fase di replicazione e, nel contempo, permette all’organismo di riprendersi dagli effetti collaterali della cura, soprattutto quelli che colpiscono le difese immunitarie.

In genere la chemioterapia si prolunga per un periodo che va da tre a sei mesi, nel corso del quale si effettuano in genere da tre-quattro a sei-otto cicli di trattamento.
Il programma tuttavia può cambiare in relazione al tipo di malattia, al singolo paziente e alla reazione individuale alle cure.

Gli esami del sangue, da cui può emergere un livello troppo basso di globuli bianchi o di piastrine, oppure il sospetto che il fegato o i reni stiano soffrendo delle cure, possono per esempio indurre i medici ad allungare gli intervalli tra un trattamento e l’altro o ad abbassare le dosi dei farmaci.
Altre volte gli accertamenti eseguiti nel corso del trattamento mostrano una scarsa risposta della massa tumorale che non si riduce di volume nonostante la terapia. Questo può spingere i medici a utilizzare un’altra combinazione di farmaci che possa rivelarsi più efficace.
Infine, nella programmazione dei cicli di trattamento, è talvolta possibile tenere conto  delle esigenze personali del paziente: parlandone con il medico con il dovuto anticipo si può cercare di impostare i cicli in modo che non condizionino la partecipazione a eventi importanti, familiari o di lavoro.

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